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ANTIOCHIA DI SIRIA - ANTAKYA ( Turchia )

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IL MUSEO DI ANTIOCHIA
L'antica città greco-romana di Antiochia, ovvero i suoi resti, è una delle più antiche città romane nel vicino oriente. Essa si trova in Turchia, sulle rive del fiume Oronte e presso la sua foce, nella parte nord-orientale del Mare Mediterraneo, vicino alla odierna Siria.

Posta a pochi km dal mare, fu una delle più grandi metropoli del mondo antico, a partire almeno dall'epoca ellenistica e lo fu molto a lungo, costituendo con Roma, Alessandria d'Egitto ed Efeso, uno dei più grandi centri commerciali e culturali del mondo antico.

Come città dell'Impero romano essa prosperò fino al V sec. e vide crescere la sua popolazione fino a circa 500.000 abitanti. Venne abbellita da monumenti, templi, statue e marmi pregiati. Distrutta dal terremoto del 525 e conquistata dai persiani nel 540 subì da allora un lento e continuo declino.



LA FONDAZIONE

Antiochia, o Antakya nella dicitura greca, fu fondata nel 300 a.c. da Seleuco I Nicatore, uno dei generali di Alessandro Magno.
Per più di due secoli fu la capitale del Regno dei Seleucidi, una dinastia ellenistica molto illuminata.
Seleuco la chiamò così in onore di suo padre Antioco.

Nel 64 a.c. il generale Pompeo conquistò tutta la regione e costituì la provincia romana della Siria di cui Antiochia divenne la capitale.
La metropoli, abbellita da monumenti e templi, si arricchì di statue e marmi pregiati e, fin dal I sec., fu tra le città più prospere e importanti dell'Impero e la terza per popolazione, dopo Roma e Alessandria.

Numerosi furono gli imperatori che vi eressero varie opere, con palazzi, vie monumentali, templi, basiliche, edifici pubblici e fortificazioni,

La città, crocevia attivissimo tra occidente (Grecia e Roma), Asia, Palestina, Egitto e Arabia, ebbe, com'era logico che fosse, uno sviluppo notevole nell'aspetto commerciale, di cui furono maestri greci ed ebrei.

Nella sua fioritura culturale ospitò grandi matematici, filosofi, astronomi, e soprattutto grandi artisti.

Adorò soprattutto la Grande Madre Mediterranea, che prese diversi nomi, da Tichè ad Atargatis, a Cibele e ad Afrodite.
Poi si ispirò al pantheon greco, con il culto di Giove, Giunone, Fortuna, Apollo, Diana, Nettuno, Afrodite ma pure con geni alati sia maschili che femminili, come a Roma.

Sull’Oronte, il fiume di Antiochia navigabile sino al porto di Seleucia, si ergeva un tempo un’isoletta, una piccola roccaforte, su cui i regnanti seleucidi vi avevano fatto costruire un grande palazzo. In seguito divenne la sede dei governatori romani, oggi scomparsa per i terremoti.

Antiochia fu un modello di urbanizzazione ellenistica a forma di scacchiera, con vie diritte, fiancheggiate da colonnati e abbellite dai re Seleucidi prima e dai romani dopo. Lo storico Strabone la chiamò Tetrapoli (Quattro città) perchè ogni quartiere costruì la sua cinta muraria, racchiuso poi da un muro comune, ampliato più tardi da Giustiniano, del perimetro di 12 km.

L'ampia cerchia di mura e l'abbondanza di acque le consentirono di crescere ed abbellirsi. Gli storici dicono che arrivò a contare 300.000 abitanti e più di 200.000 schiavi.

Lo schiavismo fu infatti molto più diffuso in oriente che in occidente nell'antichità.
Una strada a doppio porticato, affiancata da ville splendide con marmi e mosaici, traversava tutta la città.

Successivamente Costantino il Grande vi innalzò una basilica per pubblicizzare ulteriormente il cristianesimo.

Tuttavia la città subì gravi terremoti e incendi, il che portò alla quasi totale scomparsa della presenza romana in città, con detrimento del commercio e della civiltà.

Morì proprio ad Antiochia colpito da una malattia l'imperatore Marco Ulpio Traiano nell'anno 117 d.c., tornato dalla logorante campagna militare in Mesopotamia.

Durante il III sec. la città fu assediata ed occupata per due volte dall'esercito persiano dei sasanidi di Sapore I, nel 252/253 e nel 260.



POMPEO

Nel 64 a.c. Pompeo conquistò la regione e costituì la provincia romana di Siria con Antiochia come capitale. 

Nel 55 a.c. Orode re dei Parti raccolse un grande esercito e lo inviò sotto le mura di Antiochia. L'assedio però fallì grazie a Gaio Cassio Longino, ex luogotenente di Crasso che accorse e respinse i Parti. Questi fuggirono ad Antigonea che assediarono inutilmente, sconfitti dal nuovo proconsole di Siria, Marco Calpurnio Bibulo. Allora i Parti abbandonarono definitivamente i territori romani, tornandosene ad est dell'Eufrate. 

La prima guerra tra Roma ed i Parti terminava nel 50 a.c. e Gaio Giulio Cesare visitò Antiochia durante la sua campagna in Oriente nel 47 a.c., confermandone il suo status di città libera per la sua fedeltà a Roma.

Nel 43 a.c., durante la guerra civile romana, la città fu posta sotto assedio da parte di Publio Cornelio Dolabella, alleato di Cesare finchè visse, passando al nemico alla sua morte.

Tuttavia Dolabella venne respinto e costretto a fuggire a Laodicea, dove fu ucciso da Gaio Cassio Longino, tra i promotori della congiura per l'uccisione di Giulio Cesare.

I Parti invasero nuovamente i territori orientali della Repubblica romana nel 40 a.c., condotti dal loro re Pacoro e da Quinto Labieno, figlio di Tito Labieno, legato di Giulio Cesare in Gallia).

Labieno fece passare le guarnigioni romane in Siria dalla sua parte. L'esercito romano-partico sconfisse l'esercito del governatore provinciale di Marco Antonio, costringendo Antiochia a passare dalla parte dei vincitori parti.



MARCO ANTONIO

Riconquistata Antiochia Marco Antonio nel 37 a.c. stabilì qui il suo "quartier generale" per l'imminente campagna contro i Parti. Qui Cleopatra sposò Antonio sognando un Oriente unito sotto la loro guida.

