Tìndari è una frazione di Patti, in provincia di Messina, in Sicilia e i suoi abitanti vennero chiamati
tindàridi, tindaroti, tindaritani o tindaridei in omaggio ai Dioscuri figli di Tindaro, re di Sparta, Figlio di Periere e di Gorgofone o di Ebalo e della ninfa Batea, secondo i luoghi e i relativi miti, che sposò Leda e divenne padre di Castore, Clitennestra, Timandra (regina di Tegea e di Dulichio), Filonoe e Febe.
Ma Tindaro adottò Elena e Polluce avuti da Leda con Zeus. Castore e Polluce vennero chiamati i i Dioscuri, venerati anche a Roma e in suolo italico. la città di Tindari è situata su un promontorio costiero che si sporge, da un'altezza di 268 m, a picco sul mar Tirreno.
Durante la I Guerra Punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.c. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata gloriosamente dal console Aulo Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese.
Insieme a Siracusa la città passò in seguito sotto il controllo romano e divenne base navale di Sesto Pompeo, il figlio più giovane di Gneo Pompeo Magno, che si unì alla resistenza contro Cesare nella provincia d'Africa assieme a Cecilio Metello Scipione, Catone Uticense, il fratello Gneo e altri senatori pompeiani.
Il teatro greco, successivamente rimaneggiato in epoca romana, sorge su un promontorio da cui si gode una magnifica vista sul mar tirreno, sulle isole Eolie e sui laghetti di Marinello. Dopo anni di abbandono, oggi il teatro è sede in estate di spettacoli musicali e rappresentazioni teatrali.
Le antiche mura cittadine, rimaneggiate in epoca tardo imperiale e bizantina si sviluppano originariamente per circa 3 chilometri su due file parallele separate da uno spazio cui si innalzavano delle torri quadrate che portavano alla sommità dei muri.
tindàridi, tindaroti, tindaritani o tindaridei in omaggio ai Dioscuri figli di Tindaro, re di Sparta, Figlio di Periere e di Gorgofone o di Ebalo e della ninfa Batea, secondo i luoghi e i relativi miti, che sposò Leda e divenne padre di Castore, Clitennestra, Timandra (regina di Tegea e di Dulichio), Filonoe e Febe.
Distrutta da una frana e due terremoti è stata riportata alla luce attraverso degli scavi cominciati nel 1838 e successivamente ripresi tra il 1960 e il 1998. Durante questi scavi sono stati rinvenuti dei mosaici romani, sculture e ceramiche esposte nel museo locale. Attualmente sono visibili i resti delle antiche mura cittadine di origine greco-romana, lo splendido teatro ed il Santuario della Madonna Nera.
La città (in greco antico: Τύνδαρις, Týndaris) venne fondata da Dionisio I di Siracusa nel 396 a.c. come colonia di mercenari siracusani che avevano partecipato alla guerra contro Cartagine, nel territorio della città sicula di Abacaenum (Tripi), che sorgeva nel territorio dove Dionigi di Siracusa fondò la città di Tindari nel 396 a.c..
Ancora nel secolo XVI ad Abacaenum si scorgeva un largo campo di rovine antiche, in parte ancora esistenti mentre la città fondata da Dionigi prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre putativo e non di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.
Ancora nel secolo XVI ad Abacaenum si scorgeva un largo campo di rovine antiche, in parte ancora esistenti mentre la città fondata da Dionigi prese il nome di Tyndaris, in onore di Tindaro, re di Sparta e sposo di Leda, padre putativo e non di Elena e dei Dioscuri, Castore e Polluce.
Durante la I Guerra Punica, sotto il controllo di Gerone II di Siracusa, fu base navale cartaginese, e nelle sue acque si combatté nel 257 a.c. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana, guidata gloriosamente dal console Aulo Atilio Calatino, mise in fuga quella cartaginese.
Insieme a Siracusa la città passò in seguito sotto il controllo romano e divenne base navale di Sesto Pompeo, il figlio più giovane di Gneo Pompeo Magno, che si unì alla resistenza contro Cesare nella provincia d'Africa assieme a Cecilio Metello Scipione, Catone Uticense, il fratello Gneo e altri senatori pompeiani.
Cesare vinse la prima battaglia a Tapso nel 46 a.c. contro Metello Scipione e Catone, che si suicidarono. In Spagna. Poi nel 45 a.c. Cesare batté anche Gneo e Sesto nella battaglia di Munda. Gneo fu giustiziato, mentre Sesto fuggì in Sicilia.
Dopo l'assassinio di Cesare venne stipulato il Secondo triumvirato, sancito con la Lex Titia, da Ottaviano, Marco Antonio e Marco Emilio Lepido, e rinnovato nel 37 a.c. per altri cinque anni, per contrastare Sesto.
Agrippa riuscì ad occupare Lipari e a sconfiggere Sesto Pompeo prima a Milazzo e poi definitivamente nella battaglia navale di Nauloco, nella Sicilia nordorientale (3 settembre 36 a.C.). Così Tindari venne presa da Augusto nel 36 a.c., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, e Cicerone la citò come nobilissima civitas.
