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I MAGGIO - LE MAIAE

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Maggio era il mese dedicato a Maia e la sua festa, ricadente il I maggio, si chiamava - MAIAE -
Le si attribuisce la radice Ma come Madre ma pure come Maius quindi maggiore ed abbondante, e l'abbondanza significava messi copiose e animali ben nutriti che assicuravano la sopravvivenza.

Ogni I maggio, il Dio Vulcano, cioè i suoi sacerdoti, le offriva in sacrificio una scrofa gravida, in modo che anche la terra fosse gravida di frutti. Il che fa pensare a una Dea Madre che governa i vulcani, pertanto Dea del fuoco.

MADONNA DELL'AVELLA
(Con figlio e conchiglia di Venere)
Infatti il nome maiale deriva da lei, dal latino "sus maialis". Le sue origini sono greche, dalla Dea Maia che significa “nutrice”. In effetti la Terra nutre tutte le sue creature.

A Roma questa ninfa fu identificata con una Dea italica preesistente, Maiesta (da cui la parola maestà) o Maia. Pertanto era invocata, in particolare nel mese a lei dedicato, e soprattutto all'inizio del mese, cioè il I maggio anche come garante dei contratti agricoli o del bestiame.

Se le fu dedicato un mese. quello di maggio, si può capire quanto fosse importante questa divinità in epoca arcaica.

Così importante che la Chiesa si dovette dar da fare per cancellarne il ricordo, dedicandolo a un'altra Vergine, a Maria.

Infatti anche Maia era vergine, ma con tutto ciò faceva sesso e pure figli, infatti Mercurio fu partorito da lei.

Come attributi la Dea aveva il maggiociondolo, la torcia infuocata, la cornucopia, i vulcani.



NOMI DI MAIA
  • Mara
  • Maiesta
  • Mammona (divenuta un diavolo nel cattolicesimo).
  • Mamma Mammosa - la natura visibile
  • MEGGIOCIONDOLO
  • Mamma Mammona - la natura invisibile, ovvero l'energia divina che la governa.
A Firenze, in via Strozzi, si è trovata un'epigrafe frammentaria dedicata al Dio Mercurio e alla madre Maia, probabilmente vi era un tempio a loro dedicato.

Non è un caso che Mercurio sia anche uno psicopompo, cioè un traghettatore di anime nell'aldilà. Il figlio assolveva un compito che apparteneva alla madre. In qualità di Dea Madre, Maia infatti era Dea triplice, governando nel cielo (come luna), sulla terra (tramite la produzione delle piante e dei campi coltivati) e negli Inferi (come Dea dei morti).



DA MAIA A MADONNA 

"Il maggio delle rose e della Madonna ha origine medievali, quando, nel tentativo di cristianizzare le feste pagane in onore della natura e della dea Maia si pensò che alla - Madonna, la creatura più Alta, si potevano unire insieme i temi della natura e della Santa Vergine. Secondo lo storico medievale Cardini la pratica delle prime devozioni risale “al secolo XVI quando si cominciò a reagire allo spirito rinascimentale giudicato troppo paganeggiante: sicchè il mese di maggio assunse anche carattere riparatore.”

Il che conferma che nelle campagne fino al XVI sec. si adorassero ancora gli antichi Dei coi vecchi rituali, non per nulla la Chiesa pose sul rogo circa un milione di streghe. perchè il paganesimo era reputato stregoneria o diavoleria. A Roma il mese di maggio era dedicato alla Dea Maia e sempre a lei erano dedicate anche le rose. Maggio pertanto viene da Maia, antica Dea italica preromana e poi romana.



LA MAIELLA

LA DEA SUL MONTE DELLA MAIELLA
Il monte abruzzese della Maiella prende il suo nome dalla Dea e vi fiorì la leggenda delle gigantesche “maiellane”, le mitiche donne guerriere adornate di orecchini a grandi cerchi e vistose collane, che, in tempi assai remoti, lottavano, indomite, per difendere la loro indipendenza.

