LA DEA LIBERTAS RIPRODOTTA SU UNA MONETA |
La raffigurazione monetale più antica risale all'anno 119 a.c. Sul retro di un denaro di M. Porcio Laeca vediamo in piedi su di una quadriga una donna, incoronata da una Vittoria volante, con in mano il pileus, cioè il berretto della libertà, simbolo della Libertas romana.
Nella moneta sottostante invece, oltre al volto laureato della Dea, si osserva nel retro il suo tempio, con due teste di grifoni, due sedie curuli e forse un gatto.
Il culto della Libertas (Eleiteria in graeco) fu sempre molto caro al fiero popolo dei romani e pertanto fu sovente espresso sulle monete. Essa venne considerata e onorata come divinità almeno fin dall'età regia, in cui le dedicarono templi ed eseguirono per lei dei sacrifici. Una delle prime raffigurazioni è sul rovescio di un denario di Marco Porcio Laeca, (colui presso la cui casa si riunirono i congiurati di Catilina il 5 novembre del 62) in cui è rappresentata su una biga, incoronata dalla Vittoria.
A Roma furono edificati due templi dedicati alla Dea: uno sull'Aventino e uno sul Palatino. La statua di Libertas era accompagnata dalle due statue di Abeona e Adeona, che questo caso assumevano il senso dell'andare e del venire, a significare, si dice, che la Libertas poteva andare dove più desiderava. Pensiamo però che le due Dee avessero un significato più profondo, poichè Abeona era la Dea della nascita e Adeona quella della morte. La libertà è imprescindibile dall'aver compreso e accettato i due cicli, perchè la paura toglie la libertà.
La Dea era raffigurata come una giovane donna incoronata d'alloro e vestita di bianco, con il berretto frigio nella mano destra e lo scettro e la cornucopia nella sinistra; ai suoi piedi era disteso un gatto e un giogo fatto a pezzi, e forse anche un peso scardinato dal suo gancio.
IL PILEUS
Il Pileus era il copricapo che veniva donato dal padrone agli schiavi liberati, i liberti, ma era anche simbolo della Repubblica, vale a dire della libertà ritrovata dopo la cacciata della monarchia.
TEMPIO SULL'AVENTINO
Il primo tempio fu fatto costruire nel 238 a.c. da Tiberio Gracco, che fu edile nel 246 a.c. e che lo dedicò per le idi di aprile dello stesso anno.
La Dea era raffigurata come una giovane donna incoronata d'alloro e vestita di bianco, con il berretto frigio nella mano destra e lo scettro e la cornucopia nella sinistra; ai suoi piedi era disteso un gatto e un giogo fatto a pezzi, e forse anche un peso scardinato dal suo gancio.
IL PILEUS
IL PILEUS |
Il Pileus era il copricapo che veniva donato dal padrone agli schiavi liberati, i liberti, ma era anche simbolo della Repubblica, vale a dire della libertà ritrovata dopo la cacciata della monarchia.
Fu quindi in questa epoca che il berretto frigio (pileus in latino) assunse il suo valore simbolico di libertà.
Tale significato viene ribadito anche dalle monete battute dai cesaricidi dopo l’uccisione di Giulio Cesare, che recavano su una delle facce un pileus, considerato dunque simbolo della libertà repubblicana, inserito tra due pugnali, come quelli usati per il regicidio.TEMPIO SULL'AVENTINO
Il primo tempio fu fatto costruire nel 238 a.c. da Tiberio Gracco, che fu edile nel 246 a.c. e che lo dedicò per le idi di aprile dello stesso anno.
Tiberio, console insieme a Gaio Fundanio Fundulo e durante tale anno, appoggiò il collega nell'accusa a Claudia, la figlia di Appio Claudio Cieco, colui che ebbe il merito di far pubblicare nel 304 a.c.,a cura del suo segretario Gneo Flavio, il civile ius, il testo delle formule di procedura civile (legis actiones), chiamato Ius Flavianum, per cui anche i plebei potevano conoscere le leggi. Claudia fu alla fine condannata ad una multa tale da costruire solo con quella il tempio della Libertà sull'Aventino.
Cicerone però narra una storia diversa: l'imputato non fu Claudia ma Publio Claudio Pulcro, il figlio di Appio Claudio Cieco, e l'accusa fu quella di aver combattuto nonostante gli auspici avversi e di essere stato sconfitto in Drepana, antico centro della Sicilia occidentale (odierna Trapani).. Publio Claudio fu accusato di alto tradimento, e, secondo Polibio e Cicerone, fu severamente punito.
Secondo altre fonti, la procedura di condanna venne sospesa a causa di una tempesta, e venne respinta una seconda volta con una multa. Publio Claudio Pulcro non sopravvisse molto alla sua caduta in disgrazia; morì prima del 246 a.c., probabilmente suicida.
