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PIETRABBONDANTE (Molise)

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L'ULTIMO ATTO DELLA GUERRA SANNITICA

"Primoribus Samnitium ea detestatione obstrictis, decem nominatis ad imperatore, eis dictum, ut vir virum legerent donec sedecim milium numerum confecissent. Ea legio linteata ab integumento consaepti, quo sacrata nobilitas erat, appellata est; his arma insignia data et cristatae galeae, ut inter ceteros eminerent."

"(Quando poi i nobili sanniti si furono vincolati con questo giuramento, il comandante fece il nome di dieci di loro e ordinò che ciascuno di essi scegliesse un altro uomo, e questi un altro ancora fino a raggiungere la cifra di 16000. 

Quella legione, dalla copertura del recinto all’interno del quale la nobiltà aveva consacrato se stessa, venne chiamata linteata. A quanti ne facevano parte vennero consegnate armi sfavillanti ed elmi crestati, in modo da distinguerli in mezzo a tutti gli altri).

«Dein jurare cogebant diro quodam carmine, in execrationem capitis familiaeque et stirpis composito, nisi isset in proelium quo imperatores
duxissent et si aut ipse ex acie fugisset aut si quem fugientem vidisset non extemplo occidesset
.» 

(Gli si richiedeva poi un altro giuramento stilato in una formula truce con la quale richiamava la maledizione sul proprio capo, sulla propria famiglia, sulla discendenza, se non avesse seguito i suoi duci nel combattimento a cui essi lo chiamavano, se fosse fuggito dalla battaglia, se non avesse ucciso immediatamente chi avesse visto fuggire.)

(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, X, 38)

Livio descrive l’accampamento sannita e il recinto coperto di lino peri circa 200 piedi quadrati scelto per la cerimonia. Indica il nome del sacerdote officiante, Ovius Paccius, un anziano, e le fasi del rito, il sacrificio, celebrato secondo il rituale di un vecchio testo di lino, e il giuramento. 

Continua descrivendo i più nobili uomini dell'esercito, introdotti nel recinto uno per volta, per giurare e la scelta del comandante di dieci, seguita dall’ordine ad ognuno di scegliersi il proprio compagno, fino a raggiungere il numero di 16.000 uomini.

Qui, come narra Livio (X, 38, 12), si svolse il giuramento della legio linteata, prima della battaglia di Aquilonia. Qui «...et deorum etiam adhibuerant opes ritu quodam sacramenti vetusto velut initiatis militibus, dilectu per omne Samnium habito nova lege, ut qui iuniorum non convenisset ad imperatoribus edictum quique iniussu abisset caput Iovis sacraretur.» 

«...fecero ricorso agli dei, iniziando con un antico rito sacro, facendo le leve in tutto il Sannio secondo una nuova legge, per la quale quelli che erano atti alle armi che non si fossero presentati all'editto dei capi o che si fossero allontanati senza permesso fossero immolati a Giove
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, X, 38)

(Viene da pensare a questo drammatico momento storico dei coraggiosi sanniti, ma viene pure da pensare, come immagino si siano chiesti altri studiosi, come mai occorresse minacciare di morte e di sacrificio umano i giovani guerrieri sanniti. I romani non si sono mai tirati indietro quando la patria chiamava, nè al tempo della leva obbligatoria, nè al tempo dell'arruolamento volontario.)
Comunque questo fu il teatro della fine della Guerra Sannitica e pure del popolo dei Sanniti, cioè il tempio B col suo teatro.

IL SITO ARCHEOLOGICO

PIETRABBONDANTE

Si è sempre supposto che il nome Pietrabbondante derivasse dalla gran quantità di pietre che disseminavano il terreno, ma oggi gli studiosi tendono a riconoscere nel suo nome un collegamento al culto della dea "Ops consiva" o dea dell'abbondanza, a cui era stato dedicato in loco un tempio porticato. Sembra comunque che il sito di Pietrabbondante non possa essere identificato con l'antica Bovianum Vetus.

Il territorio di Pietrabbondante, nel cuore del Sannio dei Pentri, una delle quattro tribù del popolo sannitico che facevano parte della Lega sannitica, ha le sue testimonianze più antiche, del V secolo a.c., nei corredi funerari in località Troccola, sulle pendici occidentali del monte Saraceno. Detta sommità venne fortificata con una cinta muraria in opera poligonale, contemporanee alla frequentazione del luogo di culto in località Calcatello.

IL CENTRO DEL TEATRO 

CALCATELLO

Questo centro ellenistico-italico alloggia due templi "A" e "B" ed un teatro, con sedili in pietra utilizzato come luogo civile e sacro. Il tempio B, o tempio ionico, risale al III secolo a.c., mentre all’inizio del secolo successivo, in seguito alla distruzione di Annibale del 217 a.c., avvenne la costruzione del tempio A, ma solo alla fine del II-inizi del I secolo a.c. verrà realizzato il complesso teatro-tempio (B) con lo schema tipico dell’età ellenistica.

