SANTUARIO DELLE XIII ARE |
Città natale degli imperatori Antonino Pio e Commodo, dopo la crisi dell’età barbarica, la cittadina rinacque nel secolo XII con il nome di Civita o Civita Lavinia, che conservò fino al 1914, quando venne cambiato in quello attuale di Lanuvio
LE ORIGINI
L'antica Lavinio sarebbe il luogo dove Enea avrebbe fondato la sua prima città in Italia, insieme ai suoi profughi da Troia. La teoria avrebbe una sua consistenza grazie al ritrovamento di frammenti di intonaco rinvenuti nel 1969 a Taormina e appartenenti al ginnasio dell'antica Tauromenion, dove si parla di Fabio Pittore, primo annalista romano, primo narratore dell'arrivo in Italia, in seguito alla guerra di Troia, di un certo Lanoios, fondatore nel Lazio di una cittadina, che avrebbe preso da lui il nome. Da Lanois a Lanuvio il passo è breve.
Le antiche fonti riferiscono effettivamente la fondazione di Lanuvio a pochi anni dalla guerra di Troia (1180-1170 a.c.), fondazione avvenuta d'estate, esattamente due anni dopo la distruzione di Troia. Il nome della città però secondo la tradizione deriverebbe da Lavinia, figlia di Latino re dei Latini e di Amata, che divenne sposa di Enea. Il luogo della fondazione fu quello dove si svolse una contesa tra tre animali: un lupo, un'aquila e una volpe, oppure un picchio, interpretata da Enea come auspicio divino della futura grandezza di Lavinio, e le cui immagini vennero riprodotte nel forum cittadino.
Il lupo e l'aquila erano simboli di Roma, il picchio di Marte e la volpe doveva corrispondere a qualche divinità locale. Un'altra versione invece, che si rifà al filone greco-argivo è narrata da Appiano, e sostiene che la fondazione di Lanuvio fu dovuta a Diomede figlio di Tideo, signore di Argo.
Secondo il racconto di Livio, Lavinio era una città ricca e fiorente, tanto da avere popolazione in eccesso. Per questo motivo Ascanio, 30 anni dopo la sua fondazione, abbandonò Lavinio per fondare la nuova città di Alba Longa. In questi trent'anni, nessuno tra i vicini osò attaccare Lavinio.
A Lavinio nel 745 a.c. fu ucciso Tito Tazio, re di Roma insieme a Romolo. Questo accade perché i parenti di Tito avevano maltrattato degli ambasciatori di Lavinio a Roma e Tazio non aveva posto rimedio a questa grave provocazione. Giunto a Lavinio per un sacrificio solenne, fu assassinato in un moto di piazza.
Lucio Tarquinio Collatino, primo console della Repubblica romana con Lucio Giunio Bruto, si ritirò a Lavinio, con tutte le sue proprietà, dopo che fu convinto a ritirarsi dalla suprema magistratura, perché inviso al popolo per essere parente di Tarquinio il Superbo, ultimo re di Roma.
Tra i reperti esposti nel museo locale si segnalano uno splendido affresco di età augustea che raffigura delle tematiche dionisiache, alcuni frammenti marmorei pertinenti al gruppo di Licinio Murena (I sec. a.c.), un parapetto marmoreo raffigurante un grifone alato di età antonina proveniente dal teatro, ed una serie di lastre architettoniche e votivi di età arcaica ed ellenistica che provengono dall'area del Santuario di Giunone Sospita.
ACHELAO IN MEZZO A DUE DIVINITA' AGRESTI |
LA STORIA
Abbiamo notizie di Lanuvio verso la fine del VI secolo a.c., come partecipe dei trenta populi della lega latina, che si riunivano nel lucus di Diana Nemorense.
Le origini della cittadina furono senz'altro greche tanto più che c'era il culto non solo delle divinità greche ma pure del fiume Achelao, strettamente collegato a Ercole.
