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CLIVUS SCAURI

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CLIVUS SCAURI

La via romana del Clivus Scauri (la salita di Scauro) conserva l'antico nome originario, con un percorso che ricalca esattamente quello antico, come testimoniato alcune fonti medioevali a partire dall'VIII sec., e pure un'iscrizione imperiale.

Si può dire che il Clivo di Scauro è l'unica strada antica ancora riconoscibile per la maggior parte del suo tracciato.

CORNICIONI ROMANI
Nei pressi della chiesa di San Gregorio si vedono i resti di un criptoportico (sotto la casa del portiere della chiesa), di un'abitazione del III secolo a più piani (sotto la Cappella di Santa Barbara) e un tratto di muro un'opera quadrata tufacea su un nucleo di cementizio, resto di un edificio di epoca repubblicana (a destra dell'oratorio di Santa Silvia).

Dietro l'oratorio di Sant'Andrea si vede un'aula basilicale identificata con la biblioteca di papa Agapito I. Un po' più avanti si vede un altro edificio appartenente forse allo stesso complesso; sulla facciata in laterizio si vedono le tracce di tre porte tamponate.

Sulla destra, in piazza Santi Giovanni e Paolo, si vede un edificio di laterizio del III secolo, consistente in una fila di tabernae appoggiate al muro di fondo, con tracce di un secondo piano.

Sulla piazza affacciano anche l'ingresso (un tempo principale) di Villa Celimontana, e il podio del Tempio del Divo Claudio. La strada, il cui tratto successivo è oggi intitolato a San Giovanni della Croce, usciva dalla porta Celimontana sotto l'arco di Dolabella, dove incontrava il proseguimento neroniano dell'Acquedotto Claudio.



MARCO EMILIO SCAURO

M. EMILIO SCAURO
La costruzione della strada fu dovuta a un membro della famiglia degli Aemilii Scauri, appartenente alla ricca gens Aemilia, e sembrerebbe proprio il patrizio Marco Emilio Scauro ( 163 - 89 a.c.), della fazione degli optimates, ottimo generale romano, console nel 115 e nel 107 a.c. e censore nel 109 a.c.. 

A lui si deve la costruzione della via Emilia Scauri, nell'anno 109 a.c. e altre vie tra cui il Clivus Scauri di Roma. 

Di questo princeps senatus ci resta parte della sua domus situata vicino all'Arco di Tito, una tettoia moderna protegge i resti di una antichissima abitazione privata di epoca repubblicana che appartenne a Marco Emilio Scauro, celebre personaggio della Roma del I secolo a.c. 

Della casa è stato ritrovato un settore sotterraneo che comprende una stanzetta con larario e alcuni ambienti molto piccoli costruiti in opera reticolata e con pavimentazioni semplici a scaglie di travertino; tali stanze dovevano molto probabilmente essere adibite ad alloggiamenti per gli schiavi. 

 Al settore delle terme molto probabilmente appartengono alcune stanze con pavimenti in mosaico bianco e nero.



IL CLIVO DI ETA' IMPERIALE

Sul lato Ovest del Celio, a poca distanza dal Colosseo e dal Palatino, sul lato meridionale la Basilica dei SS. Giovanni e Paolo, sale una strada sovrastata da contrafforti medievali.

La via, che ha conservato nell'insieme il suo aspetto assunto nella tarda età imperiale, è affiancata, lungo la parete adiacente alla Basilica, dalla facciata di un'antica insula del II secolo d.c..

Se la costruzione della chiesa è databile al V secolo, essa fu però edificata al primo piano di uno straordinario complesso di edifici antichi. 

Scoperti nel 1886 dal Padre Rettore della sovrastante Basilica, è stato riaperto al pubblico dal 2002, dopo 14 anni di restauro.

