Era una arcaica festa celebrata il 7 luglio in onore di Iuno Caprotina, e la motivazione della festa era dagli autori raccontata in diversi modi:
- per alcuni doveva commemorare la vittoria dei Romani sui Senoni di Brenno,
- per altri una festa dedicata a Giunone Caprotina come Dea della fecondità.
- per Dionigi di Alicarnasso invece le feste ricordavano il giorno in cui i Romani fuggirono per il panico scatenato dalla scomparsa di Romolo.
GIUNONE CAPROTINA |
- per altri ancora la festa deriva dal Caprificus, un fico selvatico, su cui salì una vergine romana, prigioniera nel campo nemico, si alzò in un albero di fico selvatico, tendendo una torcia accesa verso la città, il segnale atteso dai romani per attaccare i Galli.
Le due feste, la None Caprotine e il Poplifugium, erano così legate tra di loro che, per Plutarco e Macrobio, che vivevano rispettivamente nel I e IV secolo d.c., non c'è differenza.
POPLIFUGIA
Secondo altri la festa del Poplifugia si festeggiava invece il 5 luglio in onore di Iuppiter, ossia Giove.
LA IUNO ETRUSCA |
I Ficulei erano gli abitanti di Ficulea, dai figules (i vasai), che si estendeva dalla via Nomentana fino al IX miglio della via Tiburtina.
Secondo altri autori si ricordava invece la disfatta subita dai Troiani (ritenuti antenati di Roma), di Patrizio Lucerino 1833.
Pensare che i romani festeggiassero le sconfitte loro o dei loro antenati significa avere idee poco chiare sull'animo dei romani.
Era un popolo tanto fiero che i soldati sconfitti (cosa che accadeva di rado) venivano guardati con disprezzo dai romani, si che una legione sconfitta non chiedeva che di riabilitarsi combattendo coloro che li avevano battuti.
Solo così avrebbero riconquistato la stima e l'onore perduti.
IUNO CAPROTINA
Si trattava dell'antica Dea Capra, raffigurata tra gli antichi etruschi come la Dea dalle corna e le orecchie di capra, e successivamente dai romani come Iunio vestita in pelle di capra, ce n'è una statua bellissima nei musei vaticani, è una reminiscenza della Dea lussuriosa e datrice di latte, insomma una Dea Natura, donatrice e selvaggia.
Infatti la festa era caratterizzata da una specie di disordine rituale, quasi in antitesi all'ordine di Giove.
LA CELEBRAZIONE
Durante la festa la gente si radunava nella palude Caprea, nel Campo Marzio, per compiere un sacrificio; uscendo dalla città (il Campo Marzio era fuori dalle mura Serviane) la folla gridava i nomi più comuni presso i Romani come Marco, Gaio, Lucio e così via.
Essendo la Dea protettrice e fautrice della fertilità, le romane invocavano così i nomi più comuni degli auspicati figli maschi, perchè le femmine erano meno gradite.
Chiamandoli li spronavano a manifestarsi nel grembo delle donne. Ricordiamo che le romane tra l'altro non erano molto prolifiche.
Al rito partecipavano le donne incinte per ringraziare e quelle che desideravano esserlo per ottenere l'esaudimento della maternità.
Naturalmente il rito proveniva da uno molto più arcaico, in cui le donne invocavano nomi a caso per invitare i maschi all'accoppiamento.
All'epoca non c'era il problema della paternità, per cui per gli uomini i figli erano tutti uguali e per le donne idem, perchè le donne accoglievano tutti i figli come figli della Dea Madre. Non c'erano problemi di famiglie di appartenenza le donne non erano solo delle donne che li partorivano, ma erano di tutta la comunità.
Nei novilunii, la sacerdotessa le eseguiva un rito notturno segreto, assolutamente proibito ai profani, il che fa pensare ad antichi riti legati alla Madre Terra, quindi ctonii, un sorta di Sacri Misteri sopravvissuto al patriarcato.
LA CELEBRAZIONE
Durante la festa la gente si radunava nella palude Caprea, nel Campo Marzio, per compiere un sacrificio; uscendo dalla città (il Campo Marzio era fuori dalle mura Serviane) la folla gridava i nomi più comuni presso i Romani come Marco, Gaio, Lucio e così via.
GIUNONE CAPROTINA |
Chiamandoli li spronavano a manifestarsi nel grembo delle donne. Ricordiamo che le romane tra l'altro non erano molto prolifiche.
Al rito partecipavano le donne incinte per ringraziare e quelle che desideravano esserlo per ottenere l'esaudimento della maternità.
Naturalmente il rito proveniva da uno molto più arcaico, in cui le donne invocavano nomi a caso per invitare i maschi all'accoppiamento.
All'epoca non c'era il problema della paternità, per cui per gli uomini i figli erano tutti uguali e per le donne idem, perchè le donne accoglievano tutti i figli come figli della Dea Madre. Non c'erano problemi di famiglie di appartenenza le donne non erano solo delle donne che li partorivano, ma erano di tutta la comunità.
Nei novilunii, la sacerdotessa le eseguiva un rito notturno segreto, assolutamente proibito ai profani, il che fa pensare ad antichi riti legati alla Madre Terra, quindi ctonii, un sorta di Sacri Misteri sopravvissuto al patriarcato.