Quando Gaio Giulio Cesare vi aveva fatto visita nel 47 a.c., vi aveva fatto costruire una grande basilica, chiamata Kaisarion, un nuovo teatro, un anfiteatro (uno dei primi del mondo romano), un acquedotto, nuove terme e un nuovo Pantheon. Era l'usanza di romanizzare le province, rendendole più, belle, più comode, più ricche e colte, si da non rimpiangere la vita precedente.

Durante il periodo romano, la popolazione di Antiochia raggiunse oltre 500.000 abitanti e fu la terza città più popolosa del mondo dopo Roma e Alessandria (al tempo dell'Impero di Nerone). Con il IV sec., la popolazione cominciò a decrescere fino a circa 200.000.



AUGUSTO

In seguito alla battaglia di Azio, Ottaviano, ormai padrone incontrastato dell'impero romano, pose in atto una riforma monetaria imperiale (23 -20 a.c.), che prevedeva anche per le province romane di lingua greca una loro indipendente monetazione locale/provinciale. Le principali zecche furono, quindi, poste nelle località dell'Oriente romano più importanti "strategicamente" e/o popolose: ad Alessandria (per l'Egitto), Antiochia per la Siria e Caesarea per la Cappadocia.



GERMANICO

Ad Antiochia Germanico morì nel 19, durante la sua missione diplomatica in Oriente, voluta dal padre adottivo ed Imperatore, Tiberio. Il suo corpo fu cremato nel Forum, forse avvelenato da un emissario di Tiberio.

Nello stesso anno morì ad Antiochia Vonone I di Partia, il quale aveva ottenuto asilo politico al tempo di Augusto, visto che era stata Roma a tenerlo come ostaggio per tutta la sua fanciullezza. Augusto era in genere un uomo generoso, ma Tiberio molto meno, per cui gli tolse tutte le sue immense ricchezze che aveva portato con sé dalla Partia.



VESPASIANO

Abbiamo notizia dallo storico Tacito, che sempre ad Antiochia furono coniate monete romane durante la guerra civile che vide coinvolto da una parte l'allora governatore di Siria, Vespasiano, poco dopo che fu proclamato Imperator dalle truppe in Alessandria d'Egitto (il 1º luglio del 69).

Nel 69 Vespasiano si trasferì ad Antiochia, subito dopo essere stato proclamato imperatore, da dove dispose di inviare Muciano in Italia, con un forte contingente militare, per sbarazzarsi delle armate di Vitellio.




TRAIANO

Durante il principato di Traiano, Antiochia fu la principale zecca provinciale per le emissioni di dracme e tetradracmi, che furono anche coniate in biglione, cioè argento, talvolta oro, misti a metalli inferiori, come rame, zinco e stagno. Non conosciamo con precisione dove si trovasse l'edificio della zecca di Antiochia, possiamo solo presumere che si trovasse a fianco del forum, come accadde a Mediolanum.

Le prime monete furono coniate qui, insieme alle altre zecche delle tre principali città del regno dei Seleucidi (Seleucia di Pieria, Laodicea e Apamea, che formavano la tetrapoli siriaca, già a partire da Antioco I ( 281-280 a.c.).

Anche Traiano, nell'anno 114, usò Antiochia come quartier generale delle armate romane in vista delle imminenti campagne militari, per la conquista della Mesopotamia dal 114 al 117. Nel 115, poi, durante uno dei soggiorni dell'Imperatore, la città fu sconvolta da un terribile terremoto, tanto che lo stesso Traiano fu costretto a rifugiarsi nel Circo per diversi giorni.
« Mentre l'imperatore Traiano si trovava a soggiornare in Antiochia, un terribile terremoto colpì la città. Molte città subirono dei danni, ma Antiochia fu quella più sfortunata di tutti. 
Qui Traiano stava trascorrendo l'inverno e molti soldati e civili erano accorsi qui da tutte le parti, e quindi ad Antiochia il mondo intero sotto dominio romano, subì il disastro. 
C'erano stati molti temporali e vento portentoso, ma nessuno si sarebbe mai aspettato tanti mali tutti insieme. Tutta la terra si alzava, molti edifici crollarono, altri si alzavano da terra per poi crollare e rompersi in pezzi al suolo. 

Per quanto riguarda le persone, molte che erano fuori casa, furono gettate violentemente verso l'alto e poi a terra, come se fossero caduti da un'alta rupe; altri furono uccisi e mutilati. 
Il numero di coloro che rimasero intrappolati nelle case e morirono aumentarono, molti furono uccisi
dalla forza stessa della caduta di detriti, e un gran numero furono soffocati sotto le rovine. »
(Cassio Dione Cocceiano, Storia romana.)

« Così grande era la calamità che travolse Antiochia in questo momento. Traiano si fece strada attraverso una finestra della stanza in cui era alloggiato. Qualcuno più grande della statura umana, sembra sia venuto da lui a prenderlo, per portarlo via, in modo che riuscì a fuggire con solo alcune lievi ferite, e sebbene la situazione perdurasse per diversi giorni, visse fuori di casa nell'ippodromo. 

Anche il monte Casio subì pesanti scosse di terremoto, tanto che le sue stesse vette sembravano chinarsi e rompersi, pronti a gettarsi sulla stessa città. Molte colline si assestarono, molta acqua non precedentemente visibile venne alla luce, mentre molti corsi d'acqua scomparvero.»
(Cassio Dione Cocceiano, Storia romana)



ADRIANO
Morto Traiano nel 117,  l'Imperatore Adriano, partì da Antiochia dove si trovava come governatore della Siria, per andare a Roma. Non ebbe mai simpatia per gli abitanti di Antiochia tanto da meditare di separare la Siria dalla Fenicia, perché la città non fosse più capitale di tante città.



LUCIO VERO 

Nel 161, con la morte di Antonino Pio, il trono d'Armenia divenne vacante, reclamato da Soemo, un principe di Edessa che era pure senatore romano. Il re Vologase IV inviò in Armenia la propria cavalleria al comando del generale Osroe che sconfisse i Romani. Soemo fu deposto e dovette fuggire.

I Parti attaccarono la Cappadocia e la Siria, portandosi fin sotto le mura di Antiochia, distruggendo un'intera legione e conquistando la fortezza di Edessa. Lucio Vero fu allora inviato dal fratello, Marco Aurelio, a combattere i Parti, e stavolta con successo, dal 163 al 166, trasferendo qui parte della corte imperiale. Ancora una volta Antiochia fu la Roma d'oriente.



