Sono stati effettuati scavi in relazione ai lavori di ammodernamento e ristrutturazione dell'Ospedale Militare. I saggi hanno messo in luce parte di un quartiere organizzato in isolati con caseggiati di affitto con la fronte a tabernae impiantati nella seconda metà del 1° sec. d.c.
Uno di questi isolati risulta interamente occupato da una grande cisterna costituita da una serie di ambienti disposti su più piani e divisi da pilastri.
Un altro isolato è occupato dalla basilica Hilariana, sede del collegio dei sacerdoti (dendrofori) addetti al culto di Cibele e Attis.
Il complesso già individuato in piccola parte nel 1889, venne scavato per una porzione molto più ampia nel 1987-89.
I lavori più sostanziosi avvennero però nel 1997, per le indagini preliminari ai lavori di ristrutturazione dell’Ospedale militare. Fino ad oggi è sta scoperta un'area di 30 m X 35.
SCAVI DI PIAZZA CELIMONTANA
Nello scavo di Piazza Celimontana, condotto dalla Soprintendenza e durato dal 1984 al 1993, gli edifici romani che si evidenziano sono le insule a schiera affacciate con un portico sul vicus Capitis Africae, le cui fondazioni vennero individuate sotto una delle due case popolari di età umbertina demolite nel 1970. Le insulae risalgono ad età flavia e sono state ristrutturate forse fino al IV secolo.
L' Insula 1 presenta chiaramente l'attività sia di spoliazione che di distruzione iniziate in pieno V secolo, non solo asportando i mosaici ma pure la preparazione sottostante agli stessi.
In uno degli strati era incorporata una seconda tomba infantile entro coppi. Queste sepolture sono
evidentemente in relazione con la continuità d'uso del vicus Capitis Africae.
Queste sepolture sono in relazione con la continuità d'uso del vicus Capitis Africae.
Segue nell'intero sito di Piazza Celimontana, un vuoto impressionante di documentazione stratigrafica che non sarà interrotto se non nel XVII-XVIII.
L'unico elemento che unisce l'epoca romana e l'età medievale e moderna è il percorso stradale del vicus Capitis Africae, che dal '400 diventerà Via della Navicella.
La più antica operazione documentata dall'indagine è la distruzione del basolato romano, non trovato in sito: lo scavo ha raggiunto direttamente, senza incontrarlo, la volta della fogna romana che vi correva sotto. La via venne rifatta, con una carreggiata più ristretta, come una stradina campestre, non molto importante.
Dalle indagini a S. Stefano Rotondo si è tratta la conferma che la crisi colpisce, nel V secolo, le
strutture pubbliche e di servizio sparse sul Celio non meno che le insulae di abitazione intensiva o le
domus aristocratiche.
L'orientamento del vicus fu ben presto comprovato dal rinvenimento di tratti di pavimentazione basolata confermato dal segmento individuato nel corso degli scavi di Piazza Celimontana l'abbandono e
rinterro dei Castra Peregrinorum, cioè della caserma che occupava in precedenza l'area della chiesa.
LA BASILICA
SCAVI DI PIAZZA CELIMONTANA
Nello scavo di Piazza Celimontana, condotto dalla Soprintendenza e durato dal 1984 al 1993, gli edifici romani che si evidenziano sono le insule a schiera affacciate con un portico sul vicus Capitis Africae, le cui fondazioni vennero individuate sotto una delle due case popolari di età umbertina demolite nel 1970. Le insulae risalgono ad età flavia e sono state ristrutturate forse fino al IV secolo.
L' Insula 1 presenta chiaramente l'attività sia di spoliazione che di distruzione iniziate in pieno V secolo, non solo asportando i mosaici ma pure la preparazione sottostante agli stessi.
In uno degli strati era incorporata una seconda tomba infantile entro coppi. Queste sepolture sono
evidentemente in relazione con la continuità d'uso del vicus Capitis Africae.
Queste sepolture sono in relazione con la continuità d'uso del vicus Capitis Africae.
Segue nell'intero sito di Piazza Celimontana, un vuoto impressionante di documentazione stratigrafica che non sarà interrotto se non nel XVII-XVIII.
L'unico elemento che unisce l'epoca romana e l'età medievale e moderna è il percorso stradale del vicus Capitis Africae, che dal '400 diventerà Via della Navicella.
