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CULTO DELLA NINFA EGERIA

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EGERIA DETTA LE LEGGI A NUMA POMPILIO

NUMA POMPILIO

Narra la leggenda che Numa Pompilio sia stato partorito nel tempio di Cerere, il che faceva presupporre una nascita molto particolare. Ma nel tempio di Cerere si partoriva? Non penso, allora fu un caso, per cui la madre di Numa al termine della gravidanza girava con beata incoscienza finchè le colsero le doglie non la colsero proprio dentro il tempio. Ma a posteriori si sa che tutti i grandi uomini ebbero eventi particolari alla loro nascita.

Comunque gli instaurò per ispirazione della Ninfa Egeria il culto di Tacita, Dea del silenzio, equiparata ad Iside, colei che richiede il silenzio nei Sacri Misteri. Una Dea che non era stata azzittita in quanto femmina, come qualcuno ha arditamente interpretato, ma che raccomandava ai seguaci di non svelare i suoi Sacri Misteri.

IGEA - EGERIA
(Copia Romana di statua Greca)
Inoltre Tacita era collegata alla fava e al culto dei morti, il che ne sottolinea l'aspetto misterico. In quanto alla ninfa Egeria qualcuno suppone fosse una moglie sacerdotessa di Numa, in carne ed ossa.

Vi era un bosco irrigato nel mezzo da una fonte d'acqua perenne che sgorgava da un'ombrosa grotta. Numa spesso vi si recava senza testimoni per incontrarsi con la Dea, consacrò quel bosco alle Camene a sud est del Celio poiché ivi esse si ritrovavano con Egeria sua sposa". (Tito Livio – Storia di Roma – Newton Compton 1997)

Numa Pompilio pertanto cominciò a stabilire nuove leggi. Si dice, o almeno lui sostenne, che sua ispiratrice fosse la divina ninfa Egeria.

Questo ha sollevato molti dubbi, dicono che Numa era un furbo che rifilava leggi, dichiarandole divine,  per salvarsi dall’ostilità dei patrizi, e che la ninfa non c'entrava per nulla. Ma andiamo a vedere.

Gli incontri tra il re e la ninfa avvenivano nel bosco sacro delle Camene, nel lato sud est del Celio.
Le Camene erano divinità o ninfe legate alle acque, sorgenti o fiumi che fossero. Erano quattro: Egeria, Carmenta, Antevorta e Postvorta. Avevano virtù profetiche e ispiratrici. Nel carattere dunque ci siamo.

Ma Numa è Sabino e proviene da una società matriarcale che ha Dee e geni femminili. Altrimenti perché i romani avrebbero dovuto rapire le sabine anziché chiederle in moglie?

I romani erano pastori e guerrieri, senza stanzialità, vagavano nel Lazio e la fondazione di Roma era recente. Le Sabine non erano disposte a seguire le leggi maschiliste dei romani che avevano una trinità maschile: Giove, Marte e Quirino.

Numa porta il culto da privato a pubblico, il famoso tempio di Giano le cui porte sono chiuse in tempo di pace viene costruito durante il suo regno. Al nuovo ordine sacerdotale dei Flamini è affidato il culto di Giove, Marte e Quirino mentre al nuovo ordine delle Vestali è assegnato il compito di vegliare il fuoco sacro di Vesta.

Rimasto vedovo Numa Pompilio prese a condurre una vita ritirata e tranquilla, ma nella sua vita comparve la ninfa Egeria, sulla cui esistenza, probabilmente qualcuno aveva espresso le sue riserve.
Lo storico Dionigi riporta:
"Egli invitò alcune persone nella sua modesta casa per un pranzo fin troppo frugale, ma li invitò a tornare per cena. L'abbondanza di cibi, frutta, bevande ed ogni altro ben di Dio e la ricchezza degli arredi era tale da far gridare al miracolo... e al miracolo gridarono,infatti, i suoi ospiti e nessuno dubitò più dell'esistenza della misteriosa, divina creatura capace di compierlo."

