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FOTO SOPRAINTENDENZA SPECIALE DI ROMA |
I lavori eseguiti per il parcheggio di un hotel di lusso a Roma, nel cortile di palazzo della Rovere, un edificio rinascimentale del XV secolo, hanno dissotterrato una parte del famoso teatro dell'imperatore Nerone, un teatro di 2000 anni fa. La grandezza dell'edificio, la bellezza delle decorazioni e la preziosità dei materiali fanno pensare a un edificio pubblico, sicuramente il teatro di Nerone, così come venne descritto da Plinio, Svetonio e Tacito, come dichiarato anche da Alessio de Cristofaro, uno degli archeologi comunali che ha partecipato agli scavi.
Svetonio scrive che durante i Neronia l'imperatore promise di esibirsi in hortis ("nei giardini"), un riferimento indiretto al suo teatro, e Tacito afferma che durante i Ludi Juvenales Nerone cantò per domum aut hortos. I Neronia erano giochi istituiti da Nerone che voleva imitare le Olimpiadi Greche e che si rifacevano a Giulio Cesare e ad Augusto che avevano organizzato giochi celebrativi per festeggiare l'anniversario del loro regno.
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NEL CORTILE |
Il popolo romano era molto attaccato all'imperatore perchè gli offriva continuamente spettacoli di ogni genere. Il teatro, oggi nel cortile di palazzo della Rovere, ovvero i suoi resti, durante i lavori di scavo hanno rivelato tracce della decorazione dell'edificio, come pitture murali ed enormi colonne di marmo, che dimostrano la grandezza e la magnificenza di questa costruzione del I secolo d.c..
Il teatro fu costruito sull'area degli Horti di Agrippina Maggiore, madre dell'imperatore Caligola, una grande proprietà della famiglia imperiale giulio-claudia dove fu costruito un enorme circo adibito soprattutto alle corse dei cavalli.
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LE COLONNE IONICHE |
AGRIPPINA MAGGIORE
Nel 15 d.c. nelle guarnigioni romane sulla frontiera del Reno si era diffusa la voce che una spedizione in territorio barbaro fosse stata sconfitta dai Germani e che questi si stavano preparando a invadere la Gallia. Risaliva solo a sei anni prima la tragica disfatta di Teutoburgo che aveva reso invalicabile la frontiera del Reno.
La notizia era falsa, ma i legionari si preparavano a tagliare il ponte che univa le sponde del fiume per mettersi in salvo. Ma intervenne una donna, Giulia Vipsania Agrippina, moglie del comandante romano Germanico, che in quel momento era assente, che con grande coraggio e determinazione, come narra Tacito, impedì alle truppe il taglio del ponte e, «assumendo le funzioni di comandante, ricevette i soldati di ritorno «ponendosi a capo del ponte e dispensando lodi e ringraziamenti alle legioni che ritornavano».
Ma a Tiberio temeva che Agrippina cercasse il favore dei soldati per suo marito Germanico, e poi; «non rimaneva più alcuna autorità ai comandanti se una donna passava in rassegna i manipoli, si poneva accanto alle insegne, ricorreva al sistema dei donativi» e Tacito era d'accordo.
IL TEATRO
Qualcuno ha pensato che la "domestica scaena" citata da Tacito come luogo da cui Nerone ammirò il grande incendio di Roma del 64 d.c. non si riferisca alla torre di Gaio Mecenate sull'Esquilino, ma bensì alla scena del suo teatro, dato che, trovandosi sulla riva destra del Tevere, era ben lontano dalle zone colpite, e quindi un punto di osservazione sicuro, a differenza della torre, che si trovava nel mezzo dell'incendio con possibili rischi.
All'inizio del II secolo d.c., l'edificio venne distrutto per recuperarne i materiali, come testimoniano le cinque colonne di marmo abbandonate in terra. Dalle testimonianze di Plinio, Svetonio e Tacito si sapeva ampiamente dell'esistenza del teatro in quest'area, ma i molti edifici del quartiere, di notevole valore artistico e culturale, ha reso difficile procedere agli scavi archeologici dell'edificio.
I resti portati alla luce da sotto palazzo della Rovere del teatro di Nerone riguardano il lato sinistro della cavea e del palcoscenico con elementi architettonici come parti di colonne ioniche scanalate di epoca giulio-claudia (27 a.c.-68 d.c.), marmi bianchi e colorati, stucchi ricoperti di foglia d'oro che evidenziano la grandiosità dell'edificio, oltre poi a vari oggetti d'epoca come vari calici di vetro, brocche e ceramiche.
All'inizio del II secolo d.c., l'edificio venne distrutto per recuperarne i materiali, come testimoniano le cinque colonne di marmo abbandonate in terra. Dalle testimonianze di Plinio, Svetonio e Tacito si sapeva ampiamente dell'esistenza del teatro in quest'area, ma i molti edifici del quartiere, di notevole valore artistico e culturale, ha reso difficile procedere agli scavi archeologici dell'edificio.
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LE COLONNE |
La prima struttura ha una pianta a emiciclo (semicircolare), con ingressi radiali e scale e pareti, che pertanto può essere identificata con la cavea del teatro, dove si trovavano le gradinate per il pubblico. La Scaenae frons (fronte scena) era orientata verso ovest.
Come già detto, l'apparato decorativo era d'ordine ionico e dai resti si deduce che era rivestito di marmi bianchi e colorati e di stucchi ricoperti da foglia d'oro, come nella Domus Aurea. Il secondo edificio, invece, perpendicolare al primo, era adibito a funzioni di servizio e ospitava forse le scenografie e i costumi.
BIBLIO
- Suetonius - Nero -
- Tacitus - Annales -
- Paolo Liverani - Due note di topografia vaticana: il theatrum Neronis e i toponimi legati alla tomba di S. Pietro - Pontificia Accademia Romana di Archeologia . 2000–2001, -
- Paolo Liverani - Neronis Theatrum - Lexicon Topographicum Urbis Romae. Suburbium - Quasar - Rom - 2006 -