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LE ORIGINI DEL CARNEVALE - CARRUS NAVALIS

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PROCESSIONE ISIACA


CARNE ADDIO

Il Carnevale ha un'origine antica, straniera prima e poi romana. Si dice che il termine Carnevale derivi dal latino "carnem levare" ovvero “togliere la carne”, come preannuncio della fine del carnevale quando inizia la proibizione cattolica di mangiare carni.

Infatti dopo il banchetto del martedì grasso, ovvero l'ultimo giorno di Carnevale, inizia la quaresima, (40 giorni ma in realtà 44) tempo di digiuno e purificazione in attesa della Pasqua. In questi quaranta giorni, 40 come quelli del digiuno di Gesù nel deserto, i cattolici si dedicano alla preghiera ed ad opere di carità, associate a digiuni, penitenze e mortificazioni.

Secondo altri deriva da "carne levamen" una variazione latina, o da carne laxare (lasciare la carne), o da carne vale (addio carne) sempre con l'obbligo di rinunciare alla carne, oppure da Carrus navalis.

Ora non avrebbe senso chiamare il Carnevale col significato di rinuncia alla carne quando per tutta la durata del carnevale si può, ed è nell'uso più sfrenato, mangiare carne. Sarebbe stato logico chiamare allora carnevale la quaresima dove effettivamente l'uso è proibito.  

Inoltre il carnevale, festa che si celebra nei Paesi di culto cattolico, è caratterizzato da parate di carri allegorici e da mascheramenti. Che c'entra la carne? Vero è invece che nel mondo antico, la festa in onore della Dea egizia Iside, importata anche nell'impero Romano, comporta la presenza di gruppi mascherati, come attesta lo scrittore Lucio Apuleio nelle Metamorfosi (libro XI).
I latini avrebbero detto SINE CARNE o VALE CARNE, non carne vale.
Invece CARNEVALE con  CARrus NaVALis ha parecchio in comune.

Il Martedì grasso è una festa che rappresenta la fine della settimana dei sette giorni grassi (carnevale), i quali precedono il Mercoledì delle Ceneri che segna l'inizio della Quaresima.



MERCOLEDI' DELLE CENERI

I festeggiamenti maggiori avvengono il Giovedì grasso e il Martedì grasso, ossia l'ultimo giovedì e l'ultimo martedì prima dell'inizio della Quaresima, nei giorni di Giove e di Marte. In particolare il Martedì grasso è il giorno di chiusura dei festeggiamenti carnevaleschi, dato che la Quaresima inizia con il Mercoledì delle ceneri.

NAVE DI ISIDE
Nel mercoledì delle Ceneri il prete cattolico sparge cenere sul capo dei fedeli annunciando  « Memento homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris » cioè  « Uomo ricorda: eri polvere e polvere tornerai » Anche se ora col concilio Lateranense l'avvertimento è stato sostituito con l'incentivazione «Convertitevi e credete al Vangelo» che suona strano, perchè se celebrano il rito sono già convertiti e già credono al Vangelo.

E' un vero peccato aver snaturato così l'antico rito pagano che invitava ad accettare i cicli di vita e di morte, seppure senza la cupezza del rito cattolico.

Si dice che il carnevale risalga alle Antesterie greche e ai Saturnali romani. Evidentemente devono esserci degli aspetti in comune tra i due e con il Carnevale.

ANTESTERIE

LE ANTESTERIE

Le dionisiache greche, o Antesterie, cadevano nel mese di Antesterione (a cavallo fra febbraio e marzo) durante le quali, si dice, passava il carro di colui che doveva restaurare il cosmo dopo il ritorno al caos primordiale. Vediamo di quale caos si parla.

La festa dura tre giorni e inizia ufficialmente al tramonto; durante il primo giorno si trasporta tutto nella zona del santuario, solo allora si onora il Dio con le prime libagioni. Si beve il vino nuovo con il proprio boccale e anche i bimbi e gli schiavi partecipano, quindi riguarda tutti. 

Il 12 di Antesterione, il clima di allegria e di ebbrezza cambia, e compaiono i fantasmi, spiriti chiamati Cari, considerati gli antichi abitanti dell'Attica. Così, per proteggersi, si cospargono le porte di pece, si comprano rametti di biancospino e i templi restano chiusi, In questo giorno si usano maschere e vi sono cortei con carri.

Il 13 di Antesterione era il giorno delle pentole, nelle quali si ponevano cereali e miele cotti insieme. Ai morti viene infatti offerta la cosiddetta panspermìa, una torta impastata col seme di ogni pianta. Si sacrificava infine ad Ermes "ctonio" per amore dei morti e si mangiava dai pentoloni nella speranza di una vita riconquistata. Questa nuova vita iniziava con degli agoni. Il giorno della contaminazione finiva dunque in questo modo e così divenne proverbiale l'esclamazione "fuori, o Cari, le Antesterie sono finite".

