CARDEA |
Il 21 giugno si celebrava la festa di Cardeas, in onore di Cardea, Dea della salute, delle soglie e cardini della porta e delle maniglie, associata anche al vento. Proteggeva i bambini dagli spiriti maligni, ed era anche la benefattrice degli artigiani.
Veniva festeggiata al solstizio d'estate considerato cardine dell’anno. Venivano appesi agli alberi e agli usci nastri, rami con le bacche e immagini della Dea.
Si tratta del solstizio d'estate, festeggiato ritualmente in tutta Europa, per segnare la giornata più lunga dell'anno, da lì in poi le giornate si sarebbero accorciate e il sole sarebbe calato sempre prima dietro l'orizzonte. Era l'inizio del tramonto del sole che comportava notti più lunghe con maggiore persistenza della luna.
Quella notte si celebrava il solstizio d'estate, spostato poi artatamente per farlo coincidere con la cattolica festa di San Giovanni del 24 giugno. Dell'antica festa di Cardea restarono i fuochi da accendere nelle campagne, quando nella tiepida notte si univano le coppie che desideravano figli o, in tempi più arcaici, le donne si accoppiavano con chi gli pareva per ottenere figli che sarebbero appartenuti all'intera comunità.
E' nella notte tra il 23 ed il 24 giugno che si preparava e ancora si prepara l’acqua di San Giovanni, che si riteneva, e ancora si ritiene, possieda virtù curative e protettrici. Non aveva a che fare, come alcuni ritengono, con la raccolta della rugiada, un rito che si effettuava i primi di maggio raccogliendo all'alba, con dei teli, la rugiada dall'erba.
L'ACQUA DELLE CARDEAS
La tradizione deriva da quella dell'acqua che si esponeva alla luna piena del solstizio d'estate, cioè la notte precedente al 21 che era il vero e proprio giorno di festa di Cardeas. Si ponevano in un bacile d'acqua erbe e fiori come: iperico, lavanda, artemisia, malva, menta, rosmarino, elicrisio, salvia, finocchio selvatico, papaveri, rose, elleboro, alloro e mirto, a seconda di ciò che si voleva ottenere.
Per dimenticare l'antica festa del solstizio la chiesa l'ha sostituito con la festa di S. Giovanni che poi non è esattamente al solstizio, perchè si celebra il 23-24 giugno. Che c'entra poi S.Giovanni decapitato col solstizio e i fuochi dovrebbero spiegarlo.
Fu un gran santo, tanto che tutte le chiese se ne litigavano le reliquie, perchè producevano un grande afflusso di fedeli con molte offerte alla chiesa: se ne custodisce la mandibola a Roma, il Sacro Mento a Viterbo, oltre a dita, denti e ossa varie, prelevate dal corpo spezzettato e poi sparse in tutto il mondo.
Veniva festeggiata al solstizio d'estate considerato cardine dell’anno. Venivano appesi agli alberi e agli usci nastri, rami con le bacche e immagini della Dea.
Si tratta del solstizio d'estate, festeggiato ritualmente in tutta Europa, per segnare la giornata più lunga dell'anno, da lì in poi le giornate si sarebbero accorciate e il sole sarebbe calato sempre prima dietro l'orizzonte. Era l'inizio del tramonto del sole che comportava notti più lunghe con maggiore persistenza della luna.
Quella notte si celebrava il solstizio d'estate, spostato poi artatamente per farlo coincidere con la cattolica festa di San Giovanni del 24 giugno. Dell'antica festa di Cardea restarono i fuochi da accendere nelle campagne, quando nella tiepida notte si univano le coppie che desideravano figli o, in tempi più arcaici, le donne si accoppiavano con chi gli pareva per ottenere figli che sarebbero appartenuti all'intera comunità.
E' nella notte tra il 23 ed il 24 giugno che si preparava e ancora si prepara l’acqua di San Giovanni, che si riteneva, e ancora si ritiene, possieda virtù curative e protettrici. Non aveva a che fare, come alcuni ritengono, con la raccolta della rugiada, un rito che si effettuava i primi di maggio raccogliendo all'alba, con dei teli, la rugiada dall'erba.
