EURIPO DI VILLA FELIX |
Julia Felix era discendente dei Julii, che erano liberti dell'Impero, cioè ex schiavi della gens Julia, il che sicuramente ha influenzato la sua scelta nelle opere d'arte nella sua proprietà, che descrivono la vita della classe media, raffigurando la vita quotidiana nel foro pompeiano, tra bancarelle, una scuola all'aperto, conversazioni e un mendicante che riceve l'elemosina da una signora con la sua cameriera.
L'AMBULACRO |
Ella affittando i diversi locali non solo si arricchì maggiormente ma si affermò soprattutto come donna d'affari e figura pubblica a Pompei, il che fa comprendere come la figura della donna romana, pur essendo piuttosto penalizzata nella vita politica e in determinate professioni, aveva però una libertà di azione notevole per quei tempi, soprattutto se si paragona alla situazione di quasi cattività della donna greca.
La villa si estende su un'area corrispondente a due "insulae", di cui un terzo è occupato dall'edificio vero e proprio e due terzi vennero utilizzati come orto. Dopo il terremoto del 62, Julia Felix figlia di Spurius, data la penuria di alloggi, decise di affittare parte della casa.
La villa si estende su un'area corrispondente a due "insulae", di cui un terzo è occupato dall'edificio vero e proprio e due terzi vennero utilizzati come orto. Dopo il terremoto del 62, Julia Felix figlia di Spurius, data la penuria di alloggi, decise di affittare parte della casa.
Inoltre, poichè le terme del Forum potevano essere utilizzate solo in parte, ella aprì al pubblico le sue terme private. Lo testimonia l'avviso dipinto sulla facciata: "Eleganti stabilimenti balneari, negozi con appartamenti annessi al piano superiore e appartamenti indipendenti al primo piano sono offerti in affitto a persone di tutto rispetto". Vi è specificata anche la durata massima del contratto di locazione, che è un periodo di cinque anni "dal I agosto al I agosto del VI anno".
GLI SCAVI
La casa fu una delle prime di Pompei ad essere scavata, ma per il sito gli scavi borbonici del regno di Napoli non furono propriamente una fortuna. Gli scavi archeologici iniziarono nel 1755 e continuano ancora oggi. Negli anni successivi al 1755 la casa venne fortunatamente risepolta, ma aveva già subito molti danni sia per gli asporti all'estero sia per il modo incontrollato di scavare privando il sito di tutte le notizie e particolari che fornisce invece uno scavo condotto con cura e con moderni mezzi di investigazione.
Vi vennero successivamente rinvenuti una complessa taverna, bagni lussuosi e stanze tricliniari da giardino riccamente decorate. Tra gli anni 1912-1935 fu scoperto un santuario di dedica sconosciuta e poi la facciata lungo la Via dell'Abbondanza dell'edificio.
Quando l'intero edificio fu scavato, furono trovate anche due statue romane.
Il sito venne nuovamente scavato e pure restaurato nel 1952-53, cercando di porre rimedio ai danni perpetrati nei primi scavi del XVIII sec..
IL TRICLINIO ESTIVO |
La casa e i giardini si sono rivelati di grande importanza, occupando uno dei più grandi lotti di Pompei, essendo praticamente delle dimensioni di un intero isolato.
Tra gli anni 1998-1999 gli scavi ripresero e si fecero nuove e più importanti scoperte.
Una trincea trovata dietro il calidarium, che risaliva già al periodo augusteo, ha rivelato uno scarico che conduceva l'acqua dal pavimento dell'ipocausto, per scaldare dei bagni o una stanza in una casa romana.
Fu scoperto anche un ninfeo con una fontana a scala d'acqua e un triclinio, una modifica introdotta dopo il terremoto del 62.
DESCRIZIONE
La casa, dopo le drammatiche vicissitudini del terremoto del 62, con conseguente massiccia ristrutturazione, era stata divisa in tre parti:
- I bagni, con accesso da Via dell'Abbondanza, che sono stati dotati di tutti i servizi necessari all'uso pubblico, nonchè dotati di una piscina scoperta.
- L'appartamento del proprietario che si affaccia su un magnifico giardino con un canale d'acqua circondato su tutti i lati da originali colonne quadrangolari.
- I negozi e gli appartamenti, alcuni dei quali si aprivano su Via dell'Abbondanza e alcuni sulla strada laterale che portava alla Palestra Grande. Ad eccezione della casa di Julia il resto infatti era stato dato in affitto a persone referenziate.
Le sculture che decoravano il giardino ed alcuni dei dipinti trovati nella casa sono per lo più esposti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, mentre un affresco con Apollo e le Muse è esposto al Louvre, a Parigi.
LA DOMUS DI JULIA
Originariamente la proprietà della domus era stata creata da due "insulae" complete che erano state unite insieme con la strada che si frapponeva tra le due.
La perdita di una strada così importante che porta all'anfiteatro fu compensata poi dall'ampliamento della strada successiva, il cosiddetto vicolo dell'Anfiteatro, che guadagnò terreno a spese della tenuta di Julia.