SATURNALI

I SATURNALI

Si dice Carnevale il periodo che intercorre tra il 17 Gennaio (festa di S. Antonio abate) ed il primo giorno di quaresima. I Saturnali romani si festeggiavano del resto dal 17 al 23 dicembre. Più o meno ci siamo.
I saturnali si festeggiavano in onore di Saturno, Dio delle seminagioni. Anche qui si allude ai semi.
La parte ufficiale consisteva in un solenne sacrificio nel tempio della divinità, seguito) da un pubblico banchetto, durante il quale i partecipanti si scambiavano auguri di benessere e prosperità.
Nei banchetti privati, tra parenti ed amici che si concludevano in mascherate, farse e vere e proprie orge, era consuetudine lo scambio di doni di ogni genere.

Gli schiavi godevano della più ampia libertà, con un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, allo scherzo e anche alla sfrenatezza sessuale.



I PARENTALIA

Però a Roma il 13 Febbraio c'era la festa dei Parentalia, in cui avevano inizio le celebrazioni degli antenati e degli avi che duravano nove giorni. Le celebrazioni erano in onore dei defunti e si concludevano il 21 febbraio con la cerimonia dei Feralia.  I templi restavano chiusi. I matrimoni non venivano celebrati.. Venivano offerte corone di fiori ai defunti.



I FERALIA

Il 21 febbraio si concludeva la cerimonia dei Feralia, altre celebrazioni in onore dei defunti. I Feralia non avevano a che vedere con i giorni di "ferie", ma  con le feste dell'antica Dea Fiera, ovvero la Signora delle belve. Si usava mangiare pane e vino accanto alle sepolture offrendone ai defunti, cosa inglobata dal cristianesimo nell'eucarestia, ma ne fu in secondo tempo bandito l'uso accanto alle tombe perchè troppo simile al culto pagano.



I TERMINALIA

Il 23 febbraio si celebrava a Roma la festa dei Terminalia, la cui cerimonia pubblica aveva luogo al VI miglio della via Laurentina, antico confine dello stato romano, con il sacrificio di una pecora.
Tuttavia Plutarco riferisce che Termine era l’unica divinità romana che rifiutava i sacrifici cruenti e accettava in dono solo foglie e petali di fiori per ornare i suoi simulacri. Infatti nell'uso romano si offrono fiori e rami ai morti, senza sacrifici cruenti, almeno nei periodi più arcaici. Non è difficile poi comprendere che il Dio Termine, Dio dei confini e dei limiti, fosse la divinità che poneva limite alla vita di ognuno, come dire che la vita è a termine.


NAVIGIUM ISIDIS


NAVIGIUM ISIDIS

Ora le Antesterie, i Saturnali, i Parentalia, i Feralia e i Terminalia hanno in comune i festeggiamenti per la gioia di vivere e la consapevolezza della fredda morte, per cui occorre bere, amare e copulare, come dice Catullo:

"Lesbia dammi dieci, cento e mille baci,
perchè domani la fredda more ci coglierà"

Ma c'era una cerimonia in particolare che riuniva tutto questo, che è molto simile, se non identico, all'odierno Carnevale, ed era il Navigium Isidis, culminante nel: 

NAVIGIUM ISIDIS

CARRUS NAVALIS (CARNEVALE)

Il Navigium Isidis (la nave di Iside) era un "RITO IN MASCHERA" molto festoso dedicato alla vicenda della Dea Iside che fece risorgere il suo sposo Osiride dopo aver ritrovato, viaggiando per terre, fiumi e mari, tutte le parti del suo corpo smembrato. Quindi Morte e Resurrezione. Non ricorda un po' la festa del Cristo morto e risorto? Si, ma il carnevale precede la morte del Cristo e la resurrezione.

La celebrazione della vicenda di Iside venne diffusa nella religione romana in tutto l'impero verso il 150 d.c., ma in Egitto è molto più antica. La festa, che si teneva nel primo plenilunio dopo l'equinozio di primavera corrispondente un po' al tempo della Pasqua cattolica che cade la domenica successiva al primo plenilunio dopo l'equinozio di primavera. 

Diciamo che la Chiesa per non copiare il rito totalmente ci ha aggiunto di suo il termine della domenica.
Il Navigium Isidis consisteva in un corteo in maschera in cui un'imbarcazione di legno (CARRUS NAVALIS) veniva ornata di omaggi floreali.

