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VILLA DEI PISONI - BAIA SOMMERSA

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VILLA DEI PISONI

E' il primo incontro nel tragitto subacqueo del Parco Archeologico di Baia Sommersa, un itinerario tra i resti di una antica villa patrizia di epoca imperiale appartenuta alla famiglia dei Pisoni e in seguito confiscata da Nerone.

Della ricca villa compaiono i resti dei colonnati e corridoi dei portici che circondavano il grande giardino, una fontana ed una grande piscina termale in ottimo stato di conservazione. Poi compaiono peschiere, pilae, la via Herculanea e stanze con splendidi mosaici pavimentali.

La villa era già conosciuta attraverso fotografie aeree, insieme a tante altre strutture sommerse costiere.
Fu però il prof. Nino Lamboglia, esperto in archeologia subacquea, che la studiò e posizionò, verso gli anni '60, a circa 150 mt. a sud-est al largo di Punta Epitaffio.

Tuttavia il rilievo grafico e topografico in dettaglio, arrivò alla fine degli anni '80, grazie ad un gruppo di volontari del Centro Campano di Archeologia Subacquea, che individuò anche una fistula plumbea con il bollo di Lucio Pisone, scoprendo così con certezza l'appartenenza della villa alla ricca e patrizia familia dei Pisoni. Rei di "maestatis" per la congiura contro l'imperatore Nerone persero la vita e la villa.


LA VILLA

SEMICOLONNA IN LATERIZIO DEL PORTICO
DELLA VILLA DEI PISONI
La villa venne eretta agli inizi del I sec. d.c., poi più volte ristrutturata nel corso del I e del II sec., a causa sicuramente soprattutto del mare avanzante col bradisismo. L'edificio si sviluppa intorno ad una vasta corte centrale a pianta rettangolare di m 95 x 65 circa, sicuramente a giardino, circondato da portici su cui si affacciavano le numerose stanze, con una superficie totale di bel m 120 x 160. Quasi 2000 mq di villa.

Naturalmente disponeva di bacini di approdo ed era protetta dai venti salini da una serie di pilae a doppia fila. Come tutte le ville marittime della zona, aveva delle peschiere per l'allevamento del pesce da tavola ma pure per l'esportazione che era all'epoca un ottimo business..



IL PERCORSO

Il primo tratto dell'esplorazione subacquea, organizzato dalla Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta inizia da un primo pannello esplicativo (1), posto su un supporto cementizio, e con una sagola guida, percorre la facciata nord, corrispondente al tratto (1-5) della pianta.
Il numero 6 del percorso è presso le terme, mentre il n. 7 è vicino alla fontana. Il percorso (7-12) corrisponde al corridoio absidato interno, infine i numeri (12-15) corrispondono alla facciata con semicolonne in laterizio. Il numero 16 segna la fine dell'itinerario.

Estratto da: Archeologia subacquea. Studi, ricerche e documenti. I-1993
NUOVO DOCUMENTO EPIGRAFICO DALLA “VILLA DEI PISONI” 

"Le campagne di rilievo condotte nella monumentale villa sommersa 130 metri a sud-est di Punta dell'Epitaffio a Baia hanno consentito negli ultimi anni di ricostruire un quadro chiaro delle sue rielaborazioni architettoniche e funzionali

. Ci soffermiamo, in questa sede, sulla fistula plumbea, la cui iscrizione riteniamo consenta di attribuire la più grande fra le ville sommerse finora note nel golfo di Baia ad una ricca e potente famiglia romana della tarda età repubblicana e primo-imperiale.E' noto che molte delle personalità più influenti ebbero proprietà nei Campi Flegrei, ma finora, per quanto numerosi siano i monumenti conservati, non si è quasi mai riusciti ad abbinarli con i nomi dei proprietari.

La nostra fistula rappresenta quindi un'eccezione; la sua acquisizione si annovera tra i frutti di un organico programma di ricerca e di lavoro i cui risultati vengono qui presentati. La conduttura fu rinvenuta ancora nell'alloggiamento originario, in posizione orizzontale, nell'angolo meridionale del vasto cortile della villa, subito ad est della curvatura meridionale dell'ambulacro sud-occidentale.

La sua particolare importanza è data dalla presenza su di essa di tre bolli, in rilievo, ancora perfettamente leggibili. Ciascuno di essi misura cm 11 di lunghezza e consta di una sola riga, costituita dall'iscrizione L(uci) PISONIS.
Dall'esame paleografico è stato possibile collocare il reperto agli inizi del I sec. d.c., forse in coincidenza con il primo impianto della villa.

Dal punto di vista struttivo, di questa prima fase oggi ben poco è visibile; nel tempo, in sintonia con quello che era l'uso comune a Baia, dove grosse somme venivano profuse per rielaborare costruzioni preesistenti, la villa subì numerosi rifacimenti. La fistula dunque è uno dei pochi elementi ancora rintracciabili del primo assetto della villa.

