Orange è un comune francese del dipartimento della Vaucluse nella regione della Provenza-Alpi-Costa Azzurra, a circa 21 km a nord di Avignone.
L'arco e il teatro romani di Orange sono stati inseriti nel 1981 nella lista dei Patrimoni mondiali dell'umanità dall'UNESCO.
DA ACCAMPAMENTO A COLONIA
A causa della minaccia determinata di invasioni da parte di Cimbri e di Teutoni, provenienti da nord, i romani crearono un accampamento militare sulla collina di Sant'Eutropia, per controllare la via della valle del Rodano.
LATO POSTERIORE DEL TEATRO |
Il nome della colonia è tramandato da Plinio il Vecchio e da un'epigrafe latina.
Questa venne occupata dai veterani della Legio II Gallica, cioè Colonia degli uomini della II, fedelissimi alla gens Iulia, che fa pensare a un legame con i veterani di una II Legione. Il termine gallica suggerisce un suo probabile impiego in Gallia, o contro i Galli, gestito in ogni caso con onore.
Vi furono inviati altri coloni all'epoca di Vespasiano, che fece redigere nel 77 d.c. un catasto scolpito su marmo (les Cadastres), attualmente conservato al Museo Municipale e le dette il nome di Colonia Flavia Tricastinorum.
Vi passava la strada costruita da Agrippa tra Arles e Lione, e un'altra strada romana che conduceva a Vaison. La cinta muraria circondava un abitato di circa 70 ettari e comprendeva gran parte della collina di Sant'Eutropia, estendendosi verso nord per circa un km. La città appartenne alla provincia romana della Gallia Narbonense.
RICOSTRUZIONE DEL TEATRO |
LE MURA ROMANE
All'entrata del cimitero di Peyron si trovano i resti di una porta e di una torre della cinta fortificata di epoca romana. La torre, per lungo tempo creduta un edificio termale, potrebbe essere identificata con la tour Gloriette dei trovatori.
All'entrata del cimitero di Peyron si trovano i resti di una porta e di una torre della cinta fortificata di epoca romana. La torre, per lungo tempo creduta un edificio termale, potrebbe essere identificata con la tour Gloriette dei trovatori.
IL TEATRO ROMANO
Edificato in epoca augustea, tra il I sec. a.c. e il I sec. d.c., deve la sua fama all'ottima conservazione della scena e del muro retrostante, che raggiunge un'altezza di 37 m e una lunghezza di 103 m.
La decorazione della scena e le statue appartengono ad un rifacimento dell'epoca di Antonino Pio. I blocchi sporgenti in cima al muro, sulla facciata esterna, erano utilizzati per fissare il velario che proteggeva gli spettatori dal sole.
Il teatro segue lo schema tradizionale del teatro romano, con i gradini della cavea (37 file per 9.000 spettatori circa) disposti a semicerchio intorno all'orchestra. La cavea è in parte sostenuta da sostruzioni, e in parte si addossa alla collina di Sant'Eutropia.
La sua acustica notevole, dovuta alla conservazione della scena, consente di adoperarlo tuttora per il festival musicale delle Chorégies.
PIANTA DEL TEATRO |
Il teatro segue lo schema tradizionale del teatro romano, con i gradini della cavea (37 file per 9.000 spettatori circa) disposti a semicerchio intorno all'orchestra. La cavea è in parte sostenuta da sostruzioni, e in parte si addossa alla collina di Sant'Eutropia.
La sua acustica notevole, dovuta alla conservazione della scena, consente di adoperarlo tuttora per il festival musicale delle Chorégies.
L'ARCO DI ORANGE |
L'ARCO DI ORANGE
L'arco, a tre fornici, segnava l'ingresso della città romana di Arausio (oggi Orange) dal lato nord e scavalcava una delle vie costruite in Gallia da Agrippa, che dalla capitale provinciale di Lugdunum (Lione) conduceva al Mediterraneo e quindi verso Roma.
L'arco venne probabilmente eretto negli anni 20-25 d.c., dedicato a Germanico, figlio adottivo di Tiberio e comandante della II legione, morto nel 19, per commemorare le sue vittorie. L'arco fu in seguito ridedicato a Tiberio nel 26-27 d.c. e in tale occasione fu aggiunta la dedica.
In epoca medievale fu fortificato e inserito in un bastione avanzato di difesa della città. Fu restaurato negli anni 1820 dall'architetto Auguste Caristie, che lo liberò dai contrafforti utilizzati per la sua fortificazione e dalle strutture che gli erano state addossate e rimpiazzò le parti mancanti o troppo danneggiate. Un restauro e pulitura dell'arco si è concluso nel 2009.
L'arco è stato inserito nel 1840 nella prima lista dei monumenti storici francesi. Dal 1981 è inserito con il teatro romano della città tra i Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
L'arco è edificato in opus quadratum on blocchi di pietra locale e misura 19,57 m di larghezza x 8,40 con un'altezza di m 19,21.
