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ARCUS MANUS CARNEAE

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SI SUPPONE FOSSE UN ARCO QUADRIFRONTE COME L'ARCO DI LEPTIS MAGNA QUI RIPRODOTTO
Tra i monumenti sopravvissuti alle distruzioni della Roma antica, gli archi trionfali sono quelli sui quali, fin dai primi studi umanistici, si è concentrata in misura maggiore l'attenzione di antiquari e topografi.

Per la loro Stessa natura celebrativa, la dislocazione di questi monumenti era sempre legata alla viabilità, ossia all'elemento più duraturo di ogni impianto urbano. L'erezione degli archi trionfali a Roma era connessa con le più importanti conquiste militari. Per questa ragione sono stati considerati dopo la fine dell'epoca imperiale la testimonianza più tangibile dell'antica grandezza dell'Urbe.

Ammirati fin nei più antichi cataloghi regionari, descritti negli itinerari e nelle guide per i pellegrini, menzionati nelle prime raccolte di iscrizioni pubbliche, gli archi, insieme alle due colonne coclidi, sono Stati fra i primi monumenti antichi a ricevere le cure necessarie alla loro conservazione e a essere oggetto, poi, di veri e propri interventi di restauro.

Nonostante ciò, alcuni di quelli sopravvissuti dall'antichità hanno subito in epoca moderna un progressivo smantellamento o una completa distruzione. Nella maggior parte dei casi, di questi archi perduti si conserva testimonianza letteraria e documentazione grafica:
- l'arcus Novus,
- l'arcus Claudi,
- l'arco di ingresso all'area dell'Hadrianeum
- l'arco detto di Portogallo, tutti collocati lungo la via Lata, cioè il tratto iniziale della Via Flaminia.



MANUS CARNEAE

Talvolta, invece, se n'è perduta ogni traccia, e persino l'esatto luogo di collocazione originaria. Tra questi ultimi vi è l'arco denominato «Manus Carneae», scomparso da tempo e noto soltanto per la sua menzione nelle fonti medievali, che lo collocano ai piedi del Campidoglio, lungo il versante nord-orientale.

Il monumento è ricordato nell'itinerario liturgico di Benedetto Canonico e in cinque diverse versioni dei « Mirabilia Urbis Romae».

Benedetto visse nella prima metà del XII secolo e la sua unica opera letteraria, il « Liber Politicus», fu scritta dietro richiesta del cardinale di S. Marco, Guido di Castello, e venne terminata prima del 1143, anno in cui il cardinale venne innalzato al soglio pontificio con il nome di Celestino Il (1143-1144). Il nucleo centrale dell'opera, costituito dall'«Ordo Romanum», riprende e rinnova l'antico cerimoniale del clero romano, con le feste e le cerimonie vecchie e nuove.

1) L'arco viene menzionato appunto lungo l'itinerario che, nel giorno della « secunda feria» di Pasqua, conclusa la messa celebrata nella basilica vaticana, si percorreva a ritroso da S. Pietro a S. Giovanni in Laterano:
« ascendit per Pineam iuxta Palacinam, prosiliens ante Sanctum Marcum; ascendit sub arcu Manus Carneae per clivum Argentarium, inter insulam eiusdem nominis et Capitolium»

Questo passo dimostra che quell'arco, sicuramente trionfale, fu fra S. Marco e la odierna salita di Marforio che portava allora il nome di Clivus argentarius, e per conseguenza dee porsi a Macello de' Corvi. Circa poi la sua etimologia, gli vien data questa dal codice Visconti, ed è una delle tante storielle inserite in questo opuscolo :

"Arcus qui vocatur Manus Carnea ad Sanctum Marcum. Tempore quo Dioclitianus imperator sanctam Luciam matronam pro fide Christi in urbe Roma cruciabat, iussit eam extendi ad verbera, ut fustibus mactaretur. Et ecce, qui eam caedebat, factas est lapideus; manus autem eius carnea remansit usque nunc. Propter hoc vocatur nomen loci illius ad Manum Carneam usque in praesentem diem. Arcus Aureus in Capitello".

2) La seconda citazione del monumento compare nella più antica redazione dei Mirabilia, datata negli stessi anni, dove nel novero degli archi trionfali di Roma, dopo l'arco «qui nunc vocatur Antonini» e prima dell'arco «Panis Aurei» in Campidoglio, viene nominato un «arcus ad Sanctum Marcum qui vocatur Manus Carneae».