E' noto che la presenza di un nome su di una fistula aquaria può avere vari significati. Principalmente può riferirsi all'officinator, l'artigiano che materialmente sistemava la rete idrica costruendo e saldando le varie tubature; può anche ricordare il nome del proprietario del fondo o della costruzione attraversati dalle stesse tubature e da esse servita.

Riteniamo che il bollo vada interpretato in questo senso.In questo caso non sorprenderebbe l'omissione del gentilicium: per i Pisoni, ed in genere per le famiglie della nobilitas, era un uso abbastanza frequente. La villa sommersa al largo di Punta dell'Epitaffio apparteneva dunque ad un esponente della famiglia dei


Calpurnii; Pisones

PLANIMETRIA DELLA VILLA (zommabile)
Fra le varie fonti classiche relative a Baia, presenta notevole interesse un passo di Tacito (Ann., XV, 59); lo storico vi narra della congiura antineroniana del 65 d.C. e ricorda non solo i nomi dei vari
congiurati guidati da C. Calpurnio Pisone, ma anche il luogo ove essa venne ordita: nella villa di Gaio apud Baias. Ma chi è il Lucio menzionato dal bollo?

Possediamo a questo punto una doppia serie di elementi: la fistula, databile agli inizi del I sec. d.C., con il nome di un L. Piso proprietario della villa nella quale è stata trovata in situ e il passo di Tacito relativo alla villa di Gaio Calpurnio Pisone capo della fallita congiura contro Nerone.

Si pongono, di conseguenza, due ordini di interrogativi: esiste un legame stretto tra i due Pisoni? La villa
sommersa dinnanzi alla Punta dell'Epitaffio è quella menzionata da Tacito? Gli elementi di cui si è in possesso fanno propendere per delle risposte affermative, giacché non si hanno altre indicazioni che lascino supporre l'esistenza nei Campi Flegrei di un'altra residenza di proprietà dei Pisoni. Veniamo dunque al nocciolo della questione: chi è Lucio, il cui nome è documentato dalla fistula di Baia?

E' noto che quella dei Pisoni fu una famiglia assai ricca e molto articolata ma non perfettamente conosciuta; per taluni suoi esponenti risulta infatti alquanto problematico ricostruire gli effettivi legami di parentela. Lo stemma proposto dal Groag, per il periodo su indicato, presenta cinque personaggi candidati all'identificazione, in breve ne tracciamo i profili:

- L. Calpurnius Piso Pontifex.

- L. Calpurnius Piso forse figlìo del Pontifex. Figlio del Cesonino, nacque nel 48 a.c. Fu console nel 15 a.c. e governatore della Pamphylia, quindi per tre anni fu impegnato a reprimere un'insurrezione in Tracia che gli fruttò gli ornamenti trionfali. Nel 2-3 a.c. ebbe il proconsolato in Asia e nel 13 d.c. fu preposto alla prefettura urbana fino alla morte nel 32.

- L. Calpurnius Piso Augur. Nato verso il 6 a.c., morì ancora pretorio in Hispania Citerior, nel 25 dc..

- Cn. Calpurnius Piso console nel 27 d.c.. Console nel I ac., fu proconsole d'Asia nel 6 d.c. Accusato di maiestas nel 24, morì prima di essere giudicato.

- Figlio di Cn. Calpurnius Piso, console nel 7 a.c., in seguito alla damnatio che colpì quest'ultimo, nel 20 dovette mutare il praenomen in Lucius. Nel 36-37 fu prefetto urbano, nel 38-39 proconsole in Africa. Lucio viveva ancora all'epoca di Vespasiano

- L. Calpurnius Piso, Il console dell'anno 27 si ritrova ancora sulla scena politica all'epoca di Vespasiano, come del resto suo figlio.

- Figlio del console del 27, rivestì la medesima carica nel 57 con Nerone. Nel 60-63 fu curator aquarum; nel 68-69 rivestì il proconsolato in Africa. Infine, sospettato di aspirare al trono, fu ucciso nel 70.

L. Calpurnius Piso Pontifex, se si inserisce senza troppa difficoltà nel periodo del bollo, è in realtà una figura isolata ed anche i suoi più diretti congiunti sfuggono ad una sicura identificazione.
Resta L. Calpurnius Piso Augur, il quale non sembra aver figli né legami col Gaio congiurato.
Esiste però un'informazione, di Tacito: Calpurnius Piso Galerianus, che consente di avanzare nella ricerca anche se solo per via ipotetica.

AFFRESCO CON INCANNUCCIATA D'ORATA
SU FONDO SCARLATTO
Quindi il Caius congiurato e Cnaeus, poi Lucius, console nel 27, poterono essere cugini o fratelli. Se si sostiene questa seconda ipotesi si risale al comune genitore, Cnaeus Calpurnius Piso, figlio di Gaio, era consobrinus di L. Calpurnius Piso console nell'anno 57.

Purtroppo il termine è generico, ma ammettiamo dunque che i due siano stati cugini: ciò implica che anche i loro genitori dovettero essere a loro volta cugini o fratelli, senza alcun risultato utile per la nostra ricerca, ma anche se li si considera cugini si può ugualmente immaginare che i loro genitori fossero cugini o fratelli.

