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DOMUS DI GIULIO POLIBIO (Pompei)

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PERISTILIO DOMUS POLIBII
La casa di Caio Giulio Polibio è una delle più antiche dimore pompeiane del II sec. a.c., anche se l'impianto originario della casa risale alla fine del III secolo a.c. quindi del periodo sannitico di Pompei,  ed è una domus del tipo a doppio atrio, uno coperto e l'altro scoperto con compluvio ed impluvio ma privo di colonne.

ORIGINALE E RICOSTRUZIONE IN CG
L'atrio, la prima stanza che si incontra passando per le "Fauces" ha le pareti decorate nel primo stile e presenta una singolare "falsa porta" dipinta. Ciò rientrava nell'uso egizio ma pure nell'uso etrusco,  comunque la porta dipinta aveva in genere un riferimento con la porta dell'Ade, che agli etruschi non faceva così paura. 

Ma l'ambiente chiuso e decorato in 'primo stile' accoglie la finta porta dipinta, di 'secondo stile', solo per mascherare la chiusura di una porta preesistente. Almeno così dicono gli esperti. Ma non costava meno chiudere a mattoni e rasare tutto? Evidentemente no, oppure fu una travata o un capriccio di Giulio Polibio, del resto l'effetto è ottimo.

L'atrio conserva resti di una decorazione pittorica che nella parte alta risale al II sec. a.c., e in quella bassa al I sec. a.c. Infatti la domus reca i segni delle modifiche apportate dopo i danni del pesante terremoto dell'anno 62 d.c. In realtà la casa ha due ingressi, uno padronale e uno di servizio, ambedue aperti su Via dell'Abbondanza.

È stato rinvenuto nel triclinio un importante deposito di oggetti in bronzo che dovevano decorarlo, sicuramente messo da parte per i lavori di restauro, ma pure, nel primo atrio, un mucchio di calce destinato anch'esso al restauro.

RICOSTRUZIONE DEL PERISTILIO
Nell'area di servizio sono locati la cucina e il larario dipinto, per il culto familiare dei Lares, raffigurati in alto, con il serpente Agathodemone e il Genius, protettore della familia. I suoi pavimenti in marmi bianchi e colorati, provengono dalla Grecia, dall'Asia Minore e dall'Africa settentrionale, distinguendo l'agiatezza della famiglia.

PLANIMETRIA DELLA VILLA
I due accessi adiacenti della strada, che conducono a parti apparentemente separate della casa, danno l'idea di una domus di gran lusso. Si è pensato così che fosse originariamente di una vecchia famiglia patrizia della famiglia gens Iulia, ma che fosse stato nelle mani di uno dei loro liberti al momento dell'eruzione. Il sigillo di Caius Julius Phillippus trovato nel giardino e graffito con il suo nome nella sala fa pensare che potrebbe essere stato l'ultimo residente e che era stato un liberto di C. Julius Polybius.

Nell'ultima stanza, al momento dell'eruzione, cercarono rifugio i familiari della domus: "La domus accoglieva tre maschi adulti, tre femmine adulte di varie età, quattro ragazzi, uno ragazza, un bambino e un feto nell'ultimo mese di vita intrauterina. Il feto era associato allo scheletro di una femmina giovane (dai 16 ai 18 anni). "

Sembra che i residenti abbiano voluto restare all'interno della casa durante il periodo dell'eruzione nel tentativo di proteggere la donna incinta di 8-9 mesi. Le robuste pareti della casa di Giulio Polibio erano probabilmente più adatte ad una protezione iniziale, a differenza delle strade in cui molti morivano, mentre cercavano di fuggire, per i tetti e le struttura che crollavano. Tuttavia, alla fine, fu il fumo e la cenere che emanavano dall'eruzione che lasciarono la loro scia omicida - elementi che non potevano essere schermati dai muri rinforzati della domus. 

La posizione di alcuni scheletri sul deposito vulcanico indica che alcuni individui giacevano sul letto al momento della morte. Le prime correnti piroclastiche arrivarono da nord e sovrastarono la parte posteriore della casa. Le correnti si spostarono nel giardino e avanzarono verso la parte anteriore della casa. Nessuna fuga era possibile per le persone lì. La cenere ha raggiunto ogni angolo della casa e ha soffocato i suoi abitanti.