Nel I secolo d.c. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti. Divenuta sede vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nell'836, nelle mani degli Arabi dai quali venne distrutta.
IL TEATRO GRECO-ROMANO
Costruito in forme greche alla fine del IV secolo a.c. e in seguito rimaneggiato in epoca romana, con una nuova decorazione e l'adattamento a sede per i giochi dell'anfiteatro, rimase a lungo in abbandono e venne conosciuto solo per le illustrazioni del XIX secolo.
Agrippa riuscì ad occupare Lipari e a sconfiggere Sesto Pompeo prima a Milazzo e poi definitivamente nella battaglia navale di Nauloco, nella Sicilia nordorientale (3 settembre 36 a.C.). Così Tindari venne presa da Augusto nel 36 a.c., che vi dedusse la colonia romana di Colonia Augusta Tyndaritanorum, una delle cinque della Sicilia, e Cicerone la citò come nobilissima civitas.
Nel I secolo d.c. subì le conseguenze di una grande frana, mentre nel IV secolo fu soggetta a due distruttivi terremoti. Divenuta sede vescovile, venne conquistata dai Bizantini nel 535 e cadde nell'836, nelle mani degli Arabi dai quali venne distrutta.
Costruito in forme greche alla fine del IV secolo a.c. e in seguito rimaneggiato in epoca romana, con una nuova decorazione e l'adattamento a sede per i giochi dell'anfiteatro, rimase a lungo in abbandono e venne conosciuto solo per le illustrazioni del XIX secolo.
Il teatro, secondo l'uso greco, era appoggiato alla naturale conformazione a conca della collina, nella quale furono scavate le gradinate dei sedili (0,40 m di altezza e 0,70 m di profondità) della cavea, che doveva raggiungere una capienza di circa 3000 posti.
In età romana vi si aggiunse un portico in opera laterizia e la ricostruzione della scena, di cui restano solo le fondazioni e un'arcata, restaurata nel 1939. L'orchestra venne trasformata in un'arena, circondando la cavea con un muro e sopprimendone i quattro gradini inferiori.
LE MURA
Le antiche mura cittadine, rimaneggiate in epoca tardo imperiale e bizantina si sviluppano originariamente per circa 3 chilometri su due file parallele separate da uno spazio cui si innalzavano delle torri quadrate che portavano alla sommità dei muri.
Un tratto di queste scale è ancora visibile mentre la porta principale, sul lato sud-occidentale, era fiancheggiata da due torri e protetta da un'antiporta a tenaglia di forma semicircolare, con l'area interna lastricata con ciottoli. Altri piccoli passaggi si aprivano a fianco delle torri della porta maggiore e venivano utilizzate per le sortite dei difensori.
LA I LEGGENDA
La spiaggia, secondo una delle varie leggende, si sarebbe formata miracolosamente in seguito alla caduta di una bimba dalla terrazza del santuario, ritrovata poi sana e salva sulla spiaggia appena creatasi per il ritiro del mare. La madre della bambina, una pellegrina giunta da lontano, in seguito al miracolo, si sarebbe ricreduta sulla vera natura miracolosa della scultura, della quale aveva dubitato a causa dell'incarnato scuro della Vergine.
In una ulteriore leggenda una nave di ritorno dall’Oriente, portava nascosta nella stiva un’Immagine della Madonna perché fosse sottratta alla persecuzione iconoclasta. Mentre la nave solcava il Tirreno, si levò una tempesta e perciò fu costretta ad interrompere il viaggio ed a rifugiarsi nella baia del Tindari.
Quando si calmò la tempesta, i marinai levarono l’ancora, inalberarono le vele e cominciarono a remare, ma non riuscirono a spostare la nave, come fosse incagliata nel porto. Essi allora pensarono di alleggerire il carico, ma solo quando scaricarono la cassa della Vergine, la nave poté muoversi e riprendere la rotta sul mare.
Sono sconosciuti i luoghi di provenienza e di destinazione dell’Immagine sacra, ma partita la nave che aveva lasciato il carico, i marinai della baia di Tindari tirarono a secco la cassa galleggiante e vi trovarono dentro la preziosa Immagine della Vergine.
Sorse il problema ove collocare quell’Immagine. Si decise di trasportare il Simulacro della Vergine nel luogo più alto, il più bello, al Tindari, dove già da tempo esisteva una fiorente comunità cristiana.
Ma secondo un'altra leggenda un quadro che raffigura Maria Santissima che allatta al seno il bambinello Gesù, arrivò a Cala Buguto, nel mare antistante Monte Cofano per l’appunto, a seguito del naufragio di un veliero. E non basta, pure per la Madonna di Perdifumo in Calabria ci fu un miracoloso trasporto marino.
- Michele Fasolo - Tyndaris e il suo territorio: Introduzione alla carta archeologica del territorio di Tindari - vol. I - Mediageo -
- Claudio Rendina - I Papi. Storia e segreti - Roma - Newton & Compton - 1983 -
La spiaggia, secondo una delle varie leggende, si sarebbe formata miracolosamente in seguito alla caduta di una bimba dalla terrazza del santuario, ritrovata poi sana e salva sulla spiaggia appena creatasi per il ritiro del mare. La madre della bambina, una pellegrina giunta da lontano, in seguito al miracolo, si sarebbe ricreduta sulla vera natura miracolosa della scultura, della quale aveva dubitato a causa dell'incarnato scuro della Vergine.
