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ALATRI (Lazio)

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PORTA MAGGIORE

 Le mura di Alatri “Si veggono essere nella costruzione simili a quelle di Ferentino, ma più grandiose e più pulite. Era di già prevenuta, che le mura di Arpino fossero inferiori a queste di cui io ho parlato. Sebbene la Città di Atina abbia molto figurato nei tempi andati, per cui Virgilio la disse potente, pur non vi abbiamo ora che poche fabbriche romane. Nella totalità questa cittadella (Alatri) è più grandiosa e meglio conservata, forse perché di ottima specie la pietra calcare del monte, colla quale fu costruita
(M.Candidi Dionigi).



 IL MITO 

Secondo i miti il Dio Saturno, detronizzato da Giove e cacciato dall'Olimpo nel Lazio e precisamente ad Ausonia, da cui avrebbe fondato Alatri, (Aletrium) ed altre città, dette città saturnie: Alatri, Anagni, Arpino, Atina e Ferentino, tutte fornite di mura megalitiche, dando origine all'età dell'oro.
Secondo altri i fondatori di Alatri sarebbero gli antichi ciclopi, vista la possanza delle mura, ma per molti archeologi sarebbero opera dei pelasgi.

Comunque fu uno dei centri principali del popolo italico degli Ernici, ed è nota oggi per la potente cinta megalitica di mura, assolutamente inespugnabile e molto bel conservata.

Nel 380 e nel 362 a.c.gli Ernici entrano in conflitto con Roma. Si data in questo periodo il piccolo tempio di Alatri, di tipo etrusco-italico, i cui resti sono conservati nel Museo di Villa Giulia a Roma, che ne ospita anche una ricostruzione a grandezza naturale.

Nella successiva rivolta del 306 a.c. Alatri, rimasta fedele a Roma, ottiene di restare indipendente e conosce un periodo di benessere, che culmina con la II metà del II sec. a.c. quando il censore Lucio Betilieno Varo la abbellì di numerosi monumenti.

RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO DI ALATRI (Museo Villa Giulia)
Betileno è nominato in un'epigrafe rinvenuta ad Alatri nel luogo un tempo occupato dal Foro, databile tra la fine del II sec. e gli inizi del I sec. a.c. dove si illustrano le grandi opere pubbliche ed architettoniche fatte realizzare dal censore. Essendo Betilieno ricco per censo fu dal Senato eletto due volte Censore.

Durante un lungo periodo di pace dopo la I guerra punica, fece costruire molte opere pubbliche, così potenti e tecnicamente perfette da destare l'ammirazione dell'ingegneria moderna.

Fece edificare molte vie, e inoltre:

- il portico che conduce all'Acropoli,
- una piscina,
- un serbatoio per la raccolta dell'acqua,
- sedili pubblici, il macello,
- ma soprattutto l'acquedotto che portava l'acqua dalle sorgenti nelle vicinanze dell'attuale Guarcino che è il più antico acquedotto ad alta pressione che la storia romana conosca. 

Nel 90 a.c. Alatri ottiene la piena cittadinanza romana.

Dopo la caduta di Roma la città subisce le invasioni barbariche e la sanguinosa guerra tra Odoacre e Teodorico. Da qui la sua decadenza.

Oggi la cinta muraria esterna nella zona compresa tra Porta Portadini e Porta San Nicola, oltrepassata la cosiddetta Portella, sta in una zona alquanto impervia in quanto non ci sono strade ed il terreno sottostante si presenta con una accentuata pendenza. Ci sarebbe bisogno di una buona azione di bonifica.



LE ORIGINI DELL'ACROPOLI

Le opinioni sono diverse:

- L’archeologo francese Louis-Charles-François Petit-Radel (1756-1836) pose la datazione della fondazione di Alatri prima della Seconda Colonia Pelasgica, risalente al 1539 a.c.,

- nella I metà del '900, l'archeologo italiano Giuseppe Lugli attribuì ai Romani tutte le architetture megalitiche della penisola e, basandosi su Tito Livio, ne stabilì la datazione. Però il procedimento si verificò inefficace perchè nelle fortificazioni ad altitudini elevate e nel meridione, i Romani non avevano mai fondato colonie. In più le datazioni di Livio non sono oggi reputate molto attendibili.

STATUA ROMANA DI ALATRI
- altri pensano siano di origine ernica e di ristrutturazione romana,

- altri le riportano al VI sec. a.c.,

- altri ancora all'VIII sec. a.c.

