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AQUAELICIUM - RITO DELLA PIOGGIA ROMANO

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MIRACOLO DELLA PIOGGIA - COLONNA TRAIANA
Nella disciplina augurale degli Etruschi, che i Romani seguirono in gran parte, vi era un rito consistente nel far ruzzolare (verrere) una o più pietre (petrae manales), in tempo di siccità, per ottenere la pioggia.
Questa pratica venne copiata dai romani che del resto attinsero molto dalla religione etrusca, dapprima come rituale privato, infine come rito pubblico fatto officiare dallo stato. Dunque si trattava del "Rito della pioggia", ovvero un rito per ottenere la pioggia, celebrato nell'antica Roma dai pontefici e dai magistrati in tenuta dimessa (espiatoria) con i littori a fasci rovesciati.



LA TOGA

Tito Livio e Floro raccontano che la toga pretesta (in latino toga praetexta) fu importata a Roma come usanza dei vicini Etruschi al tempo di Tarquinio Prisco. Era una toga bordata di rosso che veniva indossata da tutti i più alti magistrati.

«A me non dispiace la teoria di quelli che sostengono che [l'uso dei dodici littori siano stati] importati dalla vicina Etruria (da dove furono introdotte la sella curule e la toga pretesta) tanto questa tipologia di subalterni, quanto il loro stesso numero. Essi credono che ciò fosse così per gli Etruschi poiché, una volta eletto il re dall'insieme dei dodici popoli, ciascuno di essi forniva un littore.»

La tenuta dimessa consisteva nel togliere la toga, oppure secondo altri, di indossare una toga senza porpora, e inoltre non potevano indossare anelli o altro di prezioso. Noi siamo propensi a pensare che proprio si togliessero la toga, poichè di per sè questo indumento era dei cittadini romani maschi e liberi, in quanto nè le donne nè gli stranieri nè gli schiavi potevano indossarla. L'uso era di far ruzzolare, in processione, una pietra cilindrica (detta lapis manalis) dal tempio di Marte fuori Porta Capena fino al Campidoglio.

Il 24 agosto, il 5 ottobre e l'8 novembre, si apriva il mundus ("mundus patet", ovvero il mondo è aperto), mettendo così in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti. L'apertura del "mundus" stabiliva una comunicazione fra i tre mondi (celeste, terreno ed infero), nel luogo stesso dove questi si congiungevano.

Sul comitium sorgeva e sorge ancora a Roma l'Umbelicus Mundi, un edificio di forma un po' conica realizzato in mattoni e all'epoca ricoperto di marmi, al cui interno giaceva una fossa tonda, chiamata Mundus Cereris, che veniva chiusa da una pietra, detta Lapis Manalis (da alcuni Petra Manalis).

La pietra che chiudeva l'accesso al mondo sotterraneo dei morti, regno di Plutone e Proserpina, era detta "lapis manalis" perché da lì passavano i Mani, ovvero le anime dei morti che proteggevano i vivi. Festo chiamò "Ostium Orci" la porta per l 'Ade, ma in realtà era chiamata da tutti "lapis Manalis".

Ma Festo sostiene che la pietra manalis che si usa per il rito della pioggia è un'altra pietra: la prima si chiamerebbe manalis perchè in rapporto con gli Dei Manes, memtre la seconda sarebbe derivata dal verbo Manare, cioè "fluire", ma in questo caso, viene da osservare, si sarebbe chiamata manaris e non manalis.

PORTA DI PIETRA NELL'ANTICA TURCHIA
Ora ambedue le pietre avevano lo stesso nome, e ambedue erano tonde. Infatti la porta del mundus essendo di pietra doveva essere a forma circolare come nell'uso antichissimo di certe abitazioni arcaiche, scavate nella roccia, che si facevano scivolare dall'esterno o dall'interno dell'abitazione. In genere tale pietra era a forma di cerchio con un buco al centro dove si inseriva un perno che facilitava il suo spostamento.

Questa pietra circolare veniva sorretta al centro da un bastone tenuto dai due lati da più persone che la facevano scorrere per le vie della città fino al punto desiderato, ovvero sotto al tempio, dopodiché era issata a spalla nell'interno del tempio.

Ora per il rito della pioggia la pietra si dice fosse cilindrica, in effetti anche questa porta in foto è cilindrica, anche se con un'altezza modesta rispetto al diametro, ma se fosse stata una qualsiasi pietra di peso scarso l'avrebbero trasportata e non fatta rotolare. Cioè si fa rotolare una pietra tonda che è troppo pesante da portare a mano o da trasportare, e la porta del Mundus lo era.

