« Nei sotterranei l’atmosfera è magnetica, l’emozione è grande. I colori, luminosi, avvolgono il visitatore con caldi toni rossi, bruni e violacei, con chiare pennellate gialle, ocra, arancione e vibranti tocchi azzurri, verdi e grigi: le scene dipinte, oltre un centinaio, rimbalzano da una parete all’altra creando un caleidoscopio variopinto e variegato… A ragion veduta viene definita dagli studiosi la “pinacoteca del IV secolo”… »
(L. De Santis, op. cit., p. 281)
L'ipogeo detto "di via Dino Compagni" fu scoperto nel 1955 nel corso di lavori edili. Il complesso, databile alla metà del IV sec. d.c., si sviluppa su tre gallerie fino a 16 m. sotto il livello stradale. Vi sono stati rinvenuti cubicoli poligonali dai quali si accede a nicchie e camere decorate con stucchi e affreschi, ispirati al Vecchio e Nuovo Testamento nonché alla mitologia classica, che rappresentano la più importante testimonianza di pittura tardo-romana.
Il quartiere Appio Latino visse il suo periodo di massima urbanizzazione dalla metà degli anni '30 fino all'inizio degli anni '60 quando, i nuovi piani regolatori, realizzati in modo quasi folle, non tennero conto che questa zona, in antichità fuori dalla cinta muraria ed attraversata da diverse vie consolari, era notevolmente ricca di ambienti cimiteriali ipogei.
E' facile quindi immaginare quanti di questi, venuti alla luce durante i lavori di costruzione dei moderni edifici, furono occultati o distrutti.
Quest'ipogeo, di cui le fonti antiche tacciono totalmente, fu scoperto per caso nel 1954, mentre si stavano realizzando le fondazioni di alcuni edifici residenziali, il terreno crollò e venne alla luce questa struttura sotterranea, ma i lavori andarono avanti.
PLANIMETRIA DELL'IPOGEO |
Il fatto è che questa Commissione, con i Patti Lateranensi del 1929, acquisì competenza anche sulle catacombe presenti nel territorio di tutto lo stato italiano. Ma occorre capire di che competenza si tratta, perchè un conto è la competenza in base a cui si possono esprimere pareri, un conto è la competenza che dà poteri sui lavori, lavori ordinati dalla Chiesa ma pagati dallo stato.
Comunque ciò che non poterono le Belle Arti lo potè la Chiesa si che, seguendo le indicazioni del responsabile, l'Ing. Mario Santa Maria, il figlio fece scavare un pozzo di 16 m e, calatosi all'interno, constatò la presenza di un ipogeo e degli ingenti danni provocati dai lavori sovrastanti.
Il crollo di parte degli intonaci, provocato dai pilastri di fondazione che avevano invaso alcuni ambienti, colate di cemento e danni di improvvisati tombaroli che avevano cercato di trafugare le pitture staccatesi dalle pareti.
Nonostante tutto questo, dopo una lunga opera di recupero e restauro, iniziata il 2 novembre 1955 e terminata il 15 giugno 1956, ci si rese conto della bellezza delle sue pitture e delle sue policrome e variegate decorazioni, tanto che molti studiosi dell'arte paleocristiana, l'hanno definita la "pinacoteca del IV secolo".
L'ipogeo venne scavato per ospitare sempre più tombe di famiglie imparentate tra loro, i cui membri erano sia pagani che cristiani. Trattasi infatti di un immenso cimitero privato, in cui sono presenti circa quattrocento inumazioni, ad una profondità variabile (tra i 13 e i 16 m dalla quota di Via Dino Compagni) ed è formato da due gallerie parallele di 30 m, distanti tra loro circa 18 m, tagliate perpendicolarmente da un corridoio di oltre 40 m.
Sul corridoio si aprivano 14 ampi cubicoli forniti di camere, nicchioni ed arcosoli, ai quali sono collegati ambienti poligonali con camere decorate da stucchi, colonne e modanature.
Le maestranze dell'epoca non si limitarono ad ornare solo i vani principali ma, in un tripudio di colori e una varietà enorme di soggetti, utilizzarono pareti laterali e d'ingresso, colonne, timpani, architravi e zoccolature; ovunque dipinsero ghirlande, fiori, genietti, uccelli, amorini ed animali. Le volte poi, vennero lavorate a cassettoni con mattonelle di varie figure geometriche.
Benché non si conosca la proprietà della tomba, vista la totale assenza di epigrafi, si sa che fu utilizzata per un cinquantennio, fino al 360 d.c., in quattro fasi successive, da famiglie strettamente imparentate tra loro, il che spiegherebbe come tutto il monumento risponda comunque a criteri di unitarietà.
