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JULIA AUGUSTA TAURINORUM - Torino (Piemonte)

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Si sa che nel III sec. a.c. la pianura piemontese nell'area ove attualmente sorge la città, era già abitata popolo dei Taurini, nati dalla fusione tra Liguri e Galli.

Per l'etimologia di Torino esistono due ipotesi. Una legata al termine celtico taur (o thor) che significa monte. Un'altra legata a una leggenda per cui, nei pressi di un villaggio neolitico, un temibile drago sarebbe stato sconfitto da un toro (taurus) che un contadino avrebbe fatto inebriare con un otre di vino.

La lotta tra i due animali sarebbe stata così sanguinosa che il toro, dopo aver sconfitto il mostro, morì per le ferite, e il popolo, in onore della vittima, decisero di chiamarsi Taurini.

Visto che così a lungo si è tramandata dovrebbe trattarsi del duello di due capi tribù, che un tempo si sfidavano anzichè fare la guerra, (un po' come Orazi e Curiazzi) di cui il vincitore non sarebbe sopravvissuto e come accade, avrebbe ricevuto molti onori e una specie di divinizzazione.


ANNIBALE

Nel 218 a.c. Annibale discese dalle Alpi mentre i Taurini, allora in guerra con gli Insubri, che già alleati di Roma si ribellarono appoggiando Annibale e poi Amilcare nel 200 a.c. Invece i Taurini decisero di rimanere fedeli a Roma e cercarono di sbarrare il passo ad Annibale. Sia Polibio che Appiano lo testimoniano insieme al fatto che Taurasia, posta di vedetta ai punti di attraversamento del Po, resistette ai Cartaginesi per tre giorni e poi soccombettero.




IULIA AUGUSTA TAURINORUM

Prima del 100 a.c. non esisteva ancora una città ma gruppi abitazioni Tauriniche, finchè nel 58 a.c., durante la campagna in Gallia, Giulio Cesare insediò un castrum, alla confluenza del Po e della Dora Riparia.

Nel 44 a.c., poco dopo la morte di Cesare, il triumvirato trasferì nell'area torinese una colonia detta Julia Taurinorum. La definitiva fondazione di Torino avvenne poi per opera di Augusto, che intorno al 28 a.c..  trasferendovi una seconda colonia, il cui impianto è ancora rilevabile nel centro di Torino, con il nome di Julia Augusta Taurinorum. La colonia, inscritta nella tribù Stellatina, ebbe la sua strutturazione definitiva nel I sec. con l'edificazione delle mura.

MUSEO DI TORINO
La Julia Augusta Taurinorum si sviluppò con il caratteristico impianto urbanistico romano, con un perimetro di circa 2.875 metri, e una superficie di 45 ettari, avente la forma di un quadrangolo con un angolo smussato. 

Torino in epoca romana non dovette superare i 5.000-7.000 abitanti. Nel 69 fu parzialmente distrutta da un incendio a seguito dello scontro tra gli eserciti di Otone e di Vitellio.

Nel 240 anche Augusta Taurinorum è minacciata dall'incursione dei Marcomanni. Costantino I, nello scontro che lo contrappose a Massenzio, si scontrò vittoriosamente presso il capoluogo piemontese, nell'area compresa tra Torino e Rivoli. L'evento viene generalmente ricordato come Battaglia di Torino del 312.

Durante il IV e V sec. anche Augusta Taurinorum è interessata all'insediamento di gruppi di barbari spesso costituiti da truppe poste a guardia degli sbocchi dei passi alpini; prima sono i Dalmati Divitensi, insediati da Costantino I, poi i Sarmati, e poi, forse, anche gli Alamanni.

All'inizio del V secolo tutto il Piemonte fu vittima di numerose incursioni barbare, con la scomparsa di quei municipia che non possedevano una cinta muraria; così finiscono Industria, Pollentium, Augusta Bagennorum, Pedona e Libarna.

Le ultime notizie che possediamo su Torino prima della caduta dell'impero romano d'occidente sono il nome di un suo vescovo: Massimo II e la circostanza che ormai la città non è più nota come Julia Augusta Taurinorum, bensì come Taurinos / Taurinis / Taurinus.



