L'ETNA |
Di solito la parte distruttiva era uno dei tre aspetti della Dea, cioè l'aspetto della morte che è parte della natura.
Tifeo, o Tifone, è figlio di Tartaro, personificazione degli Inferi e di Gea, la Madre Terra. Il gigante è orribilmente mostruoso, con un centinaio di teste di drago. Da quando è nato viene destinato dalla Madre Terra ad una lotta incassante contro Zeus, colpevole di aver sconfitto i Titani, anch’essi figli di Gea.
Ovviamente il mito rispecchi a le varie invasioni avvicendatisi in Grecia, e pertanto nella Magna Grecia, tra popoli invasori e invasi. I primi imposero i loro Dei, consentendo però il perpetuarsi di alcuni Dei precedenti.
ETNA |
Praticamente Tifone è il fratellastro di Etna. Tifone alla fine viene sconfitto da Zeus, fugge in Sicilia, ma viene imprigionato per sempre sotto l’Etna.
Così il corpo del gigante, supino e vinto, sorregge Messina con la mano destra, Pachino con la sinistra, Trapani gli sta poggiata sulle gambe e il cono dell’Etna sta proprio sulla sua bocca, rivolta verso l’alto. Ogni volta che si infuria, Tifeo, ovvero Tifone, fa vomitare fuoco e lava dall’Etna e ad ogni suo tentativo di liberarsi dal legame eterno, scatena terribili terremoti.
Ma in Sicilia, terra di vulcani e frumento, Etna fece pure da arbitro nelle dispute tra Efesto e Demetra, Dei rispettivamente del fuoco e delle messi. Efesto, o Vulcano, stava appunto dentro il Vulcano.per cui era familiare alla Dea dell'Etna, ma pure Demetra, perchè i terreni attorno ai vulcani sono pericolosi ma fertili, adattissimi a produrre le messi.
CERERE (DEMETRA) ACCENDE L'ETNA |
Nell'immagine di cui sopra, dove Cerere, la Demetra italica, accende coi suoi fuochi l'Etna, fa comprendere il legame tra le due Dee, in realtà aspetti della stessa divinità. La Dea delle messi si sposta su un carro guidato da due draghi (immagini di Tofone) e al seguito c'è l'immancabile serpente, simbolo imprescindibile della Madre Terra. Il che conferma che Cerere, Tifone ed Etna non sono altro che la Dea Natura, con i suoi aspetti di vita e di morte.
Etna viene anche ritenuta madre dei Palici, una coppia di divinità ctonie sicule della mitologia romana e greca. Menzionati nelle Metamorfosi di Ovidio e nell'Eneide di Virgilio, che narra di un tempio nei pressi del fiume Simeto dedicato ai Palici, regnavano su due laghetti che emettevano vapori sulfurei nelle vicinanze di Palagonia (Catania).
I PALICI, FIGLI DI ETNA |
- Il giurante si avvicinava alle cavità e pronunciava la formula del giuramento, iscritta su una tavoletta, che veniva gettata in acqua, se questa non galleggiava l'uomo veniva ritenuto spergiuro e punito con la morte o la cecità.
- L'oracolo indicava la divinità e il tipo di sacrificio necessario ad ottenere il favore.
- L'asilo all'interno del santuario riguardava gli schiavi maltrattati da padroni crudeli. Questi ultimi non potevano portar via con la forza i loro servi, se non dopo aver garantito con un giuramento ai Palici di trattarli umanamente.
Come si vede si tratta di tradizioni molto diverse tra loro, perchè mentre il giuramento ordalico si basa su crudeltà e superstizione, anche se provocava un fortissimo legame nel gruppo, nell'asilum vi era un notevole senso di pietà e giustizia. Si potrebbe obiettare che i padroni potevano promettere e non mantenere, ma visti i costumi ordalici, mancare alla parola data sarebbe stato molto pericoloso.
Si reputano i Palici figli di Zeus, o di Efesto, da una relazione con la ninfa Etna, e il loro mito è narrato nelle Etnee di Eschilo di cui rimangono pochi frammenti. Nell'immagine di cui sopra i due gemelli, perchè di gemelli si tratta, sono dichiarati figli di Giove e Talia, ovvero Thalice, uno dei nomi attribuiti ad Etna.
La Dea Etna entrò a far parte dei vari culti romani, oltre che siculi. Alla Dea, almeno nei tempi remoti, non si sacrificavano animali, probabilmente per non risvegliare il suo lato distruttivo, ma le si offrivano libagioni di vino ed erbe odorose.