La Casa di Giulia Felice si trova infatti oggi sul lato sud della Via dell'Abbondanza vicino al suo limite orientale, nei pressi della Palestra e dell'Anfiteatro.
L'abitazione ha un bellissimo giardino porticato, le cui colonne sono quadrangolari e non tonde e sono rivestite in marmo, un vero lusso.
Un canale d'acqua derivante dall'acquedotto locale, oltre a fornire l'acqua per le necessità, arricchiva ulteriormente il giardino. Infatti intorno ad esso era stato creato un elegante bordo in marmo che si allargava ogni tanto con forme curve alternate a forme quadrate, con inseriti più in basso dei sedili dove evidentemente si poteva scendere per bagnarsi.
La porta (fauces) della casa si apriva direttamente su un grande atrio rettangolare con un impluvium, cioè con una bassa vasca centrale che raccoglieva le acque piovane. Si trattava di una tradizione romana (e pure sannita ed etrusca) che era nei tempi più antichi la necessità di reperire acqua per i fabbisogni della casa. Tuttavia nel tempo di Pompei era solo un fatto di tradizione architettonica visto l'uso dell'acquedotto.
L' atrio ha un andamento insolito in quanto nessuna camera si apre direttamente al di fuori di esso, sebbene dia accesso ad altre parti della casa attraverso corridoi e attraverso un ambulacro porticato.
Munito di tetto ma con compluvio (apertura centrale sul tetto) e impluvio sottostante, l'atrio ha perso gran parte della sua decorazione ad affresco, ma è purtuttavia ancora decorato in rosso e giallo con un lungo fregio orizzontale raffigurante la vita di tutti i giorni nel forum.
PLANIMETRIA DELLA VILLA |
- Un lungo corridoio di servizio (c) si apre dall'angolo sud-ovest dell'atrio.
- Un'ampia apertura al centro della parete sud si apre sul deambulatorio porticato (d) che corre lungo il lato occidentale di un grande giardino centrale (e).
Il giardino è incorniciato da eleganti colonne in stucco scanalato con al centro dei rettangoli e modanati sempre in stucco a imitazione dei marmi. Le colonne sorreggono eleganti capitelli in stile corinzio. Una lunga tettoia protegge l'ambulacro dalla pioggia e dal sole.
Dopo il terremoto infatti molti marmi erano andati in pezzi ma l'arte dello stucco, particolarmente felice in epoca romana, recuperò molti di quei pezzi macinandoli insieme a calce e malta per creare superfici lisce ma facili da modulare con l'aspetto di un marmo vero e proprio.
Il giardino presenta al centro una lunghissima fontana, tutta contenuta da banchine in marmo, che dovrebbe rappresentare secondo alcuni il canale di Canopo in Egitto, secondo altri il canale Euripo dell'isola greca di Eubea.
Vi compaiono anche piacevoli fregi dipinti a nicchia con l'illusione di una base sporgente e di una semicupola cassettonata.
Nel centro dell'ambulacro si trova un triclinio estivo (f), il luogo dove i ricchi romani si adagiavano sulle panche in muratura imbottite di materassi e cuscini per i lunghi pasti conviviali con gli ospiti, completamente aperto lungo il lato orientale.
I divani del triclinio sono rivestiti in autentico marmo, così come le tre pareti circostanti fino al livello dell'ampio marcapiano anch'esso in marmo. Sopra di esso compare un ninfeo sulla parete occidentale, in guisa di grotta con giochi d’acqua attorno ai letti conviviali, costituito da una cascatella a gradini rivestita in marmo e incorniciata da un paio di nicchie che sicuramente dovevano ospitare delle statue.
MELPOMENE E THALIA |
All'estremità meridionale dell'ambulacro una porta (g) conduce a un secondo atrio (h). Questa parte della casa è un appartamento praticamente autonomo con un proprio accesso dal Vicolo di Giulia Felice ai numeri 10 e 11, e fanno parte degli immobili posti in affitto dalla proprietaria.
L'APPARTAMENTO AFFITTATO
Anche l'atrio di questo appartamento ha un tetto con compluvio e impluvio centrale rivestito di marmo, e presenta stanze su tutti e quattro i lati.
Come si nota la costruzione era a pietre e malta coperte di intonaco, il soffitto era altissimo e decorato ad affresco.
La decorazione, basata sui restanti resti di gesso, era nel quarto stile (un gusto che insisteva molto su decori delicati e scene architettoniche illusorie) e consisteva essenzialmente su una zona centrale rossa sopra un fregio inferiore di color nero.
Naturalmente la decorazione dell'atrio, dipinta al livello inferiore, costituiva uno zoccolo decorato a figure geometriche e immagini varie.
Naturalmente la decorazione dell'atrio, dipinta al livello inferiore, costituiva uno zoccolo decorato a figure geometriche e immagini varie.