ACHELAO
Figlio del titano Oceano e della titanide Teti, si presentava spesso in forma di toro. Nelle fatiche di Eracle: egli desiderava Deianira, però chiesta in moglie proprio da Eracle; durante la lotta fra i due, Acheloo si trasformò prima in toro, poi in un drago iridescente ed infine in un uomo dalla testa di bue, a cui Eracle strappò un corno. Acheloo vinto gli concesse Deianira, ma gli richiese il corno, dandogli in cambio un corno della capra Amaltea, cioè la cornucopia.
LE BATTAGLIE
- Lavinia, ovvero Civita Lavinia, insorse, insieme ad altre città latine, contro Roma, nella battaglia presso Aricia (507 - 506 a.c.) tra etruschi e latini, in quella del lago Regillo (499 - 496 a.c.).
TETI II SEC. D.C. |
« . Il primo bersaglio fu Circei: ne cacciò i coloni romani e restituì la città, ora libera, ai Volsci. Quindi conquistò Satrico, Longula, Polusca, Corioli, Mugilla, tutte città recentemente sottomesse dai Romani. Poi riprese Lavinio e di lì, raggiungendo la via Latina tramite delle scorciatoie, catturò una dopo l'altra Corbione, Vetelia, Trebio, Labico, Pedo. Infine da Pedo marciò su Roma e si accampò presso le fosse Cluilie, a cinque miglia dalla città. »
(Livio, II, 39.)
- Nel 390 a.c. Marco Furio Camillo, nel celebre discorso con cui convinse i romani a non abbandonare Roma, appena saccheggiata dai Galli di Brenno, ricorda i riti sacri che per tradizione, i romani ancora compivano sul monte Albano e a Lavinio.
- Insorse poi nel 383 a.c., e nel 341 a.c., accumulando diverse sconfitte. Nell'ultima disastrosa battaglia del 338 a.c., perse, insieme alle altre cittadine del Latium vetus, l'indipendenza, tuttavia nel 332 a.c. ottenne da Roma la "Civitas cum suffragio" (municipio con diritto di voto). Il municipio fu governato da un dictator, da due aediles, da un quaestor, da un praetor e da un senatus, esattamente come accadeva a Roma.
Così, al termine della guerra latina, Lavinio rinnovò un foedus di tipo sacro con Roma, e la città divenne municipio.
- In cambio Roma chiese metà dei proventi del santuario di Giunone Sospita. Ciò fa comprendere la grandezza e l'importanza di questo santuario, nonchè la sua grande ricchezza. Lanuvio prosperò dal 332 a.c. fino allo scoppio della prima guerra civile (87-86 a.c.), ma parteggiando per Silla, venne ridotta da Mario a colonia militare.
- Quando però il partito mariano venne sconfitto Lanuvio si risollevò e molti personaggi importanti della politica romana, vi elessero dimora: Marco Emilio Lepido, Marco Giunio Bruto, Augusto e Marco Aurelio.
Di Lavinio, in età imperiale, rimase ancora attiva e frequentata solo l'area sacra.
- Con l'editto di Teodosio del 391, che stabiliva il Cristianesimo come unica religione dell'impero romano, iniziò la decadenza e l'abbandono della città, obbligando l'editto alla chiusura di tutti i templi pagani tra cui anche quello di Giunone Sospita, funzionante fin dal VI sec. a.c., centro vitale della cittadina per ben dieci secoli.
MONUMENTI
PORTALE DEL TEMPIO DI GIUNONE |
Vanno ricordati un altro tempio arcaico con le pareti a blocchi ben squadrati di tufo, subito fuori della città, a fianco della via di Astura, detto Tempio delle XIII Are.
Inoltre notevoli resti delle mura cittadine, di un vasto teatro, di terme, presso il cimitero, e di numerose ville e di ponte Loreto. .
