LA VILLA
La casa del Menandro è una grande domus urbana dell'antica Pompei di quasi 1800 m². Più che una casa è una enorme villa, quasi una reggia ovviamente piena di persone e di schiavi, di beni e di lussi.
La villa è stata scavata dal novembre 1926 e giugno del 1932 e prende il nome non dal proprietario della casa, ma dall'immagine del poeta greco Menandro (commediografo greco 342 - 291 a.c.), ritrovata in loco, evidentemente molto apprezzato dal proprietario.
La villa è molto antica, sembra risalire al II sec. a.c., ma fu rielaborata e modernizzata: la parte più vecchia è di modeste dimensioni ma la nuova casa si sviluppa su due piani molto ampi. La cosa inusuale è che il corpo centrale sia stato costruito a un livello superiore rispetto a quello del cortile con il forno e i sotterranei e a quello dell'ergastulum, il quartiere riservato ai servi.
Tutta la casa del resto è dominata, come si vede nell'atrio, dal rosso e dal giallo, ma non deve meravigliare perchè questi erano i normali colori dentro e fuori le case. Dopo il terremoto del 62 molti dei marmi pompeiani si frantumarono e gli ingegnosi pompeiani (e romani in genere) ne approfittarono per creare uno stucco che usufruendo dei vari marmi polverizzati, uniti a gesso o cemento, simulasse egregiamente l'autentico marmo, molto costoso.
Tutta la casa del resto è dominata, come si vede nell'atrio, dal rosso e dal giallo, ma non deve meravigliare perchè questi erano i normali colori dentro e fuori le case. Dopo il terremoto del 62 molti dei marmi pompeiani si frantumarono e gli ingegnosi pompeiani (e romani in genere) ne approfittarono per creare uno stucco che usufruendo dei vari marmi polverizzati, uniti a gesso o cemento, simulasse egregiamente l'autentico marmo, molto costoso.
Data l'estensione della casa e dei possedimenti si presupporrebbe che il proprietario potesse permettersi anche i marmi autentici, ma riprodurre i marmi attraverso la pittura, in molti casi più che un risparmio fu una moda.
La villa è infatti molto decorata: il pavimento del peristilio è a mosaico a motivi geometrici con tessere bianche e nere. Sulle pareti compaiono medaglioni affrescati con testa di Zeus-Ammon (in IV stile) e quadretti con maschere tragiche. Sul lato Ovest dell'atrio si trova una terrazza con una grande esedra adibita a solarium.
Si ritiene che la villa del Menandro sia appartenuta ai Poppaei, imparentati con Poppaea Sabina, seconda moglie di Nerone. La regione della Campania, dove si trova il maggior numero di Poppaei, era d'altronde associata ai Sanniti, un popolo di lingua osca che rivendicava anche la discendenza sabina.
La famiglia sarebbe stata proprietaria anche della Casa degli Amorini nonchè di una fabbrica di tegole, pertanto gente agiata. Infatti nel periodo augusteo la domus fu totalmente rinnovata, cosa che avvenne per molte domus essendo aumentate le esigenze e soprattutto i guadagni per la prosperità dell'Impero.
In primo luogo fu edificato un peristilio (il portico che cingeva il giardino o cortile interno posto al centro della casa), utilizzando lo spazio ricavato dall'abbattimento degli edifici residenziali adiacenti, e mentre nella parte orientale della casa venne ricavata la parte economica con cucina magazzini ecc., nella parte occidentale vennero ricavate delle terme.
Ma fino a poco prima dell'eruzione erano state eseguite in vari posti della casa ulteriori opere di ammodernamento. Vi si sono infatti rinvenuti della anfore riempite di stucco e un forno provvisorio.
Sappiamo che il nome dell'ultimo abitante della casa era Quinto Poppeo, in quanto venne trovato questo nome in un sigillo di bronzo posto negli alloggi per la servitù. Solo il nome del proprietario poteva essere così importante da essere impresso su un sigillo con cui poter imprimere la sua proprietà sulle cose e il suo nome sui contratti. Quinto Poppeo era un ricco liberto, edile in carica intorno al 40 d.c.
La casa è decorata con pitture del IV stile, detto anche dell'illusionismo prospettico, con una capacità prospettica tridimensionale che decadrà totalmente nel medioevo per resuscitare solo nel rinascimento.
Il IV stile si affermò infatti in età neroniana e si distinse per le eleganti architetture fantastiche e fantasiose, insomma avevano inventato il Trompe l'oeil, che non è francese ma romano. L'inizio di questo stile è documentabile a Pompei subito dopo il 60 d.c., infatti gran parte delle ville pompeiane furono infatti decorate in questo stile dopo la ricostruzione della città a seguito del disastroso terremoto di Pompei del 62.
Nell'ambiente a sinistra dell'ingresso vi sono 3 quadretti di 'IV stile' con scene della guerra di Troia.
