Nella Campagna di scavo 1994, all'esterno del perimetro degli ambienti del "torcularium", un impianto per la pigiatura dell’uva, è stata rinvenuta una olpe di ceramica a vernice nera. L'olpe era una brocca, con corpo allungato e imboccatura rotonda, diffusa nella ceramica corinzia e attica, con profilo continuo e con ansa unica e alta che si estende al di sopra dell'imboccatura e veniva usata per versare il vino.
Attraverso vari studi si è riusciti a riconoscere in questo insediamento una grande villa rustica
che ha avuto un'intensa attività agricola che va dal IV sec. a.c. al VII d.c. Del suo impianto è stato rimesso in luce un settore della parte rustica comprendente alcuni ambienti relativi al torcularium, ai magazzini e ai depositi. La produzione del vino è attestata dalla presenza di anfore vinarie datate alla prima età imperiale.
- Giovanni Andrea Tria - Memorie Storiche Civili di Larino, e de' Popoli Frentani prima, e a tempo della Repubblica Romana - IV - Roma - 1713 -
- Giovanni Andrea Tria - Memorie storiche, civili ed ecclesiastiche della città e diocesi di Larino - Roma - 1744 -
Dentro questa olpe è stato rinvenuto un tesoretto monetale contenente 163 monete d'argento, tutte in ottimo stato di conservazione con datazione risalente al III secolo a.c.. La provenienza delle monete è essenzialmente magno-greca con forte preponderanza dalla Campania, soprattutto a Napoli con 77 monete,
A Brunium appartengono 2 monete della zecca di Locri e infine alla Calabria greca appartengono le 26 emissioni tarantine cui seguono 12 monete di Cales e 12 monete di Suessa, ma pure 8 monete romano-campane, 6 monete di Teanum e 2 di Hydria. L'occultamento del tesoretto dovrebbe risalire alla metà del III sec. a.c. come testimoniano le monete più tarde della serie di Taranto (281-228 a.c.) e il gruppo più recente della zecca di Napoli (270 -241 a.c.).
Il ritrovamento del tesoretto di S. Martino non fu casuale ma emerse durante una regolare campagna di scavi, condotta dalla Soprintendenza del Molise nella villa rustica romana di Contrada Mattonelle nell'autunno del 1994. Questo insediamento ubicato nell'area di pertinenza dell'antico municipio di Larino verso est in direzione del mare e distante meno di una decina di km dall'attuale centro urbano.
S. MARTINO IN PENSILIS |
L'ISCRIZIONE
L'esplorazione archeologica iniziata oltre dieci anni faceva seguito alla scoperta di una iscrizione funeraria rinvenuta durante i lavori agricoli. La stele in calcare con frontoncino reca un testo in distici elegiaci in cui si esprime il dolore del padrone Orestinus per non essere riuscito a concedere la libertå promessa al Suo schiavo Imno, morto prematuramente a soli 16 anni.
Attraverso vari studi si è riusciti a riconoscere in questo insediamento una grande villa rustica
che ha avuto un'intensa attività agricola che va dal IV sec. a.c. al VII d.c. Del suo impianto è stato rimesso in luce un settore della parte rustica comprendente alcuni ambienti relativi al torcularium, ai magazzini e ai depositi. La produzione del vino è attestata dalla presenza di anfore vinarie datate alla prima età imperiale.
GLI SCAVI
La campagna di scavo del 1994 si incentrata essenzialmente nel settore ovest della villa, poichè
gli altri estremi nord e sud erano già noti e le strutture già in luce nel settore est. Le maggiori testimonianze, comunque, provengono dai materiali rinvenuti essenzialmente in un profondo fossato che attraversa. per l'intera lunghezza da est ad ovest il complesso della parte rustica al disotto delle murature esistenti, essendo stato riconosciuto e scavato nel tratto in cui attraversa il largo cortile antistante il torcularium e i magazzini.
gli altri estremi nord e sud erano già noti e le strutture già in luce nel settore est. Le maggiori testimonianze, comunque, provengono dai materiali rinvenuti essenzialmente in un profondo fossato che attraversa. per l'intera lunghezza da est ad ovest il complesso della parte rustica al disotto delle murature esistenti, essendo stato riconosciuto e scavato nel tratto in cui attraversa il largo cortile antistante il torcularium e i magazzini.
In esso venne recuperata essenzialmente ceramica a Vernice nera databile tra il IV ed il 111 sec. a.c.
ma alla stessa datazione si ricollega un altro rinvenimento monetale in argento, avvenuto nella
prima campagna nel 1979, in uno strato d'incendio che ricopriva un pavimento in cocciopesto situato
nel settore est del complesso della villa (Q 0-23 ambiente B).
Si scoprì infatti un obolo di Alife datato intorno alla metà del IV sec. a.c., una moneta attestata, per la prima volta, nella zona frentana, nonché nel Sannio. La moneta risulta piuttosto consumata, dimostrando di essere stata in circolazione a lungo prima di andare perduta.