In questo secondo caso, il padre di Cnaeus che poi divenne Lucius, ossia Cn. Calpurnius Piso, console nel 7 a.c., risulta essere fratello del padre di Caius il congiurato. Questa figura esiste. Nello stemma del Groag, fratello di Cnaeus risulta essere proprio L. Calpurnius Piso Augur, che dunque possiamo supporre essere stato padre di Caius. Avremmo quindi individuato il Lucius della nostra fistula e quali legami lo unissero al capo della fallita congiura antineroniana.

Si può, con tali elementi, ricostruire anche la storia della villa baiana: edificata tra la fine del I sec. a.c. e l'inizio del I sec. d.c. da L. Calpurnius Piso Augur, passò poi a Caius, il quale vi preparò la congiura che gli costò la vita e la confisca dei beni. E' ancora Tacito (XV, 52) a narrare quanto graditi fossero i bagni della villa di Gaio all'imperatore, il quale del resto aveva una sua dimora confinante con quella dell'ex amico.

Ovviamente, la villa, che già poté subire delle ristrutturazioni sotto Gaio, incorporata nel demanio fu sottoposta ad una serie di trasformazioni; il nucleo originario sparì pian piano sotto sempre nuove soluzioni architettoniche.

E' opportuno, infine, ricordare che il rinvenimento della fistula, con le conseguenze che ne derivano, può servire, di concerto con altre argomentazioni, a porre fine alla spinosa questione della localizzazione del sito dell'antica Bauli. Ebbene, con buona pace di quanti la pongono nei pressi di Punta dell'Epitaffio, le parole di Tacito sono chiare: la villa di Pisone si trova a Baia ed è lì che la si è rinvenuta, 130 metri a sud-est di Punta dell'Epitaffio."
(Nicolai Lombardo)




IL NINFEO DI CLAUDIO

"Il ninfeo d'età claudia, sito a -7 m ca. sui fondali marini antistanti Punta Epitaffio, rivela solo parte di Baia sommersa. Esso apparteneva al complesso, noto da resti sparsi e mal conservati, disposto a terrazze dalla cima del promontorio all'antica Baiae, estesa in mare fino a 400 m ca. dalla riva.
In età romana, sul sito del piccolo golfo, era il Baianus lacus, lago costiero citato da Seneca, Tacito e Marziale, scomparso per il bradisismo, ma riconoscibile dai resti antichi sulle sponde.



LA VILLA ADRIANEA

A est del ninfeo, separato da una strada, era un nucleo edilizio, con terme (I-III sec. d.c.) e un ninfeo di forma emidecagonale a tre absidi, di età domizianea (81-96 d.c.), unico nel suo genere a Baia.

PILASTRO MONOLITICO DI PESCHIERA
Una villa imponente sorse in età adrianea (117-138 d.c.) a sud-est della Punta sui resti della più antica (fine I sec. a.c. - inizi I sec. d.c.), attribuita alla famiglia dei Pisoni per i bolli impressi su una conduttura idrica di piombo.

Dotato di terme, giardini e un quartiere marittimo, con vani di soggiorno, cisterne e peschiere, difeso da barriere frangiflutti, l'edificio mostra analogie architettoniche con la Villa Adriana a Tivoli.
Ciò fa pensare a interventi dello stesso Adriano e all'appartenenza della villa al demanio imperiale, dopo la confisca di quella dei Pisoni, seguita forse alla fallita congiura contro Nerone (65 d.c.).

A nord del canale erano terme, forse pubbliche, visto il carattere urbano degli edifici, evidenziato da tabernae e da una strada.



PORTUS BAIARUM

Le sponde est e ovest del lago, chiamato Portus Baiarum da Plinio il Vecchio e Floro, si individuano da altre strutture, poste sotto la banchina portuale, dove anni fa si rinvennero sculture e decorazioni marmoree, del III sec. d.c. Altri resti sono sui fondali antistanti i Cantieri di Baia (G).

Peschiere monumentali sono state poi di recente scoperte davanti al Castello Aragonese (H), sul cui sito gli studiosi ubicano la villa di Giulio Cesare. Gli imperatori e la corte soggiornarono spesso a Baia.

Il Ninfeo di Claudio (41-54), con la sua fastosa decorazione, è però l'unico monumento che può sicuramente identificarsi con un ambiente della sua residenza, ed anche l'unico a fornire precisi dati geo-archeologici sull'epoca del bradisismo (fine III sec. d.c.) su questo tratto di costa.

Non fu però questa la sola residenza imperiale. Autori antichi attestano infatti che molti imperatori edificarono a Baia, quasi a gara coi predecessori.

A Nerone (54-68 d.c.), per esempio, è attribuito il "Complesso della Sosandra", sito nel Parco Archeologico, riconoscibile come l'ebeterion fatto da lui costruire, secondo Dione Cassio, per riposo e svago dei marinai della flotta di Miseno.