TEMPIO GIUNONE SOSPITA
Il tempio di Giunone Sospita Regina, che sorgeva sull'acropoli, custodiva infatti grandi tesori, tra cui l'ex-voto di 40 libbre d'oro offerto dai Romani durante la seconda guerra punica. Il santuario risalente alla metà del I sec. a.c. fu probabilmente edificato da L. Licinius Murena, personaggio di origine lanuvina che nel 62 a.c. rivestì il consolato.
GIUNONE SOSPITA (Lanuvio) |
Nella sua edificazione si distinguono tre fasi edilizie. Nella I fase il tempio era tetrastilo. Nella II fase, del periodo Medio-Repubblicano (IV-III a.c.) con la sconfitta della lega latina (quindi di Lanuvio) del 338 a.c., ebbe inizio la cogestione romana del culto. La datazione della terza fase ancora è incerta: si ritiene che essa vada fatto risalire alla metà del I sec. a.c.. e messa in relazione alla famiglia Murena di Lanuvio.
Un particolare: la testa di Murena in marmo pentelico, eseguita a Civita Lavinia, venne conservata fino al 1914 presso il Museo Civico Lanuvino, poi dispersa nella distruzione del Museo per i bombardamenti anglo-americani del 1944. Nel 1998 una porzione della testa è stata rinvenuta all’interno di una tamponatura di un arco ottocentesco utilizzata, insieme ad altri oggetti scultorei, come materiale di riempimento. Ecco come l'Italia distrugge i suoi beni.
GIUNONE CAPROTINA
Nei Musei Capitolini di Roma, tra le varie opere scultoree romane trovate a Lanuvio, è conservata una statua di Giunone Sospita (la salvatrice), detta pure Giunone caprotina per la pelle di capra che l'ammanta. Filippo Titi nel volume del 1763 Descrizione delle Pitture, Sculture e Architetture esposte in Roma così la descrive:
«Vi sono ancora due nicchie laterali, in una delle quelli sta collocata la celebre statua di Giunone Sospita, che si venerava nell’antico temple di Lanuvio, ora Civita Lavinia, essendovi nella base l’antica iscrizione IVNO LANVVINA. Ha questa la testa ornata di una pelle caprina, e i calcei lunati, essendo appunto, come viene da Cicerone descritta: “Cum pelle caprina, cum hasta, cum scutulo, cum calceolis repandis, raccontando Livio: Lanuvio simulacrum Junonis Sospita lacrymasse.”».
Una statua di Giunone con gli stivaletti con la punta all’insù (calceolis repandis), secondo l'uso etrusco, e coperta di una pelle di capra, fa pensare a un'antichissima Dea italica: una Grande Madre. La capra o caprone era un potente simbolo di lussuria che contrasterebbe con la continenza e fedeltà di Giunone, se però non tenessimo conto che le divinità italiche vennero quasi sempre assimilate a quelle romane, a loro volta assimilate alle greche o alle etrusche.
Nel libro VIII della Storia di Roma di Tito Livio, quando i Lanuvini furono sconfitti presso Astura insieme ad altre città latine che si erano sollevate contro Roma nel 341 a.c., il senato romano decise tuttavia di accogliere la città di Lanuvium nella civitas romana, lasciandole i culti religiosi di appartenenza. Si richiese tuttavia che il tempio e il bosco sacro a Giunone Sospita divenissero patrimonio comune anche ai romani.
Stando ad una testimonianza che si ricava dal quarto libro delle Elegie di Properzio e dal trattato geografico di Eliano Perì Zoon ogni anno sul far della primavera alcune fanciulle dovevano porgere delle focacce ad un serpente sacro a Giunone Sospita che si trovava nel santuario: se l’animale accettava l’offerta veniva ritenuto presagio di buoni raccolti, se la rifiutava, veniva ritenuto presagio di carestia, e la fanciulla veniva offerta in sacrificio.