Il cimitero accoglie le tumulazioni di cristiani e di pagani, con una straordinaria eterogeneità delle raffigurazioni pittoriche riguardanti sia miti cristiani che pagani. Non si comprende infatti come mai sia intervenuta la chiesa non trattandosi di catacomba cristiana.
LA DEA TERRA (TELLUS) |
Nonostante tutto questo, dopo una lunga opera di recupero e restauro, iniziata il 2 novembre 1955 e terminata il 15 giugno 1956, ci si rese conto della bellezza delle sue pitture e delle sue policrome e variegate decorazioni, tanto che molti studiosi dell'arte paleocristiana, l'hanno definita la "pinacoteca del IV secolo".
L'ipogeo venne scavato per ospitare sempre più tombe di famiglie imparentate tra loro, i cui membri erano sia pagani che cristiani. Trattasi infatti di un immenso cimitero privato, in cui sono presenti circa quattrocento inumazioni, ad una profondità variabile (tra i 13 e i 16 m dalla quota di Via Dino Compagni) ed è formato da due gallerie parallele di 30 m, distanti tra loro circa 18 m, tagliate perpendicolarmente da un corridoio di oltre 40 m.
Sul corridoio si aprivano 14 ampi cubicoli forniti di camere, nicchioni ed arcosoli, ai quali sono collegati ambienti poligonali con camere decorate da stucchi, colonne e modanature.
Le maestranze dell'epoca non si limitarono ad ornare solo i vani principali ma, in un tripudio di colori e una varietà enorme di soggetti, utilizzarono pareti laterali e d'ingresso, colonne, timpani, architravi e zoccolature; ovunque dipinsero ghirlande, fiori, genietti, uccelli, amorini ed animali. Le volte poi, vennero lavorate a cassettoni con mattonelle di varie figure geometriche.
ERCOLE E CACO |
Il cimitero accoglie le tumulazioni di cristiani e di pagani, con una straordinaria eterogeneità delle raffigurazioni pittoriche riguardanti sia miti cristiani che pagani. Non si comprende infatti come mai sia intervenuta la chiesa non trattandosi di catacomba cristiana.
Ma non finisce qui perchè intervenne poi la Società Internazionale delle Catacombe, fondata nel 1980 da Estelle Shohen Brettman (1925-1991), dedicata alla conservazione e alla documentazione delle catacombe ebraiche e di altre rare testimonianze di storia che illustrano le comuni influenze sull'iconografia ebraica, cristiana e politeista e pratiche funerarie nel tempo dell'Impero Romano.
L'antico ingresso è oggi ostruito da una costruzione recente; il che rende la misura di quanto in Italia vengano rispettate le opere d'arte. Un qualsiasi imprenditore può accaparrarsi, non si sa come, il diritto di costruire sopra beni archeologici di due millenni fa.
RITI DELLA TERRA |
Poco più avanti, tramite scale, si accede a un vestibolo su cui si aprono altri due cubicoli. Uno di questi, il primo a essere visitato al momento della scoperta, oggi definito della Tellus, la Dea simbolo della terra, in origine fu grossolanamente interpretato come la morte di Cleopatra.
Questo perché nell'arcosolio di fondo è rappresentata una figura femminile, distesa su un campo di grano e papaveri con un serpente attorcigliato al braccio sinistro. Giustamente il serpente fu da sempre e universalmente il simbolo della Madre Terra.
SANSONE LOTTA CON I LEONI |
Più avanti si dipartono altre due gallerie, una con loculi, l'altra con scale che conducono a un pozzo. Nell'ultima fase costruttiva fu realizzato un ambulacro in direzione ovest che conduce a un vestibolo a pianta esagonale con colonne angolari e volta a vela.
Su questo vestibolo si aprono due ambienti, uno a pianta esagonale ed uno a pianta quadrata, e due arcosoli. La galleria prosegue fino all'ultimo ambiente: un cubicolo quadrato con volta a botte e nicchie laterali, separato dagli ambienti precedenti da una transenna di marmo.
Quest'ultima tomba si differenzia dalle altre per la presenza preponderante di marmi, per la solarità delle rappresentazioni, con serti di fiori e spighe e per la presenza in larga parte d'immagini femminili, tra cui spicca, nel sottoarco dell'arcosolio, quello di una giovinetta, forse la defunta, dai grandi occhi scuri ed i capelli raccolti dietro la nuca.
Il sito ipogeo di via Dino Compagni è sotto la custodia della Pontificia Commissione di Archeologia
per cui solitamente è chiuso al pubblico. Eccezionalmente è concessa l’apertura su richiesta che prevede la presenza di un loro custode e di un loro archeologo che si occuperà dell’esposizione del sito. All’interno dell’area non è consentito fare fotografie o riprese video, sarà necessario munirsi di una torcia e indossare scarpe comode, se necessario vestirsi a strati.