Sui lati maggiori fra i fornici e agli angoli sono presenti semicolonne corinzie rialzate su piedistalli che sorreggono la trabeazione principale sui quattro lati.
Sui lati maggiori fra i fornici e agli angoli sono presenti semicolonne corinzie rialzate su piedistalli che sorreggono la trabeazione principale sui quattro lati.
Al di sopra di questa si trova un doppio attico, che sporge nella parte centrale, dove lo spazio dell'attico inferiore è occupato da un frontone.
L'attico superiore doveva fungere da basamento per delle statue monumentali di bronzo, oggi scomparse come quasi tutte quelle analoghe sopra gli archi romani, fuse per ricavarne bronzo per le armi da guerra ma soprattutto per cancellare le tracce di un impero glorioso con la sua antica religione di cui si volle cancellare ogni ricordo in nome del Dio unico.
I lati corti dell'arco sono decorati con quattro semicolonne che sorreggono la trabeazione e un frontone con arco centrale, che occupa lo spazio dell'attico inferiore.
Su molte delle superfici libere dell'arco sono presenti rilievi.
Su molte delle superfici libere dell'arco sono presenti rilievi.
Sulla facciata principale gli spazi sopra i fornici minori e sotto la trabeazione sono decorati da rilievi con cumuli di armi, tra le quali alcuni scudi presentano iscrizioni con nomi, interpretati come i nomi degli scultori, ovvero come nomi di famosi fabbricanti.
Sempre in corrispondenza dei fornici laterali, l'attico inferiore è decorato con pannelli raffiguranti delle spoglie navali, come prue di navi, ancore, tridenti.
Il fregio della trabeazione principale mostra sui quattro lati del monumento un fregio con combattimenti tra Galli e Romani, rappresentati come una serie di duelli.
Il fregio della trabeazione principale mostra sui quattro lati del monumento un fregio con combattimenti tra Galli e Romani, rappresentati come una serie di duelli.
I Galli dai lunghi capelli combattono nudi e armati di scudi, mentre i Romani indossano la tunica e talvolta la corazza.
I personaggi sono di fattura grossolana, con mani e piedi sproporzionati.
Nella parte centrale dell'attico superiore, che doveva sorreggere un grande gruppo scultoreo equestre, si trovano dei pannelli con scene di battaglia.
Nella parte centrale dell'attico superiore, che doveva sorreggere un grande gruppo scultoreo equestre, si trovano dei pannelli con scene di battaglia.
Vi partecipò la II legione Gallica, riconoscibile dal suo emblema con il capricorno, presente sullo scudo di un ufficiale.
Intorno al rilievo, privo di incorniciatura, i blocchi della muratura presentano numerosi fori disposti irregolarmente, che dovevano servire a fissare elementi decorativi in bronzo regolarmente depredati e scomparsi.
Tra le colonne dei lati corti sono presenti altorilievi con trofei, ai piedi dei quali sono mostrati due prigionieri barbari incatenati. Gli altorilievi sul lato ovest sono in gran parte frutto della ricostruzione ottocentesca.
Iscrizione
Sui lati lunghi dell'arco la fascia inferiore dell'architrave della trabeazione principale recava un'iscrizione con lettere in bronzo, applicate per mezzo di grappe di cui restano visibili i fori, in particolare sul lato nord.
Dallo studio delle cavità per grappe fu proposta nel 1862 da Pierre Herbert una prima lettura dell'iscrizione: IMP CAIO I CÆ AVGVSTI DUVI I FIL ÆGYPT TRP XI COMAT TRIBVT GERMANIA VICTA
COH XXXIII VOLVNT COLONIA ARAUS I SECVNDAN HVNC ARC DED PVBLICE
"Imp(eratori) Caio I(ulio) Cæ(sari) Augusto divi I(ulii) fil(io) Ægypt(o) Tr(ibunicia) P(otestate) XI comat(a) tribut(aria) Germania victa
Coh(ors) XXXIII volunt(ariorum) (et) colonia Araus(io) I(iulia) Secundan(orum) hunc arc(um) ded(icavit) publice"
Nell’arco di Orange i tre fornici sono inquadrati da semicolonne e tre quarti di colonna di ordine corinzio posti su alti piedistalli, mentre i loro piedritti sorgono direttamente da una base a livello del suolo; il tratto della trabeazione in lieve risalto in corrispondenza del fornice centrale sorregge un timpano sull’attico, anch'esso decorato.
In tempi successivi fu elevato un secondo attico con forti rilievi in corrispondenza sia del fornice centrale sia dei fornici laterali.