MARCO AURELIO

L'imperatore Marco Aurelio evitò di far visita alla città nel 175, poiché aveva acclamato a capo della Siria, ribellata al suo potere, l'usurpatore Avidio Cassio. Vi andò però l'anno dopo per visitare la città e riportarvi l'ordine.

MUSEO DI ANTIOCHIA

PESCENNIO NIGRO

Più tardi Pescennio Nigro, governatore di Siria, si contrappose a Settimio Severo nel corso della guerra civile, ed avendo dalla sua parte le armate orientali, fu costretto ad emettere monete per mantenerle.



SETTIMIO SEVERO

Antiochia divenne la capitale di Pescennio Nigro, sconfitto però nel 194 da Settimio Severo, che vi soggiornò nelle successive campagne partiche ( 197-198), ma tolse agli Antiochesi la qualità di capitale ad Antiochia.

La zecca fu probabilmente chiusa da Settimio Severo, che punì la città di Antiochia spostando la capitale siriaca nella vicina Laodicea per alcuni anni, fino a quando il figlio Caracalla non convinse il padre a perdonare i suoi abitanti per aver parteggiato per Pescennio Nigro. In seguito la zecca fu aperta per un'emissione temporanea a favore di Eliogabalo della dinastia dei Severi.



CARACALLA

Poi Caracalla divenne console ad Antiochia nel 202, e nel 215 - 217 utilizzò Antiochia come quartier generale per la guerra contro i Parti. Alla sua morte, nel 217, il prefetto del pretorio, Macrino, si fece proclamare imperatore e fece ritorno ad Antiochia, dove incontrò il figlio Diadumeniano, che proclamò a sua volta Cesare.

Nel 218 Eliogabalo sconfisse Macrino e divenne imperatore soggiornando per alcuni mesi ad Antiochia. Nel III sec., la città fu occupata dai sasanidi di Sapore I, liberata poi da Gordiano III. 



ALESSANDRO SEVERO

Nella Campagna sasanide Alessandro Severo fece di Antiochia il suo quartier generale. Nel 239, Ardashir I ruppe la tregua e attaccò la Mesopotamia romana, conquistando Nisibis e Carre (237/238), poi Dura Europos (239) e la stessa Antiochia, oltre alla città alleata dei Romani, Hatra (240), la splendida città greco sumera - siriana, approfittando che l'impero romano era impegnato con Goti ed Alemanni.



TREBONIANO GALLO

In seguito Antiochia torno' romana però l'eccessiva tassazione voluta a partire dal 248 da Filippo l'Arabo, provocò una rivolta ad Antiochia che preferì il dominio dei Persiani rispetto a quello romano.

Sotto l'impero di Treboniano Gallo (251-253) i Sasanidi tornarono ad impossessarsi dell'Armenia, della Mesopotamia e in Siria sconfissero l'esercito romano occupando Antiochia, dove razziarono un ricco bottino, uccisero numerosi abitanti nel teatro e facendo molti prigionieri (253).



VALERIANO


La riapertura della zecca di Antiochia avvenne molto probabilmente al tempo di Gordiano III, quando quest'ultimo emise una serie di antoniniani, continuata poi anche da Filippo l'Arabo. In Oriente con l'arrivo di Valeriano ad Antiochia nel 254 (sua nuova sede imperiale), la preesistente zecca non era più sufficiente a coniare moneta per i militari dell'area.

Si rese così necessaria la costruzione di una seconda officina (nel 255). Ancora nel 256, gli eserciti di Sapore I sottraevano ai romani Carre, Nisibis, Dura Europos e la stessa Antiochia. L'imperatore Valeriano recuperò Antiochia l'anno successivo e la fece ricostruire. Qui stabilì la sua corte per alcuni anni ma la città ricadde sotto ai persiani, poco prima che Valeriano fosse sconfitto e catturato dalle armate sasanidi nella battaglia di Edessa.



Con la sconfitta di Valeriano del 260, la zecca smise di battere moneta dal 262 per alcuni anni, forse fino a Claudio II che riattiverà la zecca. La cattura di Valeriano da parte dei Persiani lasciò l'Oriente romano a Sapore I, il quale rioccupò i territori romani fino a Tarso, compresa tutta la provincia romana di Mesopotamia fino a Cesarea in Cappadocia dopo una strenue difesa.

Macriano radunò a Samosata quello che rimaneva dell'esercito romano in Oriente, mentre il prefetto del pretorio, Ballista, riuscì a sorprendere i Persiani presso Corycus in Cilicia ed a respingerli fino all'Eufrate.

Odenato, che aveva cercato di ingraziarsi Sapore I, una volta che i suoi doni furono rifiutati, decise di allearsi a Roma contro i Persiani. Infatti, di ritorno dal saccheggio di Antiochia, li sconfisse prima che potessero attraversare l'Eufrate. 



AURELIANO

Durante le campagne militari contro il regno di Palmira di Zenobia, l'imperatore Aureliano riprese Antiochia, soggiornandovi per risolvere i problemi della città. Vi tornò a soggiornarvi prima della campagna contro il regno di Palmira del 273/274. Zosimo racconta infatti che:
« Aureliano raggiunse Antiochia e mentre si svolgeva una gara ippica comparve tra il popolo. Dopo aver destato meraviglia con questa sua improvvisa apparizione, si diresse verso Palmira, e senza combattere si impadronì della città, la distrusse e lasciò libero Antioco, non ritenendolo degno neppure di essere punito, tanta era la sua irrilevanza.»
(Zosimo, Storia nuova, I, 61.1.)

Durante il regno di Aureliano, quest'ultimo dopo la vittoria ottenuta sulla regina di Palmira, Zenobia, emise ad Antiochia una nuova serie di aurei che ne celebrassero il trionfo sulla stessa ed il figlio Vaballato. Dopo il 274 la zecca potrebbe essere stata nuovamente chiusa per un lungo periodo, a parte alcune coniazioni quando Diocleziano divenne Imperatore nel 285 o quando trascorse alcuni inverni nella capitale siriana durante le campagne sasanidi di Galerio ( 293 - 298).



DIOCLEZIANO

La città divenne una delle capitali imperiali romane al tempo della tetrarchia di Diocleziano, quando quest'ultimo decise di risiedervi per alcuni anni, ampliando il palazzo imperiale iniziato al tempo di Valeriano, decidendo quindi di condurre con il Cesare Galerio, alcune campagne militari contro i Sasanidi negli anni 293-298, e celebrando nella metropoli orientale il trionfo.



