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SAN SEBASTIANO FUORI LE MURA

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LA FACCIATA

SAN SEBATIANO

Cristiano di famiglia cristiana, si recò a Roma sotto Diocleziano, entrando nella milizia nonostante il suo credo. Anzi fece ottima carriera si da diventare pretoriano, cioè della guardia personale dell'imperatore. Si dice che sostenne i cristiani incarcerati, provvide alla sepoltura dei martiri e diffuse il cristianesimo tra i funzionari e i militari.

Un giorno due giovani cristiani, Marco e Marcelliano, furono arrestati e il padre tentò di convincerli a sottrarsi alla condanna sacrificando agli Dei ma Sebastiano li convinse a morire per la fede. D'un tratto gli si irradiò il volto di luce e una muta di nome Zoe tornò a parlare. Molti si convertirono e Marco e Marcelliano finirono trafitti da lance, il loro padre Tranquillino venne lapidato, e Zoe la miracolata venne sospesa per i capelli a un albero e arsa viva.

Sebastiano poi fu legato ad un palo sul Palatino, denudato, e trafitto da frecce infinite, si che creduto morto lo abbandonarono affinché lo divorassero le bestie selvatiche; ma santa Irene di Roma, nel recuperarne il corpo per dargli sepoltura, si accorse che era vivo, per cui lo portò a casa e lo curò. Sebastiano, prodigiosamente sanato, nonostante gli amici gli consigliassero di abbandonare la città, decise di proclamare la sua fede all'imperatore. 

Il santo raggiunse Diocleziano e lo rimproverò delle persecuzioni contro i cristiani. Sorpreso fosse ancora vivo, Diocleziano ordinò di flagellarlo a morte, e gettarne il corpo nella Cloaca Maxima. Nella sua corsa verso il Tevere il corpo si impigliò presso la chiesa di San Giorgio al Velabro, dove fu raccolto dalla matrona Lucina che lo trasportò sino alle catacombe sulla via Appia e lo seppellì.

Gabriele D’annunzio nel 1910 descrive l’omosessualità di San Sebastiano col suo poema "Marthyre de Saint Sèbastien", che narra la storia del bellissimo Sebastiano favorito dell’imperatore che si conclude con gli arcieri che, mentre uccidono Sebastiano, gli gridano il loro amore per la sua bellezza.

L'INTERNO

LA BASILICA

La basilica di San Sebastiano fuori le mura è una chiesa del quartiere Ardeatino, al III miglio della Via Appia Antica, al numero 136, che sorge sul luogo dove, secondo la tradizione, furono temporaneamente custoditi, in tempo di persecuzioni, i corpi degli apostoli Pietro e Paolo. 

La chiesa ha fatto parte delle sette chiese visitate dai pellegrini durante il Giubileo, fino a quello del 2000, quando venne sostituita dal Santuario della Madonna del Divino Amore. Da questo luogo, citato nelle fonti antiche come ad catacumbas (forse per la presenza di avvallamenti o fosse, kymbas in greco), deriverebbe il termine "catacomba". 

Nota come basilica apostolorum, era visitata dai pellegrini soprattutto perchè veniva garantita l'"indulgenza plenaria" a chi avesse fatto visita alle sette chiese previste con relative preghiere e rituali, vale a dire la remissione totale dei peccati, e quindi la cancellazione della pena temporale, e cioè le fiamme del Purgatorio, dovuta per i peccati già confessati e perdonati sacramentalmente, cioè in confessionale.
 
Le reliquie vennero in seguito ricollocate nelle loro sedi originarie (in Vaticano e sulla via Ostiense), sopra le catacombe dove l'imperatore Costantino fece costruire, nella prima metà del IV secolo, una grande basilica, che inizialmente fu dedicata alla "memoria apostolorum", e che in seguito venne intitolata a "San Sebastiano Ad Catacumbas" per la presenza delle catacombe dove a fine III secolo furono deposte le spoglie del martire romano.

L’ipogeo di San Sebastiano fu il primo ad essere chiamato alla greca “kata kymbas” o alla latina “ad catacumbas”, poichè spesso la pozzolana veniva scavata nelle gallerie ipogee, che in seguito vennero utilizzate per le sepolture a loculo, prima pagane e poi cristiane, per cui il termine “catacomba” venne usato per indicare i cimiteri sotterranei.

La chiesa venne costruita a navata centrale racchiusa da un deambulatorio, con ricche decorazioni e pavimento completamente lastricato di tombe ed aveva il titolo dei Santi Pietro e Paolo, sul luogo dove erano state trasferite nel 258 le reliquie dei due apostoli per salvarle dalle distruzioni. 

Fu chiamata fuori le mura perchè si trova al di fuori delle Mura aureliane onde distinguerla dalla chiesa di San Sebastiano al Palatino. I resti di san Sebastiano furono poi trasferiti nella basilica di San Pietro nell'826, per timore di un assalto dei Saraceni, che in effetti distrussero la chiesa, e che venne riedificata da papa Nicola I (858-867) mentre l'altare di san Sebastiano fu riconsacrato da papa Onorio III Savelli (1216-1227) su richiesta dei cistercensi, a cui venne affidata la chiesa.

IMPRONTA DI PIEDI SU MARMO

ESTERNO

La facciata dell'edificio è dovuta a Giovanni Vasanzio e fu terminata nel 1613; essa è costituita da un portico a tre archi nella parte inferiore, a cui corrispondono da tre grandi finestre separata da paraste, cioè pilastri inseriti in parete da cui sporgono appena, nella parte superiore. Gli archi inferiori sono invece sorretti da colonne ioniche di granito provenienti dalla basilica costantiniana.