TEMPIO DI IUNO SOSPITA |
DESCRIZIONE
Il terrazzamento del Santuario di Giunone Sospita è composto da un grandioso portico che seguiva le linee naturali del colle, una porzione di muro a nicchie in opera reticolata con porta che dava accesso a una serie di cunicoli (metà I sec. a.c.), una struttura in opus quadratum, forse il pilone di un arco monumentale (II sec. a.c.), una struttura in opus incertum (fine II- inizi I sec. a.c.), un Ninfeo in opus reticulatum e con rivestimento in pietra pomice con annessa cisterna (metà I sec. a.c.).
ANTEFISSA DEL TEMPIO ARCAICO |
Il portico in opus reticulatum è costituito da una serie di semicolonne doriche che presentano, alla stessa altezza, dei ricorsi in mattoni.
Era originariamente a due piani come dimostrato dagli scavi condotti sul finire dell’800, per il rinvenimento della parte superiore delle volte crollate con tracce di mosaico. Probabilmente anche il secondo piano del portico aveva semicolonne di ordine dorico.
In fondo al portico c’è una porticina da dove si diparte una serie di cunicoli che alcuni identificano con la grotta in cui era custodito il serpente sacro a Giunone Sospita.
Infatti sappiamo sia da Properzio che da Eliano sappiamo che, nel Santuario, ogni anno all’approssimarsi della primavera, si svolgeva una cerimonia: alcune fanciulle dovevano porgere delle focacce a un grosso serpente che si trovava all’interno di un antro; se l’animale accettava il cibo offertogli dalla fanciulla (indizio della verginità di quest’ultima), si prospettavano raccolti fecondi; in caso contrario, la fanciulla(rivelatasi impura) veniva sacrificata per scongiurare la carestia.
Nella parte opposta, rispetto al Portico, si trovano i resti di una struttura in opera quadrata di peperino, secondo alcuni pertinente probabilmente a un arco di ingresso che immetteva nell’Acropoli, ma poteva anche immettere agli altari collocati esternamente al Tempio.
Accanto al santuario si rinvennero i resti di un gruppo marmoreo di statue equestri con lorica, oggi conservate al British Museum di Londra e al museo di Leeds, ad eccezione di un torso e di una testa con altri frammenti che si trovano invece al Museo Civico Lanuvino.
SCUDO DI LANUVIO |
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Dopo la battaglia del Granico vinta ada Alessandro Magno e per suo incarico, Lisippo eresse le statue equestri dei venticinque ilarchi macedoni caduti nella battaglia (Arriano - Anabasi).
Quinto Cecilio Metello nel 146 a.c. portò a Roma questo famosissimo gruppo (Velleio Patercolo) celebrando il trionfo che gli conferì il titolo di Macedonico.
Per commemorare l'avvenimento fece costruire nella zona del Circo Flaminio un tempio dedicato a Giove Statore che sorgeva accanto al tempio di Giunone Regina; i due templi vennero circondati dal Porticus Metelli, (ricostruito da Ottaviano come Portico di Ottavia) ornato con le statue bronzee dei generali di Alessandro Magno (turma Alexandri), opera dello scultore Lisippo, portate a Roma dopo le guerre in Grecia.
L’opera si trovava, fino alla metà del II sec. a.c., nel Santuario di Dion in Macedonia, da dove Cecilio Metello la trasferì a Roma, dopo la conquista della Macedonia.
Secondo lo studioso, la copia in marmo e la ricostruzione di tutto il santuario siano da attribuire a quel L. Licinius Murena console nel 62 a.c. e vittorioso, insieme a Lucullo, in Oriente contro Mitridate, in prossimità del Granico.
L’opera dovrebbe quindi raffigurare Licinio Murena o Lucullo in qualità di “novelli” Alessandro Magno e, al posto dei generali macedoni, gli ufficiali romani, per essere letta, quindi, come una imitatio Alexandri.
ELMO DI LANUVIO |
Attorno al 90 a.c. venne edificata, ad Ovest del Tempio, una struttura in opus incertum collocata alle spalle delle sei arcate del portico tardo-repubblicano ricostruite agli inizi del ‘900.
Le strutture del I sec a.c.
