I Barberini (anticamente Tafani sin dall'XI secolo), originari di Barberino Val d'Elsa, frazione di Barberino Tavarnelle, di Firenze in Toscana, furono un'influente famiglia nobiliare italiana, trasferitasi prima a Firenze e poi a Roma.
La famiglia ottenne infatti ricchezze e potere grazie al cardinale Maffeo Barberini, che nel 1623 venne eletto papa con il nome di Urbano VIII e che permise alla famiglia di appropriarsi di una grossa fortuna di terre e di centri abitati che amministravano, come usava all'epoca, sottraendo tutto il possibile ai poveri contadini e artigiani.
Papa Urbano VIII che di religioso aveva poco come quasi tutti gli alti prelati di allora, agevolò la carriera militare del fratello Carlo, creò cardinali due nipoti e nominò Principe di Palestrina un altro nipote, Taddeo Barberini, che fu anche nominato comandante dell'esercito pontificio.
Il grande salone al primo piano è stato decorato nel periodo 1632-1639 da Pietro da Cortona con il Trionfo della Divina Provvidenza e alcuni affreschi nella cappella. Altre sale sono state decorate, tra gli altri, da Andrea Sacchi e Giovan Francesco Romanelli.
Le raccolte della collezione Barberini si erano arricchite lungo tutto il secolo XVII, dal pontificato di Urbano VIII, ed erano state divise tra l'antiquarium di Villa Barberini a Castel Gandolfo e il "palazzo Barberini alle quattro Fontane".
I reperti dell'antica Roma presenti nella collezione si dispersero fin dal Settecento, regalate in cambio di favori ma soprattutto vendute, tuttavia ancora esistenti e cospicue nel 1934, grazie al fedecommesso (disposizione testamentaria dove si istituisce erede un soggetto con l'obbligo di conservare i beni ricevuti, pena il decadimento testamentario)
Infatti anche nel passaggio dallo Stato pontificio al Regno d'Italia, aveva conservato altre importanti raccolte principesche romane, come quella Doria Pamphili, Torlonia, Borghese, ecc. In quell'anno un discutibilissimo Regio Decreto aboliva il vincolo in cambio di appena 16 dipinti (su circa 640), consentendo la dispersione delle raccolte Barberini, anche all'estero.
Con evidente mala fede si era minimizzata l'importanza della raccolta, per venire incontro ai cospicui interessi privati dei proprietari, degli intermediari e degli acquirenti di opere d'arte di prestigio, in una fase di attenzione ai beni italiani ma a fronte di una crescente domanda dai ricchissimi Stati Uniti, che andavano creando le loro collezioni pubbliche e private.
Lasciarono così l'Italia opere di statuaria antica e di pittura, di Dürer (Cristo dodicenne tra i dottori), Caravaggio (Santa Caterina d'Alessandria e I bari), Guido Reni, Guercino e Poussin (Morte di Germanico, tra i capolavori dell'artista), oltre ad artisti minori, ma validissimi, come le rarissime tavolette del Maestro delle Tavole Barberini, poi identificato in Fra Carnevale.
L'acquisto del palazzo mirava alla creazione di un museo che ampliasse la sede di palazzo Corsini alla Lungara, anche per l'acquisto di pezzi o intere raccolte dai Torlonia, dai Chigi, dagli Odescalchi, dai Colonna di Sciarra, e dei quadri residui della collezione Barberini, tra cui la celeberrima Fornarina di Raffaello.
Tuttavia i Barberini avevano però già concesso in affitto, dal 1934, una congrua parte del loro palazzo al Circolo Ufficiali delle Forze Armate, con un contratto che scadeva nel 1953. Nonostante i solleciti a reperire una nuova sede per il Circolo, l'affitto fu rinnovato fino al 1965, affinché gli Ufficiali "avessero il tempo di cercarsi un'altra sede".