I TEMPLI

All'età Adrianea datano invece la sala nota come "Tempio di Venere" e il settore a monte, nel Parco Archeologico.
Nel "Tempio di Diana", e nel complesso circostante, si riconosce infine l'edificio eretto da Alessandro Severo (222-235 d.c.) in onore della madre Giulia Mamea, forse un heroon dinastico.

I monumentali resti di Baia, sembrano però indicare la complessa realtà del Palatium, di cui si ignora quali fossero i confini con le proprietà e come si inserì nel contesto urbano.
Degna di nota è la schematica rappresentazione dei monumenti della Regio Baiana sui tre vasetti vitrei di Populonia, Ampurias e Varsavia, fabbricati a puteoli (fine III- inizi IV sec. d.c.).

Quello di Varsavia, in particolare, sembra restituire il quadro completo, come doveva offrirsi agli occhi degli antichi e come va gradualmente configurandosi oggi in seguito alle ricerche nell'area archeologica sommersa."

(dr Paolo Caputo)



LE ULTERIORI SCOPERTE

CANALE DELLA PESCHIERA
"Il grande edificio di forma rettangolare posto 130 metri a sud-est di Punta dell'Epitaffio, attribuito nella sua prima fase alla famiglia dei Pisoni, ha rivelato nuovi interessanti aspetti. I nuovi rilievi hanno infatti restituito dimensioni complessive del monumento ancora più cospicue di quelle note (la parte finora rilevata misura m 295X270);

Le ricerche hanno poi meglio precisato la fisionomia del nucleo meridionale, e, di conseguenza, posizionato con maggior sicurezza l'antica linea di costa. Sono infine emerse utili informazioni circa l'ubicazione degli ancora poco definiti settori abitativi.

Rispettivamente ad est e ad ovest del vasto complesso centrale si aprivano due bacini. Il bacino ad est, più piccolo (m 30X45), realizzato in blocchi di cementizio, era protetto da una scogliera ed ospitava probabilmente piccole imbarcazioni che potevano accedervi per mezzo di un'imboccatura sul lato orientale larga 9 metri. Il bacino ad ovest è molto più grande (m 80 x 110); era riparato a meridione da pilae disposte su doppia fila, che misurano m 5X5, si elevano di poco dal fondale e si impiantano alla profondità massima di m 8,50.

Una gettata cementizia, larga m 1,70 e lunga circa m 50, assai insabbiata e corrosa dall'azione dei marosi, si trova sul suo lato occidentale.Sullo stesso lato è collocata un'apertura larga m 25. Una seconda gettata cementizia, lunga circa m 40 e larga m 2,5, è situata a nord.
La profondità interna sulla sabbia è mediamente di 7 metri. L'interno di questo specchio d'acqua era almeno parzialmente occupato da vivai, oggi quasi completamente insabbiati.

Le parti affioranti si riducono ad appena tre vasche: una più grande di m 11 x 20, altre due più piccole rispettivamente di m 6 x 10 e m 4,5 x 5.

Alcuni particolari, quali la sommità dei monoliti con scanalatura per lo scorrimento delle paratie (ancora in sito) che emerge di poco dalla sabbia, e la presenza di aggetti (larghi da cm 75 a 100), a tratti visibili lungo il lato orientale del bacino, fanno ritenere che più a nord si trovino altri vivai occultati dalla rena, per un'estensione di oltre 75 metri.

I dati raccolti suggeriscono quindi l'immagine di una peschiera suddivisa in vasche, realizzata interamente in acqua, protetta da piloni in opera cementizia e situata all'interno di una «darsena».
L'ampiezza dell'ingresso (m 25) di questo vasto e riparato specchio d'acqua suggerisce tuttavia un'utilizzazione complementare come approdo; se questa ipotesi fosse corretta, si tratterebbe del primo riscontro archeologico all'epigrafe degli embaenitarii piscinenses, rinvenuta, com'è noto, nel
secolo scorso.

Questa epigrafe ricorda l'esistenza di un corpo di battellieri attivi nelle piscinae imperiali su «triremi». Le proporzioni del bacino, la contiguità con piscinae in litore constructae e l'appartenenza al demanio imperiale della villa già pisoniana — oltre all'unicità di questa installazione in Baia — sembrano deporre per l'identificazione di queste strutture con il complesso ricordato nell'epigrafe degli embaenitarii.

La gettata cementizia ubicata tra i due approdi ha una lunghezza, a partire dal lato meridionale della villa, di circa m 155 ed una larghezza massima di m 80; si trova alla profondità media di m 6 ed ha orientamento nord/sud.

Nella sua parte iniziale si eleva dalla sabbia di circa m 2 sul lato est e di appena m 1 ad ovest. Era protetta all'esterno da un poderoso sbarramento di pilae (lungo m 165), che si spinge verso est oltre m 75 riparando l'area sud-orientale della villa dove sono allocate delle cisterne, una banchina (larga da m 7 a 12) ed alcuni magazzini, lunghe stanze rettangolari di m 22,50 x 2,90 ed orientamento nord/sud; altri più piccoli misurano mediamente m 6,50 x 4. L'ultimo vano ad ovest reca tracce di pavimentazione in tessellato.

