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TITO QUINZIO FLAMININO

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TITO QUINZIO FLAMININO

Nome: Titus Quinctius Flamininus
Nascita: 229 a.c. Roma
Morte: 174 a.c. Roma
Cariche: generale, console

Tito Quinzio Flaminino, ovvero Titus Quinctius Flamininus, fu insigne esponente della gens Quintia, o Quinctia, una delle più antiche gentes romane, quindi patrizia, con molti illustri rappresentanti sia nel periodo repubblicano che in quello imperiale.

Secondo Tito Livio, la gens Quintia si stabilì a Roma quando la città di Alba Longa fu conquistata dai romani. Pertanto Tito nacque a Roma il 229 a.c. e morì sempre a Roma nel 174 a.c. Narra infatti Livio che quando Tito assistè ai giochi istmici in onore di Poseidone nel 196 a.c.aveva 33 anni.



ESCURSUS HONORUM

Di lui si sa che combatté nella guerra Punica sotto il valoroso Marco Claudio Marcello, per ben 5 volte console di Roma, e soprannominato pertanto la "spada di Roma", il quale vinse in combattimento, a Nola, nel 215 a.c., l'esercito di Annibale, come ci conferma anche Tito Livio. Il che significa che Tito Quinzio avrebbe avuto 14 anni, indubbiamente troppo giovane.

Però Claudio Marcello, eletto poi proconsole nel 209, combattè Annibale anche nelle campagne di Strapellum vicino a Venusia ma non gli andò bene e dovette ritirarsi nella città. La mossa non piacque ai senatori che lo richiamarono a Roma per giustificare la scarsa condotta di generale; il senato era molto severo e bastava una sconfitta per cancellare un monte di vittorie. Questa data invece è possibile, Tito Quinzio avrebbe avuto quasi venti anni, e si riporta che fosse già Tribuno dei soldati quando Claudio Marcello cadde nel 208.

La storia non ci dice se potè distinguersi in questa battaglia, ma dovette farlo, perchè sembra che ne uscì molto valorizzato. Infatti Tito nel 205 a.c. venne eletto propretore a Taranto ma non quadra, i pretori erano eletti almeno a 39 anni (ma non sono tutti d'accordo, o almeno non per tutti i periodi della repubblica), con la riforma di Augusto poi a 30, ma qui siamo in epoca repubblicana.

RITRATTO DI TITO GIOVANE
I propretori per giunta, erano stati pretori che, esercitata per un anno questa carica, avevano ottenuto il comando di un esercito o di una provincia. Ora nel 205 Tito Quinzio avrebbe avuto solo 24 anni, e sarebbe stato nominato pretore a 23 anni, evidentemente Livio si era sbagliato.

Di Tito si conosce pure un incarico successivo: nel 201 a.c. fu uno dei dieci commissari nominati per la misurazione e la distribuzione di terre pubbliche nel Sannio ed in Apulia. Aveva dunque 28 anni, ci può stare.

Le terre furono date ai veterani che avevano combattuto sotto Scipione l'Africano in Africa contro i Cartaginesi. L'anno successivo fu uno dei triumviri incaricati di completare il numero di coloni a Venusia, ridottisi a causa della guerra punica.

Questi incarichi richiedevano grande onestà e grande ascendente, perchè i militari si contendevano le terre per assicurarsi la pensione e spesso c'erano controversie e accuse, se non corruzione e scambi di favori. Ma Tito Quinzio già godeva di una certa pubblicità come uomo fattivo, determinato e integerrimo, un uomo che i soldati seguivano volentieri e che le gente stimava.

Grazie a questa sua buona fama nel 199 a.c. fu nominato questore e verso la fine del suo mandato si candidò per il consolato. Come raccontato da Livio, due tribuni della plebe, Marco Fulvio  (secondo alcuni quel Marco Fulvio Nobiliore che ottenne poi il governo sulla Spagna Ulteriore) e Manio Curio, si opposero pubblicamente alla sua candidatura, perché secondo il tradizionale cursus honorum avrebbe dovuto ricoprire le cariche di edile e di pretore, prima di adire al consolato. Ma non era stato pretore, come richiedeva la legge, prima di diventare propretore? Evidentemente no, perchè il suo nome era di per sè una garanzia, di onestà oltre che di coraggio e bravura. E un po' anche perchè era patrizio.

Alla fine il Senato accettò la candidatura di Flaminio, dato che aveva già raggiunto l'età legittima di trenta anni, ma non dovevano essere 39? Evidentemente no, ma soprattutto perchè Tito piaceva anche ai plebei, era gentile e non si dava arie. I due tribuni rinunciarono all'opposizione perchè si resero conto che anche il popolo stava dalla parte di Tito. Pertanto Flaminino fu eletto console per l'anno 198 a.c. con Sesto Elio Peto Catone. Quest'ultimo fu un grande giurista ma non si distinse militarmente durante il suo consolato, per cui tutti gli onori andarono al suo collega Flaminino, tra l'altro molto più giovane di lui.



IL CONSOLATO

Finalmente Tito otteneva ciò cui aveva sempre mirato: non il potere o la ricchezza, ma gli onori e la gloria, che aveva sognato per tutta l'infanzia. A soli trent'anni fu eletto console nel 198 a.c. assegnatagli come provincia la Macedonia, una terra posta tra l'Illiria e la Tracia e a nord della Grecia. La provincia di Macedonia non era proprio un regalo perchè Tito doveva guadagnarsi la provincia cioè occuparla togliendola al suo conquistatore re Filippo IV.

Questi infatti nel 215 a.c., durante la II guerra punica, aveva osato stringere alleanza con Annibale, in guerra contro Roma. L'impero non aveva dimenticato e soprattutto doveva dare un monito alle province assoggettate. Pertanto una volta sconfitta Cartagine, si decise una ritorsione militare contro re Filippo,

FILIPPO V DI MACEDONIA
Naturalmente il compito venne affidato al miglior generale di cui si poteva disporre e il senato puntò si Flaminio, uomo capace, valoroso, audace, ma pure grande conquistatore di animi.  Tito Quinzio quindi chiese e ottenne dal senato il permesso di formare un'armata di 3000 fanti e 300 cavalieri, scelti fra quelli che si erano distinti nelle recenti guerre in Africa e Spagna. in aggiunta a quella che stava già in Macedonia, per affrontare Filippo V.

Nacque così la I guerra macedone, affinchè anche questo popolo riconoscesse il predominio di Roma come tutti gli altri popoli adiacenti. Tito aveva già il suo piano ed era felicissimo dell'incarico che gli avrebbe finalmente permesso di mettere totalmente in luce le sue qualità di condottiero, la qualità in assoluto più apprezzata da tutti i romani.

Tito aveva una gran fretta di partire ma tuttavia si trattenne a Roma, come prescrivevano le regole di guerra, per le cerimonie religiose pubbliche, per rendersi propizi gli Dei prima di una qualsiasi spedizione.

Secondo la tradizione però avrebbe dovuto trascorrere a Roma i primi mesi della sua carica ma Tito scalpitava, così radunò velocemente l'esercito e mosse verso la Macedonia.

Tito si dimostrò abile per terra e per mare, un po' come Giulio Cesare di cui condivideva vari aspetti. Come l'altro usava l'ingegno e l'improvvisazione, e si adattava anche a sfide nuove senza timore, e come l'altro sapeva accattivarsi l'animo dei suoi uomini.



I GUERRA MACEDONE

Tito navigò, con i rinforzi appena arruolati, da Brundisium (Brindisi), fidata città con cittadinanza romana fin dal 240 a.c. e imbarco naturale per la Grecia, fino a Corcira (Corfù) all'epoca conquistata dagli Illiri, ma con i quali Roma aveva buoni rapporti, e lì fece accampare gli uomini, per farli riposare, ma soprattutto per creare un accampamento che facesse da testa di ponte tra Grecia e Roma e proteggesse i rifornimenti in arrivo.

Ma Tito era instancabile, non si riposò e proseguì il viaggio per mare con parte dei suoi uomini. Sbarcò in Epiro, da qui  raggiunse a marce forzate il campo dell'esercito romano che fronteggiava Filippo V di Macedonia presso il fiume Aoo, (odierna Albania), e ne assunse il pieno comando, il tutto a grande velocità.

Per prima cosa licenziò i suoi predecessori, poi, mentre aspettava l'arrivo dei rinforzi lasciati a Corcira, ispezionò l'esercito, lo incitò e impartì gli ordini. All'arrivo dell'armata di Cocira radunò immediatamente tutto lo stato maggiore e dette gli ordini dettagliati per l'invasione della Macedonia, così come l'aveva concepita. Lo stato maggiore non era d'accordo.

C'era una strada breve che avrebbe potuto portarlo in zona di guerra più velocemente, ma il suo stato maggiore glielo sconsigliò. Sicuramente il nemico l'avrebbe atteso lì, al passo di Antigoneia, dove sarebbe stato più difficile difendersi. C'era invece un passaggio più lungo ma più sicuro dove avrebbero potuto andare senza troppi rischi: Tito rifiutò.

Ci si è chiesti come mai Flaminino fece un passo così azzardato, forse sperava nella fazione filo-romana dell' Epiro, guidata dall'amico Carope,  e forse sperava che molte città greche, ancora indecise, si alleassero a Roma, abbandonando Filippo.


Le trattative

Per quaranta giorni si battè col nemico con alterni risultati, tanto che il re macedone pensò di chiedere ai Romani un trattato di pace a lui favorevole, anche tramite la mediazione degli Epiroti. Questi erano gli abitanti dell'Epiro, la zona nord occidentale della Grecia, abitato dalle tribù greche dei Caoni, Molossi e Tesproziani e sede del prestigioso santuario di Dodona.
Non aveva fatto i conti col carattere decisionista di Tito, lui aveva promesso a Roma di liberare la Grecia da Filippo, e non si transigeva. Quindi pretese subito che tutte le città della Grecia e della Tessaglia fossero liberate prima delle trattative.

Nel frattempo però Tito Quinzio venne informato da Cercope di un passaggio tra i monti che poteva condurre le truppe alle spalle dei Macedoni. Questo passo non era presidiano da forze nemiche o perché non conosciuto da Filippo o perché erano sicuri che i Romani non lo avrebbero mai scoperto, o ed è più probabile, che il passaggio, prima ostruito e impraticabile, fosse stato liberato..

I battitori di Flaminio verificarono l'assenza di reparti macedoni, e così Flaminino spedì le guide con 4300 uomini armati, che in pochi giorni giunsero alle spalle dell'esercito macedone. Giustamente Tito volle restare col grosso dell'esercito per non abbandonare gli uomini e perchè era abituato a fidarsi solo di se stesso.


La vittoria sull'Epiro

In poco tempo i Macedoni, attaccati su due fronti, fuggirono retrocedendo verso la Tessaglia ed abbandonarono il passo, dopo aver perso 2.000 uomini ed il campo, caduto in mani romane.

FILOPEMENE FERITO
Flaminino aveva vinto e, con la mediazione di Cercope, tutto l'Epiro si sottomise a Flaminino, il quale trattò i soldati e la popolazione con clemenza, inoltre liberò i prigioneri, perché tutti potessero fare il raffronto tra lui e Filippo. Anche in questo fu simile a Cesare la cui clemenza fu proverbiale e chissà che Cesare in parte non si ispirasse a questo intelligente predecessore nella sua condotta militare.

A questo punto l'armata romana, comandata dal console Flaminino, marciò attraverso i passi montani e raggiunse la Tessaglia, dove Filippo aveva fatto razziare le campagne e distruggere molte città, così da fare terra bruciata davanti ai Romani.

La prima città tessala raggiunta da Flaminino e che gli resistette fu Faloria, che venne conquistata dopo una strenua resistenza della guarnigione macedone e fu ridotta in cenere, anche come avvertimento per tutte le altre città che avessero deciso di combattere apertamente i Romani. Ma nonostante ciò, le altre città della Tessaglia, con forti guarnigioni macedoni, che potevano inoltre ricevere rinforzi da Tempes, dove era l'armata di Filippo, non accennarono ad arrendersi.
Conquistata e distrutta la prima città della Tessaglia, Flaminino pose l'assedio a Carace, ma nonostante i grandi sforzi profusi dai Romani e qualche parziale successo, Flaminino fu costretto a togliere l'assedio.


La conquista della Focide

Dopo aver devastato e saccheggiato il territorio, Flaminino marciò verso la Focide, dove parecchie città anche marittime gli aprirono le porte, permettendogli di comunicare con la flotta romana sotto il comando di suo fratello, il propretore Lucio Flaminino.

Flaminino, che si proclamava filoellenista, cambiò l'approccio romano alla guerra contro Filippo V. Si passò dalla richiesta di "pace in Grecia", ovvero della sospensione degli attacchi macedoni alle città greche, a quella della "libertà per i Greci", ovvero del ritiro delle truppe macedoni da tutte le città greche fino ad allora occupate, ed il rientro entro i confini della Macedonia.

Infatti al comando della flotta contro Corinto, riuscì abilmente a convincere tutti gli antichi alleati di Filippo, l'Epiro, la lega acaica, e la Beozia a passare dalla parte romana. Solo Elateia, la principale città della regione, forte di grandi fortificazioni, si oppose strenuamente e lungamente a Flaminino.

Lucio intanto riuscì a stringere un'alleanza con la lega Achea, una lega di città del Peloponneso centro-settentrionale, costituitasi nella regione Acaia, dal 280 a.c. al 146 a.c. tanto più che Aristeneto di Megalopoli (186 - 185 a.c.)., stratega della lega, era ben disposto verso Roma. In ogni caso le città di Megalopoli, Dyme ed Argo rimasero fedeli a Filippo.

Dopo aver conquistato Elateia, Flaminino fece svernare il suo esercito tra la Focide e la Locride; ma dopo breve tempo scoppiò una rivolta ad Opus e la guarnigione macedone dovette ritirarsi nell'acropoli della città.

La popolazione era divisa tra chi voleva chiamare i romani in aiuto e chi la lega etolica, avversaria della lega achea. Gli etoli giunsero per primi, ma le porte della città si aprirono solo per Flaminino, tanta era ormai la sua buona fama, così conquistò la città senza combattere.

Intanto la truppa macedone si era asserragliata nell'acropoli e Flaminino non l'attaccò, anche perché il re macedone aveva chiesto trattative di pace.
Tito avrebbe potuto con facilità sgominare la resistenza, ma da quel bravo politico che era preferì trattare, per dimostrare alla Grecia la sua mitezza e magnanimità, insomma gli premeva il favore dei greci. Questo perchè aveva riscontrato non solo la bravura ma anche il valore dei combattenti greci che offrivano volentieri la propria vita per la patria, e ciò poteva accendergli il malanimo di tutta la Grecia.

BUSTO DI ANTIOCO III
Le trattative si tennero a Nicea, sul golfo, per tre giorni; Flaminino e i suoi alleati, tra cui la lega etolica che però coprì Filippo di insulti. I romani presentarono una lunga lista di richieste per il trattato di pace, ma la prima e imprescindibile fu che Filippo ritirasse tutte le milizie dalle città greche.

Gli alleati greci dei romani volevano una risposta immediata o la guerra, ma Flaminino allungò i tempi sperando che intanto giungessero i rinforzi da Roma. Si stabilì infine una tregua di due mesi e di inviare a Roma ambasciatori di ambedue le parti, a condizione, però, che Filippo abbandonasse tutte le città della Focide e della Locride ancora in suo possesso.

Intanto aveva concordato con gli alleati greci quanto dovevano riferire al senato. Fedeli alla consegna i greci dichiararono che la Grecia non poteva considerarsi libera finché Demetria, Calcide e Corinto non fossero state tolte ai macedoni; che o Filippo obbediva o era guerra, e che non ci sarebbe stato momento migliore per costringere Filippo, piuttosto in difficoltà, ad accettare queste richieste.

Allora il senato chiese agli ambasciatori macedoni se il re avesse intenzione di liberare le tre città suddette, ma non seppero rispondere. Il Senato non sapeva che fare, per cui li informò che da quel momento avrebbero dovuto riferirsi al solo Flaminino. Infatti, evento eccezionale, gli conferirono pieni poteri a tempo indeterminato sia per ottenere la pace, sia per tornare in guerra.

Praticamente Flaminino ottenne per la Macedonia e la Grecia tutta, una carica di dictator a tempo indeterminato (per legge era di sei mesi) tanta era la fiducia che nutrivano in lui, non solo per il suo valore di comandante ma anche per le sue capacità politiche.

Filippo non accolse le richieste romane e si preparò alla guerra, ma consapevole della inferiorità del suo esercito, chiese una alleanza con Nabide, il tiranno di Sparta. Questi ne profittò per occupare Argo e, subito dopo, invitò Flaminino ad Argo per stipulare un trattato tra Roma e Sparta.

Secondo il trattato, Sparta concedeva truppe ausiliarie ai Romani per la guerra contro Filippo e si impegnavano a rispettare le altre città della lega Achea. Flaminino dovette ingoiare l'occupazione di Argo, che non fu però menzionata nel trattato e quindi non ebbe veste legale. Ricevute le truppe spartane di Nabide, Flaminino marciò su Corinto, difesa da Filocle, amico di Nabide, sperando che gli aprisse le porte della città, ma così non fu.

Piuttosto che tentare un lungo assedio, Flaminino deviò in Beozia, dove le città ruppero l'alleanza con Filippo e gli aprirono le porte, anche se molti giovani beoti continuarono a combattere nelle file macedoni fino alla fine della guerra.



II GUERRA MACEDONE (200-196 a.c.)

Dopo la morte nel 207 a.c. del reggente spartano, Nabide rovesciò il re con un esercito mercenario e si pose sul trono. Polibio descrive le forze di Nabide come «un'accozzaglia di assassini, ladri, borseggiatori e predoni». Filippo V di Macedonia offrì allora a Nabide la città di Argo se Sparta avesse abbandonato la coalizione romana e si fosse schierata coi macedoni.

Nabide accettò e ottenne il controllo di Argo; cosa che non era piaciuta nè ai romani nè ai loro alleati. Pertanto nella primavera del 197 a.c. Flaminino con l'esercito e gli ausiliari spartani, della lega achea e di altre città, lasciò gli accampamenti invernali per iniziare la II campagna contro Filippo. Presso le Termopili un grosso contingente della lega etolica si unì all'esercito alleato.

 Anche Filippo che aveva ora una forza equivalente a quella Romana, scese verso sud per la battaglia. A Fere, in Tessaglia, i Romani riportarono la vittoria, ma lo scontro decisivo, dove in poche ore l'esercito macedone fu definitivamente sconfitto, avvenne nei pressi delle colline Cinocefale (teste di cane). 



BATTAGLIA DI CINOCEFALE

La battaglia si svolse nel 197 a.c. presso il luogo odierno di Karadagh inTessaglia.

Forze in campo romane:

- Fanteria romana
- Legionari romani
- Fanteria leggera della Lega etolica alleata
- Arcieri ausiliari cretesi
- Cavalleria romana
- Cavalleria alleata dei numidi del re Massinissa
- Elefanti numidi.

Forze in campo macedoni:

- Fanteria macedone
- Falange macedone (20.000 macedoni)
- Fanteria leggera mecedone (peltasti)
- Fanteria leggera alleata della Tracia, Illiria e Creta.
- Cavalleria macedone



UN CAPOLAVORO DI STRATEGIA

La battaglia iniziò in cima alle colline Cinocefale tra i primi reparti di fanteria leggera degli eserciti. Filippo divise il suo esercito in due falangi, una alla sua destra e l'altra a sinistra. All'arrivo di rinforzi romani alla fanteria leggera i fanti macedoni arretrarono in attesa della falange destra, mentre l'altra ancora marciava per raggiungere la cima. 

La falange di destra in aiuto della fanteria leggera fece arretrare le truppe romane ma Flaminino, schierate le altre due legioni e gli elefanti di fronte alla falange sinistra macedone, la attaccò, ed essa, in difficoltà per il passaggio dalla formazione di marcia a quella di battaglia, ruppe l'assetto. 

Allora Flaminino, mentre inseguiva la falange, inviò in aiuto alle due legioni che stavano ancora arretrando, venti manipoli, che attaccarono i nemici dal loro fianco sinistro, scompaginandone la formazione rigida tipica delle falangi. I Macedoni erano ormai disorientati e in fuga. Nel massacro che ne derivò i falangiti alzarono le picche in segno di resa, ma i Romani, non comprendendo il gesto, proseguirono la strage.

Morirono oltre 8.000 macedoni e 5.000 furono catturati, mentre i Romani e gli alleati ebbero solo 700 morti. La Tessaglia si arrese e Filippo chiese la pace. Però a Flaminio non piacque l'atteggiamento della lega etolica, le cui truppe erano state di grande aiuto in battaglia; ma che si prendevano tutto il merito della vittoria, e molti greci gli credevano.


La Beozia

Flaminino senza consultare la lega concesse a Filippo una tregua di quindici giorni per iniziare trattative di pace, ben sapendo che la lega etolica voleva la guerra fino alla distruzione dell'impero macedone. Gli etolici accusarono Flaminino di essersi fatto comprare da Filippo, ma il generale voleva concludere una pace immediata con i macedoni per tornare a Roma a celebrare il suo trionfo, temendo che Antioco III il Grande sbarcasse in Europa in aiuto dei macedoni. Così Flaminino concesse infine diversi mesi di tregua e mandò ambasciatori di ambo le parti a Roma.

Egli intanto aveva liberato tutti i beoti che avevano servito nell'armata macedone e che erano caduti prigionieri, ma, invece di essergliene grati, riconobbero la loro libertà al merito di Filippo e nominarono beotarca (magistrato con funzioni esecutive, militari e diplomatiche) il vecchio comandante delle truppe beote nell'armata macedone.

Però la fazione filo romana della lega fece assassinare il beotarca, sembra con l'approvazione di Flaminino. Esplose una violenta rivolta tra la popolazione della Beozia, stanca anche dell'armata Romana stazionata in Elateia, e quasi 500 cittadini Romani che si trovavano in Beozia furono uccisi e abbandonati senza sepoltura.

Per ritorsione Flaminino devastò la Beozia, assediando le città di Coroneia e Acrefia, presso cui si trovavano molti dei corpi insepolti. Allora la lega beotica mandò a chiedere la pace. Tito era riluttante; ma per l'insistenza della lega Achea li trattò con clemenza e concesse la pace in cambio della consegna dei colpevoli degli eccidi e del pagamento di trenta talenti, invece dei cento già richiesti.

Nella primavera del 196 a.c.,giunsero in Grecia dieci commissari romani con i termini ultimi della pace con Filippo V che doveva liberare ogni città greca ancora in suo possesso sia in Europa che in Asia. La lega etolica si oppose, ma inutilmente, considerandole troppo miti o frutto di corruzione.



GRECIA LIBERA

Nell'estate del 196 a.c. si svolsero proprio a Corinto i Giochi Istmici in onore di Poseidone, che richiamarono migliaia di persone da ogni parte della Grecia.

Flaminino, accompagnato dai dieci commissari, entrò nell'assembla e, al suo comando, un araldo in nome del Senato Romano annunciò la liberazione e l'indipendenza dell'intera Grecia.

GIOCHI ISTMICI
"Dunque dopo che i Greci ebbero preso posto allo spettacolo, un araldo con la tromba avanzò in mezzo all'arena. Impose il silenzio con la tromba e disse queste parole:
- Il Senato e il Popolo Romano, e il comandante Tito Quinzio, che sconfissero i Macedoni, ordinano che tutti i popoli della Grecia che furono sotto il dominio di re Filippo, siano liberi ed esenti da tributi. .
Quando udirono le parole dell'araldo tutti quelli che erano presenti lodarono con grandi grida e acclamazioni Flaminino. Infatti nulla è più gradito della libertà agli uomini."

L'annuncio era assolutamente inatteso e la gioia e l'entusiasmo arrivarono alle stelle. Flaminino fu circondato da una così tanta folla plaudente che temette per la sua vita. Era il ritorno alla libertà, dopo circa un secolo e mezzo di dominazione straniera. Battuto dai Romani, il re macedone Filippo V doveva andarsene ma Roma, vinto il padrone, aveva restituito la libertà ai suoi servi anzi, offriva loro la sua protezione senza chiedere niente in cambio.

Tito riuscì col suo carisma ad imporre tutte le condizioni di pace e in breve tempo Corinto fu liberata dai macedoni e passò sotto il controllo della lega Achea. Flaminino e gli altri dieci commissari si occuparono dei territori liberati e la Tessaglia fu suddivisa in quattro nuovi stati: Magnesia, Perrebia, Dolopia e Tessaliotide. 

La lega etolica riebbe Ambracia, la Focide e la Locride, non contenti chiesero di più al Senato Romano, che come al solito girò le richieste a Flaminino, ma questi li tacitò immediatamente.
La lega Achea ricevette tutti i possedimenti del Peloponneso e invece Atene, città favorita da Flaminino, ebbe incrementi territoriali.

Comunque il rientro delle legioni in Italia fu completato solo nel 194 a.c.. mantenendo però alcune guarnigioni in città di importanza strategica, prima occupate dai macedoni, come Corinto, Calcide e Demetriade.

Ma siamo ancora nel 195 e le guerre per Flaminino non sono terminate. In primavera il Senato Romano concesse i pieni poteri a Flaminino per agire contro Nabide nel modo che gli pareva più opportuno, cioè doveva eliminarlo.



GUERRA LACONICA

(tra la città-stato di Sparta e una coalizione composta da Repubblica romana, Lega achea, Regno di Macedonia, Rodi e Regno di Pergamo)

Dopo la guerra l'esercito romano non si ritirò dalla Grecia, ma distribuì delle guarnigioni nei luoghi strategici della regione, perchè ora si doveva liberare Argo. 

Flaminino inviò un messaggero a Sparta, chiedendo a Nabide di restituire Argo alla Lega achea o di prepararsi alla guerra contro Roma e i suoi alleati greci; Nabide respinse l'ultimatum di Flaminino, e 40.000 soldati romani, oltre agli alleati greci, avanzarono verso il Peloponneso. A Cleonae i Romani di Flaminino si congiunsero con 10.000 fanti e 1000 cavalieri della Lega achea sotto il comando di Aristeneo e si diressero su Argo, roccaforte spartana difesa da Pitagora, cognato di Nabide. Poiché la guarnigione spartana di Argo era forte e la popolazione non si era ribellata agli spartani, Flaminino pensò al da farsi..

Alcuni ribelli di Sparta fuggirono dalla città e raggiunsero il campo di Flaminino, cui suggerirono che se avesse mosso il proprio campo più vicino alle porte cittadine, gli Argivi si sarebbero ribellati agli Spartani. Il comandante romano inviò la propria fanteria leggera e la cavalleria in esplorazione, per trovare il luogo adatto per il nuovo campo. Il gruppo fu scoperto da alcune truppe spartane, che uscirono dalle porte per battersi ma i Romani li costrinsero a ritirarsi in città.

Flaminino mosse il campo vicino a Sarta e attese per un giorno, ma gli Spartani non attaccarono. Flaminino convocò un consiglio per decidere l'assedio di Argo; tutti i comandanti greci, ad eccezione di Aristeneo, concordarono che si doveva attaccare la città, Aristeneo invece voleva colpire direttamente Sparta e la Laconia. Flaminino era solito ascoltare sempre i pareri di tutti, per poi, come al solito, agire secondo il suo sentire, infatti concordò con Aristeneo.

Il giorno dopo giunsero gli alleati: gli esiliati spartani guidati dal legittimo re di Sparta rovesciato venti anni prima, e da 1500 fanti macedoni e 400 cavalieri tessali inviati da Filippo, mentre una flotta romana di quaranta navi guidata da Lucio Quinzio Flaminino; una flotta di Rodi di diciotto navi e guidata di Sosila, il quale voleva porre termine alla pirateria di Nabide e una flotta del Regno di Pergamo di quaranta navi e guidata da re Eumene II, per guadagnarsi la protezione romana in caso di attacco di Antioco III.
 
Nabide fu sconfitto due volte sotto le mura di Sparta, ma la città resisteva e Flaminino non insistè con l'assedio, preferendo tagliare le vie di rifornimento del nemico e razziando i territori circostanti.

Di nuovo Flaminino convocò un concilio, stavolta a Corinto, di tutte le città greche per deliberare su Sparta, e tutti i greci volevano abbattere Sparta, solo gli Etoli si mostrarono contrariati dall'ingerenza romana. Comunque fu decisa la guerra contro Nabide e i Romani ottennero truppe dalla lega Achea, Rodi, Eumene di Pergamo e perfino Filippo V di Macedonia, ormai alleato dei Romani.

Con l'aiuto della flotta, comandata dal fratello Lucio, Flaminino occupò il porto di Gytheio, catturando la base navale spartana. Allarmato Nabide chiese trattative di pace. Flaminino, temendo un sostituto che gli strappasse i successi voleva concludere, ma gli alleati volevano la fine di Nabide, ma fu proprio questi a rifiutare le condizioni di pace dei romani.


Sparta

A Flaminino non restò che marciare su Sparta. Nabide per il suo esercito aveva ordinato la leva di 10.000 cittadini, assoldando altri 1000 mercenari cretesi. I suoi alleati cretesi inviarono 1000 soldati scelti oltre ai 1000 che avevano già inviato.

HOPLITE SPARTANO
Affinchè i suoi sudditi non si ribellassero, Nabide li terrorizzò mandando a morte ottanta importanti cittadini.

Lucio Quinzio Flaminino intanto accettava la resa volontaria di diverse città costiere della Laconia.

Respinto a fatica il primo assalto e scoperto che Gytheio si era arresa, decise di inviare un messaggero a Flaminino per discutere la pace. Nabide offrì il ritiro degli spartani da Argo e la restituzione ai Romani di tutti i disertori e i prigionieri.
Flaminino come al solito convocò un consiglio di guerra con gli alleati, la cui maggioranza intendeva catturare Sparta e Nabide. Il generale romano ringraziò tutti e come la solito fece di testa sua. Ascoltare i pareri diversi l'aiutava a chiarirsi le idee, ma non riteneva che questi potessero vincolarlo.

Pertanto presentò a Nabide le sue condizioni per una tregua di sei mesi: il tiranno spartano doveva: rinunciare ad Argo e all'Argolide, concedere la libertà alle città costiere della Laconia e cedere loro la propria flotta, pagare una indennità di guerra per otto anni e rinunciare ad ogni alleanza con i cretesi. Nabide rispose che aveva abbastanza provviste per sostenere un assedio e la guerra continuò.


L'assedio

Flaminino con 50.000 soldati sconfisse gli Spartani fuori le mura cittadine, quindi iniziò l'assedio. Temendo un assedio sfibrante attaccò vigorosamente le mura. Gli Spartani risposero con frecce e pietre ma i grandi scudi romani offrivano un largo riparo. I Romani superarono le porte ma la angustia delle strade oeriferiche rallentavano il passaggio. Verso il centro le strade si allargarono e nel corpo a corpo i romani mostrarono la loro superiorità.

Nabide tentò la fuga, ma Pitagora ordinò loro di dar fuoco alle costruzioni più vicine alle mura. Le macerie in fiamme furono lanciate contro i soldati alleati che entravano in città, facendone strage, Flaminino si ritirò.
Ad un nuovo attacco, gli Spartani resistettero per tre giorni, finchè Nabide inviò Pitagora con una offerta di resa. Flaminino, molto adirato per aver perso tanti uomini si rifiutò di incontrarlo, ma infine dovette riceverlo avvertendo però che le condizioni di resa non erano cambiate. Nabide accettò e il senato romano ratificò. Flaminino era di nuovo l'eroe del giorno.

Appena conclusi gli accordi Flaminino si precipitò alla volta di Argo, partecipò ai giochi Nemei e proclamò ufficialmente la libertà della città, che tornò a far parte della lega Achea. Così egli divenne per i Greci il loro liberatore e per i Romani il campione del filellenismo in Roma, come attestano statue, iscrizioni e agoni decretati in suo onore in varie città della Grecia.

Finalmente tornato a Roma, Flaminino celebrò un grandioso e meritato trionfo di tre giorni nel 194 a.c



DI NUOVO IN GRECIA

MONETA LEGA ACHEA
All'assedio di Sparta, gli Argivi guidati da Archippas si ribellarono contro gli spartani, l'accordo fu che gli Spartani lasciassero Argo incolumi, e che gli Argivi dell'esercito di Nabide tornassero a casa.
Nabide dal canto suo ritirò i militari dai centri cretesi e revocò le riforme che avevano rafforzato dell'esercito spartano. 

Ma Romani non tolsero il trono a Nabide, perchè una Sparta indipendente, seppure di media potenza, controbilanciava la Lega achea in crescita.

Nabide dovette inoltre, come era d'uso consegnare 5 ostaggi, tra cui il figlio Armenas.

I Romani non permisero agli esiliati di tornare in patria, ma concessero alle spose degli ex-iloti di raggiungere il marito in esilio.

Ma gli Etoli cospirarono contro Roma con Nabide e stavolta pure con Antioco III, re della Siria. Nabide assediò Gytheio, ora occupata da una guarnigione della lega achea.


E' guerra

Siamo nel 192 a.c. gli Achei chiesero aiuto a Roma e il Senato Romano inviò una flotta sotto il comando di Gaio Atilio insieme ad un'ambasciata capitanata da Flaminino, benvoluto dai Greci e che avrebbe potuto portate nuove alleanze.

Flaminino però non gradì affatto che l'azione venisse affidata a un altro, ha 37 anni e si sente nel pieno delle forze, come osano trattarlo come un saggio anziano?
Si prepara in tutta fretta senza avvisare alcuno e si precipita in Grecia prima di Gaio Atilio per vedere la situazione, qui intima ai greci a non intraprendere nessuna operazione militare prima che fosse giunta la flotta romana. Poi però vedendo Gytheio ormai conquistata cambia idea e dichiara guerra contro Nabide. Ora il protagonista era di nuovo lui, e come al solito fa di testa sua.

La situazione cambia, Filopemene, stratego della Lega Achea per ben otto volte e grande eroe, sta per sconfiggere definitivamente il tiranno spartano, non si è curato dei suoi ordini di attendere la flotta romana. Filopemene vuole la sua fetta di gloria ma Flaminino lo ferma, deve salvare Nabide, affinchè la lega Achea non divenga la potenza egemone greca.

In realtà vuole accattivarsi i greci, scontenti delle condizioni di pace con Nabide, ma soprattutto, per avere il suo ruolo di protagonista come comandante. Il posto di eroe non lo lascia ad alcun altro. Flaminino ha i pieni poteri del senato e Filopemene, a denti stretti, deve concludere la tregua con Nabide.

Intanto Antioco III si prepara ad invadere la Grecia; e Flaminino, con molte promesse, riesce a convincere Filippo e la Macedonia a stare dalla sua parte. Come ambasciatore è fantastico, convince tutti, o quasi.

Ora Nabide chiede aiuto agli Etoli, che inviano a Sparta 1000 fanti e 30 cavalieri scelti al comando di Alessameno. Però mentre Nabide assiste alle esercitazioni, Alessameno lo uccide con la sua lancia, uccide l' ultimo re spartano effettivamente sovrano.


La fine di Sparta

Gli etoli cominciano a saccheggiare la città, ma gli spartani, sempre valenti guerrieri li cacciano da Sparta. Finalmente Filopemene entra in città con l'esercito e Sparta diviene un membro della Lega achea. La città mantiene leggi e territorio, ma gli esiliati non possono tornare in patria.

Nel 189 a.c., tutti gli ostaggi spartani a Roma, a parte il figlio di Nabide che si era ammalato ed era morto, furono autorizzati a tornare a Sparta ma la città non si arrende. Conquista la città di Las, residenza di molti esiliati e membro dei Laconi Liberi. Allora gli Achei decidono di farla finita e chiedono la consegna dei sei cittadini responsabili dell'attacco, ma questi uccidono i membri della fazione pro-achea, invocando la protezione dei Romani che non intervengono.

Nel 188 a.c. Filopemene, con un esercito acheo e con gli esiliati spartani fa uccidere per ritorsione ottanta esponenti anti-achei a Compasio, poi distrugge le mura di Sparta fatte erigere da Nabide; fa rientrare gli esiliati, toglie le leggi spartane e mette quelle achee. Sparta diviene membro della Lega achea, sua precedente rivale, ponendo fine a diversi secoli di indipendenza, la sua storia è finita..



RITORNO A ROMA

Nel 204 a.c. Marco Claudio Marcello era il tribuno della plebe incaricato di investigare sulle spese fatte da Scipione l'Africano. Però il rapporto tra Marcello e Scipione l'Africano è poco chiaro (il padre di Marcello e lo zio di Scipione furono consoli insieme nel 222 a.c.). Fatto sta che nel 189 a.c. fu eletto censore con Tito Quinzio Flaminino.

Quest'ultimo venne inviato come ambasciatore presso Prusia I re di Bitinia nel 183 a.c., per ottenere la consegna di Annibale, che però nel frattempo si avvelenò.
Morì nel 174 a.c. o poco prima, poiché in tale anno si celebrarono giochi funebri in suo onore.


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