COSTANTINO I

Quando Costantino I decise di spostare la capitale da Roma in Oriente, prima di decidere per Bisanzio aveva pensato ad Antiochia.

Nel 337, poco prima della morte di Costantino I, i due eserciti, quello romano comandato dal figlio di Costantino, Costanzo II, e dal nipote Annibaliano, dall'altro quello persiano, condotto dallo stesso Sapore II, ruppero la tregua conclusa oltre trent'anni prima da Narsete e Galerio, e tornarono a scontrarsi.

Costanzo si recò ad Antiochia, che era stata la sua capitale durante gli ultimi anni da Cesare, da dove poteva occuparsi meglio della frontiera orientale di quanto avrebbe potuto fare a Costantinopoli. Vi rimase dal 338 al 350, utilizzandola come sua residenza imperiale.

Costantino I fece erigere una grande chiesa ad Antiochia (nel 325, finita nel 341 da Costanzo II), posizionata probabilmente nei pressi del Palazzo imperiale sull'isola, al di là dell'Oronte. La Chiesa, detta la "Domus Aurea di Antiochia" fu gravemente danneggiata nel corso di un primo e poi da un secondo terremoto nel 588, e mai più ricostruita. Alcuni hanno ipotizzato che la Chiesa di San Vitale a Ravenna, costruita nel 540, potrebbe avere a modello la chiesa ottagonale d'Oro di Antiochia:

« Costantino, quasi fosse stata la capitale di tutte le province del luogo, consacrò una chiesa unica nel suo genere per le proporzioni e la bellezza. All'esterno fece costruire intorno all'intero tempio una grande cinta muraria, ed all'interno fece innalzare l'edificio vero e proprio, di altezza notevole, costruito su pianta ottagonale, circondato tutto intorno da edicole, poste su due ordini, superiore ed inferiore, che fece generosamente rivestire con ornamenti d'oro massiccio, bronzo ed altri materiali preziosi. »
(Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino.)


GIULIANO

Nel 362 l'Imperatore Flavio Claudio Giuliano visitò la città, poco prima di iniziare la sua campagna militare contro i Persiani sasanidi. Rimase così affascinato da Antiochia, da considerarla rivale di Costantinopoli.

Antiochia era allora formata da una popolazione parte pagana e parte cristiana, che lo storico Ammiano Marcellino riteneva fossero sufficientemente amalgamate. Invece non molto tempo dopo, l'intransigente popolazione cristiana inveiva contro Giuliano per il suo atteggiamento a favore di riti ebraici e pagani, e per aver chiuso la grande chiesa fatta costruire da Costantino I.

In realtà Giuliano non sembra avesse fatto chiudere la chiesa ma le avesse invece ridotto grandemente la sua manutenzione, rendendola uguale a quella pagana. La reazione fu quella di dare alle fiamme il tempio di Apollo a Dafne.

Qui fu condotta la salma di Flavio Claudio Giuliano, al termine della campagna militare contro i Persiani, da parte del nuovo imperatore Gioviano nel 363, il quale rimase ad Antiochia fino al febbraio del 364.



VALENTE

BUSTO DI SELEUCO I FONDATORE
DI ANTIOCHIA COPIA ROMANA
DA UN ORIGINALE DI ERCOLANO
Nel 369 - 370 l'imperatore Valente recatosi sul fronte orientale per una nuova spedizione contro i Persiani, trascorse due inverni nel palazzo imperiale di Antiochia.

Vi tornò dal 375 al 378, poco prima di recarsi a Costantinopoli e subire la terribile disfatta di Adrianopoli ad opera dei Goti. Egli riaprì poi la grande chiesa di Costantino, che rimase aperta fino al "sacco persiano" del 540, compiuto da Cosroe I.



TEODOSIO

Nel 387, ad Antiochia ci fu una grande rivolta causata da una nuova tassa prelevata per ordine di Teodosio I, al termine della quale la città, seppure difesa dal filosofo Libanio, fu punita con la perdita del suo status di metropolis.

Nel 393 il nuovo comes Orientis, che risiedeva ad Antiochia, fu arrestato ed ucciso, sembra ingiustamente, per volere di Arcadio figlio dell'allora imperatore Teodosio I.



GLI SCAVI

La prima campagna di scavi sul sito dell'antico Circus iniziò nel 1932, grazie ad un'equipe di archeologi dell'Università di Princeton, e durò fino al 1935. La datazione della maggior parte delle costruzioni secondo le indagini archeologiche risalirebbe al IV sec., con un inizio di attività nella seconda metà del I sec. a.c.

STAMPA DI ANTIOCHIA DEL XVIII SECOLO


I MONUMENTI SCOMPARSI

Giulio Cesare, che le aveva concesso il titolo di "Metropoli", eresse la prima basilica, come anche il teatro e altri edifici. Quinto Marcio Re, proconsole di Cilicia, aveva riparato il grande ippodromo della città di Antiochia. Pompeo, che aveva lasciato alla città la sua costituzione autonoma (A. libera: Plin., Nat. hist., V, 79), ne restaurò la casa del Senato.

Dopo la vittoria di Azio, Augusto visitò Antiochia nel 29 a.c. e ordinò vi fosse eretto un grande tempio dedicato a Giove Capitolino, tutto in marmo rosa, presso il monte Silpio, e inoltre fece costruire un grande forum.

Marco Vipsanio Agrippa fece ampliare il teatro ( 20-14 a.c.), terminato poi dall'imperatore Traiano che vi soggiornò dal 114 al 117.

Il re cliente di Roma, Erode, "amicus populi Romanicos" costruì infine una lunga stoa (edificio con porticati) ad est, mentre Agrippa incentivò un nuovo quartiere a sud di essa che si chiamò Epiphania, e venne ampliato sotto Tiberio.

Per la strada porticata eseguì importanti lavori Tiberio, al quale fu eretta in mezzo alla via una statua di bronzo in cima a un'alta colonna di granito egiziano, presso il luogo che era chiamato l'òmphalos della città.

LE MURA OGGI E COME APPARIVANO IN ORIGINE
Molti imperatori vi eressero varie opere, come Caligola, che ricostruì ed ingrandì un nuovo foro, fino ad Aureliano che, tornato dalla guerra contro la regina Zenobia di Palmira, altra ricchissima città, fermatosi ad Antiochia decise di abbellirla. Essa però dovette provare anche gravi terremoti e incendi. Posta in una zona ad elevata sismicità, la causa principale della quasi totale scomparsa della presenza romana in città furono i numerosi terremoti che la colpirono.