La leggenda si rifà ad epoche antichissime in cui le donne lottavano e combattevano, se necessario, come gli uomini. Basta ricordare le amazzoni che dominarono l'europa orientale e parte dell'Asia.

Non a caso, si una cresta della Maiella, sorse l'Abbazia di Santa Maria dell’Avella, edificata prima del X° secolo, dove sicuramente un tempo era dedicato alla Dea.

Inoltre il I maggio si festeggia in Abruzzo la “Madonna della Mazza” e i pretoresi ascendono in pellegrinaggio la Maiella, per prelevare la statua dal tempio e trasferirla nella parrocchia di Pretoro, dove resta per solenni onoranze sino alla fine di Giugno.

Ciò fa pensare a un'antica festa di Maia, il cui santuario doveva elevarsi sul monte, dove si svolgevano processioni e rituali, soprattutto durante le Maiaie.

Tra l'altro sempre in Abruzzo c'è la leggenda della ninfa Maia, figlia di Atlante che fuggì sul monte per salvare il figlio ferito che tuttavia morì e lì fu sepolto con infinito cordoglio della madre. E' evidente la riedizione del mito del figlio-vegetazione che muore ogni anno per risorgere l'anno successivo. Mito ripreso poi dalla Chiesa cattolica col Cristo morto in croce.

BONA DEA

LA FESTA DI MAIA - LE MAIAE

"Kalendae Maiae sunt antiquae hemisphaerii septentrionalis feriae vernae die 1 Maii habitae, usitate feriae publicae, et in multis culturis translaticiae veris feriae. Cum Internationali Operariorum Die congruit. In multis linguis tantum Dies Maii appellari potest; Anglice (lingua anglicana) autem in Havaiis (lingua Hawaiana)".

Si trattava soprattutto di una festa dei campi, in cui si festeggiavano i germogli del prossimo raccolto e il vino dell'anno passato. Alla Dea si scarificavano in tempi più remoti le primizie, in seguito il rito divenne cruento e si sacrificò la femmina gravida del maiale, simbolo della primavera e di tutto ciò che fiorisce e produce. per le donne divenne un augurio di fertilità.

Il sacrificio della scrofa era una particolarità dei sacrifici dedicati alla Madre Terra, per cui necessariamente la Dea Maia era una Madre Terra e una Grande Madre, molto potente e molto seguita in tempi arcaici. Dopo aver sacrificato l'animale, questo veniva cotto e mangiato, rito importantissimo delle campagne, dove il maiale salato e aromatizzato poteva costituire un alimento pronto per tutto l'anno.

In questa occasione si donavano parti dei maiali sacrificati a coloro che avevano avuto diverse traversie o un raccolto più sfortunato, il che rafforzava non poco i legami dei paesi nelle campagne.
Naturalmente il rito era molto più seguito nelle campagne che nelle città, tuttavia era anche uso che i nobili romani che possedessero ville rustiche fuori dell'Urbe, si recassero appunto nelle ville sia per controllare gli schiavi che vi lavoravano sia per festeggiare degnamente le Maiae.

Essendo un rito antico si protraeva fino a notte inoltrata favorendo gli accoppiamenti amorosi e non. Le donne, come le tavole imbandite, erano ornate dai tralci del maggiociondolo. Il fatto che la Dea aveva come attributo la torcia faceva si che il rito si protraesse fino a notte, grazie ai fuochi che si accendevano per l'occasione nelle campagne.

Qui le donne sposate che volevano avere figli si preparavano una specie di giaciglio fatto con rami di ontano e inghirlandate col maggiociondolo facevano sesso coi propri mariti dopo aver recitato le opportune preghiere. Tuttavia la festa aveva un carattere molto licenzioso e magari anche gli sposati amavano cambiare partner e concedersi qualche scappatella con la benedizione della Dea.

