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AECLANUM (Campania)

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AECLANUM

Presso il Passo di Mirabella, frazione di Mirabella Eclano (in provincia di Avellino), vi sono i resti dell'antica città di Aeclanum, uno dei principali centri della tribù sannita degli Irpini. Il Parco archeologico di Aeclanum (in latino Aeculanum) raccoglie e conserva i resti di questa città sannita.
Il suo nome è riportato con parecchie versioni: Aikolanom, Aeculanum, Aiculanon, Acculanum, Eculianum, Esculanu, Aeclanum o Eclano, e i suoi abitanti vengono chiamati Aeculanensis, Auseculani o Aeclanensi. 



LA STORIA

Sulle tracce della via Appia Traiana, realizzata dai romani per collegare Roma a Brindisi, si percorre un’amena strada di montagna fino al passo di Mirabella Eclano. Qui, al confine tra Campania e Puglia, giacciono i resti di Aeclanum, la fortezza a guardia dell'importante valico, l’ultimo avamposto prima dell’ampia pianura apula.

L ’antica Aeclanum il cui primo impianto può risalire alla fine del III sec. a.c., e venne fondata dalla tribù sannita degli Irpini, poi abitata sino al VII sec. d.c.. Nel IV sec. d.c. Diocleziano, attuando una nuova divisione amministrativa dell’Italia, assegnò la città alla regione apula.

Dall’VIII sec. d.c. il sito viene ricordato con il toponimo di Quintodecimo, attestante la distanza del centro da Benevento di quindici miglia.come scrivono Appiano (Bellum), Tolomeo (Ptolemy) e Plinio (Naturalis Historia),

La più antica menzione di Aeclanum è stata fatta da Tito Livio il quale informa che nel 293 a.c. i romani, dopo di aver espugnato Saepinum, conquistarono Velia, Palombinum e Herculanem.

Al tempo della Guerra Sociale (89 a. c.), come ci informa Appiano, la città aveva solo una cinta di legno, incendiata poi da Silla quando, resosi conto che gli eclanesi aspettavano aiuto dai Lucani, ordinò di accatastare intorno alle mura fascine di sarmenti, bruciate dopo che trascorse il tempo concesso dal dittatore per arrendersi.

Aeclanum infatti fu saccheggiata ed occupata, perché non si era arresa spontaneamente ai Romani ma anche per convincere le altre città irpine ancora insorte a deporre le armi.

Dopo la Guerra Sociale, circa nell'87 a.c., la città divenne municipio con diritto di voto ed iscritta alla tribù Cornelia. Più tardi passerà sotto il diretto dominio dell'imperatore Augusto "ager aeclanensis" entrato nel "patrimonio principis" di sua moglie Livia Drusilla i cui possedimenti si estendevano fino ad Abellinum. 

Ciò è affermato da V.A. Sirago. Amministrativamente Aeclanum da Augusto viene assegnata alla Il Regio detta ufficialmente "Apulia et Calabria". All'epoca dell'imperatore Adriano (120 d.c.), divenne colonia col nome di di "Aelia Augusta Aeclanum".

TERRACOTTE ARCHITETTONICHE
Una seconda immissione di coloni si ebbe sotto Marco Aurelio, per l'intervento del console Lucio Cossonio Eggio Marullo, console della famiglia eclanese degli Eggii. Egli in una iscrizione rinvenuta nel suburbio, è citato come uno dei tresviri addetti alla coniazione delle monete e come pontefice. 

Notevoli sono i resti della città romana: le terme pubbliche, situate su una piccola altura, la piazza del mercato coperto (macellum), alcune abitazioni e botteghe.

Attraverso la porta occidentale entrava la Via Appia, unica via con cui era collegata, proveniente da Benevento, e ne usciva attraverso la porta orientale.

Sono visibili anche i resti delle mura, alte circa 10 metri con almeno tre porte e torri di diversa grandezza. All’età tardo-antica risale la costruzione di una basilica paleocristiana con, al suo esterno, un fonte battesimale con pianta a croce greca e scalini per il rito ad immersione.

La città di Aeclanum, in età romana, si estendeva per 18 ettari, con una cinta muraria di 1820 m in opus reticulatum a prismi di travertino e di pietra arenaria. Secondo i costumi romani infatti ogni città occupata veniva romanizzata con imponenti ricostruzioni e monumenti in materiali pregiati.

Si presume che Aeclanum fosse capitale sannita all'epoca della Guerra Sociale e che la popolazione contò sui quattro-cinquemila abitanti quando assunse il ruolo di colonia ed il suo territorio superò l'estensione di 700 kmq.

