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ARCO DELLA CIAMBELLA

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ANTICA STAMPA DELL'ARCO DELLA CIAMBELLA


ROBERTO LANCIANI

Lo scultore e descrittore di scavi Flaminio Vacca. Vedi le sue Memorie 1'ultima delle quali incomincia con le parole: "Sotto il nostro arco (della Ciambella) volendo mio padre farvi una cantina, vi trovò alcuni pezzi di cornicioni etc. "

La "ciambella" a cui fa riferimento il nome della via romana attuale, deriverebbe, secondo alcuni studiosi, da una corona bronzea ritrovata nella zona e somigliante, appunto, alle antiche ciambelle romane.

Secondo altri farebbe riferimento al nome di un'osteria denominata "Sciampella". Sicuramente fu l'osteria a prendere il nome dalla via e non viceversa, dato che il nome deriva dall'antico rudere romano (alto circa 10 metri) che ancora oggi possiamo scorgere al di là di un paio di case che lo nascondono ed al quale si appoggiano.

In realtà questa specie di arco deriva dal primo edificio termale a carattere pubblico a Roma, le Terme di Agrippa, inaugurato da Agrippa nel 12 a.c.;

Del complesso è giunta fino ai giorni nostri parte della grande sala rotonda, probabilmente il calidarium, tagliata nel 1542 con la costruzione di via dell’Arco della Ciambella: la sala, circolare con un diametro di 25 m e nota appunto come Arco della Ciambella almeno dal 1505.

Scomparve nel 1621 con i lavori di Gregorio XV per la sistemazione della zona e ora è conservata solo nella sua metà N per un’altezza di oltre 10 m.

Le Therme Agrippae coprivano un’area di 70 x 120 m circa, inquadrate tra via di Santa Chiara, via dei Cestari, largo e via di Torre Argentina.

Esse erano collegate all’Aqua Virgo, dalla quale venivano alimentate.

Alla sua morte Agrippa lasciò le terme in eredità al popolo romano, con un obbligo di mantenimento da parte di Augusto (Cass. Dio 54.29.4).

Nell’80 d.c. le terme vennero quasi completamente distrutte da un incendio (Cass. Dio 66.24.2) ma ricostruite subito dopo (Mart. 3.20.15).

Vennero poi restaurate quasi integralmente da Adriano (Hist. Aug. Hadr.19.10; CIL VI, 9797) e successivamente da Massenzio, Costante e Costanzo II (CIL VI, 1165).

In una stampa del Giovannoli del 1615, possiamo vedere come doveva apparire nel XVII secolo la via, che attraversava l’antico calidarium circolare ancora intatto.

Il complesso è noto nei Cataloghi Regionari come Thermas Agrippianas

Si tratta in effetti dell'unico tratto rimasto in piedi delle antiche "Terme di Agrippa" e corrispondente alla metà della grande sala circolare che era il fulcro ed il centro di tutto il complesso. 

Fino al Seicento la sala era pressoché intera, come documentano alcuni disegni dell'epoca.

Infatti veniva popolarmente chiamata "lo Rotulo", "lo Tondo" o "lo Torrione": da qui alla denominazione di "ciambella".

Anche l'arco che scavalcava la strada, a cui fa riferimento il nome della via, apparteneva alle stesse terme, ma scomparve nel 1621, in occasione dei lavori di sistemazione urbanistica eseguiti per volontà di Gregorio XV.

Le Terme costruite dal genero di Augusto, tra il 25 ed il 19 a.c sono le più antiche terme pubbliche di Roma.

Si estendevano nella zona tra via di Torre Argentina, via dei Cestari e largo di Torre Argentina.

Via dell'Arco della Ciambella starebbe al centro esatto della grande sala circolare.
Le terme erano alimentate con le acque dell'Acquedotto Vergine, le quali formavano anche un piccolo lago artificiale, posto ad ovest delle Terme, denominato "stagnum Agrippae", ed utilizzato come piscina.

L'impianto, che misurava non meno di 80-100 m di larghezza e circa 120 di lunghezza, era organizzato su due assi che si incrociavano in una grande sala circolare del diametro di circa 25 metri.

Con un capolavoro di ingegneria essa fu coperta a cupola, attorno alla quale erano irregolarmente disposti tutti gli ambienti, alcuni absidali, altri con vasche e spazi aperti.


I RESTI OGGI
Le Terme, dotate di impianti per acqua e aria calda, erano magnificamente decorate con affreschi, statue ed altre opere d'arte: qui infatti era collocato l'Apoxyomenos di Lisippo, dal greco, "colui che si pulisce con lo strigile", un attrezzo a lama ricurva, in avorio o bronzo, utilizzato per pulire la pelle dall'olio o dalla polvere, dopo il bagno o la lotta. 

La statua, ora ai Musei Vaticani, è una copia in marmo dell'originale bronzeo dello scultore greco Lisippo (IV sec. a.c.), collocata un tempo all'ingresso delle Terme di Agrippa. 

Si narra che l'imperatore Tiberio fece trasferire la statua nella sua residenza personale ma fu costretto
a restituirla per l'insistenza del popolo, che ad ogni sua apparizione la reclamava a gran voce.
Alla sua morte, nel 12 a.c., Agrippa lasciò il complesso termale, per testamento, al popolo romano, a titolo totalmente gratuito.

Le Terme furono gravemente distrutte nell'incendio dell'80 d.c., quindi restaurate da Tito e soprattutto da Domiziano.
Tra il 120 ed il 125 d.c. furono nuovamente restaurate da Adriano, ma ulteriori interventi vi furono al tempo di Settimio Severo, di Massenzio e, infine, nel 345 d.c., al tempo di Costanzo e Costante, figli di Costantino. 

Intorno al V secolo si ha ancora menzione del loro funzionamento ma in seguito furono abbandonate (intorno al VII secolo) e ben presto, come successe per tanti altri monumenti, sistematicamente spogliate per il riutilizzo dei materiali edilizi.


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