Di questo appartamento due stanze risultano di particolare interesse, entrambe con ingresso sul lato orientale dell'atrio.
Sono il biclinium (i) (simile al triclinium, la stanza per desinare, ma solo che anzichè i tre letti tradizionali ne offriva solamente due) e il tablinum (j), cioè la stanza centrale alla fine dell'atrio di una casa romana.
TERSICORE E APOLLO |
Il biclinium è decorato nel quarto stile con pannelli celesti incorniciati in rosso e separati tra loro da un'architettura fantastica su un fondo bianco, tutti collocati sopra un fregio rosso inferiore continuo. I pannelli celesti contengono immagini di contenuto occasionale. La camera ha finestre che si affacciano sul giardino a settentrione e sull'orto a oriente.
"Vendita di vestiti, pentole e altri oggetti", una pittura di poco meno di 10 metri. Trovata sulla parete est dell'atrio, ora nel Museo Archeologico di Napoli.
LA TABERNA
Sul lato occidentale dell'ingresso c'erano i resti di un santuario di strada, cioè un'edicola con l'Ara Compitales. Il negozio, o taberna, possedeva una minuscola finestra sulla parete laterale.
Il muro di costruzione era di pietrame e malta rivestito di mattoni. In alto si trovano le finestrelle perchè in genere nella parte superiore vi alloggiavano gli affittuari del negozio. Come altre parti della casa, la proprietaria aveva affittato questo negozio a persone referenziate.
LE TERME
Viene da pensare che la proprietaria non abbia tanto voluto ampliare il suo giro d'affari per spirito imprenditoriale, quanto perchè probabilmente, possedendo diverse proprietà a Pompei, alcune o molte di quelle siano crollate col terremoto, per cui ebbe a provvedere altrimenti per il suo mantenimento.
Infatti ha dovuto rinunciare ai suoi bagni privati ed ha dovuto adattarsi a condividere il suo ambulacro con altri appartamenti. In quanto ai negozi non sappiamo se li avesse già in precedenza o li abbia ricavati dalla sua stessa villa.
3 affreschi separati con raffigurazione di fontane architettoniche, riuniti in un'unica cornice. Attualmente al Museo Archeologico di Napoli. Inventario numero 9275, descritto come proveniente da Ercolano.
Secondo altre fonti, le vignette separate di una fontana di sfinge (a sinistra) e di una statua di un filosofo (a destra) sarebbero state trovate in questo portico della Villa Julia Felix quando, all'epoca degli scavi borbonici, gli affreschi vennero staccati e inviati al Museo.
La vignetta dell'Herm, usata come fontana, forse proveniva dall'atrio a cui si accedeva dall'ingresso II.4.10 e II.4.11, e dall'estremità meridionale del portico ovest dell'area giardino.
Secondo Marietta de Vos, questa è stata ricavata dalle terme della Praedia di Julia Felix e si trova ora nel piano nobile del Museo Archeologico di Napoli, giro interno, Sala III, pavimento.
LA VENERE IN BIKINI
Fra le statue rinvenute nella villa c'è quella della "Venere in bikini".
"La statuetta ritrae Afrodite sul punto di sciogliere i lacci del sandalo sul piede sinistro, sotto il quale un piccolo Eros si accovaccia, toccando la suola della scarpa con la mano destra.
La Dea è appoggiata al braccio sinistro (manca la mano) contro una figura di Priapo in piedi, nuda e barbuta, posizionata su un piccolo altare cilindrico mentre, accanto alla sua coscia sinistra, c'è un tronco d'albero sopra il quale l'indumento della dea è piegata.
Afrodite, quasi completamente nuda, indossa solo una sorta di costume, costituito da un corsetto sostenuto da due paia di bretelle e due maniche corte sulla parte superiore del braccio, da cui una lunga catena porta ai fianchi e forma un motivo a stella a livello del suo ombelico".
Il "bikini", per cui la statuetta è famosa, è ottenuto con l'uso magistrale della tecnica della doratura, impiegata anche sul suo inguine, nella collana pendente e nell'armilla sul polso destro di Venere -Afrodite, così come sul fallo di Priapo. Tracce di vernice rossa sono evidenti sul tronco dell'albero, sui corti capelli ricci raccolti in una crocchia e sulle labbra della Dea, così come sulle teste di Priapo e dell'Eros. Gli occhi di Afrodite sono fatti di pasta di vetro, mentre la presenza di fori a livello dei lobi delle orecchie suggerisce l'esistenza di preziosi orecchini andati perduti.
La statuetta, probabilmente importata dall'area di Alessandria, riproduce con alcune modifiche il tipo statuario di Afrodite che scioglie il suo sandalo, noto da copie in bronzo e terracotta, con tutta probabilità ispirato al mito per cui Pan tentò di violentare la Dea mentre si preparava per prendersi un bagno ma venne colpito dalla Dea che dall'espressione non dimostra rabbia ma solo un certo mite rimprovero. Del resto desiderare Venere era un fatto del tutto normale..