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TEMPLUM VENERIS GENETRICIS (26 settembre)

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TEMPIO DO VENERE GENITRICE
Il tempio di Venere Genitrice (Venere Madre) venne promesso in voto da Giulio Cesare a Venere durante la battaglia di Farsalo, combattuta e vinta nel 48 a.c. contro il suo avversario Pompeo Magno.

Il termine "Genitrice" alludeva alla mitica ascendenza di Cesare, attraverso Iulo (ovvero Ascanio), progenitore della gens Iulia, e figlio di Enea, a sua volta figlio della Dea Venere. Ma la Dea era anche progenitrice di tutto il mondo vivente, animale e vegetale.

Dapprima Cesare pensò di dedicare il tempio "Venere Vincitrice", come quello edificato dal rivale Pompeo alla sommità del suo teatro, ma poi Cesare cambiò idea e optò per la Genitrix.
Il tempio della Dea venne così edificato e inaugurato nel 46 a.c. nella piazza del Foro di Cesare verso la sella che conduceva al Campidoglio, occupandone tutto il lato di fondo nord-occidentale.

Il tempio con la magnifica piazza antistante, fu uno dei pochissimi edifici,  iniziati da Cesare, che riuscì a inaugurare prima del suo assassinio.

Un passo di Svetonio (70 - 122) ricorda come un giorno Cesare ricevette il Senato, ignorando ogni norma dell'etichetta repubblicana, seduto al centro del podio del tempio, come una divinità vivente. 
Ma l'aneddoto non è credibile, anche perchè il senato si riuniva solo in luoghi consacrati a tal uopo, solitamente nella Curia, che si trovava nel foro romano.

Le cerimonie del senato per il nuovo anno avvenivano invece nel tempio di Giove Ottimo Massimo mentre gli incontri di argomento bellico avvenivano nel tempio di Bellona.
Non è escluso che l'aneddoto sia stato compilato per compiacenza dell'imperatore Adriano, sotto cui servì Svetonio, che ci teneva a che il suo governo fosse ritenuto migliore di quello dei suoi predecessori, per cui gradiva aneddoti sfavorevoli sui precedenti imperatori.

RESTI DEL TEMPIO DI VENERE GENITRICE - FORO DI CESARE

FAMIANO NARDINI

Templum Veneris Genetricis 

Cresciuto l'antico Foro era angusto nè potendo ampliarsi senza rovina grande de Tempi e degli edifizi che il circondavano, Cesare ne fabbricò un altro vicino e quasi congiunto "Non quidem rerum venalium" scrive nel secondo delle Guerre Civili "Appiano sed ad lites aut negotia convenientium". 

Racconta il medesimo che Cesare fece ivi un magnifico Tempio a Venere Genitrice con una famosa immagine di quella Dea mandatavi da Cleopatra a lato alla quale statua essere stata un'immagine di Cleopatra. Scrive nel 2 delle Guerre Civili il detto Autore "Ad Dea latus effigiem Cleopatrae statuit quae hodieque juarta visitur". 

 Al quale Tempio aggiungendo egli un Atrio sontuoso dichiarollo per Foro. L'atrio dunque al Tempio aggiunto fu la Basilica in cui tenevasi ragione la quale più della piazza che gli era avanti fu detta Foro. L'Atrio e la Basilica essere ivi stata una cosa stessa non paja strano poichè Atrio essere stata una gran sala divisata da colonne già ho provato e l'antiche Basiliche de Gentili non aver avuto forma diversa dalle prime Chiese Christiane, coll'esempio di S. Giovanni Laterano, di S. Paolo, di S. Maria Maggiore e di altre mostra dottamente il Donati onde dai compartimenti dell'antiche nostre Chiese in più navi possiamo ricordare la forma delle Basiliche e Fori de Gentili e conchiudere che gli Atri non erano da quelle dissomiglianti. 

Ma torniamo noi a parlare del Foro di Cesare interamente. Da Dione si dice nel lib 48 Romano pulchrius Svetonio nel 26 di Cesare così ne scrive: "Forum de manubiis inchoavit cujus area super II S millies constitit" e si conferma da Plinio nel 15 del lib 36. Il suo sito si dice essere tra S Lorenzo in Miranda e il Tempio della Pace ma come ciò se non solo il Tempio della Pace ma e S Lorenzo in Miranda anzi ed altri edifizi più di S Lorenzo vicini al Foro grande e al Campidoglio erano della quarta Regione ed il Foro di Cesare da Vittore e da Rufo è contato come in Anastasio si legge più volte. 

Eravi nel mezzo avanti al Tempio di Venere la statua equestre del medesimo Cesare di bronzo dorato coll'effigie del suo maraviglioso cavallo il quale impaziente di avere sopra altri che Cesare aveva l'unghie davanti intagliate in forma di denti umani. 

Così scrivono Svetonio nel 61 di Cesare e Plinio nel 42 8 libro. Quel cavallo di bronzo essere stato già dal Bucefalo di Alessandro opera di Lisippo ad Alessandro donato e trasportato poi da Cesare nel suo Foro fattogli aggiustare prima le unghie a di quelle del suo raccoglie il Donati da che Stazio scrive nel primo delle selve quando del cavallo di Domiziano ragiona v 84 
"Cedat equus Latiae qui contra Templa Diones Caesarei stat sede Fori Quem tradere cs ausus Pellaeo Iysippe Duci mox Caesaris ora Aurata cervice tulit." 