Le strutture murarie situate nel Parco della Rimembranza, pertinenti a tre fasi edilizie di epoca romana, risalgono alla metà del I sec. a.c.
La I fase è costituita da un muro di contenimento in opera quasi reticolata di cui rimangono poche tracce, coperto un altro muro in opera quasi reticolare (II fase) e con speroni di rinforzo, con la stessa funzione di contenimento.
La terza fase è costituita da un allungamento degli speroni del muro di contenimento. II fase con muri in opera reticolata e copertura a volta del soffitto. Si viene così a formare una serie di ambienti simili, probabilmente adibiti alla vendita degli ex voto.
TEMPIO DI MINERVA
Ormai si è certi dell’esistenza di un tempio dedicato a Minerva a poca distanza dal museo di Pratica di Mare Lanuvio). Molti reperti lo testimoniano, ma in particolare, la copia di un originale in legno, alta circa un metro, (96 cm equivalenti a tre piedi romani, altezza standard per le sculture più arcaiche).
COPIA DEL PALLADIO |
Enea, fuggendo da Troia in fiamme, si porta dietro il Palladio, perchè nessuna terra è legittima senza la Madre Terra.
Dopo la fondazione della città di Albalonga le immagini dei Penati insieme al Palladio vennero portate nella nuova città; dato che queste venivano sempre ritrovate misteriosamente a Lavinium, il sacerdote Egeste, seguito da seicento padri di famiglia, andò da Alba a Lanuvio per assicurare il culto della Dea nel luogo in cui ella stessa voleva restare, cioè a Lanuvio.
Nel VI sec. d.c.. invece Procopio narra che il Palladio l'aveva portato via Diomede e non Enea, e se lo teneva a casa sua nel Gargano; però si era ammalato e un oracolo gli dice che guarirà solo se restituisce il Palladio ad Enea.
Così restituisce la statua che i romani custodiranno gelosamente finchè non venne bruciata dall'ultima sacerdotessa per non farla cadere in mani cristiane che l'avrebbero deturpata, mutilata e irrisa.
RESTI DEL TEMPIO DI ERCOLE CANINA (Lanuvio) |
TEMPIO DI ERCOLE
Del tempio d'Ercole, collocato sul primo terrazzamento dell’antica Lanuvium, rimane allo stato attuale soltanto la sostruzione, di mt. 33 di lunghezza x 9,35 di altezza. La precisione e la tecnica dei blocchi che la compongono sono testimonianza inequivocabile dell’importanza del complesso religioso che come importanza era secondo soltanto al Santuario di Giunone Sospita.
I dati attuali non ci permettono di stabilire l’esatta localizzazione del tempio vero e proprio e per la sua ubicazione approssimativa dobbiamo utilizzare alcuni elementi preziosi dati dai ritrovamenti archeologici della zona.
MENADI E SILENO |
La cisterna, a 25 mt. dai resti del tempio restituì frammenti architettonici, capitelli, la vera di un pozzo in marmo, cippi sacri, dediche votive in relazione ad Ercole, che permisero l’attribuzione del Tempio.
Ma il ritrovamento più importante fu un altorilievo in frammenti che venne ricostituito e collocato nel 1968 al Museo Civico di Albano. Esso è m 0,66 di larghezza x mt. 0,54 di altezza ed è datato al 330 a.c..
Il tiaso bacchico è frequente sui templi etruschi e latini già dall'età tardo-arcaica, ma si pone solo sulle antefisse. Oppure allude all'impresa per cui Ercole avrebbe salvato Ino-Leucotea, perseguitata dalle menadi aizzate da Giunone.
Nel rilievo lanuvino, quindi, vi sarebbe rappresentato lo scontro tra Ino-Leucotea e le menadi selvagge avvenuto nel foro Boario, dove Ercole era venerato come garante dell'incolumità dello straniero.
