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CASTRUM MINERVAE - CASTRO (Puglia)

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MURA MESSAPICHE DI CASTRUM MINERVAE
Virgilio, nell'Eneide, riferisce che Enea, giunto in Italia in fuga dalla distruzione di Troia, sbarcò a Castrum Minervae, di fronte a Butroto, sito archeologico albanese, nell'Epiro, sede del santuario di Dodona, l'antico oracolo greco il più prestigioso dopo Delfi. Il porto di Castrum, oggi pugliese, anzi salentino, era dominato da un alto promontorio in cima a cui si ergeva il maestoso tempio consacrato alla Dea Minerva.

Il tempio, di origini probabilmente messapiche, fu poi greco e poi romano, restaurato e abbellito nei secoli, per la fama dei suoi miracoli e la altissima frequentazione dei fedeli, con il conseguente commercio che ne derivava, come usa in qualsiasi santuario, di souvenir, di statuette dedicate, di cibo e di artigianato locale di ogni epoca.

Castrum Minervae è situato lungo la costa orientale della penisola salentina, una subregione della Puglia meridionale, tra il mar Ionio a ovest e il mar Adriatico a est, insomma costituisce il tacco dello stivale italiano. L'acropoli di Castro venne scavata nel 2007 rilevando le tracce di un santuario dedicato a Minerva, l'Atena dei Greci. Narra Enea nel poema virgiliano:
"ci spingiamo innanzi sul mare quando da lungi scorgiamo oscuri colli e il basso lido dell'Italia Le invocate brezze rinforzano, e già più vicino si intravede un porto, e appare un tempio di Minerva su una rocca. I compagni ammainano le vele e volgono a riva le prore. 


RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO DI MINERVA A CASTRUM
Il porto è incurvato ad arco dalla corrente dell'Euro; i suoi moli rocciosi protesi nel mare schiumano di spruzzi salati, e lo nascondono; alti scogli infatti lo cingono con le loro braccia come un doppio muro, e ai nostri occhi il tempio si allontana dalla riva".

Gli scavi del 2007 hanno interessato la parte sud-orientale dell'abitato, quella che guarda al
mare, non lontana dalle mura messapiche, risalenti alla metà del IV secolo a.c.. Sono stati
estratti dal terreno frammenti di ceramiche, coppette, boccali decorati a cerchi concentrici sul
fondo e verniciati sull'orlo, oggetti utilizzati quasi sicuramente nelle libagioni.

Sono stati anche ritrovati ossa animali, soprattutto di ovini, connesse anch'esse a riti religiosi. Ma lo scavo ha restituito anche punte di lancia e di freccia, elementi che ricordano il culto di Athena in
altre città della Magna Grecia che avevano aree consacrate alla divinità greca.

PIU' ARTEMIDE CHE MINERVA
Quest'area si estende per 35 mq e già ha restituito frammenti di marmo, pertinenti ad un vaso, una statua femminile in calcare a grandezza naturale e il triglifo di un frontone appartenente ad un tempio che si presuppone sia appunto il tempio di Minerva.

Nel 2008 gli archeologi Amedeo Galati ed Emanuele Ciullo hanno riportato alla luce una statuetta in bronzo di Athena Iliaca con elmo frigio, che presenta le stesse caratteristiche dei bronzetti di Athena ritrovati a Sparta.

Castro fu una località estremamente importante sulle rotte marittime lungo il promontorio iapigio che comprendeva la parte meridionale del Salento tra Otranto e Leuca. Nel luglio 2015 a Castro un gruppo di archeologi guidati da Amedeo Galati ha rinvenuto una statua mutila femminile molto più grande del vero.

L'opera è databile al IV secolo a.c. e dovrebbe raffigurare la Dea Minerva, oppure di Artemide dato il corto gonnellino. Custodita a tre metri dal sottosuolo del centro di Castro, la statua è acefala e mutila, ma riporta eccezionali tracce di rosso porpora.

MAPPA DI SOLETO
Gli archeologi hanno rinvenuto anche la falange di un dito, un braccio e una mano e si spera di poter scoprire con il tempo anche gli altri elementi mancanti. Se si riuscisse a ricomporla, la statua risulterebbe alta almeno quattro m., una misura riservata agli Dei o agli imperatori divinizzati.

Castrum Minervae venne abitata abitato dai Messapi, antica popolazione illirica, col nome di ΛΙΚ sulla Mappa di Soleto, la più antica mappa geografica occidentale proveniente dall'antichità classica, attualmente conservata nel Museo archeologico nazionale di Taranto.

Successivamente venne colonizzata dai Greci, finchè, nel 123 a.c. divenne colonia romana con il nome di Castrum Minervae, come risulta anche nella tavola peutingeriana, una copia del XII-XIII secolo di un'antica carta romana che mostra le vie militari dell'Impero romano, conservata oggi presso la Hofbibliothek di Vienna.