Davanti al medesimo Tempio di Venere Plinio 4 del libro 35 vi erano le pitture superbe di Ajace e Medea. Tra le altre statue delle quali era adorno una ve ne fu di Cesare armato di giacco erettagli da altri della quale Plinio nel 5 del 34. Avervi il medesimo Cesare dedicato un usbergo di perle Britanniche e sei gioielli scrive Plinio nel 35 del libro e nel primo del 37.
Esservi stata una Colonna Rostrata Quintiliano nel lib 1 c 7 ci dà contezza "Ut latinis veteribus D plurimis in verbis ultimam adjectam quod manifestum est etiam ex Columna rostrata qua est Julio meglio C Duellio in Foro posita".

VENERE GENITRICE

LE RICOSTRUZIONI

Il tempio venne danneggiato dall'incendio scoppiato sul Campidoglio nell'80 e dovette essere ricostruito sulle medesime fondazioni sotto Traiano (53-117), in seguito all'abbattimento della sella montuosa tra Campidoglio e Quirinale per l'erezione del Foro di Traiano, sella al cui pendio si appoggiava il tempio.

Venne pertanto nuovamente dedicato, come riportano i Fasti Ostiensi il 12 maggio del 113, nello stesso giorno dell'inaugurazione della Colonna di Traiano. Il tempio sopportò un nuovo incendio sotto l'imperatore Carino (257-285) nel 283, mentre sotto Diocleziano (244-313) dovette essere restaurato, inglobando le colonne della facciata in un muro in laterizio.

Venne poi collegato con archi, sempre in laterizio rivestito di marmo, per ragioni di stabilità, alle strutture laterali della Basilica Argentaria, il portico a pilastri che fiancheggiava il tempio di Venere Genitrice.

Nell'abside si trovava la statua di Venere Genitrice, opera dello scultore neoattico Arcesilao. All'interno del tempio numerose opere d'arte, conosciute in parte dalle fonti:
  • statua di Venere
  • statua di Cesare,
  • statua in bronzo dorato di Cleopatra,
  • due quadri di Timomaco di Bisanzio (Medea e Aiace, che Cesare pagò ottanta talenti),
  • sei collezioni di gemme intagliate,
  • una corazza decorata con perle proveniente dalla Britannia.
Venne incisa su un muro a Pompei questa invocazione:

Salute a te, o...nostra. Ininterrottamente ti prego, o mia signora; per Venere Fisica t’imploro di non respingermi. (Firma) Ricordati di me”. 

A Venere si rivolgevano gli amanti o coloro che speravano di diventarlo, per conquistare il cuore di qualcuno o per ricevere il dono della bellezza o per essere vivaci nei rapporti sessuali onde piacere al partner. 

Si pregava anche per recuperare un amore perduto, o per ben mantenere quello presente.

Genitrice della stirpe di Enea, gli astri scorrenti del cielo rendi popoloso il mare messi, poiché ogni genere di viventi nasce da te e, sorta, contempla la luce solare: te, dea, te fuggono i venti, te e la tua avanzata industriosa fa sgorgare fiori, per te sorridono le splende il cielo di una diffusa chiarezza.” 

(Lucrezio De Rerum Natura, Libro I)




LA FESTA

Veniva celebrata nel Saturni Dies, giorno comiziale, ante diem VI Kalendas Octobres. Iniziava di buon mattino con la lustrazione del tempio ad opera dei sacerdoti flamini coi loro inservienti (camilli) che li aiutavano nell'incombenza.

Quindi si procedeva ad un sacrificio di erbe odorose e incensi in onore di Venere Genitrix con canti e invocazioni, seguito alla rievocazione di Giulio Cesare ormai divinizzato sulla cui statua si ponevano ghirlande infiorate di mirto che era sacro alla Dea.

Successivamente partiva la processione coi sacerdoti, le fanciulle inghirlandate che cantavano e spargevano petali rose e infine la statua di Venere portata dagli uomini che faceva il giro dei templi a lei collegati, come Saturno, Marte e Mercurio ed anche Cupido, venendo inghirlandata ancor più all'ingresso dei templi, per poi tornare al suo tempio.

Talvolta i fedeli nel tragitto le donavano sciarpe o mantelli di seta che venivano poste sulle braccia o ai piedi della statua. Oppure le ponevano collane sul collo, bracciali e pure anelli d'oro e d'argento.

Alla Dea non si sacrificavano animali ma le si offrivano rami di mirto, rose e mele, spesso durante le processione, venivano liberate in suo nome bianche colombe che si alzavano nel cielo. A casa fervevano i banchetti dove scorreva vino e si facevano i dolci detti milloi (cioè a forma di vagina), con frutta secca e miele.

Nella notte che seguiva il giorno di festa erano augurali i rapporti sessuali per avere figli, per rinsaldare l'amore ma pure bene augurali per ottenere successo. La Dea amava chi esercitava l'arte amorosa come ella stessa non cessava mai di fare.


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