Questa pratica etrusca entrò nella religione dello stato, sotto forma di una processione (pompa), presieduta dai pontefici. "L'atto più importante di tale cerimonia, che si diceva aquaelicium, era il trasporto della pietra sacra, di forma cilindrica, ordinariamente deposta nel tempio di Marte, rappresentante le forze vegetative della terra. Nel giorno prefisso la pietra sacra veniva recata solennemente in città, fino al tempio di Giove Capitolino". 

In effetti sta scritto che la pietra fosse deposta nel tempio di Marte, rappresentante delle forze vegetative della Terra. Ora il Mundus era detto anche Mundus Cereris, e il mondo di Cerere era un pozzo, perchè il seme nascosto nel buio della terra sembrava morto ma era invece preludio alla vita della spiga di grano, senza dimenticare che l'antico Marte era Marvor, Dio della vegetazione dei giardini e dei campi.

Il mundus Cereris era il mondo dei morti generatore di vita, insomma il Mito dell'Eterno Ritorno. La spiga tagliata lasciava il seme che nel grembo della terra germinava a nuova vita, pertanto il Mundus era pertinente ai morti ma pure alla vita, che in questo caso era rappresentata dalla pioggia portatrice di vita. Il rito aveva pertanto una porta simile per il Mundus e per il Tempio di Marte che stava vicino alla Porta Capena.

Festo sostiene che le pietre sacre sono due e che avessero lo stesso nome, in effetti doveva essere così perchè una copriva il Mundus e una giaceva nel tempio di Marte, ma l'origine delle due pietre doveva essere identica. Una aveva coperto la fossa del Mundus nell'edificio dell'Ombelicus Mundi, era stata quindi portata al tempio di Marte e sostituita con una pietra identica, onde evitare che la fossa rimanesse scoperta e i mani circolassero per l'Urbe.

UMBELICUS URBIS
La matronae romane che prendevano parte alla cerimonia, una partecipazione del tutto volontaria a cui aderivano spesso donne aristocratiche (che in ogni caso mettevano in buona luce se stesse e la loro casata) giunte al clivo Capitolino, scioglievano le loro chiome e si denudavano i piedi, e infatti  la processione veniva chiamata: Nudipedalia, e così scalze salivano alla sommità del colle recitando preghiere a Giove, perché concedesse la pioggia. 

Si trattava di una cerimonia espiatoria in quanto si riteneva che la siccità dipendesse dalla collera degli Dei per qualche azione umana riprovevole nei loro confronti, magari solo un rituale svolto male o una mancanza di premure verso una divinità. La religione romana non toccava le colpe degli uomini tra loro ma solo le colpe degli uomini verso gli Dei, ovvero le loro mancanze.

La cerimonia prevedeva poi l'immolazione di una vittima, in genere una giovenca, dopo averla ornata di nastri e fiori. Quindi si versava acqua pura sulla pietra manalis nel senso augurale della pioggia e la pietra rimaneva esposta al tempio capitolino fino alla prima pioggia, dopodichè veniva riportata al tempio di Marte.



LA VERSIONE CATTOLICA

Il rito è ancora seguito dalla Chiesa Cattolica:
"Per oltre mille anni la Chiesa due volte all’anno, prima di Pasqua e al tempo dell’ Ascensione, ha sempre celebrato nelle campagne le Rogazioni, cioè delle liturgie che si svolgevano all’aperto, con processioni, Messe e con invocazioni a Dio e tutti i santi perché scendesse la benedizione sulla terra, perché tutti i frutti venissero salvati con l’arrivo della pioggia, al momento opportuno, e del sole, quando era necessario".

(Vittorio Messori giornalista cattolico)

A Guardia Sanframondi, nel Sannio, "Ogni 7 anni la Madonna esce dalla chiesa dinanzi alla quale centinaia e centinaia di persone aprono una pettorina e si percuotono con delle spille, con un 'cardo', un sughero nel quale sono stati conficcati o pezzetti di vetro o spilli". I battenti accompagnano con il sangue versato tutto l'itinerario della processione. Il fedele che si batte offre alla Madonna il bene più prezioso che ha, cioè la propria vita, e la vita è possibile finché pulsa il sangue nelle vene.

Analogamente nel Venerdì Santo, in occasione della processione del Cristo Morto, con i rituali di autoflagellazione in Calabria. "A Nocera Terinese, per esempio, nel Lametino, o a Verbicaro, in provincia di Cosenza le persone si percuotono a lungo le gambe e le cosce con questo 'cardo' dinanzi alla statua della Madonna per chiedere la pioggia e la protezione."

Questo dimostra come nei secoli vi sia stato un decadimento della cultura romana, perchè un rito del genere gli antichi romani l'avrebbero giudicato "barbaro" e pertanto proibito.


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