INTERNO

La basilica, a navata unica, ha oggi l’aspetto della ristrutturazione voluta dal cardinale Scipione Borghese, nipote di papa Paolo V (1605-1621). Iniziati nel 1608, i lavori furono affidati a Flaminio Ponzio e proseguiti da Giovanni Vesanzio, autore della facciata terminata nel 1613, e la cripta di San Sebastiano ebbe il progetto di Flaminio Ponzo.

Nella Cappella delle reliquie (1625) si conservano le impronte ritenute dei piedi di Cristo reperite nella chiesa del "Domine quo vadis?", o semplicemente "Quo vadis?" dove attualmente si conserverebbe solo il calco dell'originale scavato nel marmo.

Si tratta, in realtà, di un ex voto pagano per il Dio Redicolo, offerte da un viaggiatore prima di partire per garantirsi il buon esito di un viaggio (o al ritorno, in ringraziamento). Un esempio di analogo ex voto è visibile ai Musei capitolini. 

Ma secondo altri la chiesa sorgerebbe su un piccolo santuario di Apollo a cui era dedicato l'ex voto. In ogni caso è evidente trattarsi di una forma scolpita in modo molto essenziale e non naturalistico, pertanto un ex-voto.

BUSTO DEL SALVATORE

BUSTO DEL SALVATORE

Sul lato destro si trova in una nicchia il celebre Salvator Mundi (Busto del Salvatore), ultimo capolavoro di Gian Lorenzo Bernini riscoperto nel 2001 nel convento adiacente alla chiesa. Altre reliquie relative al santo sono una delle frecce che colpirono San Sebastiano nel suo martirio ma senza ucciderlo, e la colonna del martirio di quest’ultimo.

Il busto del Salvatore (Salvator Mundi) è l'ultima scultura di mano dello scultore barocco Gian Lorenzo Bernini, eseguita nel 1679, quando l'artista aveva ormai ottant'anni, e da lui lasciata in testamento all'amica e committente la regina Cristina di Svezia (Stoccolma 1626 – Roma 1689), regina di Svezia dal 1632, ma con pieni poteri solo dal 1642, fino all'abdicazione e conversione al cattolicesimo avvenuta nel 1654.

Considerato perduto, il prezioso busto fu "riscoperto" nel 2001 da Francesco Petrucci, grande studioso vivente dell'opera del grande maestro, la cui attribuzione è stata largamente condivisa dalla quasi totalità degli storici dell'arte, conservato appunto nella basilica di San Sebastiano.

Nella Cappella di San Sebastiano, progettata da Ciro Ferri nel 1672, si segnala, sotto l’altare, la statua giacente di San Sebastiano, capolavoro di Antonio Giorgetti (1671-1672) su disegno di Gian Lorenzo Bernini (che tanto ricorda la morte di s. Anna sempre del Bernini). La Cappella Albani, o Sacello del Ss. Sacramento è invece più tarda (1706-1712) e in stile barocco, a pianta quadrata con abside e cupola, decorata da Pier Leone Ghezzi e Giuseppe Passeri.

SAN SEBASTIANO DI GIORGETTI SU DISEGNO DEL BERNINI

IL SOFFITTO

In alto si può ammirare il soffitto ligneo intagliato in cui sono raffigurati il santo titolare del Vasanzio e gli stemmi del cardinale Scipione Borghese e di papa Gregorio XVI Cappellari (1831-1846), che nel XIX secolo promosse il nuovo restauro della chiesa. 

Da una scala situata a destra della chiesa si può scendere al vasto complesso delle catacombe di San Sebastiano.

LA BASILICA COSTANTINIANA

BASILICA COSTANTINIANA

La primitiva basilica costantiniana aveva un modello circiforme, ovvero una pianta a circo con a navate, preceduta da un grande atrio quadrangolare, e molte parti di questa basilica, già sottratte ad edifici più antichi, furono utilizzate per la ricostruzione del XVII secolo e di cui il nuovo edificio occupò l'antica navata centrale.

La basilica più antica, di mt 73,40 x 27,50, aveva al centro del lato esterno meridionale un mausoleo a pianta quadrata, con il fronte a trifora verso la chiesa. Il mausoleo fu poi distrutto e sulla stessa area vennero costruiti degli edifici funerari privati, le cosiddette “cappelle di famiglia”.

Nel 1933 furono ricostruite le navate utilizzando il deambulatorio che correva attorno alla basilica del IV secolo: nella navata di destra sono raccolti manufatti provenienti dalle catacombe sottostanti, vale a dire statue, cornici, marmi e decori, ed è posta l'entrata al cimitero ipogeo; nella navata di sinistra vi sono una delle uscite della catacomba ed un museo epigrafico tratto dalla stessa.


BIBLIO

- P. Coen - Le sette chiese. Le basiliche giubilari romane - Newton Compton - Rome - 1994 -
- C. Rendina - Le Chiese di Roma - Newton & Compton Editori - Roma - 2000 -
- Mariano Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV al XIX - Notizie storiche e topografiche delle chiese suburbane di Roma, via Appia - Roma - 1891 -
- Francesco Petrucci - Il ritrovato busto del Salvatore di Gian Lorenzo Bernini - Estratto dal fasc. 124 -
- Catacombe San Sebastiano - su catacombe.org. - 
- Christian Hülsen - Le chiese di Roma nel Medio Evo - Firenze - 1927 -
- Luciano Zeppegno - Roberto Mattonelli - Le chiese di Roma - Newton Compton - Roma - 1996 -


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