IL TESORETTO
II tesoretto è stato ritrovato nell' angolo formato dai due muri (M 29 e M 1 8) in uno strato giallognolo
di terreno ad una profondità di 50 cm dall'attuale piano di campagna. Allo stato attuale dello scavo sembrerebbe essere all' esterno del complesso della villa e senza alcun riferimento con le strutture immediatamente vicine che peraltro si riferiscono all' età imperiale.
II proprietario avrà occultato il tesoretto avendo come riferimento qualche altro elemento, essendo
l'impianto della villa di età repubblicana alquanto distante dal luogo di rinvenimento; in seguito, per chissà quali vicissitudini, non stato è più stato in grado di recuperarlo.
II successivo sviluppo dell'impianto della villa, di età imperiale, determinato da una accresciuta
attività agricola ed industriale, non ha scovato il nascondiglio anche se molto vicino alle strutture murarie che comunque sono state utilizzate, con una certa continuità, fino al VII sec. d.c.
In tempi molto più recenti l'attività agricola non ha sconvolto il reperto, pur trovandosi ad una profondità non eccessiva. II tesoretto era contenuto in una olpe di ceramica a vernice nera, ricostruita per intero ad eccezione di una parte dell'orlo e di qualche piccola lacuna presente sul corpo a causa del taglio dei frammenti non proprio netti che nella fase di restauro non hanno permesso che combaciassero perfettamente, evidentemente si tratta di rotture piuttosto antiche.
La superfice è molto screpolata e la vernice nera piuttosto diluita e di scadente fattura conservata
solo in pochi punti, in altri si notano residui di quella rossiccia, ma nella maggior parte dei casi fuoriesce una argilla di colore beige scuro, piuttosto dura e non molto depurata. Tipologicamente appartiene alla specie Morel 5220, vicina alla serie 5226 la presenta dell'ansa annodata.
La serie ha una diffusione nell'ltalia centromeridionale e si data generalmente al II sec. a.c. In
questa forma manca però la doppia fascia della baccellatura che in genere è unica. In particolare a Larino le pelikai della tomba 23 di localitä Carpineto, dello stesso stile, ricordano questa olpe anche per il tipo di piede, per l' argilla e un po' meno per la vernice.
Potrebbe trattarsi di una produzione locale e un frammento di fondo vaso molto simile a questo è stato ritrovato già all'interno dello scavo della villa. La particolarità del piede sagomato ad anello, le baccellature e la scadente qualità della vernice nera l' avvicinano molto al contenitore del tesoretto.
A1 momento del ritrovamento il vaso era riverso nel terreno, in parte frantumato, ma conteneva
ancora tutte le monete al suo interno. Ne sono state recuperate 163, alcune erano attaccate tra loro, altre
presentavano una patina verdognola, data dai processi corrosivi del metallo e davano inizialmente
l'impressione che vi fossero esemplari d' argento e bronzo, invece erano esclusivamente monete d'argento.
Nella maggior parte dei casi si tratta di esemplari in buono stato di conservazione, e in qualche caso si sono riconosciuti alcuni fior di conio (n. 28. Taranto; n. 61, Suessa; n. 160, Napoli), datati intorno alla metà del III sec.
A1 contrario quelli più antichi (Thurium, n. 3; Hyria, nn. 85-86 e alcuni della serie più antica di Napoli)
presentano le superfici consunte, in parte bordi assottigliati, evidenziando i segni di una lunga circolazione prima della loro tesaurizzazione. L' assenza di monete di zecche sannitiche dimostra il chiaro intento dell' accumulo di ricchezza realizzato attraverso monete estranee all' ambiente locale.
Le monete sono tutte didracme e il loro peso si aggira per la quasi totalità intorno ai g 7, per un peso complessivo intorno ai 1151 g.. Solo in qualche caso abbiamo esemplari con peso inferiore ai g 6.60 (Taranto, nn. 25 e 29: Suessa, n. 70; Napoli. nn. 91 e 97) avendo subito la riduzione ponderale susseguente alla guerra punica.
BIBLIO
- Giovanni Andrea Tria - Memorie storiche, civili ed ecclesiastiche della città e diocesi di Larino - Roma - 1744 -
- Luigi Sassi - Origine e denominazione del paese, in San Martino in Pensilis e i suoi dintorni - 2009 -
- Giambattista Masciotta -Il Molise dalle origini ai nostri giorni - Il Circondario di Larino - San Martino in Pensilis -
- Luigi Sassi - San Martino in Pensilis e i suoi dintorni - 2009 -
- Giambattista Masciotta -Il Molise dalle origini ai nostri giorni - Il Circondario di Larino - San Martino in Pensilis -
- Luigi Sassi - San Martino in Pensilis e i suoi dintorni - 2009 -