AEDES IOVIS LIBERTATIS
Sull'Aventino c'era però il tempio di Giove Libertà, noto anche come tempio della Libertà, appunto dedicato alla Libertà. Di questo tempio non è rimasta traccia e se ne ignora l'esatta posizione, anche se alcuni autori ritengono sorgesse presso la basilica di Santa Sabina o, almeno in parte, sotto di essa.
Esiste infatti una pietra nera di forma rotonda poggiata su una colonna tortile di età classica a sinistra della porta di ingresso, che è chiamata Lapis Diaboli, ossia "pietra del diavolo" perché, secondo la leggenda, sarebbe stata scagliata dal diavolo contro San Domenico mentre pregava sulla lastra marmorea che copriva le ossa di alcuni martiri, mandandola in pezzi.
Lo farebbe pensare anche il fatto che il gancio da cui era tenuto non fosse stato svitato ma fosse stato appositamente strappato con dei colpi di mazza, tanto è vero che i colpi sono stati interpretati dalla chiesa come solchi procurati dal diavolo coi suoi artigli.Questo potrebbe indicare che davvero una parte del tempio si trovasse sotto la chiesa di S. Sabina, tenendo anche conto che la chiesa cristiana soleva quasi sempre edificare un tempio cristiano su quello pagano. Ora alcuni pensano che il tempio di Libertas e il tempio di Iovis Libertas fossero lo stesso santuario, anche perchè Festo cita il tempio semplicemente come Libertatis templum.
AEDES IOVIS LIBERTATIS
EQUIPONDUS A CUI E' STATO STRAPPATO IL GANCIO |
Sappiamo invece che la lapide fu spezzata non volendo dall'architetto Domenico Fontana durante il restauro del 1527 per spostare la sepoltura dei martiri. Egli poi gettò via i frammenti, ma vennero successivamente ritrovati e ricomposti, oggi visibili al centro della schola cantorum. In quanto alla pietra scura essa era in realtà un peso, ovvero contrappeso di serpentina come se ne usavano in epoca classica per controllare i pesi delle merci.
Sembra che la Dea Libertas fosse colei che liberava dai gioghi e dai pesi, per cui si è pensato che il peso di serpentina, di epoca romana, a cui era stato strappato il gancio a cui doveva essere legato, rappresentasse, insieme al giogo spezzato, il simbolo della libertà che la Dea concedeva ai suoi seguaci.
Lo farebbe pensare anche il fatto che il gancio da cui era tenuto non fosse stato svitato ma fosse stato appositamente strappato con dei colpi di mazza, tanto è vero che i colpi sono stati interpretati dalla chiesa come solchi procurati dal diavolo coi suoi artigli.
L'interpretazione più probabile è che si trattasse un tempo solo del tempio della Libertà, ma che in seguito sentirono più opportuno dedicarlo a Giove o almeno mettercelo in mezzo, insomma un compromesso tra Giove e l'antica Dea.
TEMPIO SUL PALATINO
Il secondo tempio fu fatto costruire tra il 58 e 57 a.c. da Publio Clodio Pulcro, colui che fece lo scandalo della Bona Dea a casa di Cesare e colui che esilio di Marco Tullio Cicerone nel 58 a.c., per non aver concesso ai condannati a morte la provocatio ad populum prima di essere giustiziati.
LAPIS EQUIPONDUS COL SUO GANCIO (S. LORENZO FUORI LE MURA) |
Dopo la morte di Cesare alla Dea furono innalzate statue, non perchè la morte di Cesare avesse comportato una libertà, perchè anzi fu pianto da tutti per secoli e rimpianto fino ad oggi, ma perchè Augusto adorava particolarmente questa divinità.
Infatti Augusto si definì su un tetradracma "libertatis p(opuli) R(omani) vindex". Invece il nome di "libertas augusta" non viene da Augusto, come ci si poteva aspettare, ma dall'imperatore Claudio. Il tempio fu restaurato da Augusto e fu nuovamente dedicato il primo settembre.
ATRIUM LIBERTATIS
L'Atrium Libertatis viene nominato per la prima volta nel 212 a.c., era la sede dell'archivio dei censori, situato sulla sella che univa il Campidoglio al Quirinale, a breve distanza dal Foro Romano.e venne ricostruito dai censori del 194 a.c.
Infatti Augusto si definì su un tetradracma "libertatis p(opuli) R(omani) vindex". Invece il nome di "libertas augusta" non viene da Augusto, come ci si poteva aspettare, ma dall'imperatore Claudio. Il tempio fu restaurato da Augusto e fu nuovamente dedicato il primo settembre.