- l'archeologo Filippo Coarelli ha proposto una datazione al IV-III secolo a.c.. Secondo lui tali mura risalirebbero agli inizi del I sec. a.c., presumibilmente nel contesto delle lotte tra Gaio Mario e Lucio Cornelio Silla, dopo la costituzione del municipio. La datazione è derivata da scavi condotti dallo studioso nell'originario terrapieno dietro la porta San Benedetto, e da un'iscrizione in cui si commemora la costruzione delle mura curata dal quattuorviro Publio Betilieno Hapalo, magistrato municipale (il municipio fu istituito a seguito della guerra sociale).

- lo studioso Giulio Magli, professore ordinario di architettura civile del Politecnico di Milano, non solo asserisce che "i Romani non lasciarono mai alcuna testimonianza scritta o figurata di aver costruito in opera poligonale", ma sostiene "che le mura poligonali non facessero parte della loro forma mentis" e pertanto le mura devono essere preromane

- dal canto nostro noi condividiamo ampiamente il parere di Giulio Magli, soprattutto perchè i razionalissimi romani non avrebbero mai fatto una faticaccia immane come quella potendo fare un lavoro organizzato e altrettanto resistente con una precisa catena di montaggio, con operai specializzati, con meno tempo e più precisione. I Romani squadravano le pietre perfino nel periodo regio, anche fossero di grandi dimensioni.

Passando il tempo anche le grosse pietre di tufo squadrato diminuirono di dimensioni, rendendo più agevole il lavoro, finchè non dettero il via al laterizio che esemplificò il lavoro molto di più. I romani non scavavano, non edificavano coi massi e non si lasciavano dirigere nell'architettuta dalle maestranze greche, anche perchè sul campo si consideravano insuperabili (e con ragione), come a giustamente rilevato il Magli, era contrario alla loro "forma mentis".

In Italia esistono molti esempi di mura poligonali:
- nel Lazio (Alatri, Arpino, Atina, Ferentino, San Felice Circeo, Segni, Norma, Cori, Pescorocchiano, Amyclae, Vicovaro, Sezze);
- in Abruzzo (Alba Fucens);
- in Molise (Pietrabbondante);
- in Campania (Piedimonte Matese);
- in Toscana (Cosa, Roselle, Volterra);
- in Umbria (le mura di Amelia, nel ternano e le mura presenti nei siti di Torre Maggiore e Sant'Erasmo sopra le montagne che circondanoTerni; le mura ciclopiche di Spoleto; le mura di Perugia, benché poligonali, dette mura etrusche in quanto la loro datazione è successiva all'epoca "ciclopica".
- in Basilicata (Muro Lucano);
- in Puglia (Manduria, Altamura, Azezio presso Rutigliano).

Sicuramente non sono opera dei romani, ma senza dubbio, là dove occorreva i romani le avranno apprezzate e restaurate.

EPIGRAFE ROMANA DI ALATRI


L'ACROPOLI

« Allorquando mi trovai dinanzi a quella nera costruzione titanica, conservata in ottimo stato, quasi non contasse secoli e secoli ma soltanto anni, provai un'ammirazione per la forza umana assai maggiore di quella che mi aveva ispirata la vista del Colosseo… una razza che poté costruire tali mura, doveva già possedere un'importante cultura e leggi ordinate»

(Ferdinand Gregorovius)


Le Mura ciclopiche o poligonali si trovano un po' ovunque nell'antichità, con una metodologia di costruzione che prevede l'uso di massi di peso fino a tre tonnellate cementate a secco ovvero senza malte e sono classificate, a secondo del grado di lavorazione, in tre modi:
  1. - per sovrapposizione dei massi non lavorati con gli interstizi riempiti con pietre di piccole dimensioni 
  2. - per sovrapposizione dei massi appena lavorati e spianati sui lati in contatto orizzontale fra le pietre in modo da non richiedere nessun riempimento 
  3. - per sovrapposizione dei massi lavorati e sono spianati non solo i lati di contatto orizzontale fra le pietre, ma anche la faccia frontale.
  4. - esiste un quarto modo di costruzione dei i muri a secco, quello usato dagli antichi Romani prima e dai loro successori poi, ovvero con i massi squadrati a forma quadrangolari con i lati spianati e dal peso relativamente contenuto. Quest'ultimo modo, estremamente veloce e resistente (le mura romane sono resistite fino ad oggi a parte la demolizione sistematica che ne è stata fatta innanzi tutto a Roma in epoca papale e anche oltre).
L'Acropoli di Alatri, collocata nel centro storico di Alatri, posta in cima a un colle, ha una cinta di mura ciclopiche, costituite da diversi strati di megaliti irregolari, provenienti dalla stessa collina e fatti combaciare perfettamente ad incastro senza di calce o cementi. Sono quindi costruzioni del III tipo.