E' evidente che la leggenda sia stata costruita proprio per la stranezza del colore scuro della statua, dopo che fallì l'altra leggenda per cui la madonna si sarebbe scurita per la luce delle candele. La realtà fu che la madonna doveva rimpiazzare l'immagine nera della Artemide efesina. ovvero Diana efesina, appunto di pelle nera.
Non dimentichiamo che siamo nella zona della Magna Grecia, dove prosperarono i miti della Grande madre e della Artemide di Efeso, appunto nera, qualità della Grande madre primigenia, la Madre piovuta dal cielo, quando si adoravano i meteoriti (scuri per il ferro contenuto) come immagini delle Dea e della relativa luna nera, ovvero il volto nascosto della Natura. Un tempo lì c'era l'acropoli della città e sicuramente un tempio dedicato alla Dea oscura sostituita poi con la Madonna nera.
LA II LEGGENDA
Un'altra leggenda narra della morte, avvenuta proprio su questa spiaggia di Papa Eusebio, il 17 agosto del 310, pochi mesi dopo la sua elezione, avvenuta il 18 aprile, che sarebbe stato esiliato in Sicilia da Massenzio.
Sembra sia Eusebio che Eraclio fossero a capo di fazioni tumultuose, in quanto Eraclio non voleva riammettere nella chiesa i lapsi (coloro che si erano convertiti per salvare la pelle) mentre Eusebio voleva riammetterli facendo però scontare loro la colpa.
Le divergenze dei fanatici sfociarono nella violenza, per cui l'imperatore Massenzio esiliò sia Eusebio che Eraclio e soffocò soffocò con la forza i tumulti per non turbare la pubblica quiete. Eusebio fu deportato in Sicilia il 17 agosto, dove morì poco dopo, nel 21 ottobre dello stesso anno. E' chiaro l'intento di santificare il luogo anche attraverso un santo cristiano.
LA III LEGGENDA
Quando si calmò la tempesta, i marinai levarono l’ancora, inalberarono le vele e cominciarono a remare, ma non riuscirono a spostare la nave, come fosse incagliata nel porto. Essi allora pensarono di alleggerire il carico, ma solo quando scaricarono la cassa della Vergine, la nave poté muoversi e riprendere la rotta sul mare.
Sono sconosciuti i luoghi di provenienza e di destinazione dell’Immagine sacra, ma partita la nave che aveva lasciato il carico, i marinai della baia di Tindari tirarono a secco la cassa galleggiante e vi trovarono dentro la preziosa Immagine della Vergine.
Sorse il problema ove collocare quell’Immagine. Si decise di trasportare il Simulacro della Vergine nel luogo più alto, il più bello, al Tindari, dove già da tempo esisteva una fiorente comunità cristiana.
LA IV LEGGENDA
Sul costone sopra la spiaggia, secondo un'altra si apre inoltre una grotta, che secondo una leggenda era abitata da una maga, che si dedicava ad attrarre i naviganti con il suo canto per poi divorarli.
Sul costone sopra la spiaggia, secondo un'altra si apre inoltre una grotta, che secondo una leggenda era abitata da una maga, che si dedicava ad attrarre i naviganti con il suo canto per poi divorarli.
Quando qualcuno degli adescati rinunciava per la difficoltà di raggiungere l'ingresso dell'antro, la maga sfogava la rabbia affondando le dita nella parete.
Ciò spiegherebbe i piccoli fori che si aprono numerosi nella roccia. E qui si tentarono di sostituire il culto delle belle ninfe che vivevano nelle grotte trasformando queste in maghe sanguinarie.
Ciò spiegherebbe i piccoli fori che si aprono numerosi nella roccia. E qui si tentarono di sostituire il culto delle belle ninfe che vivevano nelle grotte trasformando queste in maghe sanguinarie.
Sulla base della Madonna di Tindari è stata scolpita la frase tratta dal biblico Cantico dei Cantici “Nigra sum sed formosa” (sono bruna, ma bella). Peccato che la frase non è attribuita alla Madonna e nemmeno alla regina di Saba come qualcuno ha voluto interpretare.
Il "Cantico dei Cantici"è la bellissima storia poetica e pure un po' spinta di due amanti, dove lei viene prima amata e poi lasciata dal suo amore che loda il suo seno e il suo "giardino segreto", lei decide di non appoggiarsi più a i suoi fratelli nè a nessun altro e conclude che d'ora in poi coltiverà da sola la sua vigna. Non ha nulla di mistico o religioso.
BIBLIO
- Diodoro Siculo - Libro XIV -
- Filippo Cluverio - Siciliae Antiquae libri duo - 1619 -- Michele Fasolo - Tyndaris e il suo territorio: Introduzione alla carta archeologica del territorio di Tindari - vol. I - Mediageo -
- Claudio Rendina - I Papi. Storia e segreti - Roma - Newton & Compton - 1983 -