CENTURIAZIONE

CESARE
Anche Torino, come ogni città romana, venne fondata attraverso una centuriazione romana, lo schema urbanistico geometrico di una pianta di una città o di un territorio agricolo, che veniva tracciato, con l'aiuto di una riga e una squadra, in ogni nuova colonia dove i Romani si stabilivano.

Lo schema più usuale fu quello dell’ager centuriatus. L’agrimensore, dopo aver scelto il centro della città (umbilicus) tracciava da questo due assi stradali perpendicolari tra loro: il primo in direzione est-ovest, chiamato decumano massimo, il secondo di direzione nord-sud, detto cardo massimo.

Queste due strade venivano prolungate per tutto il territorio agricolo passando per le quattro porte delle mura della città.
L'agrimensore si poneva nell’umbilicus con lo sguardo a ovest e definiva il territorio: col nome ultra ciò che vedeva davanti, citra quanto aveva alle spalle, dextra quello che vedeva alla sua destra e sinistra quello che vedeva alla sua sinistra.
Poi si tracciavano da una parte e dall'altra degli assi iniziali i cardini e i decumani secondari (limites quintarii). Erano assi stradali posti paralleli ad intervalli di 100 actus (circa 3,5 km). Il territorio risultava così suddiviso in superfici quadrate chiamate saltus.
La rete stradale veniva ulteriormente infittita con altre strade parallele ai cardini già tracciati ad una distanza tra loro di 20 actus(710,40 m). Le superfici quadrate risultanti da questa ulteriore divisione erano le centurie.



LE MURA

La cinta muraria superava i cinque m di altezza e i due m di spessore con quattro porte: Decumana, Prætoria, Principalis Dextera e Principalis Sinistra; la cinta era rafforzata da cinque torri angolari ottagonali e torrette di guardia su ciascun lato, in corrispondenza dello sbocco delle vie cittadine e un certo numero di posterle o posterule posizionate in corrispondenza di ciascuna torretta. L'interno delle mura presentava l' intervallum, o camminamento per le ronde. 

La strada principale era il decumanus maximus che collegava Porta Prætoria con Porta Decumana lungo l'attuale via Garibaldi; incrociata dal cardo maximus che collegava le porte Principalis Dextera e Principalis Sinistra, lungo l'attuale tracciato di via San Tommaso e via Porta Palatina. L'incrocio tra le due strade e stradine derivate dettero luogo a 72 insule, edificate a un solo piano, eccezionalmente a due, che costituirono il centro della città.

Tranne che per il teatro, le cui fondazioni sono state rinvenute all'inizio del XX sec. nei pressi della Porta Principalis Dextera, i resti più importanti della Torino romana consistono nella porta stessa (ora Porta Palatina) affiancata da tratti di mura e dalle fondamenta delle sue strutture interne; nella Porta Decumana inglobata nel castello di piazza Castello (torri verso Palazzo Madama); nelle fondamenta di una torre angolare in via della Consolata ed in un tratto di muro visibile nelle sale sotterranee del Museo Egizio.

Attraverso la Porta Palatina entrava in città chi arrivava dalla Pianura Padana. In epoca romana era la Porta Principalis Sinistra. Le vie romane erano lastricate e dotate di marciapiedi rialzati, ed avevano una larghezza di 4/5 metri, al massimo 8 metri (secondo il Ruffa). L’interasse della griglia viaria era di circa 75 m ed era contrassegnato, sulla cinta muraria, da una serie di torri.

Alcuni ulteriori resti delle mura sono inoltre stati rinvenuti nel sottosuolo durante la realizzazione del parcheggio sotterraneo di Via Roma, che da Piazza Carlo Felice va fino in Piazza Castello. Questi resti sotterranei sono visibili in alcuni sbocchi pedonali del parcheggio.

Il recinto delle mura separava il tessuto urbano dai rioni suburbani, ma questo non divideva in due categorie i cittadini anche perché molti avevano proprietà sia all’esterno delle mura che all’interno. Dell’impianto viario originario, in gran parte coincidente ancora oggi con la griglia del nucleo storico centrale, esistono varie ricostruzioni storiche; tra le più note citiamo quella ottocentesca di Carlo Promis e quella di Alfredo d’Andrade del primo '900.