EDIFICI DI CLIVIO SCAURO

L'EDIFICIO ABITATIVO

Trattasi di un palazzo con portico e botteghe al pianterreno e appartamenti ai piani superiori, come si può dedurre dalle due file di finestre che si affacciano sulla via.

Di tali ambienti si è fatto una specie di museo comprendente gli ambienti e gli oggetti più diversi, come età e come abitazioni. L’accesso all’area archeologica è dato da un ingresso creato appositamente sul Clivo di Scauro. 

L'attuale muro della basilica che si affaccia sul Clivo, ha inglobato la facciata dell'antica insula, della quale si riconoscono il portico ad archi lungo il Clivo e le finestre di due dei piani superiori.

L’area visitabile si snoda in oltre 20 ambienti ipogei su vari livelli, in parte affrescati con pitture databili tra il III secolo d.c. e l'età medievale. Una straordinaria stratificazione archeologica, ben studiata e mantenuta nonostante l'impegnativo aspetto labirintico dell'edificio.

TEMPIO DEL DIVO CLAUDIO
Diverse stanze, trovandosi al di sotto della navata destra della chiesa, sono state purtroppo tagliate dai muri di fondazione del colonnato che separa questa navata da quella centrale.

L'insula, formata da tre case per abitazione privata del II sec d.c., venne trasformata, nella prima metà del III secolo, in una grande costruzione in laterizio con porticato e botteghe a livello strada, retrobotteghe che affacciavano su un cortile ed appartamenti per abitazione ai piani superiori.

Di tutto ciò però resta solamente una parte del piano terreno formato da una fila di botteghe situate dietro un porticato.

Ma non finisce qui, perchè tra la fine del III e l’inizio del IV secolo queste unità abitative popolari subirono uno stravolgimento.

Evidentemente acquisito da un unico proprietario molto abbiente, l'edificio venne ristrutturato e trasformato in una un’elegante domus signorile, con ambienti di rappresentanza decorati da affreschi di pregio.

Nella seconda metà del IV secolo, in seguito alla traslazione di reliquie di santi, venne realizzata la confessio, una nicchia su un pianerottolo rialzato affrescata con storie di martiri cristiani. Sulla nicchia si apre una fenestella confessionis e nel tufo naturale al di sotto di questa nicchia si aprono tre cavità, corrispondenti probabilmente a tre tombe.

Il primo piano della casa fu probabilmente utilizzato come luogo di riunione, e come forma e dimensioni ricalca quelle della basilica, che incorporò quindi il titulus e gli edifici adiacenti.

VILLA D'ESTE
Il nucleo principale è costituito da una domus su due livelli, del II sec. d.c., occupata da un impianto termale privato (balneum) al piano inferiore e da un'insula con un portico e taberne al livello stradale ed abitazioni ai piani superiori, costruita all'inizio del III secolo d.c. lungo il Clivo di Scauro.

La domus aveva due ingressi in corrispondenza dei due fornici centrali: uno che portava al pianterreno ed uno ai piani superiori.  Le finestre erano disposte in due gruppi quasi simmetrici ai lati di un asse centrale, 13 al primo piano, 12 al secondo. 

Sul portico del pianterreno si aprivano alcune tabernae. Sotto la chiesa sono state portate alla luce, verso la fine del secolo scorso, due grandi case di abitazione a più piani separate da un cortile, poi trasformato in un ninfeo.

La casa a nord-est si affacciava sulla via parallela al clivus Scauri e sulla via che l'incrociava e che costeggiava il Tempio di Claudio. Un'altra facciata della casa si apriva invece sul Clivus Scauri. Dai bolli laterizi scoperti nelle murature, essa risale all'epoca di Adriano, ma con parti più antiche, risalenti all'età flavia.

Il pianterreno era costituito da sontuose sale decorate con stucchi, pitture e mosaici parietali policromi. Verso nord invece il terreno degradava in ambienti sotterranei rispetto ai precedenti ma al pianterreno verso la valle.