Viene da pensare: ma non era il re? Come mai c'era penuria di cibo in casa sua? Ed era così straordinario che offrisse poi una cena come si doveva? A meno che non fosse patologicamente avaro, l'aneddoto ha poco senso.

SANTUARIO DI EGERIA

EGERIA

I resti del santuario mostrano una grande stanza rettangolare, con una nicchia centrale e sei laterali, risalente al II sec. d.c. decorato di marmi verdi. All'esterno l'acqua scorreva in una grande piscina rettangolare, circondata da un portico oggi interrato. Era il 'Lacus Salutaris' anticamente citato a sinistra della via Appia Antica. Superato il quadriportico l'acqua formava un altro grande bacino ottagonale ed infine si gettava nel fiume.

Un santuario di tutto rispetto dunque, dedicato alla Dea della Salute, con una sorgente miracolosa dove come a Lourdes si bagnavano i fedeli. Purtroppo questo particolarissimo bene archeologico non viene dissotterrato nè restaurato, come tanti beni antichi è abbandonato all'incuria.

Egeria, chiamata anche Camena perché cantava vaticinando, era  una Ninfa di Sorgente che da lei prendeva il nome e Valle delle Camene era chiamata la valle in cui scorreva il fiume sacro, l'Almone. 

La Ninfa viveva in una grotta segreta e nascosta in un boschetto ai piedi del Celio e i suoi convegni notturni con Numa Pompilio avvenivano proprio alla sorgente di quel fiume. Oggi si pensa che Egeria fosse un'amante segreta del Re di cui egli fosse veramente preso, e Dionigi racconta:

"... fu indotto dall'onore, di cui fu ritenuto degno, di sposare una Dea. Costei si concesse a lui e l'amò e Numa, uomo felice, vivendo con lei comunicava con gli Dei."

La leggenda narra che alla morte di Numa, Egeria si disperò così tanto da indurre la Dea Diana a trasformarla in una fonte, nel bosco di Aricia, sui Monti Albani, dove la ninfa si rifugiava per piangere il suo dolore. Viene da pensare come potesse la bella e sempre giovane ninfa amare così tanto un re che morì a 81 anni, e che quindi potesse esserle non padre ma nonno.

SANTUARIO DI EGERIA
Un altro  mistero fu che il corpo del re non fu bruciato su una pira, secondo l'uso romano, ma fu sepolto in una tomba sul Gianicolo; in un secondo sarcofago vennero depositati 12 libri, scritti di suo pugno, con cui dava istruzioni ai futuri Pontefici. 

Quando, però, nel 181 a.c. nel corso di lavori pubblici affiorò la tomba, il sarcofago che doveva contenerne i resti fu trovato vuoto e i libri contenuti nell'altro sarcofago furono portati in Senato per essere esaminati; il loro contenuto, però, fu ritenuto così pericoloso, da indurre i Senatori a bruciarli.
C'è da supporre che il re, di origine sabina, avesse seguito l'uso sabino e non quello romano. 

La Sabina aveva ancora molte tradizioni matriarcali, per cui i morti venivano riposti nel grembo della Madre Terra, cioè l'inumazione. In quanto ai libri pericolosi viene da pensare che fossero davvero ispirati da culti sabini e che magari Egeria fosse una sacerdotessa sabina che avesse dettato al re una raccolta di riti e di leggi di tipo matriarcale. E' logico allora che quegli scritti non siano piaciuti ai romani che si affrettarono a bruciarli.



Nel Parco Regionale dell'Appia Antica, a Roma, e nella valle della Caffarella, si entra nel Ninfeo di Egeria, una sorta di nicchia, un tempo rivestita di marmo bianco e dalla grande volta ricoperta di mosaici. Dalla Fonte Egeria parte il "sentiero delle acque", che passa tra i resti del Bosco Sacro e del Ninfeo per raggiungere le sorgenti, le Marrane e il Laghetto del Pioppeto.