Le epigrafi, nel tramandare il nome di alcuni magistrati e cittadini di Aeclanum, ricordano il loro evergetismo, cioè le opere pubbliche da essi realizzate per farsi eleggere o comunque per nobilitare il nome loro e della loro famiglia. Tra queste opere la manutenzione delle vie urbane ed extraurbane, la costruzione o il rifacimento di edifici, e pure i pubblici spettacoli offerti alla cittadinanza.

Nel 369 d.c. un violento sisma colpì Aeclanum con conseguenze disastrose, come si apprende in un'epigrafe. 

In questa Umbonio Mannachio, di rango senatorio, è definito "fabbricatore ex maxima parte etiam civitatis nostrae".

Nel 410 d.c., il passaggio di Alarico e dei Visigoti dalla Campania alla Puglia arrecò altri danni alla città. 

Con l'arrivo dei Longobardi (570 d.c.) ed il passaggio dell'imperatore Costante II di Bisanzio, diretto all'assedio della longobarda Benevento, vennero definitivamente distrutte le ultime tracce della splendida architettura romana. E fu Medioevo.




GLI SCAVI

I primi lavori di scavi iniziarono nel 1900 e rinvennero i resti delle terme, del macellum e anche delle originarie abitazioni in cui vivevano gli irpini. Negli anni 30 emersero negli scavi quattro monumenti oschi: un'epigrafe dedicata a Mamers (Marte), un'ara di tufo dedicata alla Dea Mefite di un santuario della Via Appia, e un'epigrafe su una costruzione ordinata da Magio Falcio ed una sul Dio Fauno.

Mamers o Marte era la divinità protettrice dei Sanniti, popolo infatti molto bellicoso. La Dea Mefite era la Grande Madre dei Sanniti e un po' di tutta l'Italia centrale dell'epoca. In quanto al Dio Fauno era il consorte della Dea Fauna, un tempo Signora delle belve, o Potnia Theron, 

Tra il 1970 e il 1980, poi, altri scavi hanno portato alla luce un’antica domus romana che gli abitanti della fortificazione utilizzavano anche come magazzino, e al cui interno si sono rinvenuti recipienti in terracotta per la cottura a la conservazione dei cibi.

Si sono poi reperiti i resti di una basilica paleocristiana, le cui origini risalgono ai tempi di Giustiniano. Si tratta di una costruzione molto imponente che presenta tre navate, un fonte battesimale e una scalinata..

Aeclanum era interessata a diverse strade: la via Aeclanum - Aequum Tuticum che la collegava alle Puglie, la via Herculia che attraversava la parte orientale della giurisdizione eclanese e la via Aurelia Aeclanensis che procedeva in direzione di Ordona.

Al periodo romano, per lo più imperiale, risalgono la costruzione ed il rifacimento di opere pubbliche come le Terme, il Macellum, il Gimnasium, il Foro, l'Anfiteatro, il Teatro ed il "forum pecuarium" (mercato del bestiame da pascolo).



EDIFICI E MONUMENTI:
  1. Terme dei nobili (con il "Calidarium", il "Tepidarium", ed il "Frigidarium" del II sec. D.C., ancora oggi visibili)
  2. Piazza Mercato detta Macellum
  3. La casa del vetraio
  4. Canali di scolo
  5. Botteghe
  6. Resti di abitazioni private
  7. Una grande Domus (datata al I sec. d.c.)
  8. La Basilica Paleocristiana
  9. Strade Roman
  10. Necropoli Eneolitica di Madonna delle Grazie
  11. Località Passo : Necropoli (II e il III sec. d.c. ma utilizzata fino al IV sec.).
  12. Località Madonna delle Grazie: Tombe della Cultura del Gaudo (III millennio a.c.)
  13. Mura Difensive e Torri adiacenti
  14. Statua di Niobide
Non è stato riportato alla luce l'anfiteatro, che certamente doveva esserci e che lo storico locale Raimondo Guarini cita come una struttura che  "chiamavasi Coliseo" e che comprendeva "varie cave destinate al ricovero delle bestie feroci".

LE TERME

LE MURA

Dopo che Silla ebbe fatto incendiare le mura lignee della città, con l'avvento romano si dovè innanzitutto ricostruire la sua cinta muraria; opera onerosa alla quale presiedè nella sua dignità di “patronus”, contribuendo di molto anche economicamente.

Questo benefattore fu Caio Quinzio Valgo, suocero di P. Sevilius Rullus, tribuno della plebe, uno degli uomini più ricchi del momento, capoparte sillano e proprietario di vasti latifondi in Irpinia, come riporta Cicerone, il quale anche a Pompei aveva voluto elargire in pubbliche munificenze parte delle sue acquisite ricchezze.  