Ad est della villa dei Pisoni, collegata con un'arcata laterizia all'area termale, si diparte un'altra gettata cementizia (lunga m 420) in direzione di Puteoli.

Il fondale a nord della villa, tra la facciata a esedre (scaenae frontes) e le terme di Punta dell'Epitaffio, per una lunghezza di oltre 75 metri non mostra la presenza di ruderi sommersi. Qualche ipotesi può però formularsi in base ad alcune osservazioni: il muro a scaenae frontes reca almeno un esempio di ornato pittorico con un'incannucciata dorata su sfondo scarlatto. Potrebbe testimoniare un affaccio su uno spazio verde?

Il bacino del ninfeo a emiciclo è bordato da una colonna (dal diametro di cm 120) in tufelli di grosso spessore. Potrebbe essere il porticato di un parco?

I nuovi dati acquisiti sulle sue opere marittime, ed in special modo sui due approdi, permettono di
precisare che la villa venne realizzata in larga parte in mare, mediante cassoni stagni colmati di conglomerato cementizio.

E stato recentemente ritenuto che solo il quartiere marittimo della villa fosse stato edificato in acqua, ma l'estensione del rilievo a questi nuovi settori consente ora di collocare il limite dell'antico arenile in posizione più arretrata, sicché l'ampio viridarium ed i relativi ambulacri appaiono realizzati conquistando spazio sul mare. L'arretramento» della costa antica conferisce nuovo vigore alle testimonianze di Orazio e di altre fonti, che vedevano come manifestazione di presunzione sovrumana gli sforzi delle maestranze impegnate ad incrementare il lido innalzando selve di colonne là dove erano le onde.

Inoltre i vani residenziali: invece di essere disposti su ambo i lati brevi del cortile centrale, si addensavano particolarmente sulla parte occidentale, alle spalle dell'ampio approdo che proteggeva i bacini delle peschiere. Qui il rilievo ha restituito, su un'ampia superficie, resti di ambienti di forma rettangolare con grandi colonne sui lati e spezzoni murari sparsi, purtroppo poco leggibili a causa della coltre di sabbia che li ricopre.


Dalla villa dei Pisoni al canale di accesso al baianus lacus

Nuovi vani si sono aggiunti a quelli precedentemente rilevati, evidenziando talvolta i resti di pregevoli decorazioni musive e di crustae parietali e pavimentali. È stata completata la pianta del vano con pavimentazione in mosaico bianco e nero a figure geometriche posto nell'angolo nord-est dell'atrio della villa. Esso misura m 4,75x5,50 e presenta un incasso nella parete orientale largo cm 150 e profondo cm 27; la sua soglia d'ingresso, larga cm 110, è costituita da due lastre in marmo bianco inframmezzate da tessellato.

DEA SEDUTA
I due vani (di m 8,20X5,40) che si aprono ad est dell'atrio sono intercomunicanti.

Quelli più interni, di dimensioni più modeste, hanno risentito maggiormente dell'azione dei marosi e recano tracce di pavimentazione in tessellato e in marmo, come e testimoniato dalla presenza dei segni di allettamento lasciati dalle lastre scomparse. 

I piani di calpestio giacciono alla profondità media di m 5.
Gli ambienti della villa si spingono, a partire dalla strada, per circa m 57 verso est, fino a giungere sul litorale antico. 
Qui la piattaforma cementizia si insinua verso terra sia sul lato nord che a sud dell'area indagata, ha un salto sulla sabbia di metri 1-1,50 e segna la parte ultima dei ruderi sommersi a nord del canale di accesso al lago baiano. 

È da approfondire, in quest'area come pure sul lato meridionale della villa dei Pisoni, l'analisi delle tecniche di gettata del calcestruzzo direttamente in acqua: sono infatti qui perfettamente evidenti le impronte lasciate nel cementizio dai pali (alcuni dei quali ancora in sito) impiegati per la realizzazione delle casseforme. Le impronte lasciate dalla palificata verticale hanno un diametro di cm 20-25 ad intervalli di cm 40-60. Le travi orizzontali hanno lasciato cavità larghe cm 20-25, ad intervalli di cm 120-170.

Il disegno sempre più articolato di questo notevole nucleo monumentale lascia intuire anche vasti spazi scoperti, dall'indubbia funzione di cesura, finora nascosti alla vista da una distesa di sabbia.

La recente scoperta di una statua muliebre seduta su un seggio qualifica diversamente la maggiore di queste aree e ripropone l'esigenza di effettuare sondaggi esplorativi.
Poco oltre l'isolato descritto sono state localizzate le parti emergenti di una peschiera molto insabbiata.

I resti visibili (m 35 x 9) sono costituiti da un piccolo ambiente absidato (forse una vaschetta), annesso ad un vano (la cui pianta è stata rilevata in parte) dalla ricca pavimentazione marmorea e da due vasche rettangolari di m 8 x 4,50.

