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PORTE SERVIANE

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PORTA COLLINA
Le porte delle mura serviane, essendo molto arcaiche, non avevano strutture monumentali, come del resto si nota dai loro reperti, quando i reperti ci sono. Furono gli imperatori a farne dei monumenti, a iniziare da Augusto, ma anche Adriano che trasformarono diverse porte in archi onorari.



PORTE SERVIANE

Procedendo dal Campidoglio in senso orario, erano:

- Porta Fontinalis: davanti al Museo del Risorgimento, sul lato sinistro guardando la scalinata dell'Altare della Patria. Scomparsa.
- Porta Sanqualis: i resti in Piazza Magnanapoli, nell'aiuola centrale. X. Scomparsa.
- Porta Salutaris: era in via della Dataria. Scomparsa.
- Porta Quirinalis: all'altezza di Via delle Quattro Fontane. Scomparsa.
- Porta Collina: i resti, all'incrocio tra via Goito e via XX settembre, furono demoliti durante la costruzione della sede del Ministero delle Finanze X. Scomparsa.
- Porta Viminalis: in Piazza dei Cinquecento. Scomparsa.
- Porta Esquilina: trasformata prima da Augusto e poi nell'Arco di Gallieno.
- Porta Celimontana: poi Arco di Dolabella, vicino a Santa Maria in Domnica
- Porta Querquetulana: vicino alla Basilica di San Clemente. Scomparsa.
- Porta Capena: tra il Circo Massimo e via delle Terme di Caracalla X. Scomparsa.
- Porta Naevia: tra le basiliche di San Saba e Santa Balbina all'Aventino X. Scomparsa.
- Porta Raudusculana: in piazza Albania. Scomparsa.
- Porta Lavernalis: sotto la chiesa di Sant'Anselmo. Scomparsa.
- Porta Trigemina: alla base dell'Aventino, verso il Foro Boario. Scomparsa.
- Porta Carmentalis: presso l'Anagrafe X. Scomparsa.
- Porta Flumentana: tra il Tempio di Portuno ed il Tevere. Scomparsa.
- Porta Ratumena, che si apriva direttamente sulle mura dell'Arce capitolina, e che potrebbe essere il nome più antico della porta poi chiamata Fontinalis X. Scomparsa.
- Porta Catularia: alla base della scalinata del Campidoglio, risalente ad un rifacimento successivo della cinta serviana. Scomparsa.

Da lì il muro andava al Foro di Traiano, poi di nuovo lungo le pendici del Quirinale, dietro i Mercati traianei e lungo la salita del Grillo, dove sono visibili alcuni resti sopravvissuti alle demolizioni operate nel 112 d.c. per la costruzione del Foro e la cosiddetta Torre delle Milizie, costruita forse su uno dei contrafforti del muro serviano.

LE PORTE SERVIANE
Poco oltre, a largo Magnanapoli, si trovava la porta Sanqualis: al centro della piazza sono conservate tre file di blocchi, 12 in tutto, di dimensioni 120x57x54 cm, forse appartenenti proprio alla struttura della porta.Già prima delle mura serviane, il Campidoglio aveva una sua struttura difensiva, sull'Arx, dove sono ora la chiesa di S. Maria in Aracoeli e l'Altare della Patria, e sul Capitolium, (sull'altro lato della piazza del Campidoglio), collegate tra loro e provviste di porte autonome.

Alcuni resti delle antiche mura, rivolte verso il Campo Marzio, sono ancora visibili nel giardino tra l'Aracoeli e la scalinata posteriore al Vittoriano. Il muro serviano, riedificato su quello del VI sec., incluse le vecchie mura cittadine congiungendosi ad esse più o meno nella zona della tomba di C. Publicio Bibulo, i cui resti sono ancora visibili nei pressi della fontana a sinistra dell'Altare della Patria.

In questo punto si apriva la porta Ratumena (secondo alcuni divenuta poi porta Fontinalis) che consentiva l'accesso a Roma dalla via Flaminia, lungo il tracciato dell'odierna via del Corso. Proseguendo nell'area del palazzo Antonelli (al civico 158 della piazza), nell'atrio del quale sono conservati altri resti del muro ed un arco (risalente forse ad un restauro dell'87 a.c.) adibito probabilmente a piazzola d'artiglieria per una postazione di catapulte o baliste, la muraglia arrivava, quasi in linea retta, in via della Dataria, dove, probabilmente nei pressi della scalinata che proviene dalla piazza del Quirinale (salita di Montecavallo), si apriva la porta Salutaris.

Da questo punto il muraglione, o forse, dato il pendio estremamente ripido del colle, un semplice parapetto, proseguiva lungo il ciglio scosceso, seguendo approssimativamente il percorso di via delle Scuderie e di via dei Giardini fino circa all'incrocio di quest'ultima con via delle Quattro Fontane, dove si apriva la porta Quirinalis.

