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ANTINOO

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DA «Memorie di Adriano» di Marguerite Yourcenar:

"Il mio pastorello diventava un giovane principe. Non era più il fanciullo zelante che, alle soste, si gettava da cavallo per offrirmi l'acqua delle sorgenti attinta nel cavo delle sue palme; ora, il donatore conosceva il valore immenso dei suoi doni. Durante le cacce organizzate nelle terre di Lucio, in Etruria, m'ero divertito a mescolare quel volto perfetto alle fisionomie grevi e aggrottate dei grandi dignitari, ai profili acuti degli Orientali, alle rozze grinte dei cacciatori barbari, a costringere il mio diletto alla parte difficile di amico. 
VIBIA SABINA

A poco a poco, la luce cambiò. Dopo due anni e più, si notavano i segni del tempo, i progressi d'una giovinezza che si forma, s'indora, sale quasi allo zenit; la voce fonda del fanciullo s'abituava a dare ordini a nocchieri e capicaccia; la falcata era più lunga del corridore; le gambe del cavaliere che stringono la cavalcatura con maggiore esperienza; l'alunno, che a Claudiopoli aveva imparato a memoria lunghi versi di Omero, e si appassionava di poesia lasciva e raffinata, ora si estasiava ad alcuni brani di Platone. 

 A Roma, s'erano orditi intrighi intorno alla sua giovane testa, s'erano biecamente adoperati per catturare la sua influenza e sostituirla con un' altra. La capacità di chiudersi in un pensiero unico dotava quel diciottenne d'una certa indifferenza che manca ai più saggi: aveva saputo sdegnare tutte quelle trame, o ignorarle. Ma la sua bella bocca aveva assunto una piega amara che non sfuggì agli scultori. Offro qui ai moralisti un'occasione facile per trionfare su di me. I miei censori cercano di scoprire, all'origine della mia sventura, le conseguenze d'un traviamento, il risultato d'un eccesso. Mi è difficile contraddirli non riuscendo a scorgere in che cosa mi sia traviato, in che cosa io abbia ecceduto. 

Mi sforzo di ridurre il mio delitto, se tale si può chiamare, a proporzioni esatte; mi dico che il suicidio non è poi così raro, che è un fatto abbastanza comune morire a vent'anni. La morte di Antinoo è un problema, oltreché una sciagura, per me solo. Può darsi che questa sciagura sia stata inseparabile da un eccesso di gioia, da un sovrappiù d'esperienza, di cui non avrei consentito a privarmi, né a privare il mio compagno di pericolo. I miei rimorsi, a poco a poco, sono divenuti anch'essi un aspetto amaro di possesso, un modo per assicurarmi d'esser stato sino alla fine lo sventurato padrone del suo destino. 

Ma non ignoro che bisogna fare i conti con le iniziative personali di quell'estraneo affascinante che resta, malgrado tutto, ogni essere amato. Se m'assumo tutta la colpa, riduco quella giovane figura alle proporzioni d'una statuetta di cera che io avrei modellata, e poi infranta con le mie mani. Non ho il diritto di avvilire quel raro capolavoro che fu la sua fine; devo lasciare a quel fanciullo il merito della propria morte."

ANTINOO E ADRIANO
Antinoo, il bellissimo giovinetto originario della Bitinia e fortemente amato da Adriano, che secondo Dione Cassio sarebbe morto gettandosi volontariamente nelle acque del Nilo, forse per prolungare la vita all’Imperatore, seguendo il consiglio di una profezia. Secondo altri venne ucciso ma il risultato fu comunque che Adriano pianse e si disperò e lo divinizzò, e lo consegnò ai posteri dedicandogli città, templi, un'infinità di statue in ogni angolo del suo impero. Così tante che i cristiani non ce la fecero a distruggerle tutte.

Il bell'Antinoo, uno schiavo di appena 13 anni venne notato dall'imperatore Adriano nell’ottobre del 123 d.c. e ne fece immediatamente il suo amante, portandoselo appresso in tutti i suoi viaggi nel vasto impero. Era bellissimo, simile a una divinità greca, con i capelli ricci, leggermente imbronciato come una bellezza che non si concede facilmente, in molle atteggiamento sensuale come tutte le bellissime statue greche.