La più antica operazione documentata dall'indagine è la distruzione del basolato romano, non trovato in sito: lo scavo ha raggiunto direttamente, senza incontrarlo, la volta della fogna romana che vi correva sotto. La via venne rifatta, con una carreggiata più ristretta, come una stradina campestre, non molto importante.
Dalle indagini a S. Stefano Rotondo si è tratta la conferma che la crisi colpisce, nel V secolo, le
strutture pubbliche e di servizio sparse sul Celio non meno che le insulae di abitazione intensiva o le
domus aristocratiche.
L'orientamento del vicus fu ben presto comprovato dal rinvenimento di tratti di pavimentazione basolata confermato dal segmento individuato nel corso degli scavi di Piazza Celimontana l'abbandono e
rinterro dei Castra Peregrinorum, cioè della caserma che occupava in precedenza l'area della chiesa.
SCALINATA CHE CONDUCE AL DOLMEN - VILLA CELIMONTANA |
LA BASILICA
La basilica, risalente all’età antonina, nella metà del II sec. d.c., è il luogo di culto di Cibele e Attis e sede della congregazione religiosa dei dendrofori, addetta al culto del Dio, insomma un tempio con monastero.
Era formata da un cortile centrale porticato preceduto da un vestibolo.
Dalla strada, che correva ad un livello più alto rispetto al piano della basilica, si scendeva per una breve scala nel vestibolo pavimentato con un mosaico figurato, ora conservato nell’Antiquarium Comunale.
Era formata da un cortile centrale porticato preceduto da un vestibolo.
Dalla strada, che correva ad un livello più alto rispetto al piano della basilica, si scendeva per una breve scala nel vestibolo pavimentato con un mosaico figurato, ora conservato nell’Antiquarium Comunale.
PLANIMETRIA DELLA BASILICA |
Sembra che la statua sia stata una donazione dei sacerdoti di Cibele per ringraziare del tempio.
La forma originaria era quella caratteristica dei templi collegiali, simili a quelli rinvenuti ad Ostia, è costituita da un cortile centrale, attorno al quale si disponevano i vani di servizio per le stanza e i servizi della congregazione.
Era parzialmente interrata: dodici gradini profilati in marmo portavano ad un vestibolo con mosaici in bianco e nero, raffiguranti un occhio colpito da una lancia e un anello di uccelli e animali intorno, probabilmente una difesa religioso-magica del luogo.
Una soglia raffigurante l'impronta di due piedi, uno entrante l'altro uscente, portava ad una stanza con un bacino e la base di una statua dedicata ad Ilario.
Nell’invaso, di forma quadrata, posto all’inizio del cortile era forse collocato il pino sacro a Cibele, non si sa se vero o simbolico, ma con tutta probabilità vero ma cimato e invasato affinchè non superasse una certa dimensione, che una volta all’anno veniva portato in processione dai dendrofori in onore della divinità.
La Basilica era suddivisa in più navate da pilastri, aveva un piano superiore, non conservato.
Il complesso venne estesamente ristrutturato nel III sec. d.c., allorché lo spazio del cortile, a mosaico geometrico bianco-nero, fu ristretto a vantaggio degli ambienti che lo fiancheggiavano.
Già a partire dal IV secolo, quando il monumento era forse ancora sede dei dendrofori, alcuni dei vani di servizio furono occupati da impianti per attività produttive.
RESTI DELLA BASILICA - VILLA CELIMONTANA |
Molte delle strutture di epoca classica vennero distrutte (Piazza Celimontana, S. Stefano Rotondo, Ospedale Militare) o cessarono di essere utilizzate per le finalità originarie, sopravvivendo magari in parte, ma in forme degradate (Ospedale Militare).
L’abbandono definitivo avvenne nel VI secolo, forse in seguito al terremoto del 618.
Il VI secolo segna poi la fine dell'urbanizzazione, anche a causa dei tragici effetti delle guerre gotiche.
Da notare però che al momento della colmata le strutture dei castra erano state spogliate
da ogni decorazione, ma non erano crollate, ne tanto meno erano state bruciate, il che escluderebbe come causa il sacco di Alarico.
A parziale rioccupazione del sito dei castra accenna il Ceschi individuandola nei livelli sottostanti il pavimento della chiesa. Le rozze strutture in questione, occuparono solo il settore Sud-Ovest della futura chiesa; realizzate in tufelli e blocchetti di conglomerato. Queste strutture vennero poi distrutte con la fondazione della basilica nel 468-483.
