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CULTO DI FULGORA

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DEA ETRUSCA CHE LANCIA FULMINI

Fulgora è la Dea romana del fulmine, ben descritta dal suo nome latino che significa:
- fulmine - ad fulgura coniveo = ai fulmini chiudo gli occhi; - lampeggiante - ad omne fulgura palleo = ad ogni lampo impallidisco;
- folgorante - Feriunt summos fulgura montes = i fulmini colpiscono chi sta in alto.

Nella mitologia greca Astrape e Bronte sono le dee gemelle del fulmine e del tuono, aiutanti di Zeus, erano i suoi portatori di scudi, dato il compito di portare i suoi fulmini insieme a Pegaso. La controparte romana di Astrape è la Dea Fulgora.



AGOSTINO DI IPPONA

La mancanza di menzione di Fulgora, o di testimonianze di templi o rituali a Lei dedicati ha sempre stupito gli studiosi, visto l'interesse dei romani per il fenomeno dei fulmini, sia come pericolo che come presagio.

L'unica menzione di Fulgora nei testi classici l'abbiamo nella "Città di Dio" di sant'Agostino, dove cita il retore romano Seneca che a sua volta cita l'antica Dea, in un'opera presumibilmente perduta. Ma diverse divinità avevano la possibilità e la capacità di lanciare fulmini, tra cui anche la regina degli Dei, Giunone.

Agostino, del IV e V secolo, era un berbero dell'Algeria che dopo aver convissuto per quindici anni con una concubina da cui ebbe un figlio a soli 18 anni, infine ripudiò la donna e divenne vescovo di Ippona Regius in Algeria e scrisse il libro "La città di Dio" contro i pagani romani. Il libro è una difesa contro l'accusa, allora in voga, che la caduta dell'Impero Romano fosse dovuta all'ascesa della Chiesa.

Agostino deride gli antichi Dei paragonandoli sfavorevolmente al suo unico Dio, però nella puntualizzazione degli antichi Dei è molto preciso e da lui abbiamo conosciuto l'esistenza di divinità romane che altrimenti sarebbero rimaste sconosciute.

SACRIFICIO

GLI AURUSPICI

L'interesse per i fulmini i Romani l'avevano adottato dagli Etruschi, che avevano interi libri dedicati alla pratica dell'aruspicina, o divinazione della volontà degli Dei, che si dice sia stata inventata da Tarkhies (latino Tages), il Dio etrusco della saggezza che nacque dalla terra.

Gli aruspici predicevano il futuro. e soprattutto gli eventi fausti e infausti sia dalla forma delle interiora di pecora (soprattutto il fegato), sia attraverso i fulmini, infatti i libri etruschi riguardanti l'arte erano chiamati "Libri fulgurales", cioè "libri sui presagi dei fulmini".

Nel sistema etrusco il cielo era diviso in quattro parti, con quattro suddivisioni minori; il fulmine visto nella parte orientale del cielo era considerato fortunato o favorevole, mentre quello dal quadrante nord-ovest era ritenuto particolarmente terribile e sfortunato.

I Romani, preoccupati di assicurarsi che lo stato si comportasse secondo il volere degli Dei, per lungo tempo si rivolsero per le divinazioni e responsi agli auguri, un collegio di sacerdoti leggevano vari segni, tra cui i fulmini.



IL FULMINE

Come auspicio, il fulmine era considerato un "auspicia oblativa", un auspicio non richiesto ufficialmente attraverso il rituale, visto che non poteva essere provocato. Fulmine e tuono erano di una classe di presagi chiamata "ex caelo" = "dal cielo", ed erano il tipo più importante; e se un augure riportava ufficialmente un evento di tuoni o fulmini a ciel sereno, data la gravità del fatto, i comizi (assemblee pubbliche) non dovevano essere tenuti.Il fulmine era di diversi tipi, che influenzavano l'interpretazione del segno: c'erano tipi "punitivi", "inquietanti", "decisi" o "vanitosi". 

Il primo era il fulmine “ammonitore” che la Dea lanciava di sua spontanea volontà e veniva interpretato come avvertimento; il secondo era il fulmine che “atterrisce” ed era considerato manifestazione d'ira; il terzo era il fulmine “devastatore”, motivo di annientamento e di trasformazione.



PLINIO IL VECCHIO

Plinio il Vecchio, del I secolo d.c. scrive nella sua Storia Naturale che secondo gli Etruschi ci sono nove Dei che hanno la capacità di inviare fulmini, ma undici tipi di fulmini, poiché Giove da solo ne lancia tre tipi. Ma dice anche che i romani riconoscono solo due Dei che hanno inviato i fulmini: Giove durante il giorno e Summanus o Plutone di notte.

Plinio dice anche che solo il fulmine che arriva senza tuono o rumore è propriamente un segno degli Dei. Quindi fa la sorprendente affermazione che i fulmini potrebbero essere evocati dal cielo dagli umani, se fossero osservati i rituali appropriati; e che conosceva boschetti e altari riservati a tale scopo.

Oltre all'antica Fulgora erano almeno sette gli Dei che si pensava lanciassero fulmini: Giove, Giunone, Mulcibar/Vulcano, Minerva, Marte, Saturno e Summanus/Plutone che Plinio considera come lo stesso Dio.


BIDENTALE

BIDENTALE
Un luogo che era stato colpito da un fulmine era chiamato bidentale ed era considerato sacro a Giove. Era delimitato e veniva separato, per non essere calpestato e nemmeno guardato, e tradizionalmente veniva sacrificata una pecora di due anni.

A un bidentale veniva spesso assegnato un altare e una struttura chiamata "puteal", o "vera di pozzo", usata per coprire il punto. Il nome non è chiaro, forse deriva da bidens "due denti" e può riferirsi sia alla giovane pecora sacrificata, sia all'aspetto biforcuto del fulmine.

La pratica di seppellire asce di pietra che si pensa rappresentino i fulmini nei siti romani è stata presa come un tentativo di prevenire i fulmini. Si dice che a Fulgora fosse dedicata tale pratica, o fosse invocata nei sacrifici a una bidentale, ma non ve ne è certezza.


BIBLIO

- Agostino d'Ippona - La città di Dio - trad. e cura - Torino - Einaudi - 1992 -
- Vittorio Spinazzola - Gli Augures - Forlì - 2011 -
- Jacqueline Champeaux - La religione dei romani - A cura di N. Salomon - Editore Il Mulino - Traduzione G. Zattoni Nesi - 2002 -
- John A. - Religione romana - Oxford - Oxford University Press per il Classical Association - 2000

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