PORTA PALATINA


PORTA PALATINA

La Porta Palatina (nota anche al plurale, come Porte Palatine  o Tor Romane, cioè Torre romana), era la Porta Principalis Dextera che consentiva l'accesso da nord alla Julia Augusta Taurinorum. Straordinariamente ben conservata rappresenta la principale testimonianza archeologica dell'epoca romana della città, nonché una delle porte urbiche del I secolo a.c. meglio conservate al mondo.Insieme all'antico teatro, posto a poca distanza, è compresa nell'area del Parco Archeologico torinese.

Già Porta Doranea, con allusione al borgo Dora, il suo nome attuale è sicuramente successivo all'epoca romana e deriva dal latino Porta Palatii. Questo nome deriverebbe o alla sua prossimità col Palatium, l'edificio che fu sede imperiale dei sovrani Longobardi, oppure dalla probabile presenza di un anfiteatro che sorgeva presso il Borgo Dora e che sarebbe stato interamente demolito.

COME DOVEVA APPARIRE LA PORTA PALATINA
Anche se finora non si sono trovate tracce dell'anfiteatro, le sue citazioni e la sua memoria seppure leggendaria fanno intedere che l'anfiteatro sia davvero esistito. Del resto poco si è fatto finora per ritrovarlo, e le leggende archeologiche si sa che nascondono quasi sempre una realtà..

Trattavasi di una porta ad cavædium, cioè una struttura a doppia porta con statio, un cortile quadrangolare sul lato interno, di cui permangono alcuni resti davanti ai varchi. Alte più di trenta m, le due torri angolari hanno la base quadrata e il corpo sfaccettato a sedici lati.
Solo la torre destra e l'interturrio centrale risalgono però all'epoca romana. Il prospetto dell'interturrio è lungo circa venti m con finestre ad arco nel primo ordine e finestre con piattabanda piana nel registro superiore.
In basso si aprono i due fornici carrai e due più piccoli varchi pedonali posti ai lati; le scalanature lungo le pareti interne dei varchi rivelano un sistema di saracinesche, o grate, manovrate dal piano superiore. Accanto alla porta si nota parte del basolato di epoca romana, caratterizzate dai solchi del carri.

La coppia di statue bronzee raffiguranti Cesare Augusto e Giulio Cesare non sono originali ma copie risalenti all'intervento di restauro del 1934. Esse, tuttavia, sono oggetto di contestazione, in quanto poste erroneamente nell'area interna occupata dalla statio e non esternamente dove si presuppone sarebbero state collocate.



IL TEATRO

Il Teatro romano sta nell'area del Parco Archeologico di via XX Settembre. Risalente al 13 a.c., fu attivo fino al III secolo e rappresenta l'unica infrastruttura della città romana ad aver lasciato molte testimonianze delle tre fasi costruttive successive. Dopo secoli di decadimento è stato riportato alla luce nel 1899, su volere di re Umberto I.

Il teatro sorgeva nel quadrante nord-orientale della città, nel quartiere patrizio non lontano dal forum. Venne edificato su un declivio per sfruttarne la pendenza e a ridosso delle mura che racchiudevano il centro abitato. Dagli scavi si può infatti notare l'intervallum, il camminamento ricavato tra il perimetro delle mura e gli edifici in prossimità di esse.

Fu poi in seguito rimaneggiato e ampliato. Rappresenta uno degli esempi di teatro più piccoli nel suo genere e strutturalmente simile al teatro romano di Augusta Raurica, attuale Basilea.

Inoltre, la vicinanza con la Porta Principalis Dextera potrebbe suggerire che fosse abitualmente frequentato anche dagli abitanti delle campagne vicine.

Probabilmente il teatro non era l'unica struttura di intrattenimento della piccola Julia Augusta Taurinorum, poiché vi era anche un anfiteatro che, secondo alcune ipotesi, era fuori della Porta Principalis Dextera, presso l'attuale via Borgo Dora, oppure fuori della Porta Principalis Sinistra, in prossimità dell'attuale piazza San Carlo.


Il I Teatro

Il teatro fu quasi sicuramente una delle prime costruzioni romane realizzate intorno al 13 a.c., a seguito della conquista dei territori da parte delle truppe romane dell'imperatore Augusto, per elevare allo status di città il modesto villaggio rinominato Julia Augusta Taurinorum.