Vespasiano qui batté moneta, probabilmente utilizzando la preesistente zecca, attiva fin dal tempo dei Seleucidi. Antonino Pio costruì la grande arteria stradale est-ovest in granito. Fu quindi ristrutturato il Circo, costruiti nuovi colonnati e Terme, oltre a nuovi acquedotti che portavano il nome dei Cesari, il più bello dei quali era quello di Adriano. Poi Valeriano fece erigere sull'isola a nord dell'Oronte, un palazzo imperiale (ampliato durante la tetrarchia da Diocleziano), come ce lo descrive lo stesso Libanio, originario della città.

Ancora Tiberio ed Erode fecero erigere due lunghe vie colonnate nella zona sud (per oltre due miglia romane), verso il monte Silpio, con una piazza ovale alla loro intersezione, al centro della quale era posta una colonna commemorativa (con la statua di Tiberio, in cima) ed un nymphaeum. E se Erode ne pagò la pavimentazione, Tiberio invece le colonne poste lungo i lati della strada. La porta Orientalis fu inoltre decorata con la statua della lupa capitolina che allatta i due gemelli, Romolo e Remo.

Il successore di Giuliano, l'Imperatore Valente, dotò Antiochia di un nuovo Forum, tra cui una statua del fratello Valentiniano I eretto su una colonna centrale.

Poche tracce però della città, un tempo grande metropolis romana, sono oggi visibili a parte delle mura di fortificazione che si estendono come un gigantesco serpente lungo le vicine montagne ad est della città moderna, oltre ad alcuni tratti degli antichi acquedotti, e la Chiesa di San Pietro, che si racconta sia stato un luogo di incontro delle prime comunità cristiane. La maggior parte della città romana giace sepolta sotto i sedimenti profondi del fiume Oronte, o è stata seppellita sotto le attuali costruzioni moderne.



LA STRADA PORTICATA

La prima costruzione della strada che si estende oggi sotto la via principale della moderna Antakiè.

Al di là di questa, a nord, lungo la strada da Antiochia ad Aleppo, è di età ellenistica, rimaneggiata nel I sec. a.c. , con marciapiedi larghi abbastanza da poter contenere dei portici; ma solamente al II sec. d.c. si edificò il grande doppio porticato che la rese famosa.

In questa ricostruzione il piano carreggiabile, pavimentato a grossi lastroni di calcare duro e fornito di due canali laterali, misurava m 9,60 di larghezza, mentre il complesso della strada arrivava a quasi 30 m coi suoi due porticati su cui si aprivano botteghe e uffici regolarmente distribuiti.

Gli intercolunni dei portici misuravano a un dipresso 5 m: per questi doppi portici, dunque, dovevano essere state impiegate circa 3200 colonne, di cui molte di granito grigio o rosa. Gli aggruppamenti di case, ai lati del colonnato, sembra misurassero circa 60 m di larghezza lungo la strada, e 120 di profondità lateralmente.



IL CIRCO ROMANO

Il circo romano di Antiochia era un'antica struttura collegata al vicino palazzo imperiale, importante soprattutto durante il periodo in cui Antiochia fu una delle capitali tetrarchiche dell'Impero Romano.

Questo venne edificato forse nel 67 a.c. da Quinto Marcio Re, governatore della Cilicia, e fu costruito sull'isola a nord dell'Oronte. Nel 115, durante il soggiorno dell'Imperatore Traiano, Antiochia fu sconvolta da un terribile terremoto, tanto che l'imperatore fu costretto a rifugiarsi nel Circo per diversi giorni.

Più volte ristrutturato, anche a causa dei terremoti, fu  ampliato durante il IV sec. sotto il figlio di Costantino I, Costanzo II, che risiedette in modo continuativo, per fronteggiare la minaccia sasanide dal 337 al 350. Il circo sembra sia caduto definitivamente in disuso dopo il terribile terremoto che colpì la città di Antiochia nel 526.

L'orientamento del suo impianto era nord-sud. L'arena misurava 492,5 m di lunghezza e 70-75 m di larghezza. La distanza tra i carceres e la balaustra centrale (o spina) era di 145 m. La lunghezza della spina  era di 283 m  e larga m 8,3. La capienza complessiva dell'intera struttura è stata stimata in 80.000 persone, sedute lungo le sue gradinate.



LA ZECCA

La zecca e monetazione di Antiochia (Moneta da Giunone Moneta) era l'edificio presso il quale vi fu la prima coniazione di monete sia in epoca seleucide sia in epoca imperiale romana. Iniziò da Antioco I (dal 281-280 a.c.), e proseguì con l'Imperatore Vespasiano nel 69, come narra Tacito:

« Prima misura di guerra fu quella di arruolare soldati e di richiamare i veterani. Si scelsero città importanti per riattivare gli arsenali, ad Antiochia si coniò oro e argento e tutto, gestito da agenti capaci, si svolse ovunque con sollecitudine.»
(Tacito, Historiae)

PALAZZO IMPERIALE DI ADRIANO A SPALATO MOLTO SIMILE A QUELLO DI ANTIOCHIA

IL PALAZZO IMPERIALE

Diocleziano costruì in alcune città un palazzo imperiale, dove soggiornare in caso di problemi da risolvere o questioni amministrative. Una parte della città accolse il palazzo e divenne la residenza dell'imperatore, della sua corte e di parte della guardia pretoriana. 

Sembra che i due palazzi fossero pressoché uguali per cui portiamo come immagine quella ricostruita del palazzo imperiale di Adriano a Spalato.

Vi costruì edifici di rappresentanza, amministrativi e militari. Il palazzo reale venne edificato sull'isola scomparsa, sul preesistente palazzo imperiale di Gallieno e Valeriano. Di fronte al palazzo stavano un colonnato e il "tetrapylon degli elefanti", probabile incrocio di due strade porticate - presso il quale Giuliano l'Apostata affisse il suo Misopogon, la nota invettiva contro la lussuosa e corrotta città. 

Come a Roma avevano l'ingresso diretto al Circo col pulvinar riservato all'imperatore e la sua famiglia. In realtà il palazzo imperiale fu iniziato da Valeriano (200 - 260), continuato da Marco Aurelio Probo (232 - 282) ed ultimato durante la tetrarchia, da Diocleziano (244 - 311), sull'isola a nord dell'Oronte, come narra il filosofo siriano Libanio, originario della città.