ATRIUM LIBERTATIS
L'Atrium Libertatis viene nominato per la prima volta nel 212 a.c., era la sede dell'archivio dei censori, situato sulla sella che univa il Campidoglio al Quirinale, a breve distanza dal Foro Romano.e venne ricostruito dai censori del 194 a.c.
Un'altra ipotesi, ma poco convincente, l'ha identificata con la struttura che sorge sul Campidoglio dal lato verso il Foro Romano, sotto il palazzo Senatorio, normalmente identificata con il Tabularium eretto da Quinto Lutazio Catulo nel 78 a.c.
Un'altra ipotesi ancora, piuttosto recente, ha proposto l'identificazione dell'Atrium Libertatis connesso alla Curia con il rifacimento del portico sul lato sud-orientale del Foro di Cesare in epoca dioclezianea.Una seconda integrale ricostruzione venne curata da Gaio Asinio Pollione a partire dal 39 a.c., con il bottino ricavato dal suo trionfo sugli Illiri, forse in attuazione di un progetto già concepito da Cesare a completamento del Foro di Cesare, inaugurato nello spazio tra la sella montuosa dove sorgevano l'Atrium Libertatis ed il Foro Romano solo pochi anni prima. Il monumento doveva essere completato entro il 28 a.c.
Il monumentale edificio comprendeva oltre all'archivio dei censori, con le liste dei cittadini e le tavole di bronzo con le mappe dell'ager publicus, due biblioteche e probabilmente la basilica Asinia, oltre a numerose opere d'arte di celebri scultori, tra cui il Supplizio di Dirce degli scultori Apollonio e Taurisco, e le Appiadi, opera dello scultore Stephanos, che però Ovidio pone accanto al tempio di Venere Genitrice nel Foro di Cesare.
L'edificio scomparve agli inizi del II secolo, in seguito all'eliminazione della sella montuosa sulla quale sorgeva per la costruzione del Foro di Traiano. Le sue funzioni furono spostate nella Basilica Ulpia, dove in una delle absidi si compiva la cerimonia della manomissione degli schiavi, e invece le due biblioteche venero collocate ai lati della colonna di Traiano.
LA FINE
Sulle monete repubblicane è considerato segno di libertà l'urna delle elezioni. Nell'anno 73 a.c. compare una testa della Dea, riconoscibile dal pileus. Nell'anno 43 a.c., M. Giunio Bruto conia in Grecia la celebre moneta con il pileus e due pugnali e la iscrizione "EIDibus MARtiis".
La Libertà è raffigurata con il pileus, lo scettro, e il titolo libertas publica o p(opuli) R(omani) accanto a quello di libertas augusta. Sotto Vespasiano si appoggia ad una colonna nell'atteggiamento della Securitas; Adriano sostituisce allo scettro una corona d'alloro o la cornucopia e le mette in mano gli attributi della Pace, ramo e scettro.
Dalla decadenza dell' Impero la Libertas non viene più raffigurata. In effetti si cade dalla libertà alla barbarie del medioevo.
Il monumentale edificio comprendeva oltre all'archivio dei censori, con le liste dei cittadini e le tavole di bronzo con le mappe dell'ager publicus, due biblioteche e probabilmente la basilica Asinia, oltre a numerose opere d'arte di celebri scultori, tra cui il Supplizio di Dirce degli scultori Apollonio e Taurisco, e le Appiadi, opera dello scultore Stephanos, che però Ovidio pone accanto al tempio di Venere Genitrice nel Foro di Cesare.
L'edificio scomparve agli inizi del II secolo, in seguito all'eliminazione della sella montuosa sulla quale sorgeva per la costruzione del Foro di Traiano. Le sue funzioni furono spostate nella Basilica Ulpia, dove in una delle absidi si compiva la cerimonia della manomissione degli schiavi, e invece le due biblioteche venero collocate ai lati della colonna di Traiano.
LA FINE
Sulle monete repubblicane è considerato segno di libertà l'urna delle elezioni. Nell'anno 73 a.c. compare una testa della Dea, riconoscibile dal pileus. Nell'anno 43 a.c., M. Giunio Bruto conia in Grecia la celebre moneta con il pileus e due pugnali e la iscrizione "EIDibus MARtiis".
La Libertà è raffigurata con il pileus, lo scettro, e il titolo libertas publica o p(opuli) R(omani) accanto a quello di libertas augusta. Sotto Vespasiano si appoggia ad una colonna nell'atteggiamento della Securitas; Adriano sostituisce allo scettro una corona d'alloro o la cornucopia e le mette in mano gli attributi della Pace, ramo e scettro.
Dalla decadenza dell' Impero la Libertas non viene più raffigurata. In effetti si cade dalla libertà alla barbarie del medioevo.