La sua edificazione fu probabilmente finanziata con il contributo di Marcus Julius Cottius (Cozio), nemico ma in seguito alleato e præfectus civitatis dell'imperatore Augusto.

L'edificio più antico era originariamente costituito da una cavea semicircolare e da una parete con tre portali che costituiva la scena; essa era infine affiancata da due annessi laterali (parascænia).

L'intero edificio era quindi circondato da un recinto ligneo che si raccordava ad un portico rettangolare post scænam. Per ovviare al clima piovoso della zona la cavea era probabilmente coperta da una seconda sovrastruttura lignea.

Dopo circa mezzo secolo il teatro venne restaurato e ampliato per l'aumento della popolazione. Le strutture mobili in legno, di cui non c'è traccia, furono sostituite da elementi in muratura e fu ricostruita anche la scena con dispositivi per la scenografia. Lo spazio retrostante la  scena fu ampliato fino alla  cinta muraria, edificando un portico quadrangolare che inglobò quello precedente. Questo primo ampliamento si potrebbe attribuire a Cozio II o a suo figlio Donno, rispettivamente figlio e nipote del prefetto Marcus Julius Cottius.

In Età Flavia tra il 70 e il 90 d.c., il teatro fu completamente ristrutturato. Per aumentarne la capienza la cavea fu ingrandita con un ordine di scalinate esterno e fu realizzata una nuova facciata curvilinea in sostituzione della precedente. Ad essere ampliato fu anche il portico dietro la scena che venne dotato di un peristilium con un nuovo colonnato in pietra che ospitava locali di servizio e camerini per gli attori.

Potè così accogliere fino a tremila persone e probabilmente ospitò delle naumachìe, visti i canali di scolo rinvenuti nelle vicinanze e sotto il tracciato dell'attuale via Roma.

Il teatro fu utilizzato per più di due secoli fino al cristianesimo che vietò le rappresentazioni teatrali.

Al termine del IV secolo l'edificio divenne cava di materiali per la costruzione della prima cattedrale, la basilica di Cristo Salvatore.
Quasi irriconoscibile e in gran parte spogliato dei marmi più pregiati, i resti vennero completamente distrutti dal primo assedio francese del Cinquecento.



ANFITEATRO

http://www.lastampa.it/2013/02/17/cronaca/quando-a-torino-c-erano-i-gladiatori-e6MUztiBFFiC8fqNH7Y7UJ/pagina.html

"Dove oggi gli ufficiali dell’esercito si laureano in scienze strategiche, duemila anni fa combattevano i gladiatori di Augusta Taurinorum. Versavano sangue e inseguivano effimere glorie in un’anfiteatro ellittico, che sorgeva nell’area prossima all’Arsenale di Torino, odierna sede della Scuola di Applicazione d’Arma. Qui lo colloca, dopo attente ricerche, ma anche con somme cautele, il maestoso plastico della «Torino Romana», realizzato dall’architetto Gianfranco Gritella.

Fuori mura si notano i sobborghi. In riva al Po, fra magazzini, lavorano attività commerciali e produttive. A fianco delle strade che escono dalla città, a debita distanza dalla mura, si allineano necropoli. Una delle più importanti è fra Stura e Dora. Nella zona di Porta Marmorea un secolo fa vennero alla luce resti di un sepolcro monumentale, di un personaggio importante. Ma è la mole ellittica dell’Anfiteatro la prima che incontra il viandante che giunge da Mezzogiorno. Per ricostruirla con il sobborgo, che probabilmente la cinse, i ricercatori hanno lavorato con le immagini di altri anfiteatri simili. Perché di questa presenza ben poco si conosce. L’unico indizio archeologico è un grande collettore fognario fra le odierne vie Roma, Arcivescovado e Venti Settembre, in grado di soddisfare lo scarico di acque di un edificio pubblico monumentale."

L’occupazione francese durò circa venticinque anni, fino al 1562, e Torino dovette assistere alla distruzione delle fortificazioni della città, della chiesa di San Cristoforo degli Umiliati sede degli Agostiniani, e alla distruzione totale dell’anfiteatro romano. Il nuovo governatore francese di Torino, Martino Du Bellay, ordinò di cancellare del tutto le insegne sabaude, modificare le istituzioni, sostituirle con il modello francese.