Egli è ricordato da Cicerone nell'orazione contro la sua legge agraria, con la quale mette in evidenza gli sconfinati possedimenti di cui si appropriò presso Cassino ed in Irpinia, approfittando del caos politico durante la guerra tra Mario e Silla, divenendo così il più grande proprietario terriero dei Sillani.

La cinta muraria romana, alta circa 10 metri, fu realizzata in muri a sacco, rivestiti in opus reticulatum composto da prismi di travertino e alcuni di pietra serena, ed abbracciava un’area di circa 18 ettari che si estendeva verso sud, a delimitare un pianoro di forma triangolare. Le mura avevano almeno tre porte fiancheggiate da torri quadrate, e ogni 20 m si ergeva una torre di guardia più piccola.



IL MACELLUM

Il Macellum, mercato all’aperto per carni e pesce, è ora una piazzetta centrale rotonda ed una vasca che sicuramente era una fontana, come usava a Roma per ogni macellum.

IL MACELLIM
Ancora oggi a Roma si usa, nei mercati, una fontanella zampillante, la cosiddetta nasona, utile per innaffiare i prodotti per mantenerli freschi, ma soprattutto per ripulire la piazza a mercato concluso. 

Il mercato era naturalmente coperto come usava nelle città romanizzate.  L'opera era in laterizio era ricoperta in pietra locale, travertino bianco e marmi.

Quel che invece non era frequente per i romani è la pianta circolare del mercato, che troviamo solo, oltre che ad Aeclanum, al Alba Fucens in Abruzzo e a Ordona in Puglia. La tholus macelli aeclana è costituita da alcuni pilastri in opus vittatum e la pavimentazione, in pietra locale, è arricchita da inserti di marmo marmo.

Su questa piazza si ergeva, ancora oggi visibile, un edificio a mura quadrate con una costruzione centrale a pianta circolare, ubicata a nord del supposto foro, sicuramente circondata da un porticato dove si aprivano numerose tabernae (botteghe). 

La particolarità è che il mercato consiste in un cerchio iscritto in un quadrato dove il quadrato è il porticato e le tabernae erano a spicchi dentro il cerchio, delle taberne disposte a raggiera con pianta a trapezio e pareti davanti e dietro ricurve, ai due lati invece oblique.

Ogni lato del quadrato porticato doveva misurare 27 m e il cortile quasi 20 m di diametro. Purtroppo gli scavi, eseguiti nel 1956-7 portarono alla luce solo il cortile e due locali delle tabernae a sud. Il resto è ancora sepolto.

LE TERME

LE TERME

Su una piccola altura, a nord-ovest, si estendeva un bel complesso termale, le cui strutture sono ancora ben conservate per un’altezza notevole, in alcuni casi fino all’attaccatura delle volte. 

All’interno del complesso, al momento degli scavi, furono rinvenute statue e decorazioni marmoree, nonchè vasche coperte a mosaico, che attestano la magnificenza raggiunta dal centro irpino, soprattutto in epoca imperiale, nel corso del II sec. d.c.
Nell'area delle Terme fu rinvenuta una pregiata statua marmorea raffigurante Niobide ed oggi collocata in una sala del Museo Irpino di Avellino, ove sono esposti numerosi reperti provenienti da Aeclanum. In un'altra occasione fu raccolta un frammento di statua di Arpocrate, datata al II secolo d.c. e che rappresenta il Dio fanciullo con il corno dell'abbondanza.

Esse sono in opus mixtum, mattoni e pietra locale, con travertino a vista in opus reticulatum. Ne sono ancora visibili parti del tepidarium, del calidarium e del frigidarium.

LA DOMUS DEI VETRI

DOMUS DI TIPO POMPEIANO

Vicino a una strada basolata è visibile un’abitazione di tipo pompeiano con peristilio sostenuto da colonne in laterizio, originariamente coperte di stucco. 
Alla stessa abitazione appartenevano anche altri ambienti, con funzione di rappresentanza. 

In una fase successiva l’abitazione sembra cambiare destinazione d’uso, in particolare nel peristilio, che ha oramai perso la funzione di centro della casa per ospitare pozzi e apprestamenti per produzione artigianale. 

Il rinvenimento durante le fasi di scavo di una grande quantità di scorie di vetro ha fatto supporre che si trattasse di un’officina di vetraio.

FONTE BATTESIMALE DELLA BASILICA

BASILICA PALEOCRISTIANA

Era una grande composizione a tre navate, con pavimenti a mosaico e, al suo esterno, un fonte battesimale con pianta a croce greca e scalini per il rito del battesimo ad immersione.



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