Gli ultimi scavi hanno rilevato nell’area a sud-ovest del complesso monumentale teatro-tempio l’importante domus publica che Adriano La Regina ha definito "luogo fulcro di religiosità e di politica del Sannio", nonchè un vero e proprio unicum in Italia.

Accanto al santuario, in territorio sacro, è stato individuato il monumento funerario della famiglia dei Socellii, proprietaria del santuario e del suo aedes, della seconda metà del I secolo a.c. A conseguenza della guerra sociale, l'area sacra dei Socellii venne però confiscata e ceduta ai privati.

IL TEMPIO A

IL TEMPIO A

Il tempio A è costruito su una piccola terrazza che si affaccia sulla fronte, a cui si accede da due rampe a destra e a sinistra. Il tempio sorge su un podio, è ad unica cella con pronao, probabilmente tetrastilo, e vi si accede attraverso una rampa posta al centro della fronte. Lo circonda un ambulacro, con un muro di contenimento in opera poligonale, preceduto da un’area lastricata in cui è sistemato l’altare in asse con il tempio. La struttura che si addossa al lato occidentale del santuario è successiva e probabilmente pertinente al culto. 

La terrazza dei porticati poggia su una serie di ambienti impiegati a “botteghe” che si aprono su un portico di cui resta la parte inferiore delle colonne. Le terracotte architettoniche rinvenute nel tempio rievocano per un lato l'arte ellenistica dell'Asia Minore e per un altro l'arte etrusca.

IL TEATRO VISTO DA DIETRO

IL TEATRO

Il teatro venne realizzato costruendo un terrapieno artificiale ma a nostro avviso non aveva sedili mobili ma in pietra. Mentre la parte superiore era visibile, quella inferiore era coperta di terra, basta osservare la conformazione del teatro per capirlo. Così è avvenuto che la spoliazione di pietre, bianche e levigate, è avvenuta sulla parte superiore e non su quella inferiore completamente nascosta, si che i suoi gradini si sono salvati.

L'accesso ai gradini avveniva attraverso una scaletta nella parte posteriore del teatro. La parte inferiore era suddivisa in sei settori da brevi scale che conducevano alla parte superiore della cavea dotata di tre ordini di sedili.

BRACCIOLI A ZAMPA DI LEONE
L’accesso ai sedili inferiori avveniva invece dall’orchestra attraverso due scalette semicircolari appoggiate ai muri esterni della cavea. L’orchestra era a ferro di cavallo e la scena era un edificio rettangolare con tre porte che introducevano ad ambienti di servizio alle spalle.

La cosa spettacolare di questo teatro sta nel fatto che era dotato di spalliere anatomiche, chi ha provato a sedersi ha constatato che si poteva stare comodamente anche senza cuscini. Inoltre ogni fila di sedili ai lati esterni termina con dei braccioli scolpiti in forma di zampe di leoni alate. caratterizzati, nella parte inferiore, da una figura di telamone.

IL TEMPIO B

IL TEMPIO B

Il tempio B è su alto podio, preceduto da un colonnato, con triplice cella. È protetto da un recinto rettangolare, fiancheggiato da porticati a cui si accede da una terrazza dotata di altari. Nel lato occidentale del podio si conserva un’iscrizione in osco che ricorda il finanziatore della costruzione del podio, tale L. Staatis Klar evidentemente sannita e magistrato, che si schiera dalla parte di Silla nella guerra civile.

VENUS ERICINA (PIETRABBONDANTE)
Della decorazione del tempio rimangono vari elementi del fregio dorico a metope lisce della parete delle celle e del cornicione che lo sormontava; due serie di lastre fittili di rivestimento con teste di satiri e menadi tra elementi vegetali e con il motivo della donna-fiore ed infine le antefisse raffiguranti una divinità femminile tra due cani affrontati.

La domus publica, edificata verso la fine del II secolo a.c., si affaccia dalla terrazza del versante occidentale del santuario. L’edificio si sviluppa attorno al nucleo composto da atrio, alae, tablino e la grande aula che doveva essere la curia sacerdotale, dove si raccoglieva il collegio sacerdotale per i riti e i banchetti religiosi.

La parte posteriore della domus presenta un portico a due navate, una cucina e gli alloggi per gli schiavi. Il portico era usato per le attività religiose, visto la presenza di altari altari, dediche e doni votivi nella navata interna dove si onorava la statua e la Dea Ops Consiva. 

La domus poteva anche essere la sede del Meddís Túvtíks, il sommo magistrato dello stato sannitico, quando esercitava sul posto le proprie funzioni pubbliche, ma di ciò non ci è evidenza.