ATENA DI FIDIA
A causa della divisione dell'impero romano, Castrum passò all'Impero Romano d'Oriente di Bisanzio e subì frequenti attacchi ad opera degli Alani e degli Ostrogoti nel 378, dei Vandali nel 456, dei Goti nel 543, e poi dei Longobardi e degli Ungari. Gli archeologi pensano che tutta l'area in cui sorgeva, probabilmente, l'Athenaion di Castro contenga oggetti in ceramica.

E' poi stato portato alla luce un altare attribuibile al tempio di Minerva, posto davanti al tempio citato da Virgilio nel terzo libro dell’Eneide, base per i sacrifici animali in onore della Dea, dove infatti sono state rinvenute decine e decine di ossa di animali.

L’altare risale alla seconda metà del IV secolo a.c. ed è contemporaneo della statua di culto della dea, rinvenuta nel 2015, preceduta qualche anno prima da una piccola statuetta in bronzo. Entrambe raffigurano l’Atena di Troia, quella con l'elmo frigio.

I lavori– enuncia il direttore scientifico della campagna di scavi Francesco D’Andria – non sono terminati. Se c’è l’altare vuol dire che siamo a pochi passi dal tempio".

Gli scavi condotti in collaborazione tra Comune di Castro, Università del Salento e Soprintendenza della Puglia hanno infatti portato alla luce il Santuario di Minerva cantato da Virgilio, del quale sarà possibile vedere i resti e i numerosissimi reperti.

Inoltre costeggiando l’Adriatico si arriva a Leuca dove si leva a picco sui mari Adriatico e Ionio il Santuario di Santa Maria de finibus terrae, costruito anch’esso sui resti di un Tempio a Minerva di cui rimangono, ancora oggi, parecchie tracce.

La bellissima statua qui fotografata è una copia romana della Athena di Fidia, siamo al V secolo a.c., un periodo della storia dell'arte greca mai uguagliato nella superba bellezza.

Questo per notare che anche Atena-Minerva ha a volte un corto gonnellino che sovrasta però una veste più lunga, come d'altronde anche la veste della statua di Castrum.

Manca però il risvolto del chitone sul venerabile seno su cui si poggia l'immagine della Medusa. Insomma è difficile  identificare la statua acefala con la Minerva del santuario salentino.

LA BASE DEL TEMPIO

FRANCESCO GRECO - CASTRO

La Dea di Athenaion dormiva da secoli protetta da una teca di pietra. Intorno i doni dei devoti da tutto il Mediterraneo: oggetti in osso, avorio, ecc. Il suo tempio era nella zona detta “Capanne”. La Castro messapica fu distrutta nel 214 a.c. (guerre puniche) dai Numidi di Annibale: un “sacco” che gelò per sempre i suoi sogni di piccola “capitale” a Sud-Est dell'Europa.

I Romani mandarono 200 famiglie per ricomporre il demo e la chiamarono Castrum Minervae. Sui Messapi “romanizzati”, assimilati dall'Impero cadde la damnatio memoriae: si perse anche il nome (almeno sino a ora), a differenza di Ozan (Ugento), Alixia (Alezio), Bastae (Vaste), ecc. Destino toccato anche a Muro Leccese.

L'aria del mito a Castro si confonde con quella del mare e dei pollini dei fiori dee peschi e i mandorli in questa dolce primavera gravida di grandi orizzonti in tema sia di altri scavi che di valorizzazione e marketing turistici (e quindi di opportunità di lavoro).

Dopo il ritrovamento di una piccola Athena di bronzo, anni fa, il pool di archeologi guidato dal prof. Francesco D'Andria (Università del Salento) ha appena ritrovato il busto della la statua della dea Minerva, che era alta oltre 3 metri.

LA PICCOLA MINERVA IN BRONZO DEL TEMPIO
I vari aspetti dell'importantissimo ritrovamento sono stati spiegati in una serata intensissima dal titolo “Le recenti scoperte dell'archeologia a Castro” (Castello Aragonese, piazza Armando Perotti (1885-1924), un barese innamorato della città tanto da averle dedicato un libro che è un classico).

Le mani che hanno toccato per prime la dea amata e venerata da tutti i popoli del Mediterraneo sono state anche quelle dell'ing. Angelo Micello, uno studioso appassionato, a suo agio nel mito, che ha diretto i lavori della campagna di scavi e che concede questa intervista esclusiva al Giornale di Puglia. 

Più si pulivano le pieghe di quell’enorme pezzo di pietra leccese e più ci si rendeva conto che non fosse la cornice regolare di un pezzo di architettura. Quando si mise in luce la parte dell’ascella la speranza di un “colpaccio” diventò realtà, si intuiva chiaramente che fossero ormai i drappeggi di una veste e che le dimensioni anatomiche erano almeno doppie e che l’esagerazione di solito appartiene agli dei. Quando lessi negli occhi degli esperti la gioia e subito dopo il senso della responsabilità di quella scoperta ebbi un senso della misura di quei momenti. 

