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ACQUEDOTTO TRAIANO

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Il X° acquedotto di Roma, cioè l'Acquedotto Traiano (Aqua Traiana) venne costruito da Traiano nel 109, per l'approvvigionamento idrico di Trastevere, l'unica zona non ancora dotata di acqua corrente. Esisteva si l''Aqua Alsietina, costruita oltre un secolo prima da Augusto per il servizio della naumachia posta in Trastevere, ma non era acqua potabile.

Il percorso è di circa 57 km, con una portata giornaliera di 2.848 quinarie, quasi 118.200 m3. Ogni quinaria equivale a 0,48 litri al secondo, per cui quasi 1400 litri al secondo. Il condotto era completamente rivestito in calcestruzzo romano largo 1-1,30 m. per un'altezza di 1,78-2,30 m., con una pendenza media di 2,67 m. per km,

L’intero percorso si svolgeva su terreni, di 9 m. di larghezza, appositamente acquistati personalmente dall'imperatore, praticamente un esproprio di terreno che però non venne pagato dalle casse dello stato ma dai soldi di Traiano, l'illuminato imperatore che risanò l'erario cominciando a metterci del suo. L’acquedotto raccoglieva le acque di diverse sorgenti attorno al lago di Bracciano (lacus Sabatinus), sui monti Sabatini e giungeva fino a Roma con un percorso in gran parte sotterraneo, entrando a Roma sul colle Gianicolo, sulla riva destra del fiume Tevere.

 Là dove l'acquedotto non è stato demolito, l’intonaco impermeabile è bianco e in perfetto stato di conservazione e altrettanto dicasi dell’opus reticolatum dei rivestimenti, una struttura davvero eccezionale. Alla periferia di Roma, all' Ipogeo degli Ottavi, durante lavori di risistemazione delle condotte negli anni ottanta se n’è riconosciuto un pezzetto che non avrebbe smesso di funzionare da circa duemila anni.

Molte sezioni dell’Aqua Traiana sono conosciute oggi, ma poche di loro furono direttamente incorporate nell'acquedotto del Papa, pur essendo state edificate nello stile del II secolo d.c., e cioè con pareti in calcestruzzo a vista o in muratura o in opus reticulatum. Sia sopra che sotto il suolo, il canale d'acqua era a volta in calcestruzzo e allineato di sotto della volta con cocciopesto, un cemento che i romani utilizzarono per secoli per fare pavimenti impermeabili, cisterne e acquedotti. Al contrario, le parti dell'Acqua Paola che scorre ancora oggi non mostrano alcuna traccia di antica muratura.





LAGO DI BRACCIANO 

"Quest'acquedotto pertanto è a giusto titolo considerato dagli intelligenti dell'arte forse il più perfetto di quanti altri sono stati costrutti sotto la romana potenza e posteriormente ancora, si per l'esatta livellazione e magnificenza, quanto per l'acqua abbondante tutta di sorgenti limpidissime, allacciata con immensa spesa nelle macchie di Manziana, Bracciano, Vicarello e Bassano, richiamate per mezzo di altrettanti piccoli bracci nella forma, il lavoro de' quali non può certo valutarsi per quello che essi meritano, se non dai medesimi ingegneri della Presidenza della acque, e da chi si è preso il piacere di perlustrarli nel loro immenso giro, come feci io stesso, con l'aiuto di persona pratica e bel istruita di que' luoghi difficili e cotanto impraticabili"

(Paolo Bossi)

Secondo l'archeologo Alberto Cassio l'acquedotto si riforniva da varie sorgenti ai piedi dei monti Sabatini, posti tra fra la valle del Tevere ed il mar Tirreno, nell'area tutto intorno al lago di Bracciano ( lacus Sabatinus). Poi le acque venivano convogliate attraverso vari cunicoli al dotto principale, il
cui inizio (il "caput aquae") doveva trovarsi tra Pisciarelli, Manziana, le terme di Vicarello e il comune di Trevignano.



LE FONTI DELL'ACQUEDOTTO 

 - Sette sorgenti nella zona di Villa Flavia - raccolte in tre vasche chiamate da Cassio e Lanciani come Greca, Spineta e Pisciarello. Carlo Fontana li chiama invece: Botte Greca, Botte Ornava, e Botte Arciprete

- Presso il lago di Bracciano c'è poi la Fonte Micciaro con l'omonima via.

SORGENTE SANTA MARIA FIORA
- Il fosso di Grotta Renara - dove Carlo Fontana pone una vasca di contenimento delle acque traiane chiamandola Botte di Pisciarelli. Il fosso è locato a est di Manziana con un ramo di acquedotto che scendeva a sud est fino alla sponda del lago e lo aggirava in senso orario, intercettando le acque provenienti dalle altre sorgenti. Lanciani identifica la Fonte del Grugnale nel moderno sobborgo di Pisciarelli, nel Comune di Bracciano.

- Le sorgenti intorno al Fosso di Fiora: tra cui la sorgente monumentale al Ninfeo di S. Fiora, Sicuramente Santa Fiora è la trasformazione della Dea Flora, Dea della primavera e quindi fonte di rinascita e di conseguenza delle prostitute, sacerdotesse della sessualità. 

 - La sorgente al Carestia Nymphaeum circa 1 km dalla Fiora, adesso in rovina, documentata da varie piante nel Fondo Orsini. - Un ulteriore ramo di acquedotto traeva origine a sud est di Oriolo Romano a Santa Fiora, nota per l’omonimo ninfeo. Questo secondo ramo scendeva verso il lago per ricongiungersi con quello delle Grotte Renara, con un percorso però non identificato. 

Venne tagliato tra il VI e il IX secolo e mai più ripristinato, Una sorgente si sa però che usciva sotto la Chiesetta rupestre di Santa Maria della Fiora, un luogo dove si conservano tracce sovrapposte di antichissime pratiche di culto (sicuramente attinente alla Dea Flora). Cioè dove sorgeva un santuario di acqua sacra, dopo averlo accuratamente distrutto vi hanno costruito sopra una chiesa, tante volte qualcuno volesse fare riti sul luogo sacro. 

NINFEO DI SANTA FIORA
1590 - Comune di Oriolo Romano - Nel documento si legge: “La parte di Santo Spirito tende a Mezzogiorno e in un angolo detto la Fiora nasce un bel capo d’acqua che congiungendosi con l’Acqua Venere a Vicarello sopra al Lago di Bracciano fu da’ Romani Antichi condotto a Roma e se ne vedono vestigi per tutto il viaggio che faceva.”

- Le sorgenti alle Terme di Vicarello. - Un sorgente vicino il ristorante attuale Acqua delle Donne. 
- Le sette botti al est dell'Acqua delle Donne.  - Vari sorgenti al nord di Monte Rocca Romana nel territorio di Bassano Romano e lungo il Fosso della Calandrina incluso il notevole Fonte Ceraso. 

 - Gli Aquarelli al nord-est del lago. 

 - L'Acqua D'Impolline al est del lago.
Successivamente l'acquedotto girava sul lato orientale del lago, in parte sotterraneo e in parte su archi bassi. Dopo Anguillara seguiva sulla sinistra il corso del fiume Arrone, unico emissario del lago, poi se ne distaccava e, dopo aver incrociato su un lungo tratto di archi l'acquedotto dell'Aqua Alsietina, tornava sotterraneo.

RESTO DO VILLA FLAVIA
Seguiva quindi l'antica via Clodia (tra la Cassia e l'Aurelia) fino alla località La Giustiniana. Da qui seguiva  via della Pineta Sacchetti e via del Casale di S. Pio V, tornando in supeficie con nuove arcate, sul percorso della via Aurelia antica, all'esterno di Villa Doria Pamphilj, fino al "castello" terminale situato dove sorse poi la "Porta Aurelia" (Porta San Pancrazio).


Tagliato una prima volta durante l'assedio di Roma da parte dei Goti di Vitige, nel 537, l'acquedotto Traiano fu ripristinato dal generale bizantino Belisario. Venne poi con varie vicende di nuovo tagliato e ricostruito, poi abbandonato nel IX sec. finchè nel XVII sec. venne ricostruito sulle antiche strutture, cambiando nome in acquedotto dell'"Acqua Paola". Dal nome dell'imperatore a quello del Papa.



LA CACCIA AL CAPUT ACQUAE 

Antony Nibby nel 1825 andò di persona a cercare le sorgenti dell’acqua traiana, anche lui dunque un cacciatore di acquedotti, la cui avventura egli indicò come una "lunga e penosa perlustrazione a traverso boschi e dirupi". Racconta:

ACCESSO ALLA CAPUT AQUAE
La visita, onde procedesse con ordine, cominciò dalle sorgenti più occidentali, cioè fra le terre di Oriolo e di Bracciano: Andando pertanto verso Oriolo, e passato appena il ponte del fosso di Boccalupo presi a destra un sentiero; seguendo questo, dopo circa un miglio, entrando nella vigna denominata allora del Tenente, trovasi la sorgente più occidentale di tutte, denominata Ferratella, per una piccola ferrata ivi esistente.

Questa venne allacciata, o riallacciata di nuovo da papa Paolo V. A sud ovest della Ferratella è la botte del Belluccio, ed a settentrione di questa, quella grande delle 25 vene, così designata perché in essa unisconsi 25 sorgenti. Seguendo sempre la direzione verso sud-ovest, ripassai il fosso di Boccalupo sopra un ponte eretto da Paolo V e chiamato ponte del Pettinicchio, perché l’arco ha una curva simile a quella de’ pettini, così denominati: di là da esso entrai nell’altra gran botte che appellano volgarmente del Micciaro costrutta di nuovo da Paolo V, nella quale si raccolgono 39 vene ed un grosso capo di acqua acidula: questa botte ha 60 palmi di lunghezza, ed essendo riguardata come la più insigne tra quelle costrutte da Paolo V ha un’arma ed una epigrafe di quel papa. A sud ovest della botte del Micciaro incontrasi l’altra detta di Piscina. 

Quindi scendendo di nuovo al rivo di Boccalupo notai la comunicazione aperta tra questo e l’acquedotto, ed interrotta da un incastro, perché secondo le circostanze in caso di siccità il fosso possa servire di sussidio al condotto. A sud ovest di questo incastro è la botte di Grotta Renana e di là da questa, andando sempre verso levante, presso il fosso Fiora, sono due altre botti, che per la loro situazione rispettiva appellansi la botte di sopra e la botte di sotto. Da questo punto volgendosi verso Vicarello incontrasi primieramente la botte delle Ferriere; tra Vicarello e Trevignano sono le sette botti; nel territorio di Bassano è la botte di Fonte Ceraso; in quello di Vicarello la botte dell’Aretta; e finalmente più lungi verso levante sono quelle del Fosso del Guardiano, del fosso Capra e di Rocca Romana, che è la più orientale di tutte, come quella della Ferratella dissi essere la più occidentale. In quella lunga e penosa perlustrazione a traverso boschi e dirupi, mi persuasi, che Trajano allacciò principalmente le scaturigini orientali e che Paolo V unì a queste ancora molte di quelle verso occidente.” 

La scoperta recente "Il caput aquae", cioè l’inizio dell’acquedotto, è stato scoperto solo recentemente, a seguito di una ricerca iniziata nel 2008 e culminata nel 2011, ad opera di un gruppo di esploratori, che si sono denominati “cacciatori di acquedotti”, tra cui due documentaristi inglesi, gli O’Nell, e sul loro sito è illustrata e fotografata la scoperta.

In realtà che l’acquedotto partisse nei pressi di Manziana era accreditato da lunghissimo tempo pur indicandosi per l’inizio dell’acquedotto località diverse poco distanti tra loro, come la fonte Praecilia ad esempio: invece è dalle acque della Fiora, sotto un’antica chiesetta omonima, seminascosta dalla vegetazione, nella campagna al confine tra Manziana e Bracciano che i cacciatori di acquedotti pongono il vero inizio, con un ninfeo da cui l’acqua era incanalata nella condotta. 

Altre fonti nelle vicinanze della Fiora, citata tra l'altro in un manoscritto sulla storia di Oriolo erano, con nomi medievali, Matrice e Carestia, di cui la prima è ancora nota ed era in uso in epoca preromana uscendo da un cunicolo d’irrigazione etrusco e ormai persa la seconda. Altre ancora intorno Bracciano, una dalla località di Pisciarelli, qui l’acquedotto “pisciava indietro”, dove in una fattoria ne sono state trovate le tracce ma, come per la Fiora, va un po’ a trovarle, e c’abbiamo provato, se qualcuno del posto non ti fa da guida o ti dà le indicazioni giuste! 

E poi effettivamente devi fare un po’ come Indiana Jones. Altre sorgenti da Vicarello, dove c’erano le acque termali, con l’acqua Venere, dalla località detta Calandrina e dalla fonte Ceraso presso Bassano e altri rami ancora dopo, a est di Vicarello, se non c’ingannano i nomi delle strade che scendono alla via delle Sette Vene come Via dell’Acqua delle Donne o via Acquarella.

Almeno l’ultimo ramo dell’elenco, però, detto allora nei documenti d’Ampolline e poi di Polline oggi vi corrispondono la Via di Polline e il Lungolago di Polline, e in quest’ultimo si possono osservare due cippi dell’acquedotto - secondo Carlo Fea nel suo “Storia dei condotti antico-moderni delle acque Vergine, Felice e Paola” del 1832, fu aggiunto in seguito, nemmeno da Paolo V, che si fregiava di aver riportato a Roma la " pura" acqua traiana, ma con Innocenzo X nel 1649. Che i rami più orientali fossero aggiunti dai papi in seguito è in accordo con le conclusioni a cui giunse il Nibby. Traiano aveva fatto costruire l’acquedotto nella pienezza dell’impero romano “PECUNIA SUA”, come si legge in un’iscrizione, ritrovata in località La Storta, descritta da Carlo Fea nel 1830, e dalla quale si deduce l’anno di costruzione dell’acquedotto.

 
RAMO SOTTERRANEO DI SANTA FIORA


L’Aqua Traiana sbarca negli Stati Uniti 
Straordinaria scoperta nell'Alto Lazio alla ribalta internazionale
di Rodolfo Fellini

Gli antichi Romani si vantavano, e a ragione, di aver costruito opere utili per la collettività e durevoli nel tempo. Ciò vale anche per l’Acquedotto di Traiano, che per 57 km costeggia il Lago di Bracciano e attraversa i quartieri occidentali di Roma fino a raggiungere Trastevere e, da qui, l’intera città. 

Inaugurato nel 109 d.C., il decimo acquedotto dell’Urbe è ancora visibile in numerosi tratti. Lo stato di conservazione non sempre è all’altezza della sua importanza, poiché le istituzioni gli hanno riservato attenzioni piuttosto alterne. Oggi, a quasi due millenni dalla costruzione, la grotta artificiale posta all’origine della prima sorgente dell’acquedotto viene messa a rischio dalle radici di alcuni alberi. 

La scoperta del ninfeo risale a due anni fa, quando sotto la chiesa paleocristiana di Santa Fiora, nel Comune di Manziana, due documentaristi britannici, Mike e Ted O’Neill, individuarono i resti di una volta, con tracce di affrescature di color blu egizio. L’esplorazione ha portato poi alla scoperta di una cappella dedicata al dio delle acque o alle ninfe, con annessi due laghetti che captavano l’acqua della sorgente e la convogliavano verso i cunicoli i quali, a loro volta, andavano a sfociare nel canale principale. 

 Ora il ninfeo e l’acquedotto, di cui esso costituisce il “Caput Aquae”, si sono guadagnati la copertina di “Archaeology”, la più prestigiosa e diffusa rivista di archeologia pubblicata negli Stati Uniti. E a breve, il lavoro televisivo degli O’Neill sarà trasmesso dalla tv americana. 

 Sotto il titolo “L’acquedotto perduto dei Romani”, l'articolo del giornale ripercorre la storia del monumento e sottolinea l’importanza del ritrovamento. Il ninfeo che sorge sotto Santa Fiora è il meglio conservato tra tutti i “Caput Aquae” degli acquedotti romani, e l’unico potenzialmente visitabile. Esso offre un mirabile esempio dell’architettura e dell’ingegneria degli antichi Romani, con volte a crociera, opere in laterizi e in reticolato. Unica difficoltà: esso sorge su un terreno privato e non è sottoposto a vincoli monumentali, archeologici o ambientali.

 
D - Come mai il ninfeo è rimasto segreto così a lungo?
R - Non era segreto alla popolazione locale, ma non è mai stato riconosciuto come la sorgente dell’Aqua Traiana. I grandi archeologi dell’800 e del ‘900 Rodolfo Lanciani e Thomas Ashby non lo conoscevano. Noi siamo riusciti a individuarlo dopo molte ricerche, compiute nella Biblioteca dell’Archeologia e Storia dell’Arte a Roma.

D - Come sono i rapporti con il proprietario del terreno?
R - Ai tempi dei Augusto, i terreni posti a 100 metri a destra e a sinistra gli acquedotti erano indefinitamente da considerare patrimonio pubblico. Ma temo che la legge non sia più in vigore, scherza O’Neill.

 Il monumento appartiene al popolo italiano, ma il proprietario del terreno ha i diritti d’accesso perché per raggiungerlo si deve attraversare il suo possedimento, che fa parte una zona agricola.

Il proprietario si è detto in principio disponibile all’esproprio, ma non a qualsiasi prezzo. Le trattative con il Comune di Manziana, nella persona delll’ex sindaco Lucia Dutto, sono state avviate nel 2010, ma non sono andate a buon fine. L’amministrazione proponeva per di acquistare il terreno al doppio del suo valore di mercato, tuttavia la controparte non ha accettato. Il proprietario comunque non ha dimostrato alcuna sensibilità dopo la scoperta, tanto che ha impedito l’ingresso agli architetti dall’Università di Bologna, incaricati di fare dei rilievi nel monumento. Lui possiede anche il terreno con l’acquedotto sottostante, nonché la Piscina Limaria – il serbatoio romano sopra al quale ha costruito una casa - ed il chiusino d’acqua costruito dal Duca Odescalchi nel 1718 per portare l’acqua di Santa Fiora a Bracciano.

D - In che condizioni versa il monumento?
R - Da due anni non abbiamo potuto più accedere al sito il quale, all’epoca delle nostre ricerche tra il 2009 e il 2010, era minacciato da diversi alberi. Il grande fico che si trovava sopra la grotta è stato tagliato, ma le radici, sia del fico che degli altri alberi, continuano a nutrirsi del calcio dalla muratura romana. Oggi sarebbe importante che un restauratore potesse applicare un forte collante, capace di consolidare l’intonaco romano e preservare la vernice di color blu egizio. Il tutto è già molto friabile, tanto da sbriciolarsi tra le dita.

D - Asssieme alla Provincia di Roma e a diverse istituzioni accademiche avete scritto al ministro per i Beni culturali Ornaghi. Che cosa gli avete chiesto?
R - Abbiamo chiesto che sia posto un vincolo al terreno, in modo da agevolare le procedure di esproprio da parte del Comune. Un vincolo posto dalla Soprintendenza ai beni archeologici può costituire infatti un elemento di grande importanza se l’iter per l’esproprio dovesse finire davanti a un giudice. L’ex sindaco aveva chiesto un contributo di 20.000 euro alla Provincia per salvaguardare il sito di Santa Fiora e proposto di pagare un affitto ai proprietari del ninfeo per eseguire i lavori di salvaguardia. Ma, perché il denaro pubblico possa confluire, il terreno deve essere espropriato.

D - E’ possibile che attorno al ninfeo ci siano altre opere?
R - La zona di Santa Fiora potrebbe diventare uno dei siti archeologici più interessanti da esplorare nei prossimi 20-25 anni. Secondo il professor Lorenzo Quilici dell’Università di Bologna, che lo ha visitato, intorno al sito sorge un complesso monumentale grandioso come il Canopo di Villa Adriana a Tivoli. Tra tutti gli acquedotti romani, poi, questo sarebbe l’unico con la sorgente visitabile. Oggi, peraltro, si può vedere solo una minima parte del monumento: il complesso contiene diversi altri vani che oggi non si vedono, e davanti al ninfeo dovrebbe sorgere una piscina a forma di croce. Questo era un grande luogo di culto pagano, che va assolutamente portato in mani pubbliche, sia per preservarlo che per esplorarlo.

Nel frattempo, per dissidi in seno alla maggioranza, Manziana è rimasta senza sindaco e al suo posto si è insediato un commissario ad acta. Dal sindaco e dalla giunta che scaturirannno dalle elezioni della prossima primavera dipenderà in gran parte il destino di un’area archeologica che insigni studiosi, italiani e stranieri, definiscono di straordinaria importanza.



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