Pertanto l'altorilievo di Lanuvio, datato a poco dopo l'annessione di Lanuvium alla civitas romana (338 a.c.), è da mettere in relazione al tempio d'Ercole, eroe romano, dopo l'annessione di Lanuvio a Roma, per bilanciare un po' il culto di Giunone Sospita, prettamente, lanuvino.
I Santuari d’Ercole avevano anche un forte carattere emporico; Eracle era considerato Dio dei mercanti, e di solito i suoi templi venivano edificati lungo vie transitate da mercanti, così come accade a Lanuvio dove l’impianto religioso è collocato lungo la via Astura che metteva in contatto, soprattutto per i commerci, Antium e Satricum alla latina Lanuvium.
PONTE LORETO |
GLI SCAVI
Molto si dedicò afli scavi di Lanuvio Ligorio (1513 – 1583), architetto, pittore e antiquario italiano. Oltre che come "insigne studioso", è noto però anche come "abile falsario" di iscrizioni latine
Nella parte centrale della città si è individuata la piazza del foro, già intuita dal Lanciani. Sul lato ovest si trova un tempio in opera incerta, a tre celle, o ad ali, e podio con cornici di peperino rivestite di intonaco e stucco; scarsissime le tracce dell'alzato.
I dati di scavo non consentono ancora di precisare la data di costruzione; è ascrivibile forse a età augustea la realizzazione di due avancorpi ai lati della scalinata, mentre a un edificio di culto precedente potrebbero essere pertinenti le strutture in opera quadrata inglobate nelle fondazioni in cementizio.
Lungo il lato sud della piazza sono emersi degli ambienti aperti su un portico, di cui un vano, identificabile con l'Augusteo, ha restituito statue frammentarie di marmo maschili, una femminile e le teste di Augusto, Tiberio e Claudio.
Reperite anche le lastre Campana, decorative del portico, di diversi tipi (nìkai tauroctone, ciclo dionisiaco, motivi vegetali), il tutto in frammenti facenti parte di strati di riempimento.
Alle spalle delle strutture di età imperiale, vi sono due complessi di età arcaica, di cui uno pubblico, dotato di portico, costruito nel VI sec. e ampliato nel V, fu distrutto intorno alla fine del IV o inizi del III sec. a.c. e non più ricostruito.
MINERVA TRITONIA |
Negli zoccoli e negli alzati si faceva largo impiego di tegole, un impasto di terracotta, utilizzate anche per i pavimenti; questi, nel IV sec. a.c., con schegge di tufo giallo accostate e livellate.
Vicino al Foro si estendeva un vasto complesso termale di età imperiale su due piani, che dopo l'abbandono, prima dei crolli delle coperture e delle volte, ha subito una totale opera di spoglio.
Fuori del perimetro urbano, due fornaci e un portico, di epoca incerta, a nord del complesso delle Tredici Are.
A sud-ovest delle Tredici Are invece una grande villa con impianto termale, di età imperiale.
Il tempio orientale dedicato a Minerva, scavato nel 1977, ha portato alla luce il deposito votivo che testimonia, con le sue due fasi, continuità di culto dall'Orientalizzante Recente ai primi decenni del III sec. a.c., quando il santuario venne distrutto.
Nella fase più antica del deposito, fine VII-prima metà VI sec. a.c., abbondante ceramica d'imitazione corinzia. L'imponente scarico di materiale votivo, ceramiche e terrecotte, seconda fase del deposito, copre l'arco cronologico compreso tra la seconda metà del VI sec. e i primi decenni del III a.c. con numerose statuette di bambini in fasce, statuine di madri allattanti, ex voto anatomici quali uteri e mammelle, mentre è irrilevante la presenza di arti.
Le oltre cento statue di offerenti di ambo i sessi, ma in prevalenza femminili, molte a grandezza naturale che offrono melegrane, conigli, colombe, danno l'idea della fama miracolistica della Dea.
TESTA DI DONNA O DEA V SEC. A.C. |
L'abbandono dei giochi spensierati per diventare moglie, madre e domina della casa di cui si assumevano tutte le responsabilità.