L'ACQUA DELLE CARDEAS
La tradizione deriva da quella dell'acqua che si esponeva alla luna piena del solstizio d'estate, cioè la notte precedente al 21 che era il vero e proprio giorno di festa di Cardeas. Si ponevano in un bacile d'acqua erbe e fiori come: iperico, lavanda, artemisia, malva, menta, rosmarino, elicrisio, salvia, finocchio selvatico, papaveri, rose, elleboro, alloro e mirto, a seconda di ciò che si voleva ottenere.
Al mattino si beveva un bicchiere di quell'acqua e si faceva bere a chi si voleva mormorando formule magiche. Ce n'era per restare incinte e per curare le malattie. Ma il rito più antico prevedeva l'invasamento della Dea per vedere il futuro e magari profetare.
LA FESTA DI SAN GIOVANNI
La Dea Cardea era la Dea delle porte e dei passaggi: delle stagioni ma pure della vita e della morte. I famosi fuochi erano il richiamo per l'accoppiamento, rituale che usano ancora oggi le prostitute. Il medioevo poi ha esaltato i fuochi usandoli per i roghi ove bruciare eretici, atei, ebrei e streghe.
SALOME' |
Per dimenticare l'antica festa del solstizio la chiesa l'ha sostituito con la festa di S. Giovanni che poi non è esattamente al solstizio, perchè si celebra il 23-24 giugno. Che c'entra poi S.Giovanni decapitato col solstizio e i fuochi dovrebbero spiegarlo.
Comunque Giovanni venne giustiziato perchè non si faceva i fatti suoi e denigrava pubblicamente Erode Antipa perchè conviveva con Erodiade, moglie divorziata da suo fratello; ciò non era possibile secondo la legge ebraica perché il matrimonio era stato regolare e fecondo, tanto è vero che era nata una figlia Salomè.
Ma non era Erodiade ad aver divorziato perchè le donne ebree non potevano, bensì suo marito, ma Giovanni amava fare il moralista.
San Giovanni è l'unico santo di cui viene festeggiato, oltre al giorno della morte, quello della nascita, cioè di cui si celebra la nascita secondo la carne e non l’ascesa al cielo, per il semplice fatto che mentre la sua morte avvenne in agosto, la sua nascita avvenne a fine giugno, per cui, anche se non esatta, poteva comunque sostituire la festa del solstizio d'estate.
FESTA DI CARDEA
Dopo aver adornato gli usci, il tempio e gli alberi adiacenti, si formava una processione che portava in trionfo la statua addobbata della Dea, con canti e danze. Seguiva il banchetto rituale all'aria aperta con frizzi e lazzi (spesso osceni) che durava fino a sera. Poi ci si ritirava a casa o nei campi dove splendevano i falò dedicati alla Dea.
Dopo aver adornato gli usci, il tempio e gli alberi adiacenti, si formava una processione che portava in trionfo la statua addobbata della Dea, con canti e danze. Seguiva il banchetto rituale all'aria aperta con frizzi e lazzi (spesso osceni) che durava fino a sera. Poi ci si ritirava a casa o nei campi dove splendevano i falò dedicati alla Dea.
Il giorno dopo si riapriva il tempio per ringraziare la Dea donandole statuine, nastri e rami. Seguiva un giorno di festa con nuovo banchetto e visita al tempio, dove veniva eseguito un sacrificio incruento.
BIBLIO
- Georges Dumézil - Feste romane - Genova - Il Melangolo - 1989 -
- Howard Hayes Scullard - Festivals and ceremonies of the Roman republic - 1981 -
- William Warde Fowler - The Roman Festivals of the Period of the Republic - Londra - 1908 -
- John F. Donahue - "Towards a Typology of Roman Public Feasting" in Roman Dining - A Special Issue of American Journal of Philology - University Press - 2005 -
- R. Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -
- John F. Donahue - "Towards a Typology of Roman Public Feasting" in Roman Dining - A Special Issue of American Journal of Philology - University Press - 2005 -
- R. Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -