POMPEI |
La gens Pompeia (nomen Pompeius), fu una gens plebea che secondo alcuni studiosi derivò il nome, come del resto la Gens Pompilia, dall'antica radice indoeuropea Pumpu/funf, che significa "cinque/quinto" che sarebbe la forma più arcaica del latino Quintus, o Quintilius, nome dato spesso al quinto figlio, quando il senso della genitorialità era un po' scarsa e i figli si facevano in quantità senza dargli l'mportanza che spinge a dare un nome a un essere.
Si ha però l'impressione che i nomi, seppure esistenti, di Primo, Secondo, Terzo e Quarto siano rari, mentre sono frequenti Quinto, Sesto, Settimo, e Ottavo (Quintus, Sestius, Settimiius, Octavius), il che fa pensare che al contrario questi nomi fossero un'ostentazione, perchè all'epoca avere braccia per l'agricoltura e combattenti per le guerre fosse un potere.
Secondo altri il nome della gens Pompeia proviene invece dalla radice indoeuropea Penkwe, da cui deriverebbe pentagramma, pentacolo ecc., però penta è una radice greca.
Per giunta il nomen Quinto era ricorrente tra i Pompe, che si sarebbero chiamati Quinto Quinto, e la ripetizione in lingua indoeuropea e in latino lascia un po' perplessi.
Per altri ancora la gens Pompeia, discendente dagli Oschi primi popoli italici, si stabili nella futura Pompei, a cui naturalmente dette il nome, nella seconda metà del VII sec. ac., anche se le prime tracce visibili appaiono nel VI sec. ac., con un piccolo agglomerato di case intorno al centro commerciale. Essendo un nodo commerciale tra nord e sud il centro si arricchì di persone e di beni, finchè con l'eruzione del Vesuvio del 79 d.c. venne sommersa sotto 7 m di cenere e lapilli. Ma la gens Pompeia si
era sparsa in diverse città, ma soprattutto a Roma.
GLI ESPONENTI PIU' IMPORTANTI
- Quinto Pompeo, console nel 141 ac., condusse senza successo la guerra contro Numanzia e concluse coi Numantini, l'anno seguente, un trattato che il senato respinse come disonorevole. Più tardi accusò Tiberio Gracco di aspirare al potere. Pompeo e Metello furono (131) la prima coppia di censori plebei.
- Quinto Pompeo, figlio del precedente, tribuno della plebe (130-132 ac.), avversario di Tiberio Gracco (Plut. Tiberius Gracchus)
- Aulo Pompeo, figlio del precedente, eletto tribuno nel 102 ac., moglie sconosciuta, ebbero come figlio Quintus Pompeius Bithynicus. Come narra Diodoro Siculo, Aulo morì nello stesso anno, apparentemente per una maledizione scagliatagli da Battaces, un sacerdote frigio. Quest'ultimo venuto a Roma come ambasciatore dal tempio della Grande Madre di Pessinus, e Aulo Pompeo, come Tribuno, gli proibì di indossare una corona d'oro che faceva parte delle sue insegne sacerdotali. Ciò provocò un acceso dibattito tra i due sulla tribuna dei Rostra, durante il quale Battaces maledì Aulo per aver insultato la Grande Madre. Aulo fu immediatamente colpito da una febbre bruciante dopo di che perse la voce e morì il terzo giorno. Il popolo di Roma visto i risultati della maledizione e a Battaces venne consentito di indossare i suoi abiti cerimoniali, ottenendo rispetto e onore da tutti i romani.
- Quinto Pompeo Rufo, sostenitore del dittatore Lucio Cornelio Silla, Cicerone scrisse che Pompeo fu uno degli oratori che aveva sentito in gioventù. Fu tribuno della plebe 100 ac., divenne pretore nel 91 ac. e console nel 88 ac. assieme a Silla. Dopo gli scontri provocati dal tribuno della plebe Publio Sulpicio Rufo che videro la morte di suo figlio fuggì a Nola, dove incontrò Silla e il suo esercito. Silla prese il comando nella guerra contro Mitridate e lasciò Pompeo in carica dell'Italia. Dopo ciò il senato ordinò al console dell'anno precedente Gneo Pompeo Strabone, padre del più famoso Gneo Pompeo, di consegnargli l'esercito. Ma Strabone, contrariato, prima di consegnargli l'esercito fece uccidere Quinto nell'87 ac.. Silla non vendicò il sostenitore perché era in viaggio per la Grecia e perchè non fu mai un generoso. Il figlio aveva sposato la figlia di Lucio Cornelio Silla, Cornelia, avuta dal matrimonio con la zia di Giulio Cesare, Iulia minore.
Si ha però l'impressione che i nomi, seppure esistenti, di Primo, Secondo, Terzo e Quarto siano rari, mentre sono frequenti Quinto, Sesto, Settimo, e Ottavo (Quintus, Sestius, Settimiius, Octavius), il che fa pensare che al contrario questi nomi fossero un'ostentazione, perchè all'epoca avere braccia per l'agricoltura e combattenti per le guerre fosse un potere.
Secondo altri il nome della gens Pompeia proviene invece dalla radice indoeuropea Penkwe, da cui deriverebbe pentagramma, pentacolo ecc., però penta è una radice greca.
Per giunta il nomen Quinto era ricorrente tra i Pompe, che si sarebbero chiamati Quinto Quinto, e la ripetizione in lingua indoeuropea e in latino lascia un po' perplessi.
Per altri ancora la gens Pompeia, discendente dagli Oschi primi popoli italici, si stabili nella futura Pompei, a cui naturalmente dette il nome, nella seconda metà del VII sec. ac., anche se le prime tracce visibili appaiono nel VI sec. ac., con un piccolo agglomerato di case intorno al centro commerciale. Essendo un nodo commerciale tra nord e sud il centro si arricchì di persone e di beni, finchè con l'eruzione del Vesuvio del 79 d.c. venne sommersa sotto 7 m di cenere e lapilli. Ma la gens Pompeia si
era sparsa in diverse città, ma soprattutto a Roma.
AUREO CONIATO DA SESTO POMPEO |
GLI ESPONENTI PIU' IMPORTANTI
- Quinto Pompeo, console nel 141 ac., condusse senza successo la guerra contro Numanzia e concluse coi Numantini, l'anno seguente, un trattato che il senato respinse come disonorevole. Più tardi accusò Tiberio Gracco di aspirare al potere. Pompeo e Metello furono (131) la prima coppia di censori plebei.
- Quinto Pompeo, figlio del precedente, tribuno della plebe (130-132 ac.), avversario di Tiberio Gracco (Plut. Tiberius Gracchus)
- Aulo Pompeo, figlio del precedente, eletto tribuno nel 102 ac., moglie sconosciuta, ebbero come figlio Quintus Pompeius Bithynicus. Come narra Diodoro Siculo, Aulo morì nello stesso anno, apparentemente per una maledizione scagliatagli da Battaces, un sacerdote frigio. Quest'ultimo venuto a Roma come ambasciatore dal tempio della Grande Madre di Pessinus, e Aulo Pompeo, come Tribuno, gli proibì di indossare una corona d'oro che faceva parte delle sue insegne sacerdotali. Ciò provocò un acceso dibattito tra i due sulla tribuna dei Rostra, durante il quale Battaces maledì Aulo per aver insultato la Grande Madre. Aulo fu immediatamente colpito da una febbre bruciante dopo di che perse la voce e morì il terzo giorno. Il popolo di Roma visto i risultati della maledizione e a Battaces venne consentito di indossare i suoi abiti cerimoniali, ottenendo rispetto e onore da tutti i romani.
- Gneo Pompeo Strabone, questore in Sicilia nel 104 ac, console nel 89 ac, padre di Pompeo Magno, disponeva di ampia clientela nel Piceno, acquisita nella Guerra Sociale.
- Sesto Pompeo, fratello di Pompeo Strabone, si tenne lontano dalla politica e si occupò di studi giuridici e matematici (Cic. Brutus)
- Gneo Pompeo Magno il triumviro 106 - 48 ac., figlio di Pompeo Strabone
- Pompea, figlia di Quinto Pompeo Rufo, nipote di Silla, terza moglie di Cesare dal 68 al 62 ac. Più giovane di lui di 14 anni, fu ripudiata perché sospettata di averlo tradito. Fu accusata, essendo Sacerdotessa della Dea Bona, di aver fatto entrare il suo amante Publio Claudio Pulcro, nel luogo ove si svolgeva una festa in onore della dea, festa riservata alle sole donne. Nel processo Cesare si disse convinto della sua innocenza e ed affermò di averla ripudiata perché sua moglie doveva essere "al di sopra di ogni sospetto"
- Quinto Pompeo Rufo, sostenitore del dittatore Lucio Cornelio Silla, Cicerone scrisse che Pompeo fu uno degli oratori che aveva sentito in gioventù. Fu tribuno della plebe 100 ac., divenne pretore nel 91 ac. e console nel 88 ac. assieme a Silla. Dopo gli scontri provocati dal tribuno della plebe Publio Sulpicio Rufo che videro la morte di suo figlio fuggì a Nola, dove incontrò Silla e il suo esercito. Silla prese il comando nella guerra contro Mitridate e lasciò Pompeo in carica dell'Italia. Dopo ciò il senato ordinò al console dell'anno precedente Gneo Pompeo Strabone, padre del più famoso Gneo Pompeo, di consegnargli l'esercito. Ma Strabone, contrariato, prima di consegnargli l'esercito fece uccidere Quinto nell'87 ac.. Silla non vendicò il sostenitore perché era in viaggio per la Grecia e perchè non fu mai un generoso. Il figlio aveva sposato la figlia di Lucio Cornelio Silla, Cornelia, avuta dal matrimonio con la zia di Giulio Cesare, Iulia minore.
- Quinto Pompeo Rufo, figlio del precedente, genero di Silla, e padre di Pompea, seconda moglie di Giulio Cesare. Venne ucciso durante i tumulti dell'88. (Plut. Sulla)
- Quinto Pompeo, figlio del precedente, nipote di Silla, fu partigiano di Pompeo Magno, che fu però costretto ad inviarlo in esilio nel 52 ac. a causa dei suoi eccessi. Fratello di Pompea, moglie di Cesare.
- Quinto Pompeo Bitinico, ovvero Quintus Pompeius Bithynicus, amico di Cicerone, riordinò la Bitinia sotto forma di provincia e morì nel 48 ac. accanto a Pompeo Magno di cui era parente.
- Gneo Pompeo Strabone, questore in Sicilia nel 104 ac, console nel 89 ac, padre di Pompeo Magno, disponeva di ampia clientela nel Piceno, acquisita nella Guerra Sociale.
- Sesto Pompeo, fratello di Pompeo Strabone, si tenne lontano dalla politica e si occupò di studi giuridici e matematici (Cic. Brutus)
- Gneo Pompeo Magno il triumviro 106 - 48 ac., figlio di Pompeo Strabone
GNEO POMPEO MAGNO |
- Aulo Pompeo Bitinico, figlio di Quinto Pompeo Bitinico e di madre sconosciuta. Alla morte di Cesare, nel 44 a.c. egli era pretore in Sicilia e suo padre chiese a Cicerone la protezione di suo figlio, cosa che Cicerone accordò. Pompeo era contro la politica ribelle di Sesto Pompeo, che aveva il controllo di Messina, controllo che comunque poi gli accordò a patto di avere una pari carica con lui sul territorio, Sexto però ordinò che fosse messo a morte e così fu.
- Sesto Pompeo Magno,
Il figlio minore di Gneo Pompeo Magno e della sua terza moglie, Mucia Terzia. Il fratello maggiore era Gneo Pompeo, figlio della stessa madre. Quando Cesare traversò il Rubicone nel 49 ac., e iniziò la guerra civile, Gneo seguì il padre in Oriente, insieme ai senatori conservatori, mentre Sesto rimase a Roma, prendendosi cura della matrigna, Cornelia Metella. L'esercito di Pompeo perse aFarsalo nel 48 ac. e Pompeo Magno dovette fuggire. Cornelia e Sesto lo incontrarono nell'isola di Mitilene e insieme fuggirono in Egitto, ma qui Sesto assistette all’assassinio del padre, per ordine del fratello di Cleopatra, re Tolomeo XIII nel 48 ac.
L'anno seguente Sesto si coalizzò contro Cesare in Africa con Cecilio Metello Scipione, Catone Uticense, il fratello Gneo e altri senatori. Cesare vinse a Tapso nel 46 ac. contro Metello Scipione e Catone, che si suicidò. Nel 45 ac. in Hispania Cesare batté a Munda anche Gneo e Sesto. Gneo fu giustiziato, mentre Sesto riuscì a fuggire in Sicilia.
Dopo l'assassinio di Cesare del 44 ac. il Secondo triumvirato di Ottaviano, Marco Antonio e Marco Emilio Lepido, giurarò di vendicare Cesare.
Contro di loro il senato pose Sesto Pompeo come prefetto della flotta romana che riunì a Massilia. Dopo la sua proscrizione per effetto della lex Pedia, Sesto salvò molti altri fuggiaschi e si diresse in Sicilia, conquistando l'isola all'inizio del 42 ac, Ottenne così la supremazia sui mari, controllando Sicilia e Sardegna e bloccando i rifornimenti nella penisola.
Ottaviano provò a conquistare la Sicilia, ma fu sconfitto sullo stretto di Messina nel 38 e nel 36 ac., finchè Marco Vipsanio Agrippa, un brillante generale di Ottaviano distrusse la flotta di Sesto nella battaglia di Nauloco. Sesto fuggì in Oriente ma fu catturato a Mileto nel 35 ac. e giustiziato senza processo, un atto illegale giacché era cittadino romano, per ordine di Marco Tizio, un subordinato di Antonio: aveva poco più di trent'anni. Questa morte fu in seguito rivendicata da Ottaviano su Antonio.
- Pompea, figlia di Gneo Pompeo Magno il triumviro, sposata a Fausto Cornelio Silla che dichiarò al senato, quando abdicò alla dittatura, di aver sempre avuto per amante un attore di teatro. Accanto a un marito non solo traditore, non solo probabilmente gay e non bisessuale, ma soprattutto con un uomo estremamente crudele, non deve aver avuto una vita piacevole.
- Gneo Pompeo, console suffetto nel 31 ac.
- Sesto Pompeo Giusto, console nel 14 dc., amico di Ovidio, a noi noto soprattutto attraverso una lastra marmorea con iscrizione funeraria metrica conservata sul lato sinistro della via Appia, nei pressi del luogo di rinvenimento. Parzialmente ricomposta da 35 frammenti, murata su di una quinta laterizia, fu voluta dal Canina di fronte alla camera funeraria ipogea del sepolcro dei figli di Sesto Pompeo Giusto. I versi sono di rara sensibilità.
"Giacciono qui sorella e fratello che continuano a vivere, disgrazia del padre, un crudele destino li rapì nella prima giovinezza. Pompea, di cognome Eleutheris, si unisce alla tomba ed anche il fanciullo, che gli spietati Dei strapparono alla vita. Sesto Pompeo, figlio di Sesto, dall’illustre soprannome Giusto, che il nostro animo tenne in considerazione con grande amore. Infelice genitore affranto per tale duplice scomparsa, il quale diede sepoltura ai figli, dai quali, invece si sarebbe aspettato di riceverla cosicché il fato invidioso, dalle radici trasformi in Lari la perduta risorsa (il figlio) e, dopo, la gioia della figlia, poi morta. Quanta rettitudine giace qui, quanto sentito amore è sepolto, maturi nello spirito, ma perirono precocemente.
Chi non potrebbe piangere le mie disgrazie e non se ne dorrebbe? In quale modo potrei continuare a vivere dal momento che ho dovuto accendere qui per due volte le pire funebri ? Se esistono gli dei Mani, voi appena nati avete già un’autorità divina; Perché tramite il vostro intervento non giunge l’ora della mia morte?"
Chi non potrebbe piangere le mie disgrazie e non se ne dorrebbe? In quale modo potrei continuare a vivere dal momento che ho dovuto accendere qui per due volte le pire funebri ? Se esistono gli dei Mani, voi appena nati avete già un’autorità divina; Perché tramite il vostro intervento non giunge l’ora della mia morte?"
Tu, che sei tra miei più fidi, / Con cui vidi / Il crudel fato vicino, / Seguitando le Romane / Armi insane, / Torni al popol di Quirino? / Teco spesso il dì nojoso / Fei giojoso / Col vuotar lieto, e contento / Colme tazze, e il crine ungendo, / E spargendo / Di odoroso, Assirio unguento.
/Teco vidi il fiero campo, / E lo scampo / A me diè fuga veloce, / Quando fu virtude vinta,
/ E respinta / Fu la gente aspra, e feroce. / Ma Mercurio in nuvol nero / Al guerriero
/Popol volle me atterrito / Toglier, te trasportò l'onda / Furibonda / Fra le turme, e il ferro ardito.
/ Dunque a Giove umil, devoto / Sciogli il voto, / E dipoi l'affaticato / Fianco posa sotto l'ombra,
/Da te sgombra / La tristezza, e il tedio odiato. / Nei bicchier politi, e mondi / Vino infondi,
/E l'unguento, che odor spande / Da capace conca e tersa / Lieto versa; / Chi di fior verdi ghirlande
/Vorrà tesser? Citerea / Alma Dea / Cui darà il Lenèo comando? / Non sarò men di Baccante
/ Folleggiante, / Teco i calici vuotando. - Trad. Leopardi.
- Pompeo Grofo, amico di Orazio (Or. Odi 2,16)
- Gaio Pompeo Longo Gallo, console 49
- Sesto Pompeo Collega, console nel 93
MONUMENTO FUNEBRE A SESTO POMPEO GIUSTO |
La sua opera principale è le Historiae Philippicae, una storia universale che andava da Babilonia fino ai suoi tempi. Ne conosciamo solo un compendio di un certo Marco Giuniano Giustino del II o III sec., che ha estratto a suo piacimento i principali punti dell'opera di Trogo.
L'opera è una storia dell'oriente che si rifa alla dinastia macedone, e i suoi eroi sono Filippo ed Alessandro, Pirro, Annibale e Mitridate. Trogo rivendica alla Macedonia e all'Oriente un ruolo di primo piano nella storia antica, poiché era la parte dell'Impero economicamente e culturalmente più evoluta. Lo storico cerca di sminuire l'importanza di Roma, criticandone la politica proprio quando Roma appariva più forte e saggia, e svalutandone l'imperialismo. La sua narrazione tende al patetico, con infinite ripetizioni ad effetto.
- Quinto Pompeo Falcone, console nel 108, combattè in Dacia con Traiano. Presso la Casilina, Via Villabate, esiste la località Grotte di Pompeo dove sono conservati i ruderi di una cisterna sotterranea che serviva un’ampia villa. Il nome della località, corrotto in epoca medioevale in Mompeo e poi Monte di Pompeo, sembra derivare da Quinto Pompeo Falcone, che ebbe una villa con possedimenti in zona.
- Quinto Pompeo Sosio Prisco, console 149 con il collega Servio Cornelio Scipione Salvidieno Orfito.
- Marco Pompeo Macrino, anno di Cristo 164, Sotero papa, Marco Aurelio e Lucio Vero, Consoli Marco Pompeo Macrino e Publio Juvenzio Gelso.
"Cangiossi finalmente nel presente anno in ridente il volto finora bieco della fortuna verso de’ Romani. A Stazio Prisco riuscì di prendere Artasata città dell’Armenia, di mettere guarnigione in un luogo, appellato di poi Città-Nuova, perchè Marzio Vero, a cui fu dato il governo di quella provincia, fece di quel luogo la prima città dell’Armenia. Allorchè esso Marzio giunse colà, trovò ammutinate quelle milizie, e colla sua prudenza le pacificò. Nelle medaglie di quest’anno si fa menzione dell’Armenia vinta, dell’Armenia presa. E più di una vittoria convien dire che riportassero i Romani in quelle parti, perchè osserviamo che i due Augusti presero in quest’anno per due volte il titolo d’Imperadore, segno appunto di vittoria. Quel che è più, tanto Marco Aurelio, che Lucio Vero, furono proclamati Armeniaci."
- Quinto Pompeo Senecio, console nel 169 con il collega Roscio Murena Celio.
- Quinto Pompeo Sosio Falcone, console nel 193 con il collega Gaio Giulio Erucio Claro Vibiano.
- Sesto Pompeo Festo, ovvero Sextus Pompeius Festus; del II sec. dc., grammatico romano forse della Gallia nerborense. Scrisse il De verborum significatu, dizionario enciclopedico in 20 libri (uno per lettera) in cui sono raccolti dati di storia, società, Religione Romana, geografia, di Roma o d'Italia, raccogliendo fonti più antiche, ora in gran parte perdute, che alla fine dell'età repubblicana confrontavano le istituzioni e gli usi del passato con quelli contemporanei. Numerose le citazioni da Marco Terenzio Varrone e da Verrio Flacco. Dei vocaboli trattati si danno spiegazioni etimologiche, notizie grammaticali e narrazioni della mitologia romana o di avvenimenti storici, informazioni sulle feste religiose e le istituzioni politiche e sociali.
Il testo originale, in gran parte perduto, è noto per un manoscritto dell'XI sec., mancante fino alla lettera M, riscoperto alla metà del XV sec.. Successivamente il manoscritto perse altre parti a causa di un incendio. Parte del materiale perduto venne ricostruito tramite copie rinascimentali, o da citazioni di autori dell'epoca, precedenti ai danni.
L'opera ci è tramandata anche in un'epitome, cioè un compendio "Excerpta ex libris Pompeii Festi de significatione verborum" di Paolo Diacono, sulla base forse di un manoscritto conservato nella biblioteca dell'Abbazia di Montecassino. Nell'epitome, tuttavia, come si può notare dal confronto con le parti ancora conservate del testo originale, e come del resto dichiara lo stesso autore nella dedica iniziale, sono state tagliate molte delle voci e delle citazioni di altri autori, mentre altre parti sono state modificate perché sembravano poco chiare.
- Pompeo Probo, ovvero Pompeus Probus, del IV sec. d.c., fu un politico dell'Impero romano, legato alla corte d'Oriente.Intorno al 307 fu inviato insieme a Licinio da Galerio presso Massenzio. Tra il 310 e il 314 fu prefetto del pretorio in Oriente. Venne eletto console nel 310, ma essendo legato alla corte d'Oriente, la sua nomina non fu riconosciuta né da Massenzio, che all'epoca governava Roma, né da Costantino I, che regnava sulle Gallie, e il suo potere fu esercitato dunque solo in Oriente.