3) Come ci informano Svetonio (Dom. 13) e Cassius Dio (LXVIII.1), Domiziano (51-96) eresse diversi archi in suo onore in varie parti dell'urbe. Uno di questi è stato riconosciuto attraverso una recente teoria (PBS III.259‑262) che per certo identifica l'arco riferito da Marziale (VIII.65) con l'Arcus Manus Carneae delle Mirabilia e Ordo Benedicti (ap. Giordano II.666). Quest'arco stava vicino a Piazza Venezia, e forse stava con la congiunzione alla via Lata e al Vicus Pallacinae.

4) La quarta menzione è presente nella «Graphia Aureae Urbis», un'opera letteraria del XIII secolo in cui sono mescolati tre testi più antichi, tra i quali una redazione dei Mirabilia attribuibile forse a Paolo Diacono e databile, per la citazione della tomba di Anastasio IV (1153—1154), non prima della morte di quest'ultimo.

Qui il riferimento topografico a un « arcus qui vocatur Manus Carneae ad Sanctum Marcum» è seguito da una spiegazione del nome: « Tempore quo Diocletianus imperator sanctam Luciam matronam pro fide Christi in urbe Roma cruciabat, iussit eam ext caedebat, factus lapideus; manus autetur nomen loci illius ad Manum Carneae. Et ecce ui eam caedebat, factus lapideus; manus autem eius Carneae remansit usque nunc. Propter hoc vocatur nomen loci illius ad Manum Carneam usque in praesentem diem »

5) La quinta menzione dell'arco si trova nella versione volgare della più antica redazione dei Mirabilia, chiamata «Le Miracole de Rome» e conservata in un codice del Duecento, dove si riporta:
« ad Sancto Marco Arcus lo quale se voca Manus Carnea. Et in quello tempo Dyoclitianus commannao ke sancta Lucia forse menata et martoriata pro la fede de Christo, et quello ke li feria incontenente fo admarmorito, se non solo le mane, ke remasero de carne, et inperzò quello loco vène vocato ad Manus Carneas» (insomma il corpo martoriato divenne di marmo mentre le mani restarono di carne)

6) La sesta Citazione compare, con le medesime parole della prima, nel «De Mirabilibus Civitatis Romae», una versione del testo dei Mirabilia con alcune aggiunte, inclusa nella raccolta di vari libri della Camera Apostolica Compilata tra il 1356 e il 1362 da Nicol Rosell, detto il Cardinale d'Aragona. 

7) Corpus Corporum
"iuxta sanctum Laurentium in Lucina est arcus triumphalis Octaviani; inde prope arcus qui nunc vocatur Antonini; est arcus ad sanctum Marcum qui vocatur Manus carnea; in Capitello arcus panis aurei." (Effemeridi letterarie di Roma - 1820)

Secondo A. Nibby però l'arco di Manus Carneas sarebbe semplicemente l'Arco degli Argentari
"E' quell' arco distrutto da Alessandro VII. ed esistente sul corso sotto il palazzo Fiano: i due bassorilievi che oggi sono nel Palazzo de' Conservatori in Campidoglio mostravano essere un arco eretto a Marco Aurelio, e non ad Ottaviano come la descrizione porta."



IL SIGNIFICATO

Aldilà delle fantasiose favole cristiane sugli improbabili miracoli, il nome dell'Arco è latino e si riferisce al vocabolo manus plurale manibus, che significa mano, modalità e molto altro, e carnea che non ha senso interpretare come una aggettivo, anche perchè nella maggior parte degli scritti il vocabolo è "carneae", che non è di certo interpretabile come "mano di carne".

Di certo non c'era più il riferimento al generale cui fu dedicato, e il nome doveva piuttosto riferirsi a un luogo prossimo all'arco. Nell'effigie a cui potrebbe riferirsi appare a quattro fornici con immagini di sacrifici animali e di buoi.

Con tutta probabilità ci si riferisce alla Dea Carnea (o Cardea) protettrice delle porte, dei passaggi e dei bambini. La mano di Cardea (manus Cardeae, giustamente al genitivo) antica Dea italica, potrebbe essere indicazione di una protezione divina della Dea, ma non vi sono prove in proposito per cui per ora è solo un'ipotesi.


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