La festa veniva preparata molti giorni prima, con canti, danze, banchetti e musica, dove gli schiavi ma pure i poeti locali venivano invitati ad esprimersi per onorare la Dea che presenziava alle feste sotto forma di statua, a volte lignea, in quanto divinità molto antica.



LE MAIAE OGGI

Di questa tradizione diversi costumi festivi sono sopravvissuti anche oggi. In Italia infatti è detta spesso Calendimaggio (Calende di maggio che cadevano o si facevano cadere il primo di maggio) o cantar maggio, una festa stagionale che festeggia l'arrivo della primavera.

ONTANO
La funzione magico-propiziatoria di questo rito è spesso svolta durante una questua durante la quale, in cambio di doni (tradizionalmente uova, vino, cibo o dolci), i maggianti (o maggerini) cantano strofe benauguranti agli abitanti delle case che visitano.

Evidentemente questo è il residuo dei doni ai più poveri ma pure per gli schiavi che in cambio dei doni offrivano vari piccoli spettacoli, di canti danze e musica, partecipando anch'essi alla festa in qualche modo.

La parte centrale dei rituali è oggi l'esecuzione di canti di questua e spesso i canti di Pasqua/calendimaggio si ritrovano nel nord Italia come ad esempio la collina piemontese, il cui modello "questua delle uova" corrisponde esattamente a quello che nell'Oltrepò pavese viene chiamato "la galina grisa".

ANTICA DEA ITALICA
C'è poi il canto del Carlin di maggio (storpiatura delle calende), del filone "magico lirico profano" che dai laghi Cusio, Verbano e Ceresio si estende lungo tutto l'Appennino settentrionale fino ad incontrare gli altri tipi di maggi (drammatico, lirico sacro) della montagna tosco-emiliana per riprendere poi la sua presenza nell'Appennino centrale.

Spesso un ramo molto grosso della pianta di ontano viene trasportato dai "Maggerini" (i cantori del
maggio) e su di esso vengano appesi i doni dati nelle case, dando luogo così all'albero della Cuccagna.

Questo albero folcloristico nasce da radici molto antiche, perchè era il risveglio dell'Albero della Vita, il cosiddetto albero cosmico che risvegliandosi dopo il buio invernale donava i suoi frutti agli uomini ed agli animali, consentendo il perpetuarsi della vita.

Simbolo della rinascita primaverile sono gli alberi dell'ontano, e del maggiociondolo, che accompagnano i maggerini e i fiori (viole e rose), citati nelle strofe dei canti, e con i quali i partecipanti si ornano. In particolare la pianta dell'ontano, che cresce lungo i corsi d'acqua, è considerata il simbolo della vita ed è per questo che è spesso presente nel rituale.

Si tratta di una celebrazione che risale a popoli dell'antichità molto integrati con i ritmi della natura, come si è appurato tra i popoli celti, etruschi, bruzi, sanniti e liguri. Ma sicuramente investiva un po' tutto il suolo italico, romano e preromano.



LA FESTA DEI LAVORATORI

Oggi la festa del I maggio ricorda le rivolte degli Usa per accorciare le ore lavorative degli operai affogate nel sangue. Durante il ventennio fascista, a partire dal 1924, la celebrazione fu anticipata al 21 aprile, in coincidenza con il Natale di Roma, divenendo per la prima volta giorno festivo con la denominazione "Natale di Roma – Festa del lavoro". Fu poi riportata al I maggio dopo la fine del conflitto mondiale, nel 1945, mantenendo però il giorno festivo.

Il I maggio 1955 papa Pio XII istituì la festa di San Giuseppe lavoratore, perché tale data potesse divenire una festa cattolica anzichè laica come era nata. Dal 1990 i sindacati confederali CGIL, CISL e UIL, in collaborazione con il comune di Roma, organizzarono un grande concerto per celebrare il I maggio in piazza San Giovanni, dal pomeriggio a notte, con la partecipazione di molti gruppi musicali e cantanti, trasmesso in diretta televisiva dalla Rai. Oggi però la manifestazione è in evidente decadenza.


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