Ma alla scadenza il Circolo non solo non traslocò, ma senza più pagare il canone di locazione e affittando invece a enti privati dei cui incassi beneficiava il Circolo stesso, si arrivò al 1974 ai ferri corti tra Ministero della Pubblica Istruzione (poi scorporato nel Ministero dei beni culturali) e Ministero della Difesa.
Nel 1997. venne finalmente firmato un accordo per la liberazione del palazzo in vista del Giubileo del 2000, a fronte della palazzina Savorgnan di Brazzà per gli Ufficiali (oltre alla concessione delle sale di rappresentanza del palazzo per 50 giorni all'anno), per il cui restauro e adeguamento lo Stato dovette spendere "alcune decine di milioni di euro".
BORROMINI - SCALA ELLICOIDALE |
Il progetto del Maderno prevedeva di inglobare il palazzo Sforza con lo schema rinascimentale del blocco quadrangolare con uno spazio centrale cinto da arcate. Successivamente ripiegò invece con una facciata regolare su piazza Barberini e una parte come villa suburbana con grandi giardini. L'ingresso si apre sulla via Quattro Fontane con la cancellata progettata dall'architetto Azzurri nel 1848, con i grandi telamoni scolpiti da Adamo Tadolini.
La facciata ha sette campate che si ripetono su tre piani di arcate sostenute da colonne con i tre stili classici: dorico, ionico e corinzio. Tramite le arcate più basse si accede al piano terra entrando in un ampio atrio ellittico fiancheggiato da due scale in cui centralmente si apre una scala che porta ai giardini, posti ad un livello più alto del piano terra. Il giardino nacque come giardino all'italiana, sui terreni lungo la strada Pia. oggi via XX Settembre, fino all'odierna salita di san Nicola da Tolentino, con giardino segreto, struzzi e cammelli.
- Un'area di alberi ad alto fusto da giardino all'inglese,
- La cosiddetta casina di sughero di fronte alla cordonata di collegamento del giardino con il palazzo.
- Nell'angolo superiore tra via delle Quattro Fontane e strada Pia, vi fu costruito uno sferisterio aperto al pubblico (impianto sportivo per le varie specialità del gioco del pallone), che durò fino al 1881, quando il giardino cominciò occupato dall'urbanistica della capitale.
- Con l'unità d'Italia il giardino Barberini lasciò parte dei giardini lungo la via XX Settembre.
- Il giardino non venne completamente lottizzato come accadde a Villa Ludovisi che venne distrutta e lungo la rampa delle carrozze fu costruita la grande serra (1875).
- Durante il fascismo (1938) gli edifici padronali lungo via delle Quattro Fontane furono sostituiti dal palazzo dei Beni stabili e fu costruita alle spalle della casina di sughero la palazzina Savorgnan di Brazzà (1936, Giovannoni e Piacentini).
- Durante gli scavi di fondazione venne trovato uno splendido mitreo del II secolo.
LA GALLERIA NAZIONALE
Il museo ospita Le Gallerie Nazionali di Arte Antica con una galleria fondata nel 1895 per raccogliere opere di diverse collezioni private e dal Monte di Pietà, un'istituzione articolata in due sedi espositive, una a Palazzo Barberini e l'altra a Palazzo Corsini.
TRIONFO DELLA DIVINA PROVVIDENZA - PIETRO DA CORTONA |
CARAVAGGIO - GIUDITTA E OLOFERNE |
ET IN ARCADIA EGO - GUERCINO |
NUOVE ACQUISIZIONI
- Pompeo Batoni - Ritratto di Abbondio Rezzonico, 1766, olio su tela.
LE PARTI DELL'EDIFICIO
Dall’ingresso da via delle Quattro Fontane si nota la divisione dei due settori del palazzo, quello nord abitato dalla famiglia e la parte sud abitata dagli ecclesiastici. La rampa che dal porticato conduce ai giardini fu voluta dal Cardinal Francesco Barberini, interessato ai giardini che aveva popolato di piante particolari. Suo fratello Antonio poi, abitando da solo il palazzo, in seguito al trasferimento del fratello cardinale alla Cancelleria, progettò un complesso giardino all’ italiana.