Tale usanza, che oggi ci fa rabbrividire, nell'etica romana era ammessa, anche se non così frequente come in Grecia. Il marito romano infatti poteva avere un'amante o più amanti, efebi o femmine che fossero, ma cercando di non far soffrire la moglie, se possibile nascondendole i tradimenti, e trattando con generosità e rispetto la sua sposa. Così fece Cesare che non ripudiò la moglie per l'amante Cleopatra, e così fece Adriano con Antinoo e i suoi altri amanti, pur onorando fortemente e pubblicamente la moglie Vibia, da cui non si separò mai, portandola in tutti i suoi viaggi attraverso l'impero.

Tra i romani non disdiceva avere l'amate maschio adolescente, mai adulto, il romano doveva essere colui che penetrava e che mai era penetrato. Cesare infatti, che non amava gli adolescenti, ma le donne e gli uomini adulti, fu molto criticato per il suo presumibile rapporto passivo ma, da quel grande che era, Cesare non se ne preoccupò.

Adriano ebbe buon gioco sul giovane Antinoo, che tradiva abbondantemente con i numerosi amanti che si portava appresso, per questo si pensò, e si pensa tutt'ora, che Antinoo alla fine si sia suicidato per porre fine alle sue sofferenze amorose. Comunque Adriano ne soffrì grandemente, mostrandogli più amore in morte di quanto gliene abbia dimostrato in vita.

ANTINOEION (TIVOLI)

LA MORTE DI ANTINOO

Adriano per onorare l'amato trasformò il villaggio di Besa in una città chiamata Antinoopoli, organizzò dei giochi in suo onore, diede il suo nome ad una costellazione, fece scolpire innumerevoli statue e busti, e coniare monete con l’effige del giovane. Inoltre dichiarò festa pubblica il 27 del mese di novembre, giorno della nascita di Antinoo. Si dice che Adriano fosse talmente ossessionato dall’immagine di Antinoo che nella sua Villa di Tivoli si circondò di decine di sue statue e busti, un'attenzione che i contemporanei giudicarono eccessiva da parte di un uomo, soprattutto di un imperatore, insomma una inammissibile debolezza.

Della tomba di Antinoo restano i tre emicicli concentrici di un'esedra su cui dovevano sorgere mura di circa 1.30 m di spessore. probabilmente un tempio, che nel contempo era la tomba di Antinoo, ovvero, l’Antinoeion. Poiché quell’area della Villa non è stata ancora completamente scavata, è possibile che il corpo di Antinoo riposi proprio là.

RICOSTRUZIONE DELL'ANTINOEION


L'OBELISCO

Sull’obelisco che ora si trova sul Pincio, a Roma, una serie di geroglifici narrano la storia di Antinoo e la sua morte. Nel 1896 si è riusciti ad identificare questa frase “O Antinoo! Il dio che è là (l’Aldilà) che riposa in questo sepolcro, che è all’interno della tenuta agreste del Signore del potere di Roma, egli è conosciuto più di un dio nei luoghi di culto”. Sul lato sud si chiede che Antinoo venga assimilato con Osiris, equiparato ad Amon-Ra per la salvezza futura di Adriano.

Sul lato nord si narra che una città di nome Antinopolis è stata fondata come un luogo di culto e giochi dedicati al nuovo dio sul luogo esatto dove Antinoo annegò. Il lato est infine contiene un elogio di Antinoo-Osiride con la richiesta rivolta a Thot, per ottenere la salvezza della sua anima. 



CORRIERE.IT - 4 aprile 2012 ( Fonte )

Statue e busti, rilievi e medaglioni, monete e gemme: sono una cinquantina i pezzi esposti nella mostra dedicata ad Antinoo, il ragazzo amato per sette anni da Adriano e annegato nel Nilo durante un viaggio in Egitto al seguito dell'imperatore. Morte carica di misteri. Tra le ipotesi, la più romantica è quella di Cassio Dione, che suggerisce un sacrificio del giovane per proteggere Adriano, cinquantaquattrenne e ossessionato dall'astrologia, al quale i maghi avevano predetto la morte entro un anno, a meno che un volontario non si fosse immolato al posto suo. Ipotesi ripresa e avvalorata, quattro anni fa, dallo studioso francese Yves Roman nel suo «Adriano» (ed. Salerno).