Su di una roccia affiorante, nella parte più alta dell'Acropoli, è stato rinvenuto nel 2008, un graffito rappresentante un templum in triplice cinta, perfettamente orientato astronomicamente.

Naturalmente il tempio in questione venne distrutto in qualità di tempio pagano e sopra vi venne edificata la cattedrale di san Paolo. Il perimetro delle mura è di 2 km, tutta in opera poligonale, che delimita un'area trapezoidale di 19.000 mq.

Le mura sono più alte nel Pizzale, infatti l'angolo sud-orientale: rastremato verso l'alto, è costituito da quindici giganteschi blocchi sovrapposti e la pietra angolare di base presenta un bassorilievo che rappresenterebbe un sole raggiato.

Concentrica all'Acropoli, c'è poi una seconda e più ampia cinta di mura, che costituisce lo sviluppo della città in epoca tardo romana.

E' lunga oltre due km e quasi integralmente conservata, attorno al centro storico, seguendo attentamente e ottemperando a tutte le asperità e irregolarità del terreno.

I cittadini di Alatri, in occasione della visita di papa Gregorio XVI (1765 – 1846) lavorarono per dieci giorni consecutivi per ripulire le mura e costruire un accesso alla parte superiore della città antica, realizzando così la strada che ne percorre il perimetro, che in onore del papa fu chiamata via Gregoriana.

Le mura ciclopiche suscitarono grande ammirazione nello scrittore e studioso tedesco di archeologia Ferdinand Gregorovius, che qui ha lasciato una sua epigrafe proprio sulle mura..

PORTA SAN BENEDETTO

LE PORTE

L'acropoli, oltre alla rampa d'accesso, presenta due porte: la Porta Maggiore, di tipo sceo come quella di Troia, e la Porta Minore o dei Falli. La Porta Maggiore è posizionata nel tratto sudorientale dell'Acropoli, all'opposto della porta dei falli posizionata verso nord-ovest.
Lungo la cerchia esterna delle mura esterne invece, in corrispondenza dei tracciati viari più antichi ed importanti della città, si aprono cinque porte di accesso, in origine tutte concluse da architravi monolitici. L'unica porta preservatasi nella struttura architravata è porta San Benedetto.
Le due porte d'ingrasso dell'Acropoli hanno un rapporto altezza/base coincidente, con buona approssimazione, alla sezione aurea.


PORTA MAGGIORE

A lato della porta si trova una cisterna, scoperta durante recenti lavori che hanno interessato via Gregoriana, che si ritiene sia la stessa nominata nell'epigrafe del censore Lucio Betilieno Varo,  magistrato e censore romano vissuto intorno alla seconda metà del II sec. a.c., di probabili origini sabine.

FALLO DELLE MURA POLIGONALI DI CESI
È nominato in un'epigrafe rinvenuta ad Alatri nel luogo un tempo occupato dal Foro e conservata nel Museo Civico cittadino, databile tra la II metà del II sec. e gli inizi del I secolo a.c. per le opere da lui fatte realizzare nel II sec. a.c.

La Porta Maggiore, sita sul lato meridionale delle mura, è alta 4,5 m e larga 2,68 e presenta un architrave monolitico di sorprendenti dimensioni (4,0x5,13x1,3 m, del peso di 27 tonnellate), secondo in Europa soltanto alla Porta dei Leoni di Micene. 

La porta fu costruita insieme alle mura come accesso alla città, ed era chiusa da un cancello o da travi, come testimoniano i fori ancora presenti nell'architrave, e immette in una galleria a dolmen (cioè una galleria arcaica sorretta da elementi verticale portanti, o piedritti, che sorreggono uno o più lastroni orizzontali) lunga quasi 11 m. La scalinata che conduce alla porta è parte dei rifacimenti ottocenteschi.

Nei pressi della Porta sono tre nicchie, la cui funzione sarebbe stata quella di contenere le statue degli Dei protettori della città.