Non va confuso con un precedente palazzo di epoca seleucide. È oggi rappresentato sull'arco di Galerio di Salonicco. Nel palazzo risiedette anche Valente durante la crisi persiana nel 369-370, poi ancora dal 375 al 378, poco prima di recarsi a Costantinopoli e subire la terribile disfatta ad opera dei Goti che annientarono totalmente l'esercito romano presso Adrianopoli.



LO STADIO

Scavi parziali dello stadio vicino al palazzo hanno messo in evidenza i suoi carceres, parte della spina e delle metae. La lunghezza dell'arena si estende per m 492,50; i particolari tecnici dell'edificio suggeriscono che si tratti precisamente della ricostruzione del proconsole Q. Marcio Re.

GROTTA DI S. PIETRO

GROTTA DI SAN PIETRO

Un esempio di queste manomissioni fu la chiesa rupestre chiamata “Grotta di S.Pietro”.
Scavata naturalmente nella roccia sul fianco occidentale del monte Stauris, la grotta è lunga 13 m, larga 9 e mezzo e alta poco più di 7 m.

Dedicata anticamente ad una divinità femminile delle acque e della salute, eretta su una pendice della montagna sacra ai cittadini dell'epoca, era beneficiata da ben due acquedotti che dovevano produrre dei giochi d’acqua che scendevano alle vicine terme che si trovavano in basso a destra della piccola salita che porta alla grotta. 

Questo ci suggerisce che la Dea in questione fosse una antica Grande Madre che faceva miracoli attraverso le sue acque miracolose, si che i romani, rispettosi di ogni divinità anche estera, si affrettarono ad abbellire il santuario creandovi terme, ninfei e luoghi di ristoro. 

Purtroppo del luogo resta poco, perchè al suo interno è stata costellata di mosaici tolti a pezzi da varie parti e le pareti, con buchi e nicchie, dovevano contenere statuette e vari ex voto ormai perduti. 

Appartengono all'antica grotta pagana un tunnel, che si apre sulla sinistra di chi guarda l’altare, e la piccola vasca a livello del pavimento, sulla destra. II tunnel è stato interpretato erroneamente come un mezzo per mettersi in salvo sulla montagna in caso di attacco improvviso, visto che sbuca appena fuori la chiesa.

Il passaggio in ombra doveva significare invece un passaggio interiore come a volte si trova  nei mitrei o nei luoghi in cui si celebravano i sacri misteri. C'era poi la vasca, interpretata come fonte battesimale, ma in realtà anche questa di molto antecedente al culto cristiano.

Qui si raccoglieva l’acqua che fino a qualche anno fa colava dalla roccia e che era bevuta devotamente dai visitatori antichi e da quelli cristiani poi, i quali la portavano anche con sé per i malati. Oggi l’acqua non scorre più perché deviata in seguito a terremoti, frequenti ad Antiochia.



IL MUSEO HATAY MUZESI

CALICE DI ANTIOCHIA
Il Museo di Antakya (Hatay Müzesi) conserva una delle più ricche collezioni di mosaici romani del mondo.

La maggior parte di questi fantastici mosaici in pietra sono stati scoperti durante gli scavi di Antakya nelle vicinanze di Harbiye (Daphne).

Qui si conserva anche la statua dell'antica Dea Primigenia Atargatis.

In quanto al famosissimo e tanto discusso "Calice di Antiochia", in cui s'è voluto riconoscere il calice di Cristo nell'Ultima Cena,

Il Calice di Antiochia, è una produzione antiochena, inizio VI sec. inargento e oro, decorato a rilievo con 12 figure umane, uccelli e animali fra tralci di vite con grappoli d'uva, oggi al Metropolitan Museum di New York.



LA TICHE DI ANTIOCHIA

La città di Antiochia ci offre forse la più celebre personificazione di città del mondo antico nella statua che alla Tyche della città fece Eutychides di Sicione intorno al 300 a.c.

TICHE
Essa rappresentava una donna con corona turrita indossante un lungo chitone e un himàtion: ai suoi piedi la personificazione dell'Oronte (Paus., vi, 2, 7). 

Questa statua influì molto sulle figure di personificazioni di città e stabilì, come attributo per eccellenza di una divinità di città, la corona turrita. 

Fu copiata più volte e le copie più antiche si possono trovare su monete di Tigrane d'Armenia che presentano già alcune varianti: 
1) A. in lungo chitone ed himàtion, con corona turrita sulla testa, un ramo di palma in mano è seduta su una roccia: ai suoi piedi l'Oronte. 
2) A. nello stesso abbigliamento regge nella sinistra una cornucopia. 

Possiamo ritrovare questo primo tipo su monete coniate nel 31 a.c. 
Sotto Traiano ed Adriano ed in tutte le successive figurazioni di A. l'attributo della città è un mazzo di spighe.

Altre figurazioni di Antiochia, nel campo della statuaria: due statuette di bronzo al Museo Archeologico di Firenze, una statuetta alla Bibliothèque Nationale di Parigi, un'altra nella Collezione de Clercq,
una statuetta d'argento al British Museum, una statuetta di marmo a Budapest oltre quella al Vaticano (v. Eutychides).

Una delle più tarde raffigurazioni di Antiochia è quella sul Calendario di Filocalo in cui la città appare accanto all'Oronte personificato, con l'acquedotto ed il tempio di Apollo nel quartiere di Dafne.



IL TUNNEL DI TITO

TUNNEL DI TITO
Un tunnel fatto costruire dagli imperatori Vespasiano e Tito per far confluire il corso di un torrente.
Costruito dai Romani per deviare l'acqua piovana, affinchè si evitasse lo straripamento del torrente.

Il tunnel è lungo 1380 metri per evitare il riempimento del porto, che all’epoca aveva una notevole importanza per il commercio mediterraneo. Il tunnel fu terminato all’epoca di Tito.

Anche confrontato con i mezzi attuali a disposizione, rimane una grande opera di ingegneria.
Ma oltre alla stupefacente opera edilizia esso è meta dei turisti per la sua incredibile bellezza e suggestione.



GLI IMMENSI MOSAICI DI ANTIOCHIA

L’antica città risulta tutt’oggi coperta da mosaici per circa 10.000 metri quadrati, e fra essi si trova un frammento gigantesco:
1.050 metri quadri di pavimento di mosaico, la superficie continua mosaicata romana tra le più estese al mondo:

La costruzione dell’Hotel non ha previsto, come spesso accade in questi casi, la rimozione delle opere o la loro copertura, ma ha integrato l’archeologia nel design della nuova struttura, mostrandola attraverso i propri pavimenti.