Cassio Dione riporta anche la leggenda più poetica riguardante il giovane efebo scomparso e raccontata da Adriano ai cortigiani: «Disse di aver visto di persona una stella, quella di Antinoo, nata dalla sua anima». Sono alcune delle pochissime notizie sulla vita di Antinoo. Ma hanno affascinato e commosso intere generazioni di artisti, dal 130 d.c., quando il giovane scomparve nel Nilo e l'imperatore lo fece divinizzare e immortalare in migliaia di ritratti, fino al ventesimo secolo.

 «La figura di Antinoo, nonostante sia storicamente indefinita se non per quanto riguarda il legame con Adriano, è all'origine di una serie iconografica di eccezionale ricchezza e varietà, tanto da aver costituito sia in Antico, sia nelle riprese dell'Antico, un vero e proprio modello ben noto agli archeologi e riconoscibile anche da parte del più vasto pubblico», fa notare Marina Sapelli Ragni, soprintendente archeologica del Lazio, che ha curato la mostra e il catalogo edito da Electa. La testa di Antinoo, infatti, è caratterizzata da alcuni elementi ben definiti, come si può osservare nella cinquantina di ritratti presenti in mostra: mento arrotondato, bocca carnosa, naso largo e dritto, sopracciglia inarcate verso l'esterno, chioma folta e ricciuta. L'immagine dell'eroe giovane, bello e morto anzitempo. Un'immagine tramandata anche dalla memoria popolare.


«A Roma, quando vedono qualcuno dall'aria seria e privo di barba è un console; quando ha una lunga barba è un filosofo; e se è un ragazzo è un Antinoo», scriveva Montesquieu nel suo «Voyage d'Italie», nel 1728. Di lì a poco sarebbe scoppiata nella Città Eterna una specie di febbre di Antinoo che avrebbe contagiato tutta l'Europa. Nel 1735 appare infatti un bassorilievo in marmo raffigurante Antinoo, proveniente da una presunta scoperta durante gli scavi a Villa Adriana.

La scultura finisce nella collezione del cardinale Alessandro Albani, che nel 1755 assume come bibliotecario Johann Joachim Winckelmann. Lo studioso tedesco individua nell'arte greca, conosciuta attraverso le copie romane raccolte dal cardinale, la realizzazione dell'ideale assoluto di bellezza. Ma soprattutto esalta il bassorilievo di Antinoo, giudicandolo, per la sua qualità esecutiva, una delle più straordinarie testimonianze del culmine supremo dell'arte «nell'epoca migliore».

In virtù di questo autorevole giudizio, calchi del Rilievo Albani divennero richiestissimi dall'aristocrazia europea e la domanda di statue originali di Antinoo diventò così insistente che «le sempre più prolifiche campagne di scavo ne restituirono forse troppi esemplari tutti insieme», come suggerisce Nunzio Giustozzi, uno degli studiosi che hanno compilato il catalogo.

Il dubbio su tanti di questi esemplari non è ancora sciolto. Forse per questo i curatori hanno evitato di segnalare accanto alle opere in mostra, la data di appartenenza. Il percorso resta comunque un viaggio nel «fascino della bellezza», come recita il sottotitolo dell'esposizione. I busti di Antinoo raffigurano il giovane bitinio in veste di Apollo, o di Dioniso con tralci di edera tra i capelli, come nel marmo proveniente dal British Museum, o corone di grappoli d'uva, come nel bronzo scolpito nel Cinquecento da Gugliemo Della Porta.

In alcune teste si sovrappone l'immagine di Osiride, come in quella proveniente dalle collezioni Chigi oggi a Dresda, o in quella scolpita da un anonimo verso il 1920 e conservata da Franco Maria Ricci. Addirittura il volto antico di Antinoo viene trasformato in quello di un santo o di un profeta, con l'aggiunta di un'ombra di barba e di baffi, incisi sul marmo probabilmente nel medioevo, come è successo alla testa riutilizzata per ornare la cantonata della chiesa degli Innocenti a Pisa.

Tra i pezzi più celebri, l'Antinoo Farnese, il ritratto bronzeo delle raccolte medicee, il busto in marmo di Palazzo Pitti, restaurato per l'occasione, e quello della collezione veneziana di Giovanni Grimani. 