PORTA MINORE

La Porta Minore o Porta dei Falli, collocata sul lato settentrionale è molto più piccola (m 2,12 x 1,16) ed immette in un angusto corridoio ascendente, perfettamente conservato, coperto con monoliti in progressivo aggetto: un sistema di copertura che trova riscontro solo nell'interno delle piramidi egizie.

Il nome di Porta dei Falli è legato alle incisioni che sovrastano la porta stessa: tre falli, ormai deteriorati dal tempo, che stanno a simboleggiare la fertilità. Nell'antichità, infatti, si ritiene che tale passaggio sia servito per i riti pagani, e il simbolo, comune ai tempi degli antichi romani, era di buon augurio per chiunque percorresse la scalinata della porta senza mai fermarsi. In alto a sinistra è possibile notare alcune iscrizioni in lingua osca.

Nel centro dell’acropoli esisteva l’omphalos, ossia l’ombelico del territorio circostante, racchiuso dalla catena dei Monti Lepini. Oggi questo punto è situato presso la cortina Nord della cattedrale.  La grande porta esistente nelle mura orientali dell’acropoli, orientata verso l’Est equinoziale, desta meraviglia per la sua possenza.

La più piccola porta esistente nelle mura occidentali dell’acropoli desta stupore per la simbologia che è rappresentata nell’architrave. A sinistra, in alto, si nota una scritta fatta con caratteri arcaici, che appare levigata apposta, per non farla più leggere. A destra, in alto, un grande masso, giudicabile dall’esterno del peso di almeno due tonnellate, ha la forma sacra del pentagono. 

Nell’architrave sono ancora visibili tre bassorilievi, assai deteriorati, che a prima vista potrebbero sembrare dei segni ad occhiali. Poiché la porta è nota come Porta dei Falli, è stata fatta una ricerca ed è emerso che i tre simboli deteriorati erano fino a qualche decennio fa dei simboli fallici, molto ben leggibili.

Va detto che questa trilogia fallica era stata ritenuta di scandalo per le giovani allieve dell’istituto magistrale, le cui finestre erano prospicienti la porta delle mura, per cui un arciprete del luogo fece pressione sul sindaco per distruggere la suddetta simbologia, considerata oscena. E’ stato quindi compiuto un vero sacrilegio archeologico e di antropologia culturale in base al concetto di oscenità
.

PORTA SAN NICOLA

PORTICO DI BETILIENO

Lungo il pendio che corre al di sotto del lato settentrionale dell'Acropoli vi sono i resti di un portico che venne fatto realizzare dal censore Lucio Betilieno Varo nella II metà del II secolo a.c. per collegare l'acropoli al foro cittadino (dove attualmente è Piazza Santa Maria Maggiore).

Betilieno è citato in in un'epigrafe rinvenuta ad Alatri presso il luogo del Foro cittadino, databile tra la II metà del II sec. e gli inizi del I sec. a.c. 

Vi si elogiano e citano le grandi opere pubbliche ed architettoniche fatte realizzare dal censore Lucio Betilieno Varo, un mecenate di Alatri. 

Essendo ricco per censo e per proprietà, venne eletto dal Senato due volte Censore, cioè preposto alla cura delle costruzioni cittadine. 

Nei dieci anni di censorato, durante un lungo periodo di pace dopo la I guerra punica, arricchì la città di importanti opere pubbliche, così tecnicamente perfette da destare l'ammirazione dell'ingegneria moderna

Del portico, originariamente costituita da una lunga struttura colonnata, resta solo nell'ultimo tratto che corre lungo il muro settentrionale dell'area sacra, parte dello stilobate (il piano su cui poggia il colonnato) con il sistema di canalizzazione delle acque piovane, e le basi di alcune colonne. 

Il percorso termina in corrispondenza della rampa che tuttora costituisce il più agevole accesso all'acropoli.



PORTA SAN PIETRO

A Porta S.Pietro vicino ai resti dell'acquedotto (uno dei più antichi ad alta pressione) e al fontanile di Betilieno Varo, potrete vedere quel che resta di un bassorilievo che doveva rappresentare la Dea Bellona - divinità della guerra - alla quale era dedicato un tempio.

Di questo sono ancora visibili i resti del basamento con mura megalitiche all'interno del Convento dei Cappuccini ubicato sulla collina prospicente l'Acropoli.

Due grandi emicicli con funzione difensiva derivata dai modelli greci, facenti parte delle mura romane sono visibili nei pressi del giardino comunale, in via Piscina.