Il risultato è un audace esperimento di conservazione storica, progettato dalla ditta EAA-Emre Arolat Architecture, che consente agli ospiti di osservare un antichissimo sito abitato oltre 2 millenni fa.

L’hotel, composto da 199 camere, sembra librarsi come un’opera aliena sopra una terra antichissima terra. Le stanze sono prefabbricate, disposte sotto un tetto tagliente e spigoloso. Sotto all’edificio moderno si trovano strade antiche, complete di mura, vie e mosaici.

Özge Ertoptamış, direttore dell’ufficio EAA di New York, spiega il motivo della costruzione dell’hotel sopra il sito archeologico: “In siti e situazioni simili, è molto comune che i reperti archeologici vengano coperti e dimenticati. Queste preziose parti della storia non sarebbero mai arrivate in superficie senza questo progetto, che le valorizza e le rende disponibili al grande pubblico“.

Per costruire l’edificio è stato necessario una meticolosa fase di sviluppo, dopo che le scoperte archeologiche hanno reso inadatti i piani precedenti. I progetti architettonici sono stati presentati a diversi ministeri del governo, funzionari locali ed esperti di archeologia, i quali hanno infine avallato la costruzione dell’hotel-museo.




DAFNE

Nei pressi di Antakya si trova Harbiye, villaggio costruito sull’antica Dafne, un santuario in un bosco dedicato ad Apollo, dove secondo la mitologia Apollo aveva cercato di sedurre Daphne, la Ninfa dei boschi. Per sfuggire alla sua stretta, lei si tramutò in arbusto di alloro.

Ai tempi dei romani la città era un lussuoso sobborgo ed era famosa per le cascate del fiume e per il venerato santuario oracolare di Apollo. Abbellita dagli imperatori, Dafne divenne un "luogo di delizie" cosi' celebre da oscurare lo splendore di Antiochia, che in alcune opere è chiamata "Epidafne" (= vicino a Dafne).

Le rovine di Dafne sono insignificanti ma, poiché il luogo, fresco di acque e di ombre, è meta di piacevoli passeggiate estive. Quasi tutti i mosaici sono del II - III - IV secolo d.c. Particolarmente belli quelli di:
- Oceano e Teti,
- Ifigenia in Aulide,
- Le quattro stagioni,
- Ganimede che abbevera l'aquila,
- Narciso ed Eco,
- Orfeo che incanta le fiere,
- Giove e Ganimede,
- Dioniso e Arianna,
- Teti con i pesci,
- Amore e Psiche.

DAFNE

TEATRO DI DAFNE

È stato scavato il teatro di Dafne che, secondo Malala, sarebbe sorto sulle rovine di una sinagoga giudaica, distrutta da Tito per dare parziale sfogo ai sentimenti antigiudaici prevalenti in quel momento nella città.

Nessuna traccia è stata rinvenuta di edifici anteriori al teatro stesso, che ha palesato una scena diritta, con la porta centrale fiancheggiata da due colonne di granito di Assuan a capitelli corinzi in marmo; l'orchestra poteva essere rapidamente allagata per le naumachie.

Tra le decorazioni scultoree in esso rinvenute si possono nominare i resti di due repliche, esposte verosimilmente affrontate, del famoso gruppo ellenistico del Satiro e l'Ermafrodita. La costruzione può essere datata nel II sec. d.c. 

MOSAICO DI ORFEO CHE AMMANSISCE LE BELVE

SELEUCIA

Vicino Samandag, si trova Cevlik, l’antica Seleucia, costruita nel 300 a.c., con i resti di un tempio ellenistico.

Dell'antica città, rimangono pochi resti: molte tombe, una necropoli ("Besikli magara"), i resti di un tempio ellenistico e il porto ancora ben visibile si dice sia quello da cui salpò san Paolo per il primo viaggio apostolico.

Nei pressi del tunnel si trova la Grotta di Beşikli nota anche col nome di 12 Tombe Rocciose, pure di epoca Romana. La grotta consta di un complesso di tombe scavate nelle rocce. 

Una pavimentazione successiva è dovuta a Caracalla, ricostruita poi in tono minore da Giustiniano dopo il terremoto del 528.

Con la conquista araba l'intera strada si ridusse al suo solo il suo portico occidentale.
Su un certo punto la strada posa su un ponte di due ampi archi (larghi m 6,40 ognuno), per le acque del torrente Parmenio, probabilmente il Foro di Valente descrittoci dalle fonti.

Degli altri edifici nominati dagli scrittori antichi, è stato erroneamente identificato, in alcuni ruderi sulle pendici del Silpio, il teatro di tre piani, rispettivamente attribuiti a Cesare, Agrippa e Tito.



ACQUEDOTTI

Assai più importanti resti ci hanno lasciato due acquedotti che portavano alla città le abbondanti e fresche acque delle cascate di Dafne, le costruzioni e ricostruzioni dei quali sono attribuite dalle fonti letterarie a Caligola, Traiano e Adriano: infatti alla tecnica del principio dell'Impero corrisponde il più antico dei due, con ampi archi tutti in pietra da taglio, mentre del secondo, in cui v'è largo uso di calcestruzzo, possiamo vedere i piloni conservati di un imponente ponte, il cui arco centrale - anche questo in sole pietre da taglio - aveva una freccia di ben 22 m.



TERME

Fra i numerosi e grandiosi bagni pubblici alimentati dalle acque di Dafne si può ricordare, a titolo di esempio, il Bagno C, fra i più grandiosi e regolari rinvenuti, la cui struttura finale appartiene alla seconda metà del IV sec. d.c., ma che ricopre le vestigia di uno più antico, probabilmente anteriore al terremoto di Traiano. È un edificio di ben 50 × 90 m, con un frigidario ottagonale nella parte anteriore, verso nord seguito da un tepidario nel centro e da un elaborato sistema di stanze per il calidario nella parte posteriore.

Altri bagni, sia pubblici che di ricchi edifici privati, possono avere piante più irregolari. Un bagno, a disposizione più irregolare ma più raccolto, del tipo conosciuto in Oriente come "bagno di inverno", è stato rinvenuto presso lo stadio sull'Isola dell'Oronte, per cui è stata suggerita la sua identificazione con quello donato alla città, in quel sito, da Diocleziano, l'imperatore che, di contro al singolo edificio termale costruito a Roma, ne edificò ad Antiochia ben quattro simili, oltre a due palazzi, uno in città e uno a Dafne, a un tempio a Giove e a uno a Nemesi.

