La Porta Raudusculana si apriva sulle mura serviane, tra due alture dell'Aventino, grosso modo al centro dell'attuale viale Aventino, all'altezza dell'incrocio con via San Saba. Essa è conosciuta da fonti testuali, in particolare il catalogo delle porte di Roma di Varrone (Raudusculana quod aerata fuit. Ling. 5.163: Rauduscula - Dictaque Rauduscula; Festus: Rodusculana porta appellata, quod rudis et inpolita sit relicta, vel quia, raudo, id est aere, fuerit vincta).
In vari modi, queste fonti derivano il nome del cancello da raudus, 'rame o bronzo' (con Paulus, in Festus 339, alternativamente da rudis, 'non liscio'). Questo si spiega o come porta bronzea (ne parla Varrone) oppure come maschera di bronzo scolpita o affissa sulla porta stessa, secondo un episodio riportato da Valerio Massimo.
Poiché la base Capitolina (CIL VI 975 = ILS 6073, AD 136) situa il quartiere di vicus portae R(a)udusculanae in Regio XII e, inoltre, il catalogo di Varrone situa la porta tra la Porta Naevia e la Porta Lavernalis, esiste un accordo generale (ad esempio, Lanciani, FUR 41, Richardson, Coarelli) che la Porta Rauduscula segnasse l'intersezione delle Mura Serviane con una via repubblicana che avrebbe probabilmente seguito la depressione centrale dell'Aventino ( Sv. Aventino: Via).
La Base Capitolina, o Base dei Vicomagistri, è il basamento marmoreo di una statua dedicata all'imperatore Adriano dai vicomagistri nel 136 d.c. di fondamentale importanza per la ricostruzione della topografia dell'antica Roma, in quanto su di esso è riportato l'elenco dei vicomagistri dedicanti, suddivisi ciascuno per il vicus di competenza.
Rinvenuta sul Campidoglio nel XV secolo, è conservata presso i Musei capitolini.
Sicuramente la porta era stata rivestita in bronzo per renderla corazzata, tanto è vero che il tratto di mura serviane dalla porta alle sponde del Tevere sembra essere tra i più robusti dell'intera cinta muraria.Rinvenuta sul Campidoglio nel XV secolo, è conservata presso i Musei capitolini.
I pochi resti, peraltro ben conservati, comprendono anche, tuttora visibile, un'arcata, aperta ad una certa altezza, che riguardava una postazione per un'arma da lancio, catapulta o balista. Queste piazzole erano rare lungo gli 11 km delle mura serviane, sia perché ne è stata ritrovata solo un'altra, nei pressi della porta Sanqualis, sia perché non ve n'è alcuna traccia nei testi e nelle testimonianze d'epoca.
LA LEGGENDA
C'è anche un episodio leggendario che riguarda la Porta Raudusculana e che si rifa alla gens Genucia, una delle più importanti e illustri famiglie plebee dell'Aventino (un ramo dei quali aveva anche il "cognomen" Aventiniensis), i cui rappresentanti hanno anche ricoperto importanti cariche pubbliche almeno fino all'epoca delle guerre puniche, dopodichè erano scomparsi dagli annali.
VIA SANT'ANSELMO |
In seguito furono governati dagli imperatori che però erano eletti dal senato e riconfermati ogni anno, quindi un minimo di democrazia restava. Pertanto chiunque volesse farsi acclamare re veniva odiato e punito con la morte. Da qui il racconto che segue.
Si narra così che ad un certo Genucio Cipo, pretore, appena varcata la porta per uscire dalla città, capitò uno di quei prodigi preconizzatori di grandi eventi: gli spuntarono un paio di corna sulla fronte. Oggi diamo alle corna ben altro significato, ma un tempo le corna le portavano gli Dei o i re.
Un augure che era con lui gli predisse che, non appena fosse rientrato in città, ne sarebbe divenuto re, allora Genucio, convinto sostenitore della repubblica, non rientrò in città e si esiliò per la vita. Per questa fedeltà nei confronti del popolo e dello Stato gli venne dedicata un'effigie bronzea sulla porta dell'Urbe, che si chiamò Raudusculana (bronzea) per questa ragione. (Ov. Met. 15, 616-621 Val. Mass. 5,6,3).
Inoltre, poiché la gens Genucia era una famiglia molto antica, la cui notorietà ed importanza era già notevole nei primi tempi repubblicani, il suo legame con la porta fa ritenere che anche quest'ultima fosse piuttosto antica, edificata dunque insieme alla cinta serviana nel 378 a.c.
Un augure che era con lui gli predisse che, non appena fosse rientrato in città, ne sarebbe divenuto re, allora Genucio, convinto sostenitore della repubblica, non rientrò in città e si esiliò per la vita. Per questa fedeltà nei confronti del popolo e dello Stato gli venne dedicata un'effigie bronzea sulla porta dell'Urbe, che si chiamò Raudusculana (bronzea) per questa ragione. (Ov. Met. 15, 616-621 Val. Mass. 5,6,3).
Inoltre, poiché la gens Genucia era una famiglia molto antica, la cui notorietà ed importanza era già notevole nei primi tempi repubblicani, il suo legame con la porta fa ritenere che anche quest'ultima fosse piuttosto antica, edificata dunque insieme alla cinta serviana nel 378 a.c.
VICUS PORTAE RAUDUSCULANAE
L'esistenza di un vicus portae R(a)udusculanae in Regio XII (CIL VI.975) è la prova della locazione di questa porta sulla parte orientale dell'Aventino.
Il vicus è generalmente considerato una continuazione del Vicus Piscinae Publicae (qv), e se così, la porta era nella depressione tra le due parti della collina, all'incrocio del moderno Viale Aventino e della Via di Porta S Paolo (Jord I.1.234, HJ 184, Gilb, II.295-206, 308-309, Merlin 120, 129, BC 1891, 211 n.).
Il vicus è generalmente considerato una continuazione del Vicus Piscinae Publicae (qv), e se così, la porta era nella depressione tra le due parti della collina, all'incrocio del moderno Viale Aventino e della Via di Porta S Paolo (Jord I.1.234, HJ 184, Gilb, II.295-206, 308-309, Merlin 120, 129, BC 1891, 211 n.).
Oggi la maggior parte degli studiosi la riconosce nella porta, di cui resta solo la parte superiore, che si apre sulle mura serviane tra Piazza Albania e Via S. Anselmo, dove è stata posta l'epigrafe che rammenta appunto la Porta Raudusculana.