La città fu residenza estiva dell’imperatore Marco Aurelio, di Commodo, di Lucio Settimio e di Caracalla.



SOTTERRANEI E CISTERNA ROMANA

I sotterranei di Anagni, nei quali è custodita un'antica cisterna romana, sotterranei purtroppo chiusi al pubblico. Teniamo conto che Alatri è romana e che sotto le costruzioni giace il Foro romano e molto altro, che nessuno si è mai preoccupato di recuperare.

« Lucio Betilieno Varo, figlio di Lucio, fece fare le opere che qui di seguito sono descritte su deliberazione del senato: tutti i vicoli entro la città, il portico attraverso il quale si va sulla rocca, il campo dove giocano, l'orologio, il mercato, la basilica da intonacare, i sedili, la piscina per i bagni, la cisterna presso la porta che manda l'acqua in città, fino ad un dislivello di 340 piedi, e fece le arcate, fece tubature massicce; per queste cose fecero censore per la seconda volta, il senato volle che il figlio avesse l'esonero dal servizio militare e il popolo donò la statua al "Censorino"»

Questo accadeva quando i poltici romani amavano la propria terra e la propria gente, il fenomeno era detto "Evergetismo" cioè vi regalo le opere pubbliche, con i miei soldi, voi non spenderete nulla, eleggetemi. Oggi si dice invece: Vi creerò delle opere pubbliche, con i vostri soldi, eleggetemi, per poi non farle affatto, o peggio.

Grandi sforzi fece la chiesa cattolica per cancellare le tracce dei riti pagani, tanto che sulla sommità dell'acropoli, sul podio di un antico ierone (altare ernico) fu eretta la Basilica di San Paolo e sui resti di un tempio dedicato a Saturno venne edificato l'attiguo Vescovado, risalenti al periodo altomedioevale. 

Gli esponenti della nuova religione si dovettero accorgere che non bastava demolire un tempio pagano perchè ne cessasse il culto, in quanto la gente andava a pregare sulla zona demolita. Pertanto non restava che edificarvi su i nuovi idoli.




TERME DI ALATRI


Durante i lavori di ripavimentazione di Alatri gli operai hanno scoperto un impianto termale di epoca romana. Tale scoperta ha cambiato l’iter dei lavori, infatti la Sovrintendenza è intervenuta di recente attraverso al dottoressa Sandra Gatti, con l’archeologo Pietrafesa per un sopralluogo, cogliendo tutte le notizie possibili sul sito..
E’ emerso che la struttura termale era probabilmente pubblica e davvero risalente al primo o al secondo sec. a.c.., inoltre gli intonaci e i mosaici bisognosi di restauri conservativi importanti, sono stati nel frattempo ricoperti da “geotessuto” e sabbia per proteggerli, in attesa di un intervento decisivo.



PONTE ROMANO DI ALATRI

La grave situazione in cui versa il Ponte di epoca romana. Maurizio Maggi che dal primo momento si è interessato alla vicenda, ha affermato “sono fiducioso ma allo stesso tempo rammaricato, perché se l’interessamento ci fosse stato qualche anno fa, magari oggi potevamo festeggiare per la salvezza del “Ponte” (opera storica e di grande interesse), adesso ci troviamo in una situazione molto difficile e comunque non risolvibile a breve termine, nelle settimane successive al nostro insediamento ci siamo subito attivati, facendo dei sopralluoghi e contattando l’Ente competente, dapprima per le vie brevi e successivamente per iscritto, nei mesi scorsi l’Ardis ha effettuato due sopralluoghi con due conclusioni, una è quella di interessare la competente soprintendenza e l’altra è che hanno inserito il tratto del fiume dove si trova il ponte nella manutenzione pluriennale. 


Ringrazio comunque tutte quelle persone che si sono interessate ed hanno portato alla ribalta delle cronache questa storica opera, da molti ancora non conosciuta. Mario Belli titolare dell’assessorato allo sviluppo economico è convinto che, se si riuscirà a salvare il “Ponte” tutti ne trarranno giovamento. Lo sviluppo economico di una città passa anche per la valorizzazione dei beni artistico-architettonici e storici”.

Traduzione: non si sa se salveranno il ponte. Ora noi sappiamo che tutto è salvabile purchè ci si spenda sopra. E se non si spende su un ponte romano su cosa si spende di più prezioso? Vorremmo tanto saperlo.


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