La Valle della Caffarella era un luogo sacro che aveva un fiume sacro (l'Aimone), e pure un boschetto sacro, un poggio di fronte alla chiesa di S.Urbano, ricoperto di lecci: di cui oggi rimangono solo tre alberi. In realtà il Ninfeo di Egeria venne costruito nel II sec. d.c.. per volere di Erode Attico.

Era costituito da una stanza rettangolare realizzata in Opus Mixtum e rivestita di marmi preziosi: il verde Antico e il Serpentino. La statua nella nicchia centrale rappresentava il Dio Almone coricato e qui sgorgava acqua proveniente da una sorgente situata presso l’Appia Pignatelli.

Il ninfeo faceva parte della villa di Erode Attico precettore dell’imperatore Marco Aurelio. Erode ebbe in dote questo fondo sposando Annia Regilla della famiglia degli Annii, moglie che sembra avesse poi assassinato.

Il pavimento e le pareti del ninfeo erano interamente ricoperte di marmi verdi provenienti dalla Grecia e da mosaici vitrei di vari colori, ed i portici erano adornati da statue dedicate alle divinità del fiume. Nella nicchia principale si conserva oggi la statua priva della testa di una figura maschile in posizione distesa appoggiata su di un gomito.

Tra le varie nicchie e la volta, vi era una fascia decorata con mosaici, mentre l'ambiente centrale era coperto da una volta a botte, sulla quale aderiva uno strato di pietra pomice allo scopo di far attecchire il capelvenere. Dalla nicchia di fondo, dove vi è la statua coricata, e dove tutt'oggi è visibile il segno lasciato da un'altra statua oggi scomparsa, certamente una statua di Egeria,
sgorgava l'acqua della fontana

Essa è captata da una sorgente acidula sotto Via Appia Pignatelli e condotta fin qui da un acquedotto sotterraneo. L'acqua era incanalata in tubature di terracotta e scendendo lungo le pareti formava giochi d'acqua nelle nicchie laterali arricchite a loro volta da altre statue.

Inoltre l'umidità condensando nella volta, creava uno stillicidio che, insieme alla ricca vegetazione che scendeva dall'alto, rendeva l'ambiente fresco e suggestivo con la volta coperta di capelvenere  che lasciava gocciolare l'acqua condensata, per dare l'idea di grotta naturale.

EGERIA

IGEA

Igea o Igeia non era una ninfa ma una Dea, raffigurata come una giovane donna nell’atto di dissetare in una coppa un serpente.

IGEA
Oppure era seduta su un seggio, con la mano sinistra appoggiata ad un’asta, mentre con la mano destra porge una patera ad un serpente che vi si abbevera innalzandosi da un’ara posta davanti alla Dea.

Ora sappiamo che il serpente è da sempre il simbolo della Madre Terra, da cui le sacerdotesse e le donne traevano da sempre le erba atte a guarire le malattie, con i decotti, i cataplasmi, gli infusi e le applicazioni varie.

Dal che si evince che Egeria e Igeia fossero un po' la stessa cosa, tanto più che le Dee guaritrici stavano sempre accanto ad una fonte d'acqua salubre.

E non avviene oggi la stessa cosa, ad esempio a Lourdes? Anche perchè prima di venire scoperta dalla contadinella Bernadette, era in tempi antichissimi un antica fonte sacra con relativo santuario.

Si sa che molte ninfe erano Dee più antiche declassate ed Egeria, in qualità di divinità preromana, poteva esserlo benissimo.

Oltre al serpente la Dea tiene l'"Acqua di vita", come Iside, e come tutte le Dee femminili che si prendevano cura dell'anima e del corpo dei malati.

Per quella unione tra corpo e spirito per cui Ippocrate fece fare il fatale giuramento che ancora oggi pronunciano i medici, pur interessandosi molto ai corpi e niente alle anime.


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