Personalmente dirigevo lavori in quella parte del Centro Storico dal 2000 e tutto all’epoca era partito dalla riscoperta di alcuni conci di mura messapiche. In tanti avevamo scommesso che quella non fosse solo la solita città messapica fortificata benché all’epoca Castro non fosse neppure molto citata come centro abitato prima del III secolo a.c., e già quella delle mura era stata una grande scoperta.

I RESTI DEL FRONTONE DEL TEMPIO
   D. Tutto il materiale ritrovato andrà fra poco a Roma, in mostra, all'Ara Pacis?

R. Gli accordi e le intese ci sono tutti. Il museo dell’Ara Pacis è un contenitore visitato da più di 300'000 persone l’anno. Ma oltre alla visibilità e all’opportunità di far conoscere il nostro territorio, l’intento culturale alla base di questa esposizione, e in quel particolare contesto, è quello di rivedere nel giusto peso le espressioni dell’arte italica pre-romana spesso banalizzata o trascurata anche nei libri di scuola.

D. E' avviato un protocollo con la Turchia, che vuole riscrivere il percorso dell'eroe troiano Enea, anche con la riproduzione di una nave: voi parteciperete?

R. E’ un vecchio progetto turco nato alcuni anni fa quando la Turchia spingeva per ricordare in ogni modo i legami culturali e direi “parentali” con l’Italia in vista di appoggi favorevoli all’ingresso nella comunità europea. Oggi lo scenario politico è un po’ cambiato, ma la città di Castro resta sempre comunque gemellata con la città di Antandros, una città della Turchia sul mare egeo dove le fonti letterarie fanno imbarcare i superstiti troiani verso un viaggio ignoto. Delegazioni di Castro si sono recate in passato in Turchia nelle estati scorse e delegazioni di Antandros hanno restituito la cortesia

D. Si pensava che Enea partito da Troia, dopo Butrinto (Albania) e verso Pratica di Mare, si sia fermato anche a Leuca e Badisco. Voi date per certo che sacrificò solo a Castro, ad Athena?

R. Siamo ovviamente sempre sul piano letterario, ma sappiamo bene che Virgilio monta le location del suo poema sempre in posti reali, anzi di più, in posti che lui ha personalmente visitato. Virgilio muore a Brindisi non a caso, ha già visitato la Grecia due volte, conosce e si compiace nel suo poema di conoscere l’arte nautica. Un porto, un tempio di Atena ed un posto abitato da alleati degli Achei, e solo Castro oggi può dimostrare queste circostanze. Ma già i primi commentatori latini di Virgilio nel IV secolo avevano messo una pietra sopra questa faccenda.

D. Castro fu quindi un luogo di culto cui guardavano tutti i popoli mediterranei?
R. Quello che viene fuori dai reperti dimostra una imponenza architettonica e una ricchezza economica e culturale che non può certo riferirsi alla solo demografia interna della Castro messapica. E’ già stupefacente trovare il culto di una divinità mediterranea in strutture templari doriche in ambiente che fino ad oggi era dichiarato di stretta religiosità messapica, Anche per questo l’archeologia ufficiale aveva dato finora poco peso ai ricordi e alle ricostruzioni virgiliane, per gli esperti, come è noto, le manifestazioni templari sono piuttosto da riferire all’area che parte da Taranto e si spinge fino in Sicilia secondo le direttrici della colonizzazione greca. Ma il santuario di Athena a Castro forse è già al suo posto in quei secoli a guidare i naviganti del Canale d’Otranto.

D. Sotto quei 6 metri che ancora scaverete, cosa ci potrà essere?
R. Di tutto, non è la stratificazione naturale di una città che si ricostruisce sempre in ordine verticale, sovrapponendosi. Sono terrapieni in cui è stato deposto di tutto, da riporti di terreno di frequentazione proto-storica dell’età del Bronzo ai resti dell’ultimo santuario di Minerva che pare quasi seppellito con una certa “pietas”dai primi coloni romani portati qui dal Lazio.

D. Prima o poi spunterà da qualche parte anche il nome della Castro messapica?
R. Per ora è tutto sotto inchiesta. Una inchiesta vera e propria con tanto di perizie e indagini. Se la mappa di Soleto, tanto discussa, verrà confermata nella sua autenticità il vecchio nome di Castro è già noto e sarebbe LIK, molto assonate col nome di Lictio Idomeneo, leggendario fondatore di Castro e Lecce, e sarebbe questa un’altra conferma del punto di sbarco di Enea in quanto Virgilio fa un chiaro riferimento ai pericoli che potrebbe avere Enea salendo alla città del tempio di Atena abitata da coloni cretesi che l’Ilide dice alleati dei greci contro Troia.
Ma se non fosse questo credo che non lo si scoprirà mai e forse perché il nome della località era molto più banalmente tradotto in ogni lingua del Mediteranneo in qualcosa come il “Santuario di Atena japigio”, come lo chiamavano Athenaion i greci e Castrum Minervae i romani. Un posto di culto e un santuario così noto da non dover precisare altro.


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