Qui si trovava un piccolo ma prezioso edificio termale privato a due sale con una vasca nell'una e un labrum di terracotta nell'altra. Le due stanze davano su un cortile che fu trasformato, successivamente, in un ricco ninfeo. 


Qui diverse fontane, secondo l'uso romano, zampillavano creando giochi d'acqua. Di questo tipo di giardini o ninfei ne possiamo avere un'idea visitando Villa d'Este (Tivoli - Lazio), dove la villa rinascimentale copia con successo il giardino romano.

LE TERME
Il pavimento è costituito da un mosaico policromo a grandi tessere. Si nota anche, al centro, un grande pozzo, che poi fu prolungato in alto, fino al pavimento della chiesa. Una ricca decorazione dipinta rivestiva le pareti dell'ambiente: sulla destra si vedono ancora tracce di un corteo di eroti su mostri marini. 

Ma soprattutto e molto ben conservato, un grandioso affresco del II secolo, lungo 5 m ed alto 3, che rappresenta forse il ritorno dall'Ade di Proserpina o, secondo altri, Venere con Bacco. 

Siamo propensi per la prima in quanto Proserpina che torna nuda dall'Ade ci sta, che la figura maschile sia Dioniso pure, e coinciderebbe anche la figura ammantata a lato di Proserpina che è Demetra con la corona.

Probabilmente si allude ai Misteri di Samotracia istituiti proprio su queste tre divinità, con rapimento di Proserpina da parte di Ade, ricerca disperata della figlia da parte di Demetra, risalita sulla terra di Proserpina e matrimonio di questa con Ade che si è trasformato in Dioniso.

La casa meglio conservata è quella sulla quale si sono impiantate la navata centrale e quella sinistra della basilica. C'era una certa ostinata invadenza del cristianesimo a impiantare quante più chiese possibili in ogni dove, specialmente a Roma. Gli antichi romani avevano diversi templi ma non si sarebbero mai sognati di occupare ogni piazza e ogni strada come ha poi fatto il cattolicesimo. 


Oggi la maggior parte di queste chiese sono chiuse perchè nessuno ci va più, ma all'epoca invadevano ogni angolo di Roma cancellando templi, case ed edifici pubblici.

INGRESSO ALLE DOMUS
All’altro capo del cortile (oltre il muro di fondazione del portico della chiesa) c'è una scalinata che poggia sul muro nord della casa. Questa conduce a un'insula a più piani suddivisa in appartamenti, che subì profonde trasformazioni verso la metà del III secolo. 

Esso fu notevolmente abbassato e trasformato in domus. Il ninfeo del cortile appartiene evidentemente a questa. Dal cortile del ninfeo si accede agli ambienti del pianterreno, alcuni dei quali erano in origine tabernae che si aprivano sul portico esterno. 

Questo in epoca tarda venne chiuso con tramezzi per costituire ambienti ulteriori.

Altre stanze davano invece accesso al cortile e da qui alla casa più a nord, mentre un piccolo andito costituisce la base della scala che portava agli ambienti superiori. 

Vicino al ninfeo affrescato con le tre divinità, e con il quale in origine comunicava, mentre ora il muro di fondazione della chiesa obbliga a un grande giro per accedervi, colpisce una bellissima decorazione a fondo bianco, con efebi che sostengono un festone vegetale, oltre a bellissimi pavoni ed altri grandi uccelli.

La volta è decorata a tralci e girali, tra i quali svolazzano eroti e uccelli. Il pavimento era rivestito di lastre di marmo, asportate già all'epoca, ma delle quali restano le impronte. 

Questa notevole decorazione sembra contemporanea a quella del vicino ninfeo.

Una decorazione più tarda, della prima metà del IV sec. d.c., si trova in altri ambienti.

Si tratta per lo più dell'imitazione in pittura di ricche incrostazioni di marmo policromo.