Risale invece a Diocleziano, circa della metà del IV sec., la decorazione musiva del bagno, a noi conservata, di cui importante è soprattutto il pannello della più ampia aula centrale, con l'allegoria della Terra feconda, rappresentazione di Ghe e dei Karpoi. In un altro bagno della stessa epoca, è stato rinvenuto un mosaico col gruppo di Hermes che porta in braccio il bimbo Dioniso.

In un ampio complesso architettonico non ancora scavato, sulle pendici di un colle dello Stauris ma fuori della città di circa 9 km, c'era un portico e un vestibolo con accesso al frigidario ottagonale con quattro nicchie semicircolari per le vasche, e nel centro il busto allegorico di Soterìa ("Salvezza" o "Salute"), da cui ad est si apriva un'altra vasca absidata, decorata del mosaico di Apolàusis ("Godimento") che ha dato il nome al bagno, mentre a ovest sono collocate le due stanze, la prima con una abside, la seconda con due: il tepidario e il lacomicum.

Oltre che nei grandi bagni, pubblici e privati, le acque della città si riversano in numerosissime fontane, nelle vasche dei cortili e nei ninfei delle case, decorati per lo più di mosaici attinenti al mondo marino o a leggende delle acque, con pesci, Eroti cavalcanti delfini, thìasoi marini, immagini di Narciso ecc.

La domus "della Barca della Psyche", aveva al centro lo splendido triclinio, con mosaici figurati volti alla vista dei banchettanti seduti sulle klìnai, fiancheggiato da due altre stanze; mentre l'ingresso dell'abitazione si apriva sul lato posteriore a nord. Qui un'ampia porta fra due colonne conduceva dal triclinio a un lungo colonnato, che, a sua volta, dava su un ninfeo con cinque nicchie, decorate a mosaici con figure di Eroti cavalcanti delfini.

In una casetta a Seleucia, presso Antiochia. era composta in modo che attraverso il colonnato antistante il triclinio, lo sguardo dei banchettanti spaziava sul magnifico panorama del Mediterraneo. In questa casetta, con tre lati sui viottoli della città, un solo ambiente fiancheggiava il triclinio, dietro il quale le stanze di servizio, a un livello più alto, erano accessibili mediante gradini.

Dagli ambienti rettangolari, con pareti ad opus incertum, completamente dominanti, per esempio nella casa del "Thìasos bacchico", arriviamo, per la fine dell'antichità, all'architettura prevalente in un complesso di edifici detto il "Complesso di Yakto", con varie ricostruzioni, con ampie absidi e una vasta sala cruciforme in opus testaceum, forse coperta da una cupola, e inserita in una pianta quadrata mediante quattro stanzette angolari.

Le pareti esterne della sala palesano tuttavia una struttura diversa, cioè assise di blocchi di pietra uniti con cemento, alternate da filari di mattoni - tecnica in uso nella tarda antichità pure a Roma -, mentre probabilmente tre salette adiacenti verso est erano costruite tutte in pietra da taglio.

Anche quanto ci è noto delle necropoli attorno alla città appartiene soprattutto ai periodi più avanzati, come le belle tombe della necropoli detta "di Mnemosyne", situata sulle più basse pendici del Silpio non lontano dalla cinta delle mura.

Alcune di esse hanno ampi ambienti in mattoni, altri a blocchetti cementati, con nicchie, archi, talora con volte a botte, e contenevano sarcofagi costruiti nella medesima tecnica delle pareti e pure essi con coperture piatte o a volta. Il pavimento a mosaico che ha dato il nome alla necropoli rappresenta, con tutta probabilità, una cerimonia di commemorazione dei morti, forse entro una cappella funeraria della necropoli stessa.

Per quanto riguarda la scultura, delle numerose statue che abbellivano la città e di cui parecchie ci sono nominate dagli scrittori antichi, si conservano copie soltanto della già citata
- Tyche di Eutychides;
- un bel gruppetto bronzeo di due lottatori su un alto piedistallo;
- una graziosa statua acefala marmorea di Igea di età adrianea;
- una tarda statua, pure in marmo, di un oratore, anch'essa con testa quasi mancante;
- vari frammenti di gruppi ellenistici,
- la replica del gruppo citato del Satiro
- la replica dell'Ermafrodita;
- una statuetta in bronzo dorato di Afrodite;
- vari busti di filosofi e imperatori e, soprattutto, sempre dai recenti scavi,
- un'efficace testa in porfido di stile tetrarchico.

La più viva immagine degli edifici della città, ci è suggerita dalle rappresentazioni sul bordo di un ampio mosaico, nel cui centro vediamo il busto simbolico di Megalopsychìa, che ornava uno degli ambienti, posteriormente aggiunti, al testé citato "complesso di Yakto".

Il bordo stesso, purtroppo mutilo, rappresenta appunto una serie di edifici identificabili, grazie alle loro iscrizioni, come quelli che si ergevano, probabilmente, non ad A. ma nel sobborgo di Dafne, dove il mosaico stesso era collocato; fra questi uno ci offre una data il "Bagno privato" di Ardaburio, magister militum dell'Oriente dal 450 al 457, ed ancora residente ad A. nel 459, avendo assistito, in quell'anno, ai torbidi scoppiati nella città durante la traslazione in essa del corpo di S. Simeone Stilita.

Due costruzioni vicino ad esso rappresentano le due fonti Pallas e Castalia, mentre un ninfeo semicircolare, a forma di teatro colonnato, può essere quello costruito da Adriano, al quale erano fatte defluire le acque di una delle fonti. Più in là vediamo lo Stadio Olimpico, il Laboratorio del Martirio, una serie di case private vicino a un luogo chiamato "la Passeggiata", bancarelle di venditori e di pescivendoli, una piazza con alcune statue, un ponte, una pista per cavalcare.

Le case private più modeste sono a semplici blocchi rettangolari, talvolta con alcuni scalini di accesso posti esternamente alla porta d'ingresso; altre case sono a due piani, talora con una loggia al piano superiore, e spesso con balaustre tra i fusti delle colonne, edifici che ricordano la caratteristica architettura tardo-siriaca quale vediamo per es., nell'edificio chiamato "il Caffè" di Sergilla: sappiamo da Libanio, anzi, che le case spesso erano anche a tre piani, sormontate da una terrazza dove si poteva dormire nell'estate alla fresca brezza notturna.




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