Rispetto al sito dell'Ospedale Militare, sono in corso ininterrottamente dal 1987 indagini che precedono e accompagnano i lavori di ristrutturazione edilizia del nosocomio di età umbertina. I dati di scavo delineano un quadro di decadenza rapida dell'area, fino al IV sec. molto urbanizzata.
Il VI secolo segna poi la fine dell'urbanizzazione, anche a causa dei tragici effetti delle guerre gotiche.
Da notare però che al momento della colmata le strutture dei castra erano state spogliate
da ogni decorazione, ma non erano crollate, ne tanto meno erano state bruciate, il che escluderebbe come causa il sacco di Alarico.
A parziale rioccupazione del sito dei castra accenna il Ceschi individuandola nei livelli sottostanti il pavimento della chiesa. Le rozze strutture in questione, occuparono solo il settore Sud-Ovest della futura chiesa; realizzate in tufelli e blocchetti di conglomerato. Queste strutture vennero poi distrutte con la fondazione della basilica nel 468-483.
Rispetto al sito dell'Ospedale Militare, sono in corso ininterrottamente dal 1987 indagini che precedono e accompagnano i lavori di ristrutturazione edilizia del nosocomio di età umbertina. I dati di scavo delineano un quadro di decadenza rapida dell'area, fino al IV sec. molto urbanizzata.
Molti di questi appaiono già del tutto fuori uso e interrati nel corso del V secolo, o al massimo a partire dalla seconda metà o dalla fine di questo.
E’il caso dell'edificio commerciale nel settore Nord-Est, dell'edificio con cisterne della fullonica e della grande domus nel settore centrale dell'Ospedale. Alcune strutture subiscono un mutamento d'uso ma con riduzione degli spazi e un netto degrado delle modalità di occupazione.
La crisi definitiva della zona dell'Ospedale Militare avverrebbe verso il VI secolo — rispetto al settore del Caput Africae, deserto forse già nel V.
RIADATTAMENTO DELLA BASILICA
In questo settore la Basilica Hilariana, santuario di Cibele e Attis e sede collegiale dei dendrophori, sopravvisse almeno fino al IV sec., forse anche grazie alla protezione accordata al culto dalle famiglie dell'aristocrazia pagana che sappiamo insediate nella zona, prima fra tutte quella dei Simmaci.
ALTRI RESTI |
Non lontana dalla Basilica Hilariana è la Domus di Gaudentius, di medie dimensioni ma riccamente ornata, sorta dalla fusione di due insulae e della via che le divideva, e aveva poi subito interventi nel III e nel IV secolo. L'edificio non è più utilizzato come residenza di lusso a partire dalla metà circa del V secolo; non c'è distruzione violenta, ma la quasi totalità dei vani della parte signorile sono interrati; i quartieri servili continuano invece ad essere abitati.
Nel VI secolo oltre ai monumenti sopra citati e già in disuso, ambedue la Basilica Hilariana e la Domus di Gaudentius vengono abbandonate e interrate. Il successivo crollo delle strutture avvenne forse a causa di terremoti.
Alla progressiva destrutturazione dell'abitato nell'area dell'Ospedale Militare si inserì l'uso dell' area come necropoli. Dal momento in cui cessa l'uso della necropoli, i settori interni del quartiere diventano deserti. La via venne ciclicamente rialzata, con interventi di rifacimento passando dal basolato all'acciottolato.
Si può immaginare che la zona ricadesse nell'influenza degli enti ecclesiastici, i soli attivi e in crescita in questa parte del "disabitato".
In questo caso la frequentazione del settore Nord-Est dell'Ospedale potrebbe essere spiegato dalla vicinanza dei SS. Quattro. L'antichissimo monastero dei SS. Quatto sorge su una domus di un ricco aristocratico romano, che vi alloggiava anche un mitreo privato.
Il vicus Capitis Africae confluiva nella “ via Caelìmontana ” e la sua prosecuzione
denominata clivus Scauri, collegava il Laterano con i complessi dei SS. Giovanni e Paolo dei SS.
Andrea e Gregorio. Questo percorso potè essere conservato anche perché coincideva in parte con
quello dell'Acquedotto Claudio-Neroniano, ancora funzionante e a lungo restaurato nel Medioevo.