PALAZZO SILVESTRI SULLA VELIA NEL 2019 |
La Velia era un'altura di Roma, alta circa 40 metri, posta tra il colle Palatino e il colle Oppio, una delle propaggini dell'Esquilino (58,3 metri su viale di Monte Oppio). Oggi scomparsa, era una propaggine del colle Esquilino, Rione Monti, Roma. Il colle, con il Palatino e il Campidoglio, ed era una delle cime che naturalmente sovrastavano l'area dove sarebbe sorto il Foro Romano.
La Velia era un colle a carattere residenziale, che aveva ai lati la depressione dell'area dei Pantani ove sorgevano i Fori Imperiali e sul lato più interno la depressione della Suburra e dall'altro lato la valle del Colosseo. Essa confinava con il quartiere delle Carinae, il settore occidentale del pendio meridionale dell'Esquilino, da cui era separato dal vicus Cyprius, (quello dove Tullia avrebbe ucciso il padre Servio Tullio, schiacciandolo con il suo carro trainato dai cavalli).
La Velia (talvolta indicata come Veliae = le Velie) era compresa nell'antichissima lista del Septimontium (i sette monti) e insieme al Palatino costituì una delle quattro regioni in cui il re Servio Tullio aveva diviso la città. Era costituita una piccola altura di forma rettangolare che raggiungeva il suo punto più alto dove oggi si trova la Basilica di Massenzio, praticamente la parte rimasta è quella all'altezza del clivo di Acilio, del Belvedere Cederna, il punto dove sorge la villa Rivaldi-Sivestri su via del Colosseo.
POSIZIONE DEL VELIA |
Tra i popoli albensi (o albani), che a seguito della distruzione di Alba Longa, furono costretti a trasferirsi a Roma, comunque equiparati nei diritti agli stessi romani, sono citati i Velienses, dal nome del colle che andarono a popolare.
MURO DI CONTENIMENTO PALAZZO SILVESTRI-RIVALDI |
Nel IX secolo, presso le rovine del tempio di Venere e Roma, fu fondata la chiesa di Santa Maria Nova, in seguito ridedicata come basilica di Santa Francesca Romana. Nel '500 sull'altura fu edificato Palazzo Silvestri-Rivaldi, i cui giardini si estendevano su gran parte della Velia, fino alla Basilica di Massenzio: la sommità di questa fu adibita a belvedere panoramico su Foro romano e Palatino.
MURO DI CONTENIMENTO BASILICA DI MASSENXIO |
ELEPHAS ANTICUUS |
ANDREA CARANDINI
La topografia di Roma è grandemente facilitata dal fatto che si articola in monti/colli e in bassure/valli, le quali hanno conservato ancora oggi i loro nomi antichi, per cui la conformazione dei luoghi aiuta a comprendere i limiti degli stessi rilievi e valli. Ciò non si verificherebbe se la città fosse stata in pianura, nella quale i toponimi vagherebbero, rendendo tutto assai incerto.
Vi è però un’eccezione rappresentata dal monte Velia, il secondo in grado d’importanza dopo il Palatium nel contesto del Septimontium. Si trattava di un monte piccolino, sede degli antichissimi Velienses, uno dei populi Albenses, villaggio che deve aver svolto un ruolo preminente, al tempo dei primi Latini, anteriormente al Septimontium e quindi ai centri/centro proto-urbano, quando probabilmente questo monte è sceso al secondo posto.
Allora è cominciata la fortuna del Palatium e del Cermalus, cioè del Palatino. Di questo monticello della Velia, interposto tra il Palatium e il Fagutal/Esquiliae (l’Esquilino), pertanto centralissimo, non resta quasi più nulla, salvo il lembo della villa Rivaldi. Gli altri tre lembi sono stati asportati, soprattutto da Nerone e dai Flavi, per dar luogo ai portici racchiudenti edifici pubblici e principeschi disposti lungo la nuova Sacra via tra i quali gli horrea flavi, la basilica di Massenzio, il vestibulum della residenza veliense della domus Aurea e il templum Pacis.
Per contenere le parti superstiti del monte erano servite, fin d’allora, cospicue opere murarie di contenimento. A completare la distruzione del monte è stato infine Mussolini con la sua pomposa via dell’Impero, la quale ha scassato sia la grande domus che sorgeva sulla sua cima, probabile residenza del praefectus Urbi, sia l’aedes/secretarium Telluris con edifici annessi, che chiudeva a est il complesso della prefettura urbana, aperto a ovest dal templum Pacis.
Per questa parte importantissima di Roma possediamo solamente disegni del ’500 attribuiti a Francesco da Sangallo e a Pirro Ligorio. Solo essi consentono di ricostruire la topografia di questa zona importantissima della città a partire dalla fine del ii secolo d.C. Dunque, la Velia è stata sbocconcellata dai maggiori demolitori urbani. Un monticello è un inno alla varietà e non all’uniformità, dote noiosissima che i despoti, da Nerone a Mussolini, prediligono.
Ma i resti sopravvissuti e le testimonianze di rinvenimenti poi scomparsi, ma agganciabili a luoghi certi come il nartece della basilica di Massenzio, consentono di ricucire e ricostruire la deliziosa e provocante irregolarità del rilievo e di resuscitare la storia di un quartiere.
(Andrea Carandini)BIBLIO
- Tito Livio, Ab Urbe condita libri -
- Dionigi di Alicarnasso -Antichità romane -
- Cicerone -De re publica - II -
- Nicola Terrenato - Velia and Carinae. Some observation on an area of archaic Rome -
- Theodor Mommsen - Storia di Roma. La città Palatina ed i Sette colli. -
- L. Quilici - Via dei Fori Imperiali prima di Mussolini - Scomparsa di un colle dalla faccia di Roma - Archeologia viva - 1982 -
- A. Cederna - Distruzione e ripristino della Velia - L. Benevolo, F. Scoppola (edd.) - Roma, l'area archeologica centrale e la città moderna - Roma - 1987 -
- A. Carandini - Palatino, Velia e Sacra via. Paesaggi urbani attraverso il tempo, Ghezzano - 2005 -