LA REPUBBLICA.IT - TIVOLI (Roma) - ANTINOEION (6 aprile 2012) ( Fonte )

E' stata una delle scoperte più importanti mai avvenute a Villa Adriana, durante la campagna di scavo tra il 2002 e il 2005, che ha rivoluzionato le interpretazioni del sito archeologico. Si tratta dell'Antinoeion, la tomba-tempio fatta edificare dall'imperatore Adriano verso il 134 d.c. per celebrare la memoria del suo amato Antinoo, lo schiavo adolescente conosciuto in Bitinia nel 123 d.c. (quando Antinoo aveva verosimilmente intorno ai 13 anni) durante i suoi viaggi lungo i confini dell'impero, e morto annegato misteriosamente nelle acque del Nilo nel 130 d. c.

Mai aperto al pubblico, nè documentato in modo approfondito nel panorama dei capolavori presenti nel complesso archeologico, l'Antinoeion, collocato lungo l'ingresso monumentale che conduceva al Vestibolo, diventa protagonista di un nuovo percorso di visita all'interno di Villa Adriana in occasione della prima grande mostra dedicata al favorito dell'imperatore, "Antinoo. Il fascino della bellezza", dal 5 aprile al 4 novembre, sotto la cura scientifica della soprintendente ai beni archeologici del Lazio Marina Sapelli Ragni.

 Evento nell'evento, l'Antinoeion diventa finalmente visibile nella sua articolazione architettonica e decorativa e soprattutto nel suo significato storico-archeologico. Grazie a nuovi apparati didattici, si riesce a leggere il perimetro del recinto rettangolare che racchiude due templi in marmo pario che fronteggiano un'ampia esedra semicircolare colonnata. I due templi sono separati da un basamento che fino agli inizi del Cinquecento sosteneva l'obelisco in granito rosso di Antinoo (oggi sul Pincio, a Roma).

 "L'obelisco fornisce la chiave per interpretare il complesso - racconta il responsabile dei lavori Zaccaria Mari - poiché da una delle iscrizioni in geroglifico dedicate ad Antinoo, divinizzato come Osiride dopo il misterioso annegamento nel Nilo, si apprende che l'obelisco era eretto sulla tomba del favorito dell'imperatore". "Antinoo riposa in questa tomba situata all'interno del giardino, proprietà del Principe di Roma", si legge nell'iscrizione. "Risalire alla collocazione del monumento significa, quindi, identificare il luogo di sepoltura che in precedenza è stato ipotizzato in Egitto, a Roma o nella stessa Villa Adriana", avverte Mari.

L'Antinoeion testimonia la fortuna di Antinoo, icona romantica dell'eroe bello e giovane, strappato troppo presto dalla morte, che l'imperatore Adriano stesso alimentò, divinizzandolo come Osiride, la massima divinità religiosa cui erano assimilati i faraoni. L'edificio, infatti, era riccamente decorato con originali in marmo nero di divinità e sacerdoti, statue di animali e di bassorilievi egittizzanti, alcuni esposti in quest'occasione.

"L'Antinoieion dovette accogliere le spoglie del giovinetto - dice Mari - ma si caratterizzò anche come luogo di culto ove il nuovo dio figurava nel pantheon delle altre divinità egizio-romane". Le recenti scoperte dall'Antinoeion vengono documentate anche nell'ambito del percorso della mostra nelle sale dell'Antiquarium del Canopo, dove sfilano oltre 50 opere tra sculture, rilievi, gemme e monete, in molti casi provenienti da musei internazionali che tornano per la prima volta nel famoso sito archeologico, dove furono rinvenute.

"Con questa esposizione vogliamo affrontare la figura del giovane Antinoo per documentarne verità storica, iconografia e tracce nell'archeologia dell'impero romano ed, in primis in questa villa tiburtina, che significa per noi continuare il lungo percorso che da tanti storici e tanti archeologi è stato condotto in questo ultimo ventennio alla ricerca dell'uomo e dell'imperatore Adriano", dichiara la soprintendente Sapelli Ragni.

Antinoo è una "figura efebica - continua la Sapelli Ragni - e storicamente indefinita, legata all'imperatore per sette anni in un rapporto che certo nocque ad Adriano nel giudizio dei contemporanei e non già per il carattere omosessuale del loro legame, ma per l'ostentato, eccessivo attaccamento che Adriano mostrò verso il giovane, pianto come una donnicciola dopo la tragica morte". Un mistero. Secondo fonti antiche, la vicenda non fu mai chiara, si parlò di un suicidio sacrificale per prolungare la vita dell'imperatore, ma anche di omicidio, consumatosi durante una spedizione che risaliva il corso del Nilo.


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