Nel 2006, in occasione di XX Giochi Olimpici Invernali, l'area è stata completamente ridisegnata. Il progetto è stato commissionato dalla Città di Torino e realizzato dagli architetti Aimaro Isola, Giovanni Durbiano e Luca Reinero. Il nuovo Parco Archeologico intende in primo luogo riportare la Porta Palatina alla sua funzione primaria, consentendo al visitatore un "ingresso ideale" nella zona della città più antica e ricca di storia.

L'intera area corrispondente a piazza Cesare Augusto è divenuta così un ampio giardino, delimitato da opere murarie e filari di alberi. Nella parte antistante corso Regina Margherita è stato realizzato un bastione simile a quello che Napoleone fece demolire nel 1800, destinato ad ospitare nottetempo i carretti del vicino mercato di Porta Palazzo. Alcuni contestano la realizzazione di tale opera, denunciando una scarsa coerenza stilistica delle strutture murarie realizzate con le vestigia romane presenti.
Tuttavia, si può ritenere che l'opera debba essere considerata come un richiamo alla storia della città  nella sua interezza, comprendendo quindi anche opere e stili successivi all'epoca romana.


Gli scavi

I resti attuali furono riportati alla luce soltanto tra il 1899 e il 1906, per la costruzione della nuova ala di Palazzo Reale, commissionata da re Umberto I.
L'architetto e studioso Alfredo D'Andrade si oppose fermamente alla demolizione dei resti, facendo modificare l'ampliamento della manica di Palazzo Reale, consentendone il restauro e la conservazione dei resti.

I lavori di risistemazione terminarono nel 1911 e i resti del teatro sono attualmente visibili sia nella parte esterna accanto al vicino Duomo di San Giovanni, che nella parte sotterranea del palazzo adiacente, sede del Museo di Antichità.



IL FORO

Il Forum, a ridosso dei due assi viari principali, giaceva nell'area attualmente occupata da piazza Palazzo di Città, piazza Corpus Domini e relativi caseggiati circostanti, come si è rilevato negli scavi degli anni Novanta con tracce di una pavimentazione differente rispetto al normale basolato delle vie adiacenti.



EDIFICIO PUBBLICO DI VIA GARIBALDI 18 

Tracce di un edificio pubblico di età romana sono venute alla luce tra il '993 e il '995 durante i lavori di scavi preventivi per autorimesse interrate nei cortili interni all'isolato.

All’interno di un isolato che si affacciava a sud sul decumano massimo (via Garibaldi) sono emersi i resti delle poderose fondazioni di un edificio monumentale del I sec. d.c.. Si tratta di un vano di ampie dimensioni all’interno del quale sono stati rinvenuti circa 300 frammenti di decorazioni e di lastrine di rivestimenti in marmo per pareti e pavimenti.
Probabile che l’edificio sorgesse in un’area aperta che confinava con un terreno di proprietà privata. Il limite di separazione tra spazio pubblico e privato era posto circa a metà dell’isolato. Lo scavo è stato effettuato in un cortile destinato alla costruzione di autorimesse interrate solo parzialmente realizzate per risparmiare i resti dell’edificio.


DOMUS di via BELLEZIA 16

Le strutture di una parte di domus romana, del I sec. d.c. con un ambiente pavimentato a mosaico, sono visibili in una piccola area archeologica riportata alla luce nel 2008 e da poco allestita nel cortile del palazzo. L'edificio fu abbandonato nel IV Sec. 

ISCRIZIONE FUNEBRE


ISCRIZIONE FUNEBRE

Frammento inferiore di iscrizione funebre romana, II secolo d.c., rinvenuto durante gli scavi della Galleria di Carlo Emanuele in P.zza Castello (1999-2000). 

Interessante la morta rappresentata addormentata su un letto piuttosto ricco con materasso e coperte, nonchè legno lavorato. 
Accanto al letto dove la donna giace a pancia sotto. si intravede un mobile stipo che dovrebbe appartenere a una cameretta da letto. Dall'altro lato un mobile più piccolo ma cancellato.


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