Sul retro è posta una canalizzazione lunga m 35 e larga m 1. La parte superiore di due cataractae in lastre di marmo bianco con fori di cm 2-3, emerge di poco dalla rena, mentre i canali per il ricambio idrico sono completamente insabbiati.

Tutta quest’area fino alla villa dei Pisoni, alle spalle del grande approdo, è quella che mostra le maggiori difficoltà sia per l'individuazione della costa antica sia per la lettura dei resti sommersi, difficilmente individuabili sotto la sabbia ed il notevole spessore della matta di posidonia.

Il nucleo maggiormente evidente si trova circa a 40 metri a nord della peschiera; se ne è rilevata una porzione di circa m 60 x 25. La planimetria, pur incompleta, indica un carattere residenziale del complesso. Dalle ricognizioni è risultato evidente un organismo rettangolare così articolato: il lato occidentale con diverse colonne di grosse dimensioni attestano l'esistenza di un portico.

Un lungo corridoio interno (m 42), bordato da colonnine (diam. cm 30), si affaccia su uno spazio recintato sottostante che fa pensare a un giardino. Tra i due portici, uno esterno e uno interno, si estendono degli ambienti a pianta quadrangolare, ripartiti in tre nuclei intervallati da altrettanti corridoi che hanno subìto modificazioni nel tempo: uno è stato lasciato libero, ma due di essi sono stati tamponati. I due organismi sulle ali sono ripartiti in più vani, rispettivamente quattro a sud e tre verso nord, mentre il vano centrale probabilmente dovette essere un oecus.

A meridione, due soglie larghe cm 190, di cui una in trachite, conducono ad un ampio spazio rettangolare con funzione di vestibolo: decentrato su un lato, un setto murario separa due ingressi che adducono al portico interno. Il lungo corridoio interno prosegue verso nord, giungendo ad altri ambienti, tutti da indagare ma di estremo interesse perché in uno dei vani è emerso un mosaico policromo: il pavimento è introdotto da una soglia ornata da una fascia con larga treccia a calice inquadrata da dentelli. 

Il tappeto musivo, nelle scarse parti superstiti che è stato possibile documentare, era animato da una trama di ottagoni, bordati da trecce e ornati, all'interno, da coloristiche rosette incorniciate da greche. 


La costa antica a sud della rada

Oltre l'area a sud del canale di accesso al baianus lacus ed i ruderi posti dinanzi ai cantieri navali di Baia, nell'insenatura compresa tra i cantieri navali ed il Castello Aragonese, il rilievo ha restituito alcuni ambienti ed un molo di epoca romana.

MOSAICO POLICROMO
Non tutto è andato perduto nonostante i danneggiamenti perpetrati con le sciagurate colmate dell'inizio del secolo, gli improvvidi dragaggi per aumentare la profondità del porto, i pesanti ancoraggi delle navi e non ultime le carcasse di navi che vanno ad adagiarsi sul fondale distruggendo l'area archeologica.

Una di queste carcasse è andata ad incagliarsi proprio su un molo romano, del quale è attualmente visibile la sola testata, assai danneggiata, che emerge due metri dalla sabbia a 140 metri dalla costa. Il molo è in cementizio e sulla testata (larga m 18), arrotondata all'estremità, si impostano un muretto curvilineo (alto cm 50 e spesso cm 120) ed alcune pietre di ormeggio.

Il rilievo degli ambienti sotto la riva è appena agli inizi e mostra solo scarse presenze. Si tratta di vani ad un metro di profondità (che misurano m 4,18x2,10 e 4,15x4,15) e si configurano come ambienti prospicienti il mare di una villa romana ancora sconosciuta, di cui altri resti
sono visibili sulla terraferma tra la vegetazione.

Un interesse particolare riveste l'area della Secca Fumosa, una poderosa barriera frangiflutti posta sul litorale dell'antico lago Lucrino, in posizione mediana tra i resti della villa dei Pisoni a Baia e il canale di accesso al Portus Julius.

Obiettivo della ricerca è l'individuazione del limite costiero del Lucrino, di cui oggi resta ben poco a causa del fenomeno bradisismico e dell'eruzione del Monte Nuovo.

Strabone (Geogr., V, 4, 6) e Diodoro Siculo (Bibl. H., IV, 22) lo descrivono come un istmo sabbioso su cui correva la via Herculanea, che Strabone (ibidem) stima lunga otto stadi (circa m 1500). 

La distanza che separa la villa baiana dal porto Giulio è all'incirca di un chilometro e mezzo. Sono state, per il momento, esplorate le estremità orientale ed occidentale, ancora visibili, della gettata sommersa, rispettivamente lunghe m 440 e 420. 