Dopo l'abbandono del santuario, la domus sarà trasformata nella residenza della gens Socellia e successivamente verrà ristrutturata per cambiarne la destinazione e svolgere attività produttive.

RESTI DI DOMUS CON ATRIUS E TABLINIUS

COLLE VERNONE

Al III secolo a.c. appartiene anche il santuario in località Colle Vernone, nella valle del Verrino testimoniato dagli elementi architettonici dell’edificio e da una parte dell’altare con l’iscrizione in osco di dedica ad uno dei Dioscuri.

Altre zone del territorio frequentate in questo momento sono l’area dell’attuale abitato di Pietrabbondante e la località di Arco.

Con l’instaurarsi del sistema municipale, gli interessi e le attività di natura amministrativa, sociale, economica e religiosa vengono concentrati nel municipio di Terventum, con il conseguente spopolamento e isolamento delle zone più elevate e meno accessibili.

Una volta cessato il culto, gli edifici vennero abbandonati e solo in parte riutilizzati, come mostra un tesoretto monetale di epoca triumvirale, individuato in un vano del porticato sinistro del tempio maggiore. 

L’ultima frequentazione si ha nel III-IV secolo d.c. con l’uso sepolcrale dell’area dei due porticati, seguita dalla distruzione degli ultimi edifici per un evento violento, probabilmente il terremoto del 346 d.c.

ECCO COME DOVEVA APPARIRE ORIGINARIAMENTE


PIETRABBONDANTE: NUOVI REPERTI OSCI E ROMANI


Reperti risalenti agli osci e resti di una domus romana sono stati riportati alla luce a Pietrabbondante (Isernia), nell’area archeologica del teatro e del tempio sannita in localita’ Calcatello.
Ritrovamenti che suscitano l'interesse del mondo culturale e storico.

Adriano La Regina, si pronuncia sull'argomento: “Gli scavi hanno fornito informazioni importanti sull'estensione del complesso monumentale di Pietrabbondante, nel quale il teatro occupa una posizione centrale”. 

L'INGRESSO POSTERIORE DEL TEATRO
Quali gli ultimi ritrovamenti? 

Su una terrazza estesa per 112 metri a sudovest del teatro e del grande tempio è stata riportata alla luce una casa ad atrio, con impluvio, di grandi dimensioni, collegata ad un retrostante porticato a due navate, con un fronte di nove colonne e con una fila interna di altre cinque. 

Nell'intero complesso possiamo quindi identificare la domus pubblica del santuario ed il portico destinato ai culti connessi con il mondo agrario e pastorale. 

Vi era praticato il culto di una divinità che può essere accostata a Consu il dio della produzione e della conservazione dei grano ed a Ops Consiva la dea dell'opulenza e dell'abbondanza. 

Testimonianze che collocano Pietrabbondante in posizione decisiva nel mondo dei Sanniti Pentri. 
Collegato al culto dell'abbondanza, potrebbe essere anche il nome della cittadina. 

Ma - conclude La Regina - a proposito di questa e di altre questioni rimaste aperte è ragionevole sperare di ottenere nuove informazioni dal progresso degli studi

LE SCALE SEMICIRCOLARI
Sono i risultati, presentanti in conferenza stampa, della campagna di scavo diretta da Adriano La Regina, direttore dell’Inasa, e finanziata con delibera Cipe dalla Regione e dal Comune.

E’ osco, e dunque pre-sannitico, il basamento di un altare con teste di leone.

La certezza – ha spiegato il sindaco Giovanni Tesone – arriva da una lastra con iscrizioni osche trovata poco distante. Per noi e’ la conferma che a Calcatello c’e’ una miniera di reperti che possono contribuire a riscrivere molte pagine di storia”.

Lo scavo è stato condotto da studenti italiani e stranieri. E’ l’ultima campagna delle tre finanziate per un valore complessivo di 750 mila euro.

La ricchezza dell’area archeologica di Pietrabbondante – ha detto il sindaco – ci spinge a chiedere, con forza, un ulteriore aiuto alla Regione Molise e all’Inasa." 
Solo un terzo dell’area e’ stata esplorata. "Non possiamo trascurare un bene cosi’ prezioso in grado di rilanciare l’economia della regione intera"

LE MURA CICLOPICHE
Il sito, che ha ricevuto lo ‘Scudo Blu’, viene visitato ogni anno da 25 mila persone.

Il dato – commenta Tesone – e’ parziale perche’ esclude il numero di visitatori non paganti, quindi con meno di 18 anni e piu’ di 65 anni.
Solo ad agosto di quest’anno abbiamo ricevuto 5.000 turisti.

Purtroppo la visita si limita all’area sannitica perche’ non abbiamo infrastrutture per il soggiorno dei turisti. Una carenza – si augura Tesone – che con l’aiuto delle altre istituzioni dobbiamo colmare”.




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