La facciata di Bernini, del tutto innovativa, grazie al lungo porticato raggiunge, attraverso la rampa a gradoni, il giardino segreto posto sul retro. Il salone centrale si eleva per due piani e presenta la volta di Pietro da Cortona affrescata tra il 1632 e il 1639, con l’ apoteosi della famiglia Barberini espressa nel Trionfo della Divina Provvidenza.
LE SPECULAZIONI EDILIZIE
Dopo l’Unità d’ Italia l’area di Palazzo Barberini fu oggetto di speculazioni edilizie che comportarono l’esproprio di aree private del palazzo. Venne distrutto il teatro per far posto a via Barberini, mentre verso la piazza la facciata venne in parte nascosta da nuovi edifici più bassi, prendendo spazio al cortile della Cavallerizza.
L’ingresso di rappresentanza venne spostato su via delle Quattro Fontane, nei giardini retrostanti vennero insediati i Ministeri del Regno e il giardino superstite venne alterato dalla costruzione della grande serra.
LA COLLEZIONE
Quando il palazzo divenne di proprietà statale era già stato privato delle collezioni d’arte della famiglia Barberini. L’alienazione era inizia già nel Settecento, quando l’ultima discendente Barberini, Cornelia Costanza, sposata a Giulio Cesare Colonna di Sciarra, vendette le prime opere. Le liti dei loro figli divisero le collezioni fra i due rami della famiglia, con un accordo stipulato nel 1811.
Alla fine dell’ Ottocento, la collezione Barberini, oltre ad essere divisa con gli Sciarra, venne divisa con i Corsini, in seguito al matrimonio delle figlie di Carlo Felice Barberini con due esponenti della famiglia Corsini. A ciò si aggiunse la fine del ramo primogenito dei Barberini in Maria Barberini Sacchetti. Dopo il 1881 i 3/8 della collezione Barberini passarono nella collezione Corsini di Firenze, ma il patrimonio artistico in possesso dei Barberini era ancora immenso.
La definitiva dispersione delle collezioni si ebbe nel 1934, grazie a una legge che permise la vendita delle opere fedecommissarie, rinunciando alla tutela della collezione, in cambio di un piccolo nucleo di proprietà. Il Regio Decreto 1934, voluto dai principi Corsini e Barberini, consentiva di dividere le collezioni fedecommissarie in tre parti, delle quali una diventava proprietà dello Stato, una ai principi che avrebbero potuto anche vendere ed esportare, e una restava ai principi sottoposta al vincolo, nucleo poi acquisito dallo Stato nel 1952.
Si contano circa seicento opere, tra dipinti e arredi, in deposito ad enti esterni. Dal 2006 la Galleria Nazionale d’Arte Antica torna Museo dopo il trasferimento del Circolo Ufficiali alla vicina Palazzina Savorgnan di Brazzà. Ciò ha consentito di recuperare più di 2.700 mq, mentre 700 resteranno disponibili esclusivamente per rappresentanza del Ministero della Difesa.
IL MITREO |
SOTTO PALAZZO BARBERINI - IL MITREO ROMANO
Sotto la Palazzina Savorgnan di Brazzà si trova un monumento di epoca imperiale romana, il Mitreo Barberini, uno dei mitrei meglio conservati di Roma, posto tra la facciata posteriore di Palazzo Barberini, in via delle Quattro Fontane, e via San Nicola da Tolentino. Il monumento è sotto la responsabilità della Soprintendenza speciale Archeologica, belle arti e paesaggio di Roma.
Il 16 dicembre 1933, il Conte Ascanio Savorgnan di Brazzà, nipote di Pietro Savorgnan di Brazzà, famoso come esploratore in Africa, acquistò dal principe don Urbano Barberini una parte dei giardini posta oltre la grande rampa centrale del Palazzo, onde edificare su questa una palazzina di famiglia.