Moltissima anche la ceramica votiva, soprattutto in vernice nera sovradipinta, ma pure ceramica attica attica a figure nere e rosse, oltre che ceramica d'impasto (olle, coperchi, bacili), pochi i bronzetti di fabbricazione laziale (kouroi e korai) e di tipo umbro-sabellico.
Tra le statue della Dea notevole quella alta quasi due metri tutta armata, affiancata da un Tritone che sorregge lo scudo, che ricorda il mito beotico della nascita di Atena presso il fiume Tritone, non lontano da Alalcomene in Beozia, sede di un antichissimo e famoso santuario della Dea..
Per altri studiosi la statua sarebbe l’Athena Iliàs ricordata da Strabone, e il santuario quello di Atena ricordato da Licofrone; i due passi potrebbero tuttavia alludere piuttosto al Palladio, conservato nel Tempio dei Penati a Lanuvio.
Notevole anche il Cristo docente rinvenuto a Lanuvio, eseguito su marmo greco, che mostra un giovane fanciullo seduto su su una sedia curule che tiene in mano un rotolo, simbolo all'epoca di cultura e soprattutto di saggezza flisolofica.
CRISTO DOCENTE - STATUA GRECA - IV SEC. D.C. |
I capelli assolutamente biondi erano per i greci appannaggio degli Dei, forse perchè sembravano più luminosi oltre che inusuali rispetto ai greci e pure rispetto ai romani.
Prova ne sia che le romane si tingevano spesso i capelli con polvere dorata per avere sembianze più avvenenti.
Ci colpisce inoltre la mutilazione della statua, vandalismo riservato solo alle divinità pagane e non certo al giovane Gesù che avrebbe dovuto essere ospitato in una chiesa cristiana.
Sicuramente la statua è relativa a una divinità greca antecedente, prima mutilata e poi, con ripensamento, spacciata per cristiana. Accadde spesso che certe statue greche o romane venissero identificate come figure di culto del cristianesimo.
Da segnalare ancora una rappresentazione a grandezza quasi naturale della Dea armata di spada con a fianco un'oca sorreggente lo scudo. L'esistenza, agli inizi del V sec. a.c., dell'edificio di culto è al momento provata solo da antefisse a testa di Sileno e di Iuno Sospita.
Consente, infine, di localizzare la necropoli di età arcaica la scoperta (1993), fuori della porta sud-est, all'incrocio della via per Ardea con quella mare-Colli Albani, di una tomba a tumulo, con quattro sarcofagi, di cui due violati.
Il più antico, di cappellaccio, a cassa con zampe leonine e coperchio a doppio spiovente, conteneva i resti di un incinerato.
Il corredo è databile nella prima metà del VI sec. a.c., e si compone di un'anfora tirrenica con amazzonomachia di Eracle, un'anfora di bucchero, una placca di bronzo con pantere monocefale.
Le altre tombe sono della prima metà del V sec. a.c. (attica a figure rosse), all'ultimo quarto del V sec. a.c. (attica a figure rosse) e alla seconda metà del IV sec. a.c.
L'abbandono dei santuari extra-urbani, la disattivazione di alcuni impianti produttivi, la rarefazione dei materiali di superficie indicano che già nella prima metà del III sec. a.c. inizia la decadenza che riduce e spopola progressivamente il centro urbano, ridotto in età imperiale alla sola area centrale e a impianti isolati nella zona urbana e nel suburbio.
Sotto il Regno d’Italia, oltre alla restituzione al paese nel 1914 del suo antico nome di Lanuvio, si ebbero scavi archeologici che scopersero un tempio del VI secolo a.c., poi reinterrato, presso i blocchi del tempio di Giunone Sospita che ancora si possono visitare nell’orto dell’Istituto Salesiano.
Gran parte dei reperti archeologici tuttavia si trovano oggi sparsi in vari musei: il Museo di Valle Giulia a Roma, il Museo Capitolino, il British Museum di Londra e il Museo di Leeds.