Percorrendo l'estremità orientale che è larga mediamente m 10 ed è rinforzata da una scogliera di massi di trachite, a 160 metri ad ovest del canale del porto Giulio si sono rinvenuti, su una superficie

di circa m 30X20, resti di ambienti che hanno il pavimento poggiato su suspensurae e la tipica pianta rettangolare allungata degli horrea".
RESTI RIAFFIORATI A NORD DEL CASTELLO ARAGONESE


ULTERIORI AGGIORNAMENTI

Un fortunato volo aereo ha permesso di localizzare il canale di accesso al Baianus lacus menzionato da alcune fonti letterarie.

Il canale ottenuto dal taglio dell'istmo sabbioso che separava il lago dal mare, è largo 32 metri ed è delimitalo da due moli (lunghi circa 230 metri e larghi 9). La sua profondità varia, a causa dell'insabbiamento, da 8 metri all'estremità orientale fino a raggiungere m 6,50 all'estremità occidentale. I moli hanno la sommità posta alla profondità di circa m 6; hanno le testate ovest arrotondate e sono stati realizzati in calcestruzzo a scheggioni di tufo disposti in strati (dimensioni dei caementa circa cm 30x30).

Il conglomerato cementizio fu gettato entro cassoni lignei (arcae) testimoniati dalla presenza dei tipici fori lasciati dai pali di costruzione. In qualche caso sono ancora perfettamente conservati i pali ed il tavolato della cassaforma.

Il molo nord, lungo m 209, nel suo primo tratto di m 63 a partire da est è conservato frammentariamente. Successivamente è posto a m 6 sotto il livello del mare, si eleva di m 1,80 dal fondo e presenta ampie sbrecciature laterali che ne riducono la larghezza a m 6,50. A metà del suo percorso sono già vistosi gli effetti dell'insabbiamento: la sommità si trova a un metro dalla sabbia per abbassarsi a soli cm 50 spostandosi verso la testata occidentale. Nella sua parte ultima il manufatto sparisce sotto i sedimenti per poi riaffiorare con una larghezza di m 9,50 fino alla sua conclusione.

Il molo sud è lungo m 232. La sua testata è larga m 9,50 e giace a m 5,50 di profondità. A sud di questa, per qualche tempo è stata visibile parte di un cassone dissabbiato dall'elica di una nave. Il cassone era addossato alla gettata del molo; dal fondale affioravano in tutta la loro altezza due pali, del diametro di circa cm 20, e tavole larghe 15 centimetri impostate su una trave spessa cm 13. La testata, anch'essa in parte dissabbiata, perfettamente conservata, non mostrava alcun paramento, ma recava ben leggibili le impronte lasciate nel cementizio dalle palanche di costruzione.

FRAMMENTO DI COLONNA
Procedendo verso est, fra i 30 e gli 80 metri dalla testata si trova il tratto più significativo, per la presenza di elementi relativi alla tecnica di costruzione del molo di tipo a fondazione continua. Il rilievo dei fori dei pali e delle impronte delle travi, ben visibili in quest'area, mostra che il cementizio fu gettato entro casseforme le cui paratie erano sorrette per mezzo di un'ossatura di pali infissi nella sabbia e travi (catenae)
orizzontali ed oblique, atta a contrastare la spinta della colata di calcestruzzo.

Le travi orizzontali attraversavano la gettata da parte a parte, lasciandovi cavità del diametro di cm 60-70, ed erano collegate a sette pali montanti interni (diametro cm 20-25) infissi nel fondale.
Attualmente nella gettata se ne contano soltanto cinque, che si alternano a sinistra e a destra di ogni trave, ma evidentemente altri due pali erano posti sui bordi all'interno delle paratie.

Le catene oblique hanno lasciato impronte di cm 20 circa.
L'intervallo tra una trave orizzontale e l'altra è di m 2,50; quello tra i pali è di m 2.
Dai dati raccolti si può ipotizzare che la larghezza di una cassa era di circa 10 metri, e che la costruzione del molo fu realizzata mediante l'accostamento di più gettate.

La linea di giunzione tra due gettate non presenta parti di legno, in quanto al blocco cementizio già solidificato furono accostate soltanto tre paratie, procedendo così man mano verso il largo. Evidentemente la paratia interna veniva rimossa per permettere alla malta delle due colate di ben aderire.

Nel tratto successivo, dagli 80 fino a 127 m dalla testata, il manufatto è frammentario e il fondale è ricoperto di pietrame frammisto a blocchi di cementizio di maggiori dimensioni.
Più avanti, fino ai 200 metri, è in buono stato di conservazione (profondità m 6). La parte finale è assai danneggiata e dalla sabbia affiorano alcuni grossi blocchi isolati.
Il rilievo del canale e l'articolato disegno di moli, darsene, peschiere ed edifici che si spingono lino alla Punta dell'Epitaffio a nord e lungo l'intero versante meridionale fino ai cantieri FIART, hanno permesso di accertare, proprio al centro della rada di Baia, la presenza del Baianus lacus, del quale è ora possibile tracciare il contorno.