Nella cosiddetta "aula dell'orante" la decorazione pittorica, sempre del IV secolo, è meglio conservata (tranne la parte centrale della volta, che è perduta). 

Sopra la decorazione che imita le crustae marmoree (lastrine marmoree sagomate, da cui il nome incrustationes per intarsi sia pavimentali sia parietali), si snoda un pesante fregio di girali di acanto, mentre sopra a questi la volta è ricoperta da un motivo circolare, diviso in 12 settori.

Qui sono rappresentati personaggi maschili che reggono rotuli, coppie di pecore, in una lunetta un orante con le braccia aperte, che testimonia il carattere cristiano dell'abitazione. 
Il tutto in uno stile un po' carico e già decadente. 

STANZA DELL'ORANTE


LA CASA DEI SS. PIETRO E PAOLO

Nell'area della basilica dei SS Giovanni e Paolo sorgeva un tempo il Monte delle Querce (Mons Querquetulanus), dove era locata la famosa grotta delle Camene ove Egeria incontrava Numa Pompilio.

CASE SU CLIVUS SCAURI


DEA VITTORIA DEI SIMMACI

Qui venne posta in origine la Porta Caelimontana delle Mura Serviane, e il tempio del divo Claudio, trasformato da Nerone in ninfeo e riportato a tempio da Vespasiano, su un angolo del quale venne eretto il convento dei SS Giovanni e Paolo.

Nella zona dell’attuale Ospedale Celio sorgevano le case dei Simmaci, il più celebre dei quali era Quinto Aurelio Simmaco, il senatore di Roma che nella seconda metà del V sec. d.c. contrastò la diffusione del cristianesimo e la decadenza dei costumi romani causata dalla diffusione della nuova religione, ancora non religione di stato.

Egli è ricordato nei Saturnalia di Microbio, il quale lo pone a capo di un cenacolo al quale erano partecipi i più illustri difensori della romanità.
I Simmaci abitavano in una bella domus che si affacciava nel Clivus Scauri.

DEA VITTORIA DEI SIMMACI RINVENUTA
« Dobbiamo riconoscere che tutti i culti hanno un unico fondamento. Tutti contemplano le stesse stelle, un solo cielo ci è comune, un solo universo ci circonda. Che importa se ognuno cerca la verità a suo modo? Non si può seguire una sola strada per raggiungere un mistero così grande.»
(Quinto Aurelio Simmaco, Relatio de ara Victoriae)

Ma tanta tolleranza religiosa non venne apprezzata e la Vittoria che aveva salutato tutte le vittorie di Roma per tanti secoli fu tolta e distrutta.
In marmo bigio antico, di circa 2 m, acefala e mutila degli arti superiori. 

Ricomposta da numerosi frammenti e con diverse integrazioni. 

Ora a Palazzo dei Conservatori.

La statua venne scoperta durante gli sterri della Villa Casali eseguiti sul Celio nel 1885 per la costruzione dell’Ospedale Militare, inglobata a pezzi, in una struttura medievale di fronte alla chiesa di S. Tommaso in Formis.

Il Lanciani la identificò come “Vittoria dei Simmaci” prendendo spunto dalla strenua difesa del culto della Vittoria , portata avanti da Quinto Aurelio Simmaco nel Senato. 

I 151 frammenti in cui essa fu rinvenuta, potrebbero derivare dal particolare significato di questa statua. 

La fazione cristiana di fine IV secolo d.c. si dovette accanire fieramente contro questa statua, ultimo baluardo della religione pagana, capeggiata da Aurelio Simmaco la cui residenza sul Celio è indicata dalle fonti.

In seguito questa identificazione venne messa in dubbio perchè la maggior parte delle statue pagane furono fatte a pezzi e inglobate nei muri o sepolte, quando non furono calcinate.
Sia la testa sia gli arti dovevano essere in marmo bianco come a contrasto del colore nero dei vestiti. 
In genere veniva usato per Afrodite, Fortuna e Vittoria, sempre che non si tratti di una divinità orientale.

