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INSULA FELICLES

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INSULA FELICLES AL CENTRO

Traiano (53 - 117) meno interessato di Augusto al popolamento dell'Urbe che ormai aveva raggiunto una dimensione mastodontica, abbassò il limite dell'altezza delle insulae a 60 piedi (circa 18 metri e mezzo) poiché le necessità abitative, miste alle varie speculazioni, incitavano spesso a superare questi limiti. Ne fa testo un mostruoso edificio del IV secolo, sorto tra il Pantheon e la Colonna Aureliana, meta di stupiti visitatori per ammirarne l'arditissima altezza e la mole in larghezza raggiunte. 

Trattavasi dell'edificio di Felicula, l'insula Felicles una sorta di grattacielo dell'epoca romana. La fama di questo straordinario edificio era giunta sino in Africa dove Tertulliano, predicando contro gli eretici valentiniani diceva che questi nel tentativo di avvicinare la creazione sino a Dio creatore avevano trasformato «l'universo in una specie di grande palazzo mobiliato» con Dio sotto i tetti (ad summas tegulas) con tanti piani quanti ne aveva a Roma l'insula Felicles.

Insomma per l'indomito Tertulliano, quello che si felicitava pensando che al momento della morte mentre i cristiani salivano raggianti in Paradiso mentre agli irriducibili pagani sarebbe spettato la discesa all'inferno tra orribili supplizi, per questo alacre divulgatore del Cristianesimo, l'Insula Felicles era l'ennesima riprova della malvagità dei pagani che avevano innalzato un'insula così alta nel cielo, per sfidare l'altezza del Paradiso, come una novella torre di Babele che osava nella sua ibris, sfidare i cieli del Signore.

Certo l'esempio di questo grattacielo rimane unico nella Roma imperiale ma era molto frequente che venissero costruiti edifici di cinque, sei piani. Giovenale racconta di considerarsi fortunato perché per tornare nel proprio alloggio a Via del Pero sul Quirinale, si doveva arrampicare sino al terzo piano ma per altri non era così. 

UN INSULA CLASSICA ROMANA

Il poeta satirico in occasione di uno dei frequenti incendi che colpivano le zone popolari della città immagina di rivolgersi a un abitante di un'insula che sta andando a fuoco e che abita molto più in alto del terzo piano: «Già il terzo piano brucia e tu non sai nulla. Dal pianterreno in su c'è lo scompiglio, ma chi arrostirà per ultimo è quel miserabile che è protetto dalla pioggia solo dalle tegole, dove le colombe in amore vengono a deporre le loro uova».

Figurarsi perciò i pericoli di un'abitazione così ardita che doveva superare i 40 metri almeno con una decina di piani e con un'estensione mastodontica, ma non tutte le insulae erano tutte destinate ai ceti meno facoltosi. Vi erano infatti le insulae che al piano terra avevano un solo appartamento simile a una casa signorile, che veniva chiamata domus, mentre ai piani superiori vi erano i cenacula destinate a inquilini più poveri; molte insulae al pianterreno avevano poi una serie di botteghe o magazzini, le tabernae come si può vedere a Ostia Antica. 

«Chi teme o mai temé che gli crollasse
la casa nella gelida Preneste
o tra i selvosi gioghi di Bolsena... ?
Ma noi in un'urbe viviam che quasi tutta
si sostiene su esili puntelli;
questo rimedio gli amministratori
alle mura cadenti oppongono solo,
e poi, quando tappato hanno alle vecchie
crepe gli squarci, voglian che si dorma
placidi sotto gli imminenti crolli


(Giovenale, III, 190 sgg.)


I RICCHI DEL PIANTERRENO

Pochi erano quelli che potevano permettersi una domus al pianterreno: al tempo di Cesare, sul Colle Celio si pagava un affitto annuo di 30000 sesterzi. Si pensi che spesso l'acqua corrente giungeva solo al primo piano e gli inquilini dei piani superiori dovevano attingere l' acqua alla fontana condominiale del cortile.

Ci si può fare un'idea dell'esosità degli affitti del tempo se si pensa che un moggio di grano costava tra i 3 e i 4 sesterzi e che le largitiones prevedevano in 5 moggi la quantità necessaria a una famiglia media per sostenersi per un mese e che il salario di un manovale era, ai tempi di Cicerone, di 5 sesterzi al giorno.

INSULA FELICLES

LE CASE POPOLARI

Gli imperatori ben conoscevano la situazione venendo incontro, fin dai tempi di Augusto, alla popolazione più povera che veniva rifusa di ben 1000 sesterzi annui se abitante a Roma e di 500 se abitante in suolo italico. Il costo di questa generosità doveva pesare non poco sulle casse dello stato e particolarmente sull'Urbe di Roma, per cui molti studiosi ritengono che l'Insula Felicles non fosse privata ma dello stato, destinata proprio ai poveri da sovvenzionare.

Un'insula così gigantesca poteva contenere un'infinità di piccoli appartamenti in gado di ospiate molti cittadini poveri sollevando dal problema di dover pagare ai proprietari l'affitto delle case dei bisognosi, Ciò spiegherebbe come mai fosse stato dato il liceat a una costruzione così straordinaria nelle sue inusitate proporzioni.

Se fosse stato un arbitrato frutto di corruzione sarebbe stato sotto gli occhi di tutti e sicuramente sarebbero fioccate le accuse di corruzione. Ora a Roma c'era molta corruzione ma un edificio del genere, così particolare da attirare visitatori anche stranieri sarebbe stata un'enorme ingenuità. Pertanto l'Insula Felicles era in deroga alla legge vigente, ma fornita direttamente dallo stato.

UNA CLASSICA INSULA ROMANA

Si può immaginare pertanto la cura che dovette essere profusa alla stabilità del palazzo onde evitarne assolutamente il crollo, assicurando il progetto di grandi architetti, ma pure di materiali di pregio, non a livello estetico perchè si trattava di abitazioni popolari, ma a livello di resistenza e durata, evitando inoltre non solo l'eventualità di crolli ma scongiurando incendi evitando accuratamente materiali in legno, tra l'altro di basso costo, e qualsiasi altro materiale infiammabile.

Sicuramente erano edifici molto umili ma molto sicuri in quanto ben costruiti. All'epoca gli imperatori romani potevano essere in disaccordo col senato, e succedeva spesso, ma mai con il popolo perchè la discesa in piazza di almeno un milione di abitanti era piuttosto temuta.

L'insula Felicles, ovvero l'insula Felicula si traduce con l'Isola Felice e non c'è da meravigliarsi, un'abitazione concessa dallo stato a titolo gratuito a tempo indeterminato poteva ben procurare una certa serenità se non addirittura felicità in chi vi abitava.


BIBLIO

- L. Quilici, S. Quilici Gigli - Architettura e pianificazione urbana nell'Italia antica - L'Erma di Bretschneider - 1997 -
- Jean-Pierre Adam - L'arte di costruire presso i romani - Milano - Longanesi - 2006 -
- Andrea Carandini - Le Case del Potere nell'Antica Roma - Editori Laterza - Roma-Bari - 2010 -
- Ugo Enrico Paoli - Vita romana - Firenze - Le Monnier - 1962 -
- Giuseppe Lugli: La tecnica edilizia romana - Roma - Bardi - 1957 -
- Gustavo Giovannoni - La tecnica della costruzione presso i romani - Roma - 1925 - 


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