L'arco è carico di rilevi e di fitte decorazioni: girali vegetali negli stipiti, ghirlande negli archivolti, trofei di armi di ogni genere negli spazi sopra i fornici laterali e nelle ali del primo attico, oltre ai relitti di una battaglia navale nel secondo attico.
Gruppi statuari coronavano probabilmente l’ultimo attico, il che confermerebbe l'ipotesi che l’arco arausio facesse parte dei monumenti celebrativi per la morte di Germanico (19 d.c.) volute dal Senato secondo le prescrizioni della Tabula Siarensis.
La Tabula Siarensis è una iscrizione lacunosa, recuperata nel 1982 in due frammenti provenienti probabilmente dal sito dell’antica Siarum, la colonia romana posta a 15 km da Utrera, nella provincia di Siviglia, recante le disposizioni votate dal Senato di Roma nel 19 d.c. a proposito degli onori funebri da tributare al defunto Germanico.
Le disposizioni votate dal Senato romano a proposito degli onori funebri dedicati a Germanico sono narrate da Tacito nel libro II degli Annales, al capitolo 83, e testimoniate più volte epigraficamente, dalle seguenti iscrizioni su bronzo:
- la Tabula Siarensis, conservata nel museo di Siviglia;
- il frammento romano CIL VI 31199a, perduto;
- la Tabula Hebana, conservata nel museo di Grosseto (d’ora in poi abbreviata Tab. Heb.);
- il frammento di Todi (Baschi), al Museo Nazionale di Napoli;
- un frammento scoperto di recente a Carissa Aurelia nella Betica, il cui testo è sovrapponibile
a quello della Tab. Heb.
La Tabula Siarensis contiene, in due frammenti non riaccostabili, il testo lacunoso delle decisioni
prese dal Senato di Roma, su consiglio dell’imperatore Tiberio, in onore di Germanico, morto ad Antiochia il 10 ottobre del 19 d.c,
Iscrizione
Sui lati lunghi dell'arco la fascia inferiore dell'architrave della trabeazione principale recava un'iscrizione con lettere in bronzo, applicate per mezzo di grappe di cui restano visibili i fori, in particolare sul lato nord.
Dallo studio delle cavità per grappe fu proposta nel 1862 da Pierre Herbert una prima lettura dell'iscrizione: IMP CAIO I CÆ AVGVSTI DUVI I FIL ÆGYPT TRP XI COMAT TRIBVT GERMANIA VICTA
COH XXXIII VOLVNT COLONIA ARAUS I SECVNDAN HVNC ARC DED PVBLICE
"Imp(eratori) Caio I(ulio) Cæ(sari) Augusto divi I(ulii) fil(io) Ægypt(o) Tr(ibunicia) P(otestate) XI comat(a) tribut(aria) Germania victa
Coh(ors) XXXIII volunt(ariorum) (et) colonia Araus(io) I(iulia) Secundan(orum) hunc arc(um) ded(icavit) publice"
Ne consegue che l'iscrizione dati l'arco al 12 a.c. confermando la città come colonia romana fondata dai veterani della legione cesariana. Le vittorie a cui l'iscrizione si riferisce furono la battaglia di Azio nel 31 a.v. di Ottaviano in Egitto e le vittorie di Druso sui Germani nel 12 a.c.
In seguito a studi più recenti la lettura dell'iscrizione della trabeazione principale è stata modificata:
TI CAESAR DIVI AVGUSTI F DIVI IVLI NEPOTI AVGVSTO PONTIFICI MAXI
POTESTATE XXVIII IMPERATORI IIX COS IIII RESTITVIT R P COLONIAE (ovvero alla fine RESTITVTORI COLONIAE)
"Ti(berio) Caesar(i), divi Augusti f(ilio), divi Iuli nepoti Augusto, pontifici max(imo)
(tribunicia) potestate XXVIII, imperatori IIX, co(n)suli IIII restituit R(es) p(ublica) coloniae (ovvero restitutori coloniae)"
A Tiberio Cesare, figlio del divo Augusto, nipote del divo Giulio, Augusto, pontefice massimo, che ha esercitato per la XVIII volta la potestà tribunicia, imperatore per l'ottava volta, console per la quarta volta restituì la colonia (ovvero restitutore della colonia)
La datazione appare essere spostata al 26 -27 d.c., in occasione di una restituzione di terre da parte di Tiberio o per una strana "restituzione" dell'arco a questo imperatore. L'iscrizione sarebbe stata collocata in epoca successiva alla prima costruzione dell'arco, su una zona non normalmente destinata a quest'uso.