Nel IV stile infatti trionfarono le imitazioni dei rivestimenti marmorei, le finte architetture e i Trompe l'oeil caratteristici del II stile ma anche le cosiddette "Grottesche" che tanto piaceranno poi a Raffaello e al Rinascimento, ricche di ornamentazioni con candelabri, figure alate, tralci vegetali, caratteristici del terzo stile.Le Terme
Il quartiere termale, in restauro al momento dell'eruzione (79 d.c.), presenta il cortile con 4 colonne, lo spogliatoio e il calidarium (sala dell'acqua calda). Nel calidarium si trova una grande mosaico con al centro un grande acanto circondato da pesci, delfini e altri animali marini, con figure negroidi e, all'ingresso, un servo che porge recipienti per unguenti.
Sulla soglia dell'ingresso al calidarium, che presenta pitture in IV stile, un servo porta due
recipienti, uno per l'olio l'altro per il profumo. Nel pavimento a mosaico (scene nilotiche) nuotano pesci, delfini, un granchio, un negro itifallico mentre un'altro caccia un mostro col tridente.
recipienti, uno per l'olio l'altro per il profumo. Nel pavimento a mosaico (scene nilotiche) nuotano pesci, delfini, un granchio, un negro itifallico mentre un'altro caccia un mostro col tridente.
Il quartiere servile
Nel quartiere servile erano conservati un carro agricolo, un corredo di attrezzi agricoli, anfore di cui una conteneva miele del tipo chiamato "despumatum" (miele bianco depurato usato anche oggi in cosmetica e medicina), altre contenevano aceto, vino di Sorrento ed una possedeva una scritta che raccomandava la sua salsa di pesce di prima qualità.
Attualmente nella stalla (equile) è esposta la riproduzione di un carro agricolo, i cui unici pezzi originali sono solo le parti in ferro e in bronzo.
LE VITTIME DEL TERREMOTO
Nella casa del Menandro sono state trovate delle vittime del terremoto, delle persone e pure un cane da guardia. Le loro immagini sono state ricavate in parte riempiendo di cemento i vuoti lasciati dai loro corpi, in parte ricomponendo le ossa ritrovate nei sotterranei.
Una teca posta nelle villa stessa mostra i corpi delle vittime dell'eruzione da cui nessuno ebbe scampo, per i crolli, per il calore bruciante e per i gas tossici. Una documentazione cruda ma importantissima che permise all'umanità di capire la ricchezza e la bellezza del mondo antico romano, per altri versi totalmente cancellato dalla storia.
IL TESORO
In un corridoio sotto il piccolo atrio della casa, nel 1930, gli archeologi addetti agli scavi rinvennero uno dei tesori più ricchi rinvenuto in tutti i vari tempi. Si trattava di un tesoro straordinariamente ricco:
- per l'epoca archeologica a cui i beni si riferiscono,
- per i materiali di pregio con cui furono eseguiti, cioè oro e argento,
- per la squisitissima fattura dei beni stessi,
- per la documentazione delle capacità artistiche dei romani particolarmente in quel periodo.
Il tesoro, oggi conservato al Museo Nazionale Archeologico di Napoli, uno dei musei più fornito e prezioso al mondo, consisteva in ben 118 vasi d'argento sbalzati e cesellati, per un totale di 84 kg, tra vasellame da tavola, per bere e da toeletta, oltre a gioielli e monete.
In un corridoio sotto il piccolo atrio della casa, nel 1930, gli archeologi addetti agli scavi rinvennero uno dei tesori più ricchi rinvenuto in tutti i vari tempi. Si trattava di un tesoro straordinariamente ricco:
- per l'epoca archeologica a cui i beni si riferiscono,
- per i materiali di pregio con cui furono eseguiti, cioè oro e argento,
- per la squisitissima fattura dei beni stessi,
- per la documentazione delle capacità artistiche dei romani particolarmente in quel periodo.
Il tesoro, oggi conservato al Museo Nazionale Archeologico di Napoli, uno dei musei più fornito e prezioso al mondo, consisteva in ben 118 vasi d'argento sbalzati e cesellati, per un totale di 84 kg, tra vasellame da tavola, per bere e da toeletta, oltre a gioielli e monete.
Gli oggetti erano stati tutti accuratamente avvolti in panni di lana, che erano stati sistemati in una cassa di legno posta nei sotterranei del cortile, sicuramente durante i lavori di restauro della casa.
Le argenterie sono state collocate in una apposita vetrina, mentre i gioielli e le monete sono nella sezione Numismatica.
La cassa, istoriata con applicazioni e borchie di bronzo, conteneva, oltre all'argenteria, anche pregiati gioielli d'oro e monete, cioè 13 aurei e 33 denari d’argento, per un valore di 1432 sesterzi.