Effettivamente non vi sono indizi per identificare la statua tranne forse quell'accanimento che le fece sparire le braccia e il volto, probabilmente calcinati perchè mai ritrovati, e riducendo in resto in pezzi minuti affinchè la statua non potesse essere ricostituita. 

Tanto accanimento forse riguardava proprio la Vittoria di Simmaco.




LA DOMUS DEI MARTIRI GIOVANNI E PAOLO

Nella domus che giace sotto la chiesa intitolata ai suddetti santi, che non sono bada bene gli omonimi apostoli, vivevano due fratelli cristiani che vennero qui assassinati e, successivamente, di tre loro conoscenti che avevano scoperto il luogo della sepoltura.

Queste dette l'occasione per fabbricarvi un culto e una chiesa.

Gli Atti della Passio collegano la loro uccisione all’Imperatore Giuliano per opera di un suo ufficiale: “Terenziano ritornò nella loro casa e dopo tre ore di inutili minacce e lusinghe, li fece decapitare e seppellire in una fossa scavata nella stessa casa, spargendo la voce che erano stati esiliati”.

C'è da dire qualcosa sugli Atti dei Martiri, o Atti della Passione, che si dividono in tre categorie:
I) - Rapporti ufficiali degli interrogatori. Quelli importanti sono pochi, e in edizioni preparate allo scopo di edificare i fedeli.
II) - Resoconti non ufficiali redatti da testimoni oculari o da contemporanei che pongono per iscritto testimonianze di testimoni oculari. In gran parte è 'immaginazione.
III) - Documenti tardivi rispetto alla data del martirio, redatti sugli Acta del I o II tipo. Un documento letterario rimaneggiato secondo i propri scopi.

Sono chiamati anche Acta Martyrum, ma la loro storicità è minima o nulla. Sono romanzi, a volte costruiti su fatti riportati dalla tradizione popolare o letteraria, altri di sola immaginazione.Infatti l'Imperatore Giuliano non fece mai perseguitare i cristiani, anzi dette a tutti totale libertà di culto, solo tolse ai sacerdoti cristiani i privilegi economici loro accordati da Costantino in poi, parificandoli nei rimborsi spese ai culti pagani.

CASE SU CLIVUS SCAURI

Inoltre il fatto che i cadaveri dei due fratelli fossero stati nascosti in una fossa ( “nel tufo naturale del sottoscala, al di sotto di questa nicchia, si aprono tre cavità, che sono state interpretate come tombe”, che si dice fossero dei due fratelli e di tre loro conoscenti. E da qui fin dal IV sec. si localizzò il loro culto) rende più evidente che la loro morte non fosse voluta da Giuliano che ovviamente non doveva nascondere il suo operato.

Più facile pensare, visto che i fratelli erano ricchi, si sia trattato di una banda di ladri che li abbiano uccisi
insieme ad altre tre persone che avrebbero potuto testimoniare o addirittura difenderli.
In più, i due santi vennero fatti morire il 26 giugno, data precisa in cui nell’anno successivo morirà Giuliano, come fosse la vendetta divina sul loro assassino.

Fra l'altro nel 1725 il cardinale Paolucci fece racchiudere le salme (davvero c'era rimasto qualcosa dopo 1300 anni?!) in un’urna di porfido, ricavata da un’antica vasca termale, che ancora oggi forma la base dell’altare. La vasca apparteneva naturalmente alle terme private di cui sopra..



BIBLIOTECA DI AGAPITO

Scendendo lungo il clivo e superati gli archi di sostegno che scavalcano la strada, sulla sinistra sono visibili i resti di una grande aula absidata a pianta basilicale databile intorno al IV - V secolo d.c. Dovrebbe trattarsi della biblioteca fondata dal papa Agapito (535 - 536).
Approfondimento: BIBLIOTECA DI AGAPITO




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