CANDIDATURA AD EDILE

Di Giulio Polibio sono state trovate molte scritte elettorali in cui invitava i pompeiani a votarlo come edile. Il suo nome compare infatti nei famosi "manifesti" di propaganda elettorale, che ci informano della sua candidatura all'edilità, insieme a A. Rustio Vero, e al duumvirato, con M. Lucrezio Frontone. Sembra che Caio Giulio Polibio sia stato eletto all'edilità nel 73 d.c., mentre nel 78 d.c. non ottenne il duumvirato. 

Sappiamo anche che alcune donne si schierarono in suo favore: Specula, una dipendente di uno stabilimento di follatori, e le due prostitute Cuculla e Zmirina, che espressero il loro augurio con iscrizioni murali che Caio Giulio Polibio si affrettò a far cancellare con la calce perché compromettevano la sua reputazione.

Aveva un discreto seguito femminile visto che diverse donne hanno invitato a votare per lui e tra queste anche due prostitute, cosa non gradita al candidato dovette farle nascondere buttandoci della calce. Nel peristilio vengono mostrati ai visitatori i calchi in gesso degli armadi in legno e delle porte di casa.

La ricca abitazione ha diversi affreschi tra cui nel triclino un quadro che rappresenta il supplizio di Dirce inflitto da parte di Anfione e Zeto, in quanto colpevole d'aver maltrattato la loro madre, e quindi legata a un toro inferocito. In questa stanza fu recuperata ammassata, forse per i lavori in corso in casa, una preziosa suppellettile da mensa (l'hidria) e una statua in bronzo di Apollo, che regge sulle braccia forse un vassoio.

Alcuni studiosi sostennero che i soldi trovati con lo scheletro 2 nella stanza HH e nell'armadio IV dell'ambulatorio indicavano uno scarso tesoro della famiglia al momento dell'eruzione, ma Castiglione Morelli di Franco (1982: 790) lo attribuì a circostanze di angustia a causa dei dispendiosi lavori di restauro post anno 62 o saccheggi post-eruzione.

Secondo de Franciscis (1988: 27), vi erano due lararia nelle sale N e O come se vi fosse una doppia abitazione, ma non è affatto certo che ci fosse stato un larario nella sala O. De Franciscis sostenne anche (1988: 32) che il terremoto del 62 d.c. aveva reso necessario stabilizzare e ridecorare il lavoro della casa, lavoro che era ancora in corso nel 79 d.c., ma che la casa aveva continuato ad essere occupata. 

Molte delle stanze nella casa anteriore e intorno alla sala O, che un tempo erano state riccamente decorate, principalmente nel primo e nel secondo stile, ma alcune nella terza o quarta (ad esempio, la stanza Y), sembrano essere state successivamente declassate, coperte con intonaco bianco grezzo e utilizzato per attività commerciali / industriali. 


Molte delle stanze nella casa anteriore e intorno alla sala O, che un tempo erano state riccamente decorate, principalmente nel primo e nel secondo stile, ma alcune nella terza o quarta (ad esempio, la stanza Y), sembrano essere state successivamente declassate, coperte con intonaco bianco grezzo e utilizzato per attività commerciali / industriali. 

Le stanze lungo il lato est della sala O erano state trasformate per la conservazione, principalmente per le anfore e il loro contenuto. Le stanze in questa zona che avevano una decorazione di Quarta in buona qualità e non erano state successivamente intonacate grossolanamente (cioè le stanze S, U e I) sembrano essere state vuote al momento dell'eruzione.

Molto materiale frammentario, in particolare ceramica e vetro, ma con scarsità di bronzo, è stato trovato nei livelli superiori del deposito. Non è chiaro se questo sia stato lasciato agli intrusi dopo che hanno rimosso oggetti di valore o fosse derivato dalle suppellettili delle stanze del piano superiore.

Le attività domestiche sembrano essere state in gran parte limitate