La sua sponda orientale, come si è detto, era fittamente edificata; la riva meridionale, anch'essa edificata, è stata fagocitata dalla colmata del 1913, sulla quale insistono gli attuali cantieri navali.
Occupata da edifici era anche la sponda occidentale, corrispondente alla banchina del porto moderno che poggia sulla parte marittima di ville che dal crinale collinare giungevano fino al mare.
Infine, la spiaggia settentrionale certamente nasconde altre testimonianze, come dimostrano le strutture lungo la battigia e come rivela la fotografia aerea nelle immediate adiacenze del pontile Coppola.




LE STRUTTURE DEL VERSANTE MERIDIONALE

A sud del canale di ingresso al Baianus lacus, nell’area maggiormente danneggiata dai transito e dagli ancoraggi delle navi dirette al molo del porto di Baia, è stato rintracciato un nucleo edilizio includente una banchina, alcune pilae e ciò che resta delle fondamenta di ambienti di difficile lettura.
Gli ambienti in opus caementicium sono posti a m 30 dal canale ed occupano una superficie di m 88x43. Il muro perimetrale est (m 78 x 4) ed i muri ortogonali interni (m 19 x 2) mostrano scalfitture dovute all'uso di sorbone di elevata potenza, usate per aumentare la profondità del porto, ed ai pesanti ancoraggi.

Sul lato nord è visibile un muro in cementizio (m 18 x 3) con parte del tavolato della cassaforma in legno di abete. Le tavole (cm 25 a 30 x 5) si impostano su un longherone largo e spesso cm 9. Pali montanti (diam. cm 16-18) sono infissi, ad intervalli di circa un m, lungo il perimetro esterno della cassa e sono connessi al longherone mediante assicelle inchiodate.
Per irrobustire la struttura, tra i pali montanti e la traversa sono stati battuti dei cunei di legno.

La malta pozzolanica fu quindi colata direttamente in acqua entro una cassaforma lignea, le cui paratie erano vincolate a pali infissi nel fondo ed a travature interne.
Nelle immediate vicinanze giace un frammento di colonna (cm 65, diam. 35) dal paramento in reticolato (cm 7x7) (fig. 3), un frustulo in tessellato (cm 1x1), un frammento di colonna marmorea e ad alcune lastrine e cornici di marmo recuperate nel 1986, testimoniano il tenore degli ambienti di quest'area, oggi purtroppo completamente distrutti.
Poco più a sud, una banchina in cementizio (m 47 x 20) affiora di un m dalla sabbia; su di essa una piccola cisterna in cocciopesto ed una fistula plumbea per il deflusso dell'acqua è quanto è sfuggito alla posa della scogliera del molo moderno dei cantieri OMLIN.
Tre pilae sono collocate a protezione dell'area archeologica: una (m 7x7) si eleva per 2 m dal fondo ed è ben conservata, altre due sono in frammenti.

Proseguendo verso sud, nell'area sommersa immediatamente ad est dei Cantieri di Baia è stato ultimato il rilievo degli ambienti scampati alla colmata dell'inizio del secolo.
La colmata, fortunatamente, ha risparmiato la parte ultima dei ruderi sommersi: il rilievo completo delle strutture superstiti mostra una banchina in opera cementizia, lunga m 50, posta alla profondità di 5 m e protetta all'esterno da pilae.
Su di essa pochi ambienti in opera reticolata (tufelli di cm 8x8 o 9x9), di incerta destinazione, sono ricolmi di detriti eterogenei.



L’ANTICA LINEA DI COSTA

Il rilievo della villa dei Pisoni, e, poco più ad ovest, di una peschiera di un'area termale e di una villa con ingresso a protiro, ha precisato l'andamento dell'antica linea di costa a nord della rada.

La successione di moli e peschiere evidenziata all'altezza dei Cantieri Navali di Baia e del Castello Aragonese precisa invece l'andamento della costa antica a sud.

I dati raccolti confermano che l'antico cordone sabbioso era posto 160-180 metri al largo di Punta dell'Epitaffio, e che verso sud giungeva fin oltre gli attuali cantieri, mentre verso est si spingeva fino al porto di Puteoli, separando il lago Lucrino dal mare.
Lungo il litorale, dalla punta dell'Epitaffio al Castello Aragonese, sono ancora oggi visibili in pochi metri di fondo i grossi e numerosi piloni messi a protezione delle ville marittime.

La costa antica è un susseguirsi di moli, peschiere ed approdi privati di ville, molte delle quali si spingevano finanche nel mare.

La villa dei Pisoni, situata 130 m a sud-est di Punta dell'Epitaffio, ebbe due approdi, ad est e ad ovest del nucleo centrale. Essa venne edificata in larga parte nel mare mediante cassoni lignei colmati di conglomerato cementizio. Nell'angolo sud dell'ampio cortile interno della villa, dove le onde hanno scavato oltre un m al disotto dell'antico piano di calpestio, si conserva il tavolato di una cassaforma.

I resti archeologici si spingono per più di 200 metri oltre l'antica spiaggia e confermano l'osservazione di Orazio e di altre fonti, che vedevano come manifestazione di presunzione sovrumana gli sforzi delle maestranze impegnate ad incrementare il lido innalzando selve di colonne là dove erano le onde.


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