Durante questi lavori edilizi nel 1936 furono scoperti sul sito i resti di un edificio del II secolo, che a ovest era stata trasformata in mitreo nel II e del III secolo. La conservazione di questo e di altri musei ridiede nel fatto che il mondo cristiano ignorava questi monumenti essendo questi già sotterranei all'epoca degli antichi romani. Così poterono sfuggire alla furia selvaggia che abbattè una città enorme e meravigliosa solo per cancellarne ogni tratto pagano.
In questo caso si tratta di un piccolo edificio che, riutilizzando precedenti strutture del II secolo d.c., fu dedicato al culto di Mitra, divinità solare di origine iranica il cui culto chiaramente militare era molto diffuso tra le legioni romane soprattutto nel medio e tardo Impero.
Era tanto diffuso che quando Costantino, volendo realizzare una religione di stato, chiese ai suoi consiglieri quale culto convenisse scegliere, questi dovettero ammettere che il culto cristiano e il culto mitriaco piuttosto equivalenti come numero di fedeli, ma che conveniva optare per il culto cristiano essendo quello mitriaco più difficile da comprendere in quanto misterico e non adatto alle donne per il suo seguito militare.
La Villa ed i suoi annessi, alla morte del Conte Savorgnan, prima, e della consorte, poi, venne donata all'ospedale civile di Udine che a sua volta, tentò di vendere la proprietà ad un acquirente privato ma lo Stato, nel 1972, esercitò il diritto di prelazione.
In alto due linee curve indicano la volta celeste, entro le quali sono rappresentati i segni zodiacali e, al centro, il Dio Zurvan Akarana, il Tempo Illimitato, drago alato con testa di leone, stante sul globo, avvolto dalle spire di un serpente che rappresentano le spire del tempo, quindi l'eternità. .
- Saturno
- Mitra che nasce dalla roccia
- Mitra che fa scaturire l'acqua da una roccia colpendola con una freccia
- Mitra che trasporta il toro
- Banchetto mistico
- Mitra che sale sulla quadriga del Sole
- Patto di alleanza tra Mitra e il Sole
- Mitra inginocchiato tra due alberi
- Mitra colpisce con una zampa del toro il dio Sole, inginocchiato davanti a lui (scena di iniziazione).
Sebbene il mito prevedesse il "Tauribolio" (uccisione del toro sacro), era molto difficile e costoso praticare questo rito che sicuramente non veniva quasi mai praticato ma simboleggiato in qualche modo.
Sulla parete di fondo del santuario fu sistemata un'edicola in muratura, con le storie di Mitra, unico esempio a noi giunto, simile a quelle del mitrei di Marino e Capua. La decorazione si sviluppa tutta intorno ad un grande riquadro centrale raffigurante la scena del sacrificio del toro, dal cui sangue scaturirà la vita animale e vegetale della terra.
I neofìti, tutti maschi, erano accettati con il livello inferiore. I livelli erano 7, corrispondenti a sette gradi:
I primi tre gradi erano i "Senitori"
- I grado "Corvo" (Corax),
- II grado "Ninfa" (Nynphus)
- III grado "Soldato" (Miles).
Gli altri quattro gradi costituivano il gruppo di neofìti, detto dei "Partecipanti":
- IV grado "Leone" (Leo),
- V grado "Persiano" (Perses),
- VI grado "Messaggero del Sole" (Heliodromos)
- VII grado "Padre" (Pater).
BIBLIO
- L. Mochi Onory, R. Vodret Adamo - La galleria nazionale d'arte antica. Regesto delle didascalie - Palombi Editori - Roma - 1988 -
- Storia degli scavi di Roma e notizie intorno le collezioni romane di antichità: Dalla elezione di Paolo V alla morte di Innocenzo XII - Quasar - 1994 -
- Nino Burrascano - I misteri di Mithra - Genova - Il Basilisco - 1979 -
- Ruggero Iorio - Mitra. Il mito della forza invincibile - Marsilio - Venezia - 1998 -