In seguito a studi più recenti la lettura dell'iscrizione della trabeazione principale è stata modificata:
TI CAESAR DIVI AVGUSTI F DIVI IVLI NEPOTI AVGVSTO PONTIFICI MAXI
POTESTATE XXVIII IMPERATORI IIX COS IIII RESTITVIT R P COLONIAE (ovvero alla fine RESTITVTORI COLONIAE)
"Ti(berio) Caesar(i), divi Augusti f(ilio), divi Iuli nepoti Augusto, pontifici max(imo)
(tribunicia) potestate XXVIII, imperatori IIX, co(n)suli IIII restituit R(es) p(ublica) coloniae (ovvero restitutori coloniae)"
A Tiberio Cesare, figlio del divo Augusto, nipote del divo Giulio, Augusto, pontefice massimo, che ha esercitato per la XVIII volta la potestà tribunicia, imperatore per l'ottava volta, console per la quarta volta restituì la colonia (ovvero restitutore della colonia)
La datazione appare essere spostata al 26 -27 d.c., in occasione di una restituzione di terre da parte di Tiberio o per una strana "restituzione" dell'arco a questo imperatore. L'iscrizione sarebbe stata collocata in epoca successiva alla prima costruzione dell'arco, su una zona non normalmente destinata a quest'uso.
Nell’arco di Orange i tre fornici sono inquadrati da semicolonne e tre quarti di colonna di ordine corinzio posti su alti piedistalli, mentre i loro piedritti sorgono direttamente da una base a livello del suolo; il tratto della trabeazione in lieve risalto in corrispondenza del fornice centrale sorregge un timpano sull’attico, anch'esso decorato.
TRIONFO NAVALE |
L'arco è carico di rilevi e di fitte decorazioni: girali vegetali negli stipiti, ghirlande negli archivolti, trofei di armi di ogni genere negli spazi sopra i fornici laterali e nelle ali del primo attico, oltre ai relitti di una battaglia navale nel secondo attico.
DA SINISTRA: GIULIANO DA SAN GALLO, DISEGNO DEL LATO OVEST DELL'ARCO DI ORANGE CENTRO: MANTOVA CHIESA DI SAN SEBASTIANO DESTRO: SANTA MARIA DELLA PACE A ROMA |
Anche i fianchi vennero poi decorati scolpendovi quattro colonne incassate nel piano e negli angoli, con la trabeazione interrotta e sormontata da un arco 'siriaco' che invade il timpano soprastante.
Si dice siriaco in quanto attestato nella città di Seia in Siria, in un edificio ellenistico elevato sul finire del I sec. a.c.: nel tempio, dedicato alla divinità locale Dusharaa.
Si dice siriaco in quanto attestato nella città di Seia in Siria, in un edificio ellenistico elevato sul finire del I sec. a.c.: nel tempio, dedicato alla divinità locale Dusharaa.
In pittura invece l’arco interrotto era apparso a Pompei sulle pareti dell’oecus corinzio della Casa del Labirinto e riapparirà nelle tombe rupestri di Petra del II sec. d.c.
Il fianco dell'Arco di Oranges e in particolare il modello dell'arco spezzato sarà diffuso tra gli architetti del Rinascimento grazie a un noto disegno di Giuliano da Sangallo. Mantenuto fino alla Roma umbertina e oltre.
Il fianco dell'Arco di Oranges e in particolare il modello dell'arco spezzato sarà diffuso tra gli architetti del Rinascimento grazie a un noto disegno di Giuliano da Sangallo. Mantenuto fino alla Roma umbertina e oltre.
Gruppi statuari coronavano probabilmente l’ultimo attico, il che confermerebbe l'ipotesi che l’arco arausio facesse parte dei monumenti celebrativi per la morte di Germanico (19 d.c.) volute dal Senato secondo le prescrizioni della Tabula Siarensis.
La Tabula Siarensis è una iscrizione lacunosa, recuperata nel 1982 in due frammenti provenienti probabilmente dal sito dell’antica Siarum, la colonia romana posta a 15 km da Utrera, nella provincia di Siviglia, recante le disposizioni votate dal Senato di Roma nel 19 d.c. a proposito degli onori funebri da tributare al defunto Germanico.
Le disposizioni votate dal Senato romano a proposito degli onori funebri dedicati a Germanico sono narrate da Tacito nel libro II degli Annales, al capitolo 83, e testimoniate più volte epigraficamente, dalle seguenti iscrizioni su bronzo:
- la Tabula Siarensis, conservata nel museo di Siviglia;
- il frammento romano CIL VI 31199a, perduto;
- la Tabula Hebana, conservata nel museo di Grosseto (d’ora in poi abbreviata Tab. Heb.);
- il frammento di Todi (Baschi), al Museo Nazionale di Napoli;
- un frammento scoperto di recente a Carissa Aurelia nella Betica, il cui testo è sovrapponibile
a quello della Tab. Heb.
La Tabula Siarensis contiene, in due frammenti non riaccostabili, il testo lacunoso delle decisioni
prese dal Senato di Roma, su consiglio dell’imperatore Tiberio, in onore di Germanico, morto ad Antiochia il 10 ottobre del 19 d.c,