Apuleio, nel suo romanzo Le metamorfosi, ha descritto il Navigium Isidis, e le Navi di Nemi dell'imperatore Caligola, grande seguace del culto isiaco, erano sicuramente dedicate a questo rito, in quanto corrispondono alla descrizione di Apuleio.

Ora Iside era anche la Dea del Mare e la Protettrice dei Naviganti, appellativi che la Chiesa ha spostato pari pari alla Madonna, ma la nave di Iside era per eccellenza la Barca Lunare, quindi barca notturna, su cui venivano traghettati i defunti dal regno dei vivi al regno dei morti.

L'imbarcazione veniva issata sul Carro che si diceva per questo "navale", e veniva trainato da umani mascherati, le cui maschere richiamavano non solo i defunti ma anche i demoni del mondo dei morti.

NAVIGIUM ISIDIS (Pompei)

IL CARRUS NAVALIS ROMANO

Questi demoni erano orribili e buffi, ma nella traduzione romana del Carrus Navalis venne introdotto qualcosa in più dell'allegria, e cioè la burla, perchè sovente venivano riprodotti personaggi influenti dell'epoca, come l'Imperatore, i Senatori o i Generali, comunque personaggi che venivano caricaturati per lo sbeffeggio. I romani avevano l'abitudine di ironizzare sui potenti e per quanto qualche imperatore non gradiva, non si riuscì mai a frenare questo sarcasmo.

Ma c'era un altro contenuto importante del Carrus, e cioè la morte, quella che Totò chiamò argutamente "La Livella". La morte rendeva gli uomini tutti uguali, per questo alla festa e al seguito del Carrus Navalis erano ammessi tutti, schiavi compresi e pure i bambini. Infatti, soprattutto nella festa romana, lunghe processioni di persone mascherate seguivano il carro cantando e danzando, con soste gustose per permettere ai mimi di comporre una scena o a una danzatrice di esibirsi, e non mancavano le danze collettive nè gli acrobati.

Tutto il popolo correva a mascherarsi per onorare il Carrus Navalis che portava un grande scrigno ermeticamente chiuso, simbolo della morte inconoscibile. Le prostitute non potevano mancare esibendo le loro bellezze e le romane coi loro gioielli tintinnanti non erano da meno. Perfino le matrone in quei giorni abbandonavano i pepli e si scatenavano nelle libagioni e nelle vesti scollate, e data l'occorrenza, nessuno le giudicava per questo. Del resto di fronte alla morte cadono tante critiche e tanti schemi.

ISIDE CHE GUIDA LA BARCA
Con la tradizione cattolica il Navigium Isidis è stato diviso in Carnevale (carrus navalis, la processione delle maschere) e Pasqua (resurrezione dello smembrato dopo l'equinozio di primavera).

Ora a Roma le maschere incarnavano gli antenati, tanto è vero che nei funerali i parenti indossavano maschere somiglianti oppure di fantasia che dovevano riprodurre i defunti. La festa del Carrus Navalis, facente parte della celebrazione delle anime dei morti, prevedevano uno "sconfinamento nei mondi" per cui i morti visitavano cerimonialmente i vivi, e questi ultimi, indossando le maschere degli antenati, gli permettevano di incarnarsi in loro, e così, attraverso loro, gli antenati potevano parlare. 

Poichè si presuppone che i morti abbiano superato le barriere del tempo, per cui sanno di presente, passato e futuro, essi possono parlare e profetizzare ai vivi. Questo era uno dei fini primari del carnevale: raccogliere vaticinii, e infatti a Roma, accanto ai crocicchi e alle edicole, gli indovini e le fattucchiere sedevano in attesa di clienti. Queste categorie non erano ben viste dalle autorità ma per l'occasione si chiudeva un occhio. 

L'altro fine era di coltivare la consapevolezza della morte, per il ridimensionamento dell'ego, e per comprendere la necessità e il piacere di vivere bene la vita, godendosela senza remore. Non a caso ai trionfatori sui carri colui che gli teneva la corona di alloro sopra la testa gli mormorava: "Ricordati che sei un uomo, e che pertanto devi morire". Il carnevale era un allegro "Memento mortis

Tutto ciò provocò negli anni una moltiplicazione dei carri e delle persone al seguito delle processioni.

Questa commistione tra vivi e morti però destabilizza il cosmo umano, si che alla fine si compie un rito purificatorio che ristabilizzi i confini tra vivi e morti, Pertanto le maschere non servivano a nascondere la propria identità sebbene a rimandarne a un'altra, che era in genere quella del defunto ma pure di altri spiriti liberi.


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