Nel tratto successivo il pendio diviene sempre meno ripido, fino ad essere completamente pianeggiante per un lungo tratto. Torna ad essere necessario, per la difesa, un muraglione di cui rimasero sorprendentemente molte tracce fino a tutto il XIX secolo, quasi a conferma che questo lato della città era in effetti il più pericolosamente esposto. Le caratteristiche dell'intero tratto fino alla porta Esquilina, e le indagini archeologiche effettuate, fanno ritenere che qui sicuramente la difesa consisteva nel classico "agger" (terrapieno difensivo), più che in altre zone dove si può solo ipotizzarlo.

Dalla porta Quirinalis il muro procedeva attraversando la salita di S. Nicola da Tolentino per arrivare circa all'uscita di via Barberini su largo di S. Susanna (dove sono visibili alcuni resti presso l'edificio del Ministero dell'Agricoltura) ed oltrepassando poi via G. Carducci poco dopo l'incrocio con via A. Salandra.

La sezione di mura che attraversava via Carducci era, insieme a quella di piazza dei Cinquecento e a quella sull'Aventino, una delle meglio conservate: si trattava di ben 32 metri circa di muro, una decina dei quali venne demolita nel 1909 per l'apertura della sede viaria, lasciando due tronconi ai lati della strada, inglobati negli edifici costruiti in corrispondenza. Sul muro della casa di destra un'iscrizione ricorda che Quod Urbem servaverunt hic moenia servantur ("Le mura che conservarono la città sono qui conservate').

PORTA FONTINALIS
Dopo via Carducci il muro piegava verso destra, seguendo all'incirca il tracciato di via Sallustiana, piegando poi in corrispondenza di via Servio Tullio ed attraversando via XX Settembre dove, in prossimità dell'angolo con via Goito, si apriva la porta Collina, i cui resti furono demoliti per la costruzione del palazzo del Ministero delle Finanze. Oltre la porta Collina, legata al maggior numero di eventi bellici di Roma, l'agger proseguiva praticamente in linea retta (tagliando via Cernaia, via Montebello e via Calatafimi) uscendo da via Volturno su piazza dei Cinquecento.

Qui, oltre ad uno spezzone verso la fine di via Volturno, è tuttora visibile il tratto più lungo rimasto del muro serviano: 94 metri per circa 4 di larghezza in 17 filari di blocchi per circa 8 metri di altezza. Più o meno al centro del reperto si apriva la porta Viminalis.

Da qui l'agger, il cui sostegno è visibile in due tronconi conservati nell'area sotterranea dell'atrio della stazione Termini, attraversava diagonalmente l'intera sede ferroviaria, superava via G. Giolitti, seguiva probabilmente la linea di via C. Cattaneo (resti in piazza Manfredo Fanti, nel giardino dell'Acquario Romano), oltrepassava via Napoleone III (dove sono ancora alcuni resti), via Carlo Alberto (resti tufacei sporgenti dai muri delle case) e raggiungeva via di S. Vito dove, a fianco dell'omonima chiesa, alla fine del famoso clivus Suburanus, si apriva la porta Esquilina, trasformata poi nell'ancora esistente Arco di Gallieno. Dopo aver attraversato via dello Statuto raggiungeva largo Leopardi, dove esistono altri resti in due file di blocchi.

Superata poi via Merulana, un reperto di una certa importanza si trova al civico 35a di via Mecenate. Oltrepassata via C. Botta, il muro seguiva poi il percorso di via Poliziano, attraversava via R. Borghi, via L. Muratori, via Labicana e raggiungeva piazza S. Clemente. Una variante al percorso, che potrebbe però risalire al muro del VI secolo a.c. anziché a quello del IV, da largo Leopardi raggiungeva la chiesa di S. Martino ai Monti (sotto la quale, utilizzati come fondamenta, sono stati ritrovati alcuni filari di blocchi) per poi ricongiungersi al muro presso S. Clemente; l'orientamento nord-sud dei filari fa però sospettare che possa semplicemente trattarsi di un riutilizzo dei blocchi, prelevati altrove, anziché di un tratto del muro difensivo.

Da questo punto non esistono, per un lungo tratto, testimonianze archeologiche, ed il percorso successivo può essere stabilito solo con molta approssimazione. È comunque presumibile che il muro abbracciasse una delle cime secondarie del colle, il Celiolo, l'accesso al quale era assicurato, in un punto imprecisato nella zona di confluenza di via dei Santi Quattro con via Santo Stefano Rotondo, dalla porta Querquetulana.

La cinta doveva poi piegare verso ovest per raggiungere la successiva porta Caelimontana, i cui resti sono ancora visibili, trasformati e monumentalizzati nell'Arco di Dolabella e Silano, all'inizio di via S. Paolo della Croce, prosecuzione dell'antico clivus Scauri. Con l'arco di Gallieno, sono questi gli unici due reperti tuttora esistenti delle antiche porte nelle mura serviane.

Da qui la muraglia attraversava la zona del colle ora occupata dalla chiesa di S. Gregorio; il muro in filari di blocchi di tufo che vi si trova accanto non appartiene alla cinta serviana, anche perché la facciata è rivolta verso l'interno della città. Tra l'imbocco di via di Valle delle Camene e quello di via delle Terme di Caracalla si apriva la porta Capena (che rappresentava l'inizio della via Appia), su un lato della piazza che porta tuttora il suo nome, forse individuata in un reperto ritrovato in quel tratto.

Attraversata la piazza e tagliato diagonalmente l'inizio di via delle Terme di Caracalla (comunemente nota come Passeggiata Archeologica), il muro piegava verso sud. Un piccolo spezzone di muro si trova inglobato all'interno di un edificio adiacente alla chiesa di Santa Balbina. Poco più oltre, nella zona tra viale G. Baccelli e largo Fioritto, si apriva probabilmente la porta Naevia.

Anche il tratto successivo è assolutamente privo di reperti archeologici e solo in forza di supposizioni è possibile ricostruire l'andamento del muro difensivo, che si ritiene dovesse effettuare una larga curva (più o meno attraversando via di Villa Pepoli, via Guerrieri, viale Giotto, via C. Maderno e via F. Annia) per tornare a piazza Albania nel cui centro, circa all'incrocio con via S. Saba, si trovava la porta Raudusculana, da cui partiva la via Ostiense.

PORTA CAPENA
Subito dopo la piazza si trova uno dei tratti meglio conservati, insieme a quello della Stazione Termini, di tutta la cinta serviana. Su via di Sant'Anselmo e all'inizio di via dei Decii si trova infatti uno spezzone piuttosto ben preservato il cui interesse maggiore, oltre a quello del reperto in sé, è dovuto alla presenza di un'arcata che, come quella nel palazzo Antonelli su largo Magnanapoli, doveva rivestire la funzione di piazzola d'artiglieria per una postazione di balista o catapulta.

Si tratta, anche in questo caso, di una rielaborazione effettuata a seguito di un restauro successivo alla costruzione del muro del IV secolo. La cinta proseguiva poi per via Icilio fino alla successiva porta Lavernalis che, sebbene sussistano molti dubbi sulla reale collocazione, potrebbe effettivamente essere stata aperta sulla via che porta oggi lo stesso nome.

Da qui il muro seguiva la linea di via Marmorata, ma a mezza costa del colle, sfiorando la chiesa di S. Anselmo e piazza dei Cavalieri di Malta e svoltando, sempre a mezza costa, su un percorso parallelo al Lungotevere Aventino fino al clivo di Rocca Savella, salendo verso via di S. Sabina: nei sotterranei della chiesa omonima e nel giardino adiacente sono stati ritrovati altri spezzoni del muro.

Da queste parti doveva aprirsi sia la porta Trigemina che, un po' più in alto, la scala Cassii la quale, dato il pendio piuttosto scosceso in questo punto, era probabilmente un semplice passaggio pedonale. Per entrambe le aperture non si hanno comunque dislocazioni certe. Da qui la ricostruzione del tragitto presenta numerosi problemi: alcune testimonianze, tra cui quella autorevolissima di Livio, lascerebbero intendere che in questo punto un tratto di muro scendesse dall'Aventino verso il Tevere per riprendere un po' più avanti, verso piazza di Monte Savello, lasciando privo di protezione questo tratto del fiume che, d'altra parte, era occupato dal porto, dall'Emporio e dal Foro Boario.

Un valido motivo potrebbe essere dovuto alla difficoltà di mantenere un terrapieno (l'agger) in una zona soggetta a frequenti inondazioni del Tevere. Non è comunque da escludere che un muro, a debita distanza dal fiume, sia stato realizzato in un momento successivo, attraversando la valle Murcia per congiungersi forse al tratto di mura della Roma quadrata nei pressi di piazza S. Anastasia e arrivando in qualche modo fino nei pressi dell'incrocio tra Vico Jugario e via L. Petroselli dove, a brevissima distanza l'una dall'altra, si aprivano la porta Triumphalis, la Carmentalis e la Flumentana.

I resti della prima sono forse stati individuati nell'area archeologica adiacente la chiesa di S. Omobono, mentre le posizioni delle altre due sembrano quasi coincidere, entrambe tra il vico Jugario, via del Foro Olitorio e piazza di Monte Savello. Da qui il muro costeggiava la base del Campidoglio (alcuni resti sono visibili su via del Teatro di Marcello), poi saliva per via di Monte Caprino (alcuni resti) e per via delle Tre Pile (altri resti nelle immediate vicinanze).

Le ristrutturazioni urbanistiche intorno al colle effettuate negli anni trenta con l'abbassamento, tra l'altro, del livello stradale di via del Teatro di Marcello, hanno reso la lettura di questa zona ancora più difficoltosa di quanto già non fosse e non è pertanto molto agevole riuscire ad individuare né l'esatto percorso né la linea di sutura tra le mura serviane e la prima difesa autonoma del colle capitolino, che chiudeva l'anello delle mura del IV secolo.

Un'ultima porta, la Catularia, si apriva probabilmente alla base della cordonata del Campidoglio, mentre pochi metri più avanti c'è un ultimo spezzone di mura, ai piedi della scalinata dell'Aracoeli, nell'area archeologica dove è stata individuata un'”insula”. Da qui è presumibile che il muro serviano si ricollegasse con quello più antico dell'Arx.


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