Grumentum fu un'antica città preromana e romana della Lucania. Attualmente ne restano gli scavi del parco archeologico, situato ai piedi del colle che ospita il paese di Grumento Nova (PZ), molto vicine al lago di Pietra del Pertusillo, in località "Spineta".
LA FONDAZIONE
Il sito, poche centinaia di metri a sud di Grumentum, parte da un deposito votivo preromano, databile alla prima metà del III sec. a.c., giusto dell'epoca della fondazione della città, con una continuità d'insediamento fino all'alto medioevo.
Da notare le numerose statue della Dea Madre reperite nel deposito votivo che dovevano ornare l'importante santuario intorno a cui si è sviluppato il primo centro cittadino lucano del IV sec. a.c.
La Dea era sicuramente preposta alle acque sorgive e alla salute per cui era colma di ex-voto e ringraziamenti per le guarigioni miracolose effettuate.
La Dea era sicuramente preposta alle acque sorgive e alla salute per cui era colma di ex-voto e ringraziamenti per le guarigioni miracolose effettuate.
Viceversa la fondazione della città vera e propria risale al III sec. a.c. ad opera dei Romani, iniziando da una serie di avamposti fortificati in posizione strategica realizzati durante le guerre sannitiche, contemporanee a Venusia (291 a.c.) e a Paestum (273 a.c.).
Da Grumentum passava la via Herculea, tra Venusia e Heraclea, mentre un'altra strada conduceva alla via Popilia lungo il versante tirrenico, che continuava verso Nerulum dove s'incontrava con la Capua-Reggio, per cui la città era un nodo di comunicazione strategicamente importante, sia per i commerci che per eventuali nemici invasori.
LA II GUERRA SANNITICA
Durante la II guerra punica, vi si svolsero due importanti battaglie tra Romani e Cartaginesi (215 e 207 a.c.).
Tito Livio narra del primo scontro tra il generale cartaginese Annone il Vecchio e l'esercito romano condotto da Tiberio Sempronio Longo.
Nel secondo scontro poi, sempre secondo Tito Livio, pare che Annibale si fosse accampato a ridosso delle mura della città e fosse quindi stato sconfitto e costretto alla fuga dai Romani, provenienti da Venosa e guidati dal generale Gaio Claudio Nerone.
LA GUERRA SOCIALE
Durante la guerra sociale la città di Grumentum si schierò con i Romani ma venne per questo distrutta e saccheggiata dagli Italici, attraversando un periodo di crisi e di spopolamento cittadino.
Memori però dell'antica fedeltà, a partire dalla II metà del I sec. a.c. la città venne ricostruita, sia da Cesare che da Augusto che vi fecero edificare una serie di monumenti pubblici di grande bellezza.
A quest'epoca, o al successivo periodo giulio-claudio, risale probabilmente l'attribuzione dello statuto di colonia, che venne in ogni caso concessa con grande contributo all'economia locale.
Per ordine di Diocleziano si sistemarono le strade verso il Tirreno e lo Ionio, e che gli anni successivi si procedette all'abbellimento delle terme
Nel 312 d.c. il giovane Cristiano San Laverio venne decapitato fuori le mura di Grumentum alla confluenza dei fiumi Agri e Sciaura, sotto il prefetto Agrippa.
Nel 312 d.c. il giovane Cristiano San Laverio venne decapitato fuori le mura di Grumentum alla confluenza dei fiumi Agri e Sciaura, sotto il prefetto Agrippa.
DESCRIZIONE
L'impianto urbanistico della città, risalente alla fondazione del III sec. a.c. è di forma oblunga, dovendo ottemperare alle condizioni orografiche della collina, e si articola su tre vie principali e parallele, intersecate ad angolo retto da vie secondarie, secondo il sistema viario ortogonale romano.
La città era circondata da mura con sei porte, su un perimetro di circa 3 km e occupava una area di circa 25 ettari, di cui purtroppo solo un decimo è stato riportato in luce. Il che la dice lunga sulla cultura di chi governa.
I resti più rilevanti sono attualmente suddivisi in tre zone monumentali:
IL TEATRO
Locato presso l'ingresso del parco archeologico, costruito in età giulio-claudia e restaurato in età severiana, posto a cavallo di due isolati.
Come tutti i teatri romani è costituito da tre parti: la cavea, l'orchestra e la scena. La cavea, autoportante, ampia 46 m, e saldata alla scena con corridoi (parodoi) coperti, si sviluppava interamente in elevato e quindi poggiava su sostruzioni in muratura con contrafforti.
Attualmente si è conservata per un'altezza di 9 m mentre quella originaria doveva essere di circa 18 m. Il prospetto esterno aveva una doppia fila di arcate, che sostenevano il piano inclinato con i sedili, posti in gradinate, in pietra, oggi quasi completamente scomparsi.
Ai sedili si accedeva mediante gradinate situate all'interno dell'ambulacro coperto che correva immediatamente alle spalle del porticato esterno.
Due corridoi semianulari sovrapposti, con volte a crociera, consentivano l'accesso degli spettatori alla cavea, suddivisa dal basso verso l'alto in tre ordini di posti (infima, media e summa cavea), riservati a cittadini di rango progressivamente decrescente.
Quattro scalinate salivano dall'orchestra e ripartivano la cavea in cinque cunei. Le gradinate risalgono all'impianto originario e sono sostenute da una massiccia struttura in cementizio.
Altri cinque corridoi coperti, due parodoi e tre vomitoria, disposti a ventaglio trasversalmente alla cavea, consentivano l'accesso all'orchestra, oppure alle file inferiori delle gradinate, separate da una transenna in pietra e riservate all'ordo decurionum, o comunque alle personalità più importanti.
L'orchestra probabilmente era utilizzata in parte dagli attori, ma poteva anche costituire un'appendice della cavea: al suo interno dovevano essere collocati i sedili riservati ai personaggi più eminenti della città (proedria), separati dalle retrostanti gradinate per mezzo di un muretto (balteus).
Di fronte all'orchestra, e sopraelevato di circa un metro e mezzo rispetto al piano di questa si trovava il palcoscenico, un tavolato ligneo sostenuto da travi.
Il muro di fondo fungeva da scenario monumentale della recitazione.
L'edificio scenico presenta tre porte (porta regia al centro e portae hospitales ai lati), che, oltre a costituire il fondo del palcoscenico (pulpitum), servivano a mettere in comunicazione quest'ultimo con la scena e con l'area aperta a nord; pertanto da queste uscivano gli attori.
La scaenae frons era articolata in tre grandi esedre, al centro delle quali si aprivano le tre porte.
Il prospetto della scena si innalzava su due piani, ed era coperto, insieme al palcoscenico, da un tetto spiovente verso l'esterno. Il progetto originario prevedeva sul retro della scena un piazzale porticato (porticus post scaenam).
Il TEMPIO A
Sull'area porticata dietro la scena del teatro, probabilmente utilizzata anche con funzioni di palestra, si affaccia il retro del Tempio A in pietra calcarea grigia, il cui ingresso principale era posto sul lato del decumano massimo.
Trattavasi di un tempietto di tipo italico, perché sopraelevato su un alto podio: è probabile che fosse adibito al culto di Arpocrate, divinità egizia, perché nei suoi pressi è stato rinvenuto un torso in marmo rappresentante un fanciullo, identificato forse con la divinità egizia.
Ciò attesterebbe la presenza del culto egizio a Grumentum.
IL TEMPIO B
Non distante dalla domus dei mosaici si trova il Tempio B, dal culto non identificato.
LA DOMUS DEI MOSAICI
Proseguendo lungo il decumano massimo, si raggiunge l'ingresso della domus dei mosaici, uno dei complessi più belli dell'intera città, residenza di un personaggio evidentemente ricco e importante, e detta "Casa dei mosaici" per la presenza di pavimenti a mosaico del IV secolo in alcuni ambienti. La domus risale al II sec. d.c., rialzata a sua volta su edifici repubblicani, mentre tra il III e il IV sec. d.c. furono effettuati molti lavori di restauro e abbellimento, mosaici compresi.
I resti più rilevanti sono attualmente suddivisi in tre zone monumentali:
IL TEATRO |
IL TEATRO
Locato presso l'ingresso del parco archeologico, costruito in età giulio-claudia e restaurato in età severiana, posto a cavallo di due isolati.
Come tutti i teatri romani è costituito da tre parti: la cavea, l'orchestra e la scena. La cavea, autoportante, ampia 46 m, e saldata alla scena con corridoi (parodoi) coperti, si sviluppava interamente in elevato e quindi poggiava su sostruzioni in muratura con contrafforti.
Attualmente si è conservata per un'altezza di 9 m mentre quella originaria doveva essere di circa 18 m. Il prospetto esterno aveva una doppia fila di arcate, che sostenevano il piano inclinato con i sedili, posti in gradinate, in pietra, oggi quasi completamente scomparsi.
TEATRO |
Due corridoi semianulari sovrapposti, con volte a crociera, consentivano l'accesso degli spettatori alla cavea, suddivisa dal basso verso l'alto in tre ordini di posti (infima, media e summa cavea), riservati a cittadini di rango progressivamente decrescente.
Quattro scalinate salivano dall'orchestra e ripartivano la cavea in cinque cunei. Le gradinate risalgono all'impianto originario e sono sostenute da una massiccia struttura in cementizio.
Altri cinque corridoi coperti, due parodoi e tre vomitoria, disposti a ventaglio trasversalmente alla cavea, consentivano l'accesso all'orchestra, oppure alle file inferiori delle gradinate, separate da una transenna in pietra e riservate all'ordo decurionum, o comunque alle personalità più importanti.
L'orchestra probabilmente era utilizzata in parte dagli attori, ma poteva anche costituire un'appendice della cavea: al suo interno dovevano essere collocati i sedili riservati ai personaggi più eminenti della città (proedria), separati dalle retrostanti gradinate per mezzo di un muretto (balteus).
Di fronte all'orchestra, e sopraelevato di circa un metro e mezzo rispetto al piano di questa si trovava il palcoscenico, un tavolato ligneo sostenuto da travi.
Il muro di fondo fungeva da scenario monumentale della recitazione.
L'edificio scenico presenta tre porte (porta regia al centro e portae hospitales ai lati), che, oltre a costituire il fondo del palcoscenico (pulpitum), servivano a mettere in comunicazione quest'ultimo con la scena e con l'area aperta a nord; pertanto da queste uscivano gli attori.
La scaenae frons era articolata in tre grandi esedre, al centro delle quali si aprivano le tre porte.
Il prospetto della scena si innalzava su due piani, ed era coperto, insieme al palcoscenico, da un tetto spiovente verso l'esterno. Il progetto originario prevedeva sul retro della scena un piazzale porticato (porticus post scaenam).
Il TEMPIO A
TEMPIO A |
Trattavasi di un tempietto di tipo italico, perché sopraelevato su un alto podio: è probabile che fosse adibito al culto di Arpocrate, divinità egizia, perché nei suoi pressi è stato rinvenuto un torso in marmo rappresentante un fanciullo, identificato forse con la divinità egizia.
Ciò attesterebbe la presenza del culto egizio a Grumentum.
IL TEMPIO B
Non distante dalla domus dei mosaici si trova il Tempio B, dal culto non identificato.
LA DOMUS DEI MOSAICI
Proseguendo lungo il decumano massimo, si raggiunge l'ingresso della domus dei mosaici, uno dei complessi più belli dell'intera città, residenza di un personaggio evidentemente ricco e importante, e detta "Casa dei mosaici" per la presenza di pavimenti a mosaico del IV secolo in alcuni ambienti. La domus risale al II sec. d.c., rialzata a sua volta su edifici repubblicani, mentre tra il III e il IV sec. d.c. furono effettuati molti lavori di restauro e abbellimento, mosaici compresi.
La domus, a pianta rettangolare ha un riquadro di 30 m x 60, quindi di ben 1800 mq, orientata nord ovest – sud est, perpendicolarmente ai decumani della città, e si affaccia sul decumano centrale attraverso l'ingresso principale, con altri accessi lungo i lati nord e sud dell'abitazione.
La domus presenta lo schema usuale ad atrio e peristilio, mentre sul lato della strada sono presenti dei negozi (tabernae) facenti parte dell'unica proprietà.
A sud della domus l'ingresso (fauces) introduce nell'atrio con vasca per la raccolta delle acque piovane (impluvium), e al giardino porticato (peristilio).
Da questo si accede a tre soggiorni (triclinia), con pareti e soffitto intonacati e dipinti, e pavimenti in mosaici in bianco e nero e policromi, con motivi geometrici e vegetali.
Nell'atrio c'è una nicchia absidata con pareti in marmo e pavimento a mosaico policromo, sicuramente per una statua connessa al culto dei Lari. Intorno all'atrio si aprono vari ambienti, come le alae, delle camere da letto (cubicula), una piccola sala (oecus) e una latrina.
A nord est dell'atrio altri tre ambienti di rappresentanza sono pavimentati il primo a mosaico bianco con riquadro centrale a marmi intarsiati (opus sectile), il secondo a mosaico nero, il terzo a mosaico bianco con riquadro centrale occupato da una vasca-fontana.
Il nord della casa presenta ambienti di piccole dimensioni: camere da letto (cubicula) nell'area nord orientale, vani di servizio nell'area nord occidentale (cucine, bagni, magazzini e locali per la servitù). Alla zona di servizio della casa si accedeva dal retro, attraverso una strada carrabile.
IL FORO
Il foro, di forma rettangolare, era chiuso da portici da tutti e quattro i lati, con resti di due templi sui lati sud e nord, identificati forse con il capitolium (principale tempio cittadino) e con un Cesareum (tempio dedicato al culto imperiale). La pavimentazione del foro fu rifatta nel II sec. d.c., in lastroni di marmo di cui restano delle tracce nell'angolo meridionale. Anche del decumano massimo, lungo il quale si affacciano numerosi monumenti, si conservano intatti larghi tratti.
Sui lati brevi del foro si affacciano, l'uno di fronte all'altro, il Tempio C (sul lato sud occidentale), probabilmente dedicato al culto imperiale, e il Tempio D, o Capitolium (sul lato nord orientale). La piazza, del foro, è porticata su tutti e quattro i lati, e, sul lato settentrionale, in posizione esterna rispetto al portico, a fianco al Capitolium, si posiziona un altro tempio, di forma circolare, ancora in corso di scavo.
Il foro, di forma rettangolare, era chiuso da portici da tutti e quattro i lati, con resti di due templi sui lati sud e nord, identificati forse con il capitolium (principale tempio cittadino) e con un Cesareum (tempio dedicato al culto imperiale). La pavimentazione del foro fu rifatta nel II sec. d.c., in lastroni di marmo di cui restano delle tracce nell'angolo meridionale. Anche del decumano massimo, lungo il quale si affacciano numerosi monumenti, si conservano intatti larghi tratti.
Sui lati brevi del foro si affacciano, l'uno di fronte all'altro, il Tempio C (sul lato sud occidentale), probabilmente dedicato al culto imperiale, e il Tempio D, o Capitolium (sul lato nord orientale). La piazza, del foro, è porticata su tutti e quattro i lati, e, sul lato settentrionale, in posizione esterna rispetto al portico, a fianco al Capitolium, si posiziona un altro tempio, di forma circolare, ancora in corso di scavo.
APOLLO MAGNA GRECIA |
Presso il lato orientale del Tempio Cesareum, e da livelli certamente precedenti, provengono le attestazioni più antiche: frammenti di ceramica a vernice nera e una testina femminile in terracotta un’intrusione dovuta allo scavo di fosse e buche di palo che hanno intaccato i livelli più profondi; questi ed altri sporadici rinvenimenti farebbero ipotizzare una frequentazione dell’area intorno alla fine del IV e il III secolo a.c.
I reperti ceramici degli strati più antichi sono indubbiamente di età tardo-repubblicana.
Tra essi emergono frammenti di ceramica a vernice nera e a pasta grigia con pareti sottili, pezzi di anfore, ceramica comune e ceramica comune da cucina; poca invece la Terra Sigillata italica.
Tra essi emergono frammenti di ceramica a vernice nera e a pasta grigia con pareti sottili, pezzi di anfore, ceramica comune e ceramica comune da cucina; poca invece la Terra Sigillata italica.
La prima pavimentazione è composta da un battuto in malta abbastanza compatto di colore bianco-giallastro con inclusi litici e carboniosi di dimensioni subcentimetriche.
Il piano, spesso mediamente 5 cm, inclinato di circa 30 gradi in direzione SW-NE è coperto da uno strato limo-sabbioso grigiastro fortemente antropizzato caratterizzato alla base da un acciottolato.
LA BASILICA
Sul lato lungo nord occidentale si innalzava la basilica, importante edificio civile con funzioni di mercato e di esercizio della giustizia, di cui si intravedono pochi resti.
GRANDI MADRI |
Sul lato lungo nord occidentale si innalzava la basilica, importante edificio civile con funzioni di mercato e di esercizio della giustizia, di cui si intravedono pochi resti.
LA CURIA
I probabili resti di un edificio rettangolare absidato sul lato di fondo dovrebbero corrispondere a una curia.
I probabili resti di un edificio rettangolare absidato sul lato di fondo dovrebbero corrispondere a una curia.
LE TERME
Tra le meglio conservate al mondo, del tipo "a schiera", orientate rispetto alla rete stradale urbana, con ben 15 ambienti.
L'intero complesso risale al 57-51 a.c. anche se si supponeva progettato alla fine del I sec. a.c., poichè la fase edilizia che vediamo si data al II sec. d.c.
In realtà i bolli l'hanno dimostrato antecedente ma ricostruito o restaurato in tale epoca. Fu comunque in uso almeno fino al III sec. d.c.
L'ingresso principale si affacciava sul decumano inferiore, e, attraverso un corridoio si accedeva alle latrine e al frigidarium, con uno splendido mosaico a motivi ittici, di Scilla e dei Giganti: il mosaico è a tessere bianche, nere, grigie, blu scuro, turchese e verde.
Qui sotto: sempre nel Parco Archeologico di Grumentum: interno del calidarium delle terme imperiali
Il vano, absidato, presenta ancora le suspensurae, al di sopra delle quali doveva essere impostato il pavimento riscaldato.
La cornice esterna è grigia, con bordo a motivi floreali (foglie d'acanto trilobate e viticci a volute) e quattro figure maschili agli angoli, che rappresentano Giganti dalle estremità serpentiformi, in ginocchio, con le braccia in alto che reggono l'emblema, nel quale sono raffigurati numerosi pesci. Al centro si trova Scilla, di prospetto, con il busto nudo, cinto con una corona di pinne, sotto le quali sono raffigurate tre protomi canine; le sue braccia sono alzate, e una mano stringe un ramo. I riflessi dell'acqua sono realizzati con linee ondulate. La datazione del mosaico oscilla tra il II e il III sec. d.c.
Dal frigidarium si accedeva verso est a una grossa aula mosaicata, verso sud a un vano absidato con funzione di piscina, e verso nord a un'altra piscina di dimensioni inferiori della prima e all'apodyterium (lo spogliatoio), che portava al primo tepidarium, con un praefurnium molto ampio, e con tracce di ipocausti ai lati.
Il pavimento della grande aula è decorato a mosaico geometrico, conservatosi per oltre la metà del vano, con volute, palmette, rombi e ottagoni, datati tra il II e il IV sec. d.c.
Dal primo tepidarium si raggiungeva un secondo tepidarium, ben conservato, con le suspensurae ancora in loco, così come gli ipocausti, tubi e piastrelle in marmo e i resti di un mosaico con motivi geometrici, databili all'inizio del III sec. d.c.
In fondo era posto il calidarium absidato. Nella parte meridionale del complesso tre vani di servizio per il riscaldamento del complesso. L'approvvigionamento delle acque proveniva dalla rete idrica urbana servita dall'acquedotto. La fase principale della struttura si data tra il periodo augusteo e quello severiano.
All'interno della piscina absidata retrostante il frigidarium un eccezionale ritrovamento: diversi frammenti di statue di dimensioni leggermente inferiori a quelle umane, in antico collocate nelle nicchie all'interno dello stesso vano. Le statue rappresentano due ninfe, Afrodite con un delfino e Dioniso, sono tutte acefale e senza braccia, realizzate in pregiato marmo pario; sembra che si tratti di modelli ellenistici, e che le statue debbano essere ascritte alla scuola di Efeso (una celebre scuola di scultori che aveva sede nella città anatolica) del II sec. a.c., con datazione tra il II sec. a.c. e il III sec. d.c.
La statua di Afrodite è in marmo rosa, e non fa parte del gruppo originario: sembra una copia romana di un originale ellenistico, databile tra II e III sec. d.c. Sembrerebbe che le statue fossero state distrutte in loco in epoca tardo antica, a causa della furia iconoclasta del cristianesimo, e che poi fossero state abbandonate nel riempimento della piscina.
L'ANFITEATRO
i resti dell'anfiteatro costruito sulle pendici della collina nel I secolo a.c. e modificato in epoca imperiale, scoperti tra gli anni '70 e '80, ma noto da sempre agli eruditi locali.
L'anfiteatro, come usava, è ubicato in posizione periferica rispetto all'abitato, lungo il limite nord-orientale del perimetro urbano, per il notevole afflusso di pubblico che doveva accorrere durante le giornate di giochi, dagli abitati di tutta la valle. Per costruirlo, venne sfruttato il dislivello tra la terrazza centrale e quella orientale della collina su cui sorse Grumentum, addossando alla pendice naturale la parte ovest dell'edificio.
La restante parte fu invece realizzata su sostruzioni artificiali in opera cementizia.
Fu rivestito ad opus incertum, attingendo al materiale lapideo naturalmente disponibile nella zona; la comparsa in alcuni punti di opus reticulatum è dovuta a rimaneggiamenti successivi.
L'anfiteatro grumentino è di tipologia ibrida: a struttura piena sul lato ovest, e a struttura cava nelle parti restanti. Almeno inizialmente, le gradinate della parte alta dovettero essere in legno, mentre furono in pietra gli ordini inferiori di gradini, quanto meno sul lato ovest, dove ne è tuttora visibile l'appoggio in opera cementizia.
L'arena è stata ricavata tagliando e spianando la pendice, e non presenta ambienti sotterranei; il corridoio che la circonda si interrompeva solo in corrispondenza degli ingressi principali, sicuramente sbarrato da cancelli, in quanto utilizzato per fare entrare gli animali, attraverso le sei aperture chiuse da griglie metalliche di cui si conservano in parte le soglie.
I quattro accessi principali erano disposti alle estremità degli assi dell'edificio, con i due monumentali sull'asse maggiore; numerosi altri si distribuivano lungo il perimetro esterno, immettendo gli spettatori sia direttamente sulle gradinate (lato ovest), sia in un ambulacro da cui partivano le scale per accedere ai posti dei settori medi e inferiori (lato est). Qui tre scalinate esterne a rampe convergenti consentivano di raggiungere i gradini più alti, e fungevano al tempo stesso da contrafforti della struttura.
Si data la costruzione dell'anfiteatro alla II metà del I secolo a.c.; una seconda fase, con parziali rifacimenti, risale invece al I secolo d.c., con un ulteriore intervento età severiana.
Fuori dalle mura si sono rinvenute:
Tra le meglio conservate al mondo, del tipo "a schiera", orientate rispetto alla rete stradale urbana, con ben 15 ambienti.
L'intero complesso risale al 57-51 a.c. anche se si supponeva progettato alla fine del I sec. a.c., poichè la fase edilizia che vediamo si data al II sec. d.c.
In realtà i bolli l'hanno dimostrato antecedente ma ricostruito o restaurato in tale epoca. Fu comunque in uso almeno fino al III sec. d.c.
L'ingresso principale si affacciava sul decumano inferiore, e, attraverso un corridoio si accedeva alle latrine e al frigidarium, con uno splendido mosaico a motivi ittici, di Scilla e dei Giganti: il mosaico è a tessere bianche, nere, grigie, blu scuro, turchese e verde.
Qui sotto: sempre nel Parco Archeologico di Grumentum: interno del calidarium delle terme imperiali
Il vano, absidato, presenta ancora le suspensurae, al di sopra delle quali doveva essere impostato il pavimento riscaldato.
La cornice esterna è grigia, con bordo a motivi floreali (foglie d'acanto trilobate e viticci a volute) e quattro figure maschili agli angoli, che rappresentano Giganti dalle estremità serpentiformi, in ginocchio, con le braccia in alto che reggono l'emblema, nel quale sono raffigurati numerosi pesci. Al centro si trova Scilla, di prospetto, con il busto nudo, cinto con una corona di pinne, sotto le quali sono raffigurate tre protomi canine; le sue braccia sono alzate, e una mano stringe un ramo. I riflessi dell'acqua sono realizzati con linee ondulate. La datazione del mosaico oscilla tra il II e il III sec. d.c.
Dal frigidarium si accedeva verso est a una grossa aula mosaicata, verso sud a un vano absidato con funzione di piscina, e verso nord a un'altra piscina di dimensioni inferiori della prima e all'apodyterium (lo spogliatoio), che portava al primo tepidarium, con un praefurnium molto ampio, e con tracce di ipocausti ai lati.
Il pavimento della grande aula è decorato a mosaico geometrico, conservatosi per oltre la metà del vano, con volute, palmette, rombi e ottagoni, datati tra il II e il IV sec. d.c.
Dal primo tepidarium si raggiungeva un secondo tepidarium, ben conservato, con le suspensurae ancora in loco, così come gli ipocausti, tubi e piastrelle in marmo e i resti di un mosaico con motivi geometrici, databili all'inizio del III sec. d.c.
In fondo era posto il calidarium absidato. Nella parte meridionale del complesso tre vani di servizio per il riscaldamento del complesso. L'approvvigionamento delle acque proveniva dalla rete idrica urbana servita dall'acquedotto. La fase principale della struttura si data tra il periodo augusteo e quello severiano.
All'interno della piscina absidata retrostante il frigidarium un eccezionale ritrovamento: diversi frammenti di statue di dimensioni leggermente inferiori a quelle umane, in antico collocate nelle nicchie all'interno dello stesso vano. Le statue rappresentano due ninfe, Afrodite con un delfino e Dioniso, sono tutte acefale e senza braccia, realizzate in pregiato marmo pario; sembra che si tratti di modelli ellenistici, e che le statue debbano essere ascritte alla scuola di Efeso (una celebre scuola di scultori che aveva sede nella città anatolica) del II sec. a.c., con datazione tra il II sec. a.c. e il III sec. d.c.
La statua di Afrodite è in marmo rosa, e non fa parte del gruppo originario: sembra una copia romana di un originale ellenistico, databile tra II e III sec. d.c. Sembrerebbe che le statue fossero state distrutte in loco in epoca tardo antica, a causa della furia iconoclasta del cristianesimo, e che poi fossero state abbandonate nel riempimento della piscina.
ANFITEATRO |
L'ANFITEATRO
i resti dell'anfiteatro costruito sulle pendici della collina nel I secolo a.c. e modificato in epoca imperiale, scoperti tra gli anni '70 e '80, ma noto da sempre agli eruditi locali.
L'anfiteatro, come usava, è ubicato in posizione periferica rispetto all'abitato, lungo il limite nord-orientale del perimetro urbano, per il notevole afflusso di pubblico che doveva accorrere durante le giornate di giochi, dagli abitati di tutta la valle. Per costruirlo, venne sfruttato il dislivello tra la terrazza centrale e quella orientale della collina su cui sorse Grumentum, addossando alla pendice naturale la parte ovest dell'edificio.
La restante parte fu invece realizzata su sostruzioni artificiali in opera cementizia.
Fu rivestito ad opus incertum, attingendo al materiale lapideo naturalmente disponibile nella zona; la comparsa in alcuni punti di opus reticulatum è dovuta a rimaneggiamenti successivi.
L'anfiteatro grumentino è di tipologia ibrida: a struttura piena sul lato ovest, e a struttura cava nelle parti restanti. Almeno inizialmente, le gradinate della parte alta dovettero essere in legno, mentre furono in pietra gli ordini inferiori di gradini, quanto meno sul lato ovest, dove ne è tuttora visibile l'appoggio in opera cementizia.
L'arena è stata ricavata tagliando e spianando la pendice, e non presenta ambienti sotterranei; il corridoio che la circonda si interrompeva solo in corrispondenza degli ingressi principali, sicuramente sbarrato da cancelli, in quanto utilizzato per fare entrare gli animali, attraverso le sei aperture chiuse da griglie metalliche di cui si conservano in parte le soglie.
I quattro accessi principali erano disposti alle estremità degli assi dell'edificio, con i due monumentali sull'asse maggiore; numerosi altri si distribuivano lungo il perimetro esterno, immettendo gli spettatori sia direttamente sulle gradinate (lato ovest), sia in un ambulacro da cui partivano le scale per accedere ai posti dei settori medi e inferiori (lato est). Qui tre scalinate esterne a rampe convergenti consentivano di raggiungere i gradini più alti, e fungevano al tempo stesso da contrafforti della struttura.
Si data la costruzione dell'anfiteatro alla II metà del I secolo a.c.; una seconda fase, con parziali rifacimenti, risale invece al I secolo d.c., con un ulteriore intervento età severiana.
Fuori dalle mura si sono rinvenute:
- diverse tombe monumentali,
- una basilica paleocristiana
L'ACQUEDOTTO
L'acquedotto entrava in città dal lato meridionale del pianoro, e convogliava le acque captate circa 5 km più a sud (alle pendici del colle su cui sorge Moliterno), trasportate su strutture in alzato lungo la campagna grumentina in un castellum aquae di cui restano pochi ruderi.
Molti dei reperti e delle testimonianze qui trovate sono custodite nel Museo nazionale dell'Alta Val d'Agri (sorto nel territorio di Grumento Nova nei pressi dell'area archeologica), così come numerosi reperti ritrovati nelle zone circostanti e nei comuni limitrofi come il famoso ritrovamento del Sarcofago di S. Laverio Martire, oggi custodito nel museo archeologico del paese.
L'acquedotto entrava in città dal lato meridionale del pianoro, e convogliava le acque captate circa 5 km più a sud (alle pendici del colle su cui sorge Moliterno), trasportate su strutture in alzato lungo la campagna grumentina in un castellum aquae di cui restano pochi ruderi.
Molti dei reperti e delle testimonianze qui trovate sono custodite nel Museo nazionale dell'Alta Val d'Agri (sorto nel territorio di Grumento Nova nei pressi dell'area archeologica), così come numerosi reperti ritrovati nelle zone circostanti e nei comuni limitrofi come il famoso ritrovamento del Sarcofago di S. Laverio Martire, oggi custodito nel museo archeologico del paese.
(Qui a lato: statua di ninfa - Museo Archeologico Nazionale dell'Alta Val d'Agri rinvenuta all'interno della piscina absidata retrostante il frigidarium delle Terme imperiali. La statua, in pregiato marmo pario, è acefala e senza braccia; la datazione, ancora incerte, e potrebbe oscillare tra il II sec. a.c. e il III sec. d.c.)
LA STORIA DEGLI SCAVI
Nel 1951 Pellegrino Claudio Sestieri aveva dato finalmente inizio ad una campagna di scavi, nel momento in cui la competenza archeologica della Lucania era passata alla Soprintendenza di Palermo.
Sestieri era animato dalla speranza di ritrovare altri reperti notevoli, come si poteva supporre dai precedenti ritrovamenti, tra cui, una statua di pontifex maximus acefala, e un’iscrizione trovata vicino all’anfiteatro presso una casa di campagna.
Nel 1951 Sestieri scelse di scavare il teatro, ma, dopo averne messo in luce una metà, per mancanza di fondi, dovette interrompere lo scavo. Egli ne aveva portato alla luce una parte, quella della scena e metà della cavea, di cui si conservavano in situ solo gli ultimi gradini, eliminando l’enorme massa di pietre che la ricopriva.
In quegli anni era stato anche costruito un piccolo antiquarium con gli oggetti d’arte che erano stati trovati durante lo scavo: tra questi, due belle lapidi in marmo, una dedicata a L. Mulvio Ofillio Restituto, l’altra a Caius Alidio Choroibo.
.
Alla metà del Novecento, su un quotidiano locale era apparso un articolo in cui Niccolò Ramagli lamentava lo stato in cui erano caduti i monumenti dell’antica città di Grumentum:
“gli avanzi dell’Acquedotto, dell’Anfiteatro, del Teatro, delle Terme, della Basilica, dei Portici, benché da oltre un ventennio ne fosse ufficialmente dichiarato l’importante interesse archeologico, sono
di anno in anno in progressivo disfacimento”.
Una svolta si ebbe nel 1961, allorché il Ministero della Pubblica Istruzione dichiarò d’importante interesse archeologico la zona del teatro, delle terme e dell’anfiteatro.
Nel suo libro Il cuore del sud, del 1962, Ramagli parlava dell’acquedotto che si diramava per gli usi civici (terme e fontane pubbliche); sosteneva che la città di Moliterno “ebbe dunque il privilegio di dar da bere all’antica città romana di Grumento, con due sorgenti del suo territorio: quella del Castagneto e l’Acqua del Papa.”
Descrisse così l’acquedotto che portava l’acqua alla città dalla località Castagneto, nel comune di Moliterno, e riportando come l’acquedotto dalle robuste arcate avesse un doppio ordine di condotti sovrapposti, i cui resti visibili, detti Pilieri, erano descritti come dei pilastri osservabili lungo una valletta, che, come ci informa l’autore, erano già visibili al tempo del Lombardi.
Il Ramagli descriveva anche il teatro e le tracce visibili dell’anfiteatro, ma l’interesse alla metà del novecento era rivolto alla “mole”, cioè al Capitolium, ancora descritto come un fortilizio. A ridosso dell’area il Ramagli annotava la presenza dei resti di una basilica, con abside semicircolare nel lato occidentale e muri reticolati, l’identificazione dell’edificio era stata confermata grazie al ritrovamento di basi di colonne. È possibile che si tratti del piccolo palmento absidato posto a ridosso della basilica, ma non è escluso neppure che si trattasse del vicino edificio rotondo.
In seguito, l’autore aveva passato in rassegna i resti delle terme, dove era stata posta un’epigrafe dai duumviri Quintus Pettius e Caius Maecius. Infine Ramagli descriveva le tracce visibili dell’anfiteatro, da dove provenivano una lapide onoraria dedicata a Tiberio, che giaceva “tra gli avanzi di colonne e di trabeazioni al posto degli antichi portici”.
Nella zona delle terme, nell’area compresa tra queste e il teatro, a causa di uno sterro fatto per un impianto di un vigneto nel 1949 fu ritrovata una grande quantità di tegole e ossame umano, che il Ramagli riteneva probabile indice di un sepolcreto.
Nel 1964 fu istituita la Soprintendenza alle Antichità della Basilicata; l’indagine fu portata avanti dal primo Soprintendente alle antichità della Basilicata, Dinu Adamesteanu, il quale tra il 1964 e il 1968 curò anche il restauro del teatro e pubblicò i risultati degli scavi.
A partire dal 1969 hanno avuto inizio le campagne di scavo sistematiche dell’area di Grumentum, che sono proseguite con cadenza quasi annuale, interessando soprattutto la zona del teatro, dell’anfiteatro e del Foro, tuttora in corso.
IL PARCO ARCHEOLOGICO
La visita al parco archeologico di Grumentum, all'interno del Parco Nazionale dell'Appennino lucano, è una delle tappe più importanti della Basilicata. Il sito rappresenta uno dei pochi casi in Italia, insieme a Pompei, Ercolano, Ostia e poco altro, in cui si possono ammirare i resti di un patrimonio storico archeologico straordinario, percependo la forma di una tipica città romana abbandonata e mai più reinsediata: con un colpo d'occhio è possibile comprendere l'intera estensione dell'area urbana, lo schema urbanistico e la differenziazione tra spazi pubblici e spazi privati. Inoltre si conservano in eccellenti condizioni i principali edifici pubblici tipici di una città romana.
Il centro si posiziona su un terrazzo fluviale allungato, rialzato e difeso sui quattro lati da scarpate incise dall'Agri, dallo Sciaura e da corsi d'acqua minori, e si affaccia sullo specchio d'acqua del lago del Pertusillo, in una cornice paesaggistica mozzafiato.
Nel 1951 Pellegrino Claudio Sestieri aveva dato finalmente inizio ad una campagna di scavi, nel momento in cui la competenza archeologica della Lucania era passata alla Soprintendenza di Palermo.
Sestieri era animato dalla speranza di ritrovare altri reperti notevoli, come si poteva supporre dai precedenti ritrovamenti, tra cui, una statua di pontifex maximus acefala, e un’iscrizione trovata vicino all’anfiteatro presso una casa di campagna.
Nel 1951 Sestieri scelse di scavare il teatro, ma, dopo averne messo in luce una metà, per mancanza di fondi, dovette interrompere lo scavo. Egli ne aveva portato alla luce una parte, quella della scena e metà della cavea, di cui si conservavano in situ solo gli ultimi gradini, eliminando l’enorme massa di pietre che la ricopriva.
In quegli anni era stato anche costruito un piccolo antiquarium con gli oggetti d’arte che erano stati trovati durante lo scavo: tra questi, due belle lapidi in marmo, una dedicata a L. Mulvio Ofillio Restituto, l’altra a Caius Alidio Choroibo.
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Alla metà del Novecento, su un quotidiano locale era apparso un articolo in cui Niccolò Ramagli lamentava lo stato in cui erano caduti i monumenti dell’antica città di Grumentum:
“gli avanzi dell’Acquedotto, dell’Anfiteatro, del Teatro, delle Terme, della Basilica, dei Portici, benché da oltre un ventennio ne fosse ufficialmente dichiarato l’importante interesse archeologico, sono
di anno in anno in progressivo disfacimento”.
Una svolta si ebbe nel 1961, allorché il Ministero della Pubblica Istruzione dichiarò d’importante interesse archeologico la zona del teatro, delle terme e dell’anfiteatro.
Nel suo libro Il cuore del sud, del 1962, Ramagli parlava dell’acquedotto che si diramava per gli usi civici (terme e fontane pubbliche); sosteneva che la città di Moliterno “ebbe dunque il privilegio di dar da bere all’antica città romana di Grumento, con due sorgenti del suo territorio: quella del Castagneto e l’Acqua del Papa.”
Descrisse così l’acquedotto che portava l’acqua alla città dalla località Castagneto, nel comune di Moliterno, e riportando come l’acquedotto dalle robuste arcate avesse un doppio ordine di condotti sovrapposti, i cui resti visibili, detti Pilieri, erano descritti come dei pilastri osservabili lungo una valletta, che, come ci informa l’autore, erano già visibili al tempo del Lombardi.
Il Ramagli descriveva anche il teatro e le tracce visibili dell’anfiteatro, ma l’interesse alla metà del novecento era rivolto alla “mole”, cioè al Capitolium, ancora descritto come un fortilizio. A ridosso dell’area il Ramagli annotava la presenza dei resti di una basilica, con abside semicircolare nel lato occidentale e muri reticolati, l’identificazione dell’edificio era stata confermata grazie al ritrovamento di basi di colonne. È possibile che si tratti del piccolo palmento absidato posto a ridosso della basilica, ma non è escluso neppure che si trattasse del vicino edificio rotondo.
In seguito, l’autore aveva passato in rassegna i resti delle terme, dove era stata posta un’epigrafe dai duumviri Quintus Pettius e Caius Maecius. Infine Ramagli descriveva le tracce visibili dell’anfiteatro, da dove provenivano una lapide onoraria dedicata a Tiberio, che giaceva “tra gli avanzi di colonne e di trabeazioni al posto degli antichi portici”.
Nella zona delle terme, nell’area compresa tra queste e il teatro, a causa di uno sterro fatto per un impianto di un vigneto nel 1949 fu ritrovata una grande quantità di tegole e ossame umano, che il Ramagli riteneva probabile indice di un sepolcreto.
Nel 1964 fu istituita la Soprintendenza alle Antichità della Basilicata; l’indagine fu portata avanti dal primo Soprintendente alle antichità della Basilicata, Dinu Adamesteanu, il quale tra il 1964 e il 1968 curò anche il restauro del teatro e pubblicò i risultati degli scavi.
A partire dal 1969 hanno avuto inizio le campagne di scavo sistematiche dell’area di Grumentum, che sono proseguite con cadenza quasi annuale, interessando soprattutto la zona del teatro, dell’anfiteatro e del Foro, tuttora in corso.
IL PARCO ARCHEOLOGICO
La visita al parco archeologico di Grumentum, all'interno del Parco Nazionale dell'Appennino lucano, è una delle tappe più importanti della Basilicata. Il sito rappresenta uno dei pochi casi in Italia, insieme a Pompei, Ercolano, Ostia e poco altro, in cui si possono ammirare i resti di un patrimonio storico archeologico straordinario, percependo la forma di una tipica città romana abbandonata e mai più reinsediata: con un colpo d'occhio è possibile comprendere l'intera estensione dell'area urbana, lo schema urbanistico e la differenziazione tra spazi pubblici e spazi privati. Inoltre si conservano in eccellenti condizioni i principali edifici pubblici tipici di una città romana.
Il centro si posiziona su un terrazzo fluviale allungato, rialzato e difeso sui quattro lati da scarpate incise dall'Agri, dallo Sciaura e da corsi d'acqua minori, e si affaccia sullo specchio d'acqua del lago del Pertusillo, in una cornice paesaggistica mozzafiato.
http://profs.lettere.univr.it/progettogrumentum/sez/progetto.html
"Dal territorio provengono anche parecchie tracce di insediamenti più antichi non urbani, e in particolare di età ellenistica (Montemurro). Fra queste tracce si segnala una stipe votiva pertinente ad un santuario che sorgeva poco fuori le porte di Grumentum.
Il sito di Grumentum permette quindi di studiare lo sviluppo di una città romana dal suo inizio, in epoca medio-repubblicana, all’alto Medio Evo, senza dover fare i conti con successive fasi di urbanizzazione.
Dal 2005 al 2009 sono state condotte quattro campagne di scavo. Accanto ad esse si è svolta una serie di indagini volte all'esplorazione del sottosuolo attraverso strumenti quali il magnetometro, il geo-radar e il resistivimetro.
Finora sul piano storico e archeologico si è giunti a risultati non trascurabili.
In particolare Attilio Mastrocinque ha stabilito, grazie ai dati di scavo e allo studio della tradizione antica, che la colonia romana di Grumentum è stata fondata in base alle leggi di Giulio Cesare varate nel 59 a.c. e che l'impianto urbano della città è sorto a partire da questa data.
Nella campagna del 2006 si è cominciato a mettere in luce un tempio rotondo, adiacente al Foro e al Capitolium.
Nella campagna del 2006 si è cominciato a mettere in luce un tempio rotondo, adiacente al Foro e al Capitolium.
Il settore è stato diretto dal dr. Massimo Saracino. L'area è stata frequentata anche in età medievale e moderna, come dimostrano ceramiche, monete e i resti di un focolare.
Saggi condotti dal dr. Carmelo Malacrino sul lato NO del Cesareo hanno permesso di individuare un battuto molto compatto, che costituiva forse la più antica pavimentazione del Foro, databile in età tardo-ellenistica, poco prima della deduzione della colonia romana o durante la sua prima fase.
Gli scavi del 2007 nell’ambiente adiacente al Cesareo, sul lato Sud, proseguiti poi nei due anni seguenti, hanno ricostruito una sequenza di vita inquadrabile tra il IV secolo a.c. e il V secolo d.c. e finora hanno permesso di individuare questa sequenza di pavimenti: uno di età augustea, che conserva testimonianze della fase dei lavori per la costruzione del tempio; uno tiberiano, in fase con l’inaugurazione del tempio; uno databile poco dopo la metà del I secolo d.c., all’incirca in età flavia, contenente moltissimi reperti; uno databile verosimilmente all’età traianea e infine uno di età tetrarchica.
Sul lato orientale del Cesareo è stata rinvenuta la parte bassa di una scala e sono emerse numerose scorie di bronzo e un ugello, chiari indicatori di attività di lavorazione del metallo.
Notevole è stata la quantità di reperti provenienti dai vari strati, in particolare molte monete (circa 40) che coprono un arco cronologico dalla fine del I a.c. a tutto il IV d.c., frammenti di lucerne per lo più attribuibili alla prima metà del I d.c. e di terra sigillata africana. Il settore è stato diretto dalla dr. Federica Candelato.
Pare dunque che in epoca augustea si sia iniziato a lavorare alla monumentalizzazione del tempio in questione, che è il più antico della piazza forense. Il suo completamento risale all’incirca all’epoca tiberiana.
Ad una data non molto lontana spetta anche la creazione del porticato con colonne sul lato Sud-Ovest della piazza e, qualche tempo dopo, la realizzazione del tempio D, il Capitolio.
A ridosso del Cesareo, sul lato Sud, sotto due blocchi lapidei probabilmente provenienti dal basolato del Foro, è stata trovata una deposizione di due adulti e di un bambino in associazione con una moneta di un figlio di Costantino. Questo permette di datare già alla prima metà del IV secolo la fine della vita politica del Foro cittadino e la sconsacrazione del Cesareo.
Altrettanto importanti sono state le indagini nei bacini stratigrafici individuati sotto il Capitolio ad opera di Ugo Fusco. Sono state individuate le strutture rasate per far posto al nuovo tempio – il Capitolio – intorno alla metà del I sec. d.c.
Dietro il lato posteriore del podio è emersa anche la parte finale di un edificio quadrangolare desinente in forma quasi circolare, con alcuni blocchi di pietra posti lungo il margine esterno circolare.
L’anno successivo si è potuto appurare che si trattava di una fontana. Verosimilmente quando questa fu rasa al suolo, ne fu costruita un’altra, sul lato Nord del Cesareo, di cui si vedono ancora i resti.
Si è potuto appurare che in età traianea le scale laterali del Capitolio sono state demolite e sostituite da scale frontali.
Negli ambienti ricavati entro le sostruzioni anteriori del Capitolio, è emersa una grande e profonda fornace per la calce.
Inoltre gli scavi seguiti da Ugo Fusco hanno messo in luce una complessa sequenza di battuti che hanno preceduto la pavimentazione lapidea del Foro, databile in età tiberiana o, al più tardi, claudia.
Gli scavi del 2008 hanno indagato buona parte del podio del tempio rotondo.
La stratigrafia documentata nel 2007 in tre saggi è stata di fatto confermata dalle nuove indagini, a cura di Massimo Saracino, dalle quali risulta che un piano in battuto grossolano ha preceduto la costruzione del tempio.
Al di sopra è stata impostata una seconda pavimentazione (completamente asportata nelle fasi tardo-antiche in gran parte dell’area circostante l’edificio).
Si è individuato anche il rifacimento della scalinata d’accesso in epoca imprecisata. Esso ha permesso il rialzamento della parte inferiore della gradinata stessa, probabilmente in fase con un piano di calpestio della tarda antichità.
Il tempio era un monoptero con colonne in laterizio rivestite di stucco.
Data la sua posizione centrale nel pianoro, il prof. Mastrocinque ha ipotizzato che esso rappresentasse il mundus della città, cioè un tempio di una divinità infera.
Si sono eseguiti, a cura di Ugo Fusco, saggi di scavo a ridosso delle parti superstiti della pavimentazione del Foro, al fine di intercettare le stratigrafie relative alle sue fasi di vita.
Si sono eseguiti, a cura di Ugo Fusco, saggi di scavo a ridosso delle parti superstiti della pavimentazione del Foro, al fine di intercettare le stratigrafie relative alle sue fasi di vita.
La prima sistemazione della piazza è costituita da un battuto in ciottoli, frammenti ceramici e terra, databile nell’ambito della prima metà del I secolo a.c.
Nell’ambito della seconda metà del I secolo a.c. questo battuto è stato sostituito da una pavimentazione in malta, la quale precedette la creazione dello stilobate del portico, che la taglia.
Successivamente, in età augustea, viene realizzata la porticus e una nuova pavimentazione della piazza, costituita da un battuto in malta.
Prima della realizzazione del lastricato si registra un’attività di spoliazione, attestata da una serie di fosse irregolari, disposte secondo un asse Est-Ovest.
L’attuale lastricato, costituito da blocchi in pietre calcaree, presenta un terminus post quem per la sua costruzione all’età augustea.
Probabilmente in questa fase viene realizzata anche una struttura, interpretabile come cisterna, o vasca ipogea, in relazione al sistema di smaltimento delle acque.
(questa è la statua di Livia Drusilla che si data tra l'età tiberiana e l'età claudia, quindi nel II quarto del I sec. d.c., rinvenuta nel foro presso il tempio C.)
LIVIA DRUSILLA |
L’ambiente a ridosso del Cesareo, sul lato Sud, ha restituito una ricca messe di materiali. È possibile che un evento sismico, o altro fenomeno circoscritto nel tempo, abbia fatto crollare a pezzi l’intonaco affrescato, che è stato rinvenuto prevalentemente con la superficie rivolta verso il basso.
Nel medesimo strato sono rimaste moltissime parti di animali macellate, pronte per la cottura, oltre che altri resti di pasto.
Si tratta di ossa di bovino, pecora, maiale, gallo e altri uccelli, coniglio e lepre, chiocciole, molluschi marini, pesci ed altri animali ancora. Non è chiara la natura dell’evento legato a questa grande quantità di ossa.
È possibile che si tratti di resti di una festa di carattere religioso, visto che provengono dai pressi di un tempio. Sono state trovate molte coppe, bicchieri, anfore vinarie, vasi e piatti, che completano il panorama.
A Sud-Est del Foro si è aperto un nuovo settore, affidato al dott. Vincenzo Scalfari, che ha messo in luce un muro parallelo al limite di fondo del Foro, databile ad età tiberiana, tracce di un probabile portico, parallelo al muro e posto subito a Sud-Est.
È stata inoltre eseguita una sezione perpendicolare al muro di fondo, per studiare una sequenza stratigrafica completa, in funzione di future indagini.In conclusione, dalle indagini fino ad ora eseguite dalla missione condotta da A. Mastrocinque risulta che il Foro fu dotato di pavimentazione all’incirca in età cesariana.
In età augustea si iniziò la monumentalizzazione dell’area, con l’inizio dei lavori al tempio C, il Cesareo, e con la realizzazione di un primo porticato con colonne.
Il maggiore sforzo nella monumentalizzazione dell’area fu dovuto ad un progetto realizzato in età tiberiana e poi completato con il Capitolio in età claudia (al massimo neroniana).
Sotto Traiano si ebbe un’altra fase di rinnovamento, con la nuova pavimentazione del decumano, che attraversa anche il Foro. Il II e il III secolo non registrano alcun fervore di attività e non hanno fornito molti materiali, mentre una ripresa, anche se in tono minore e senza pretese artistiche, si ebbe tra l’epoca dei Tetrarchi e quella di Costantino.
Nel IV secolo si devono essere verificati il crollo dei templi e il deterioramento del selciato della piazza. Seguirono le spoliazioni, soprattutto nel V secolo, e il crollo del portico segnò una battuta d’arresto nella vita pubblica del Foro.
Le recenti indagini di Enrico Cirelli e Fabio Saggioro sui materiali medievali hanno permesso di delineare una nuova ricostruzione della vita della città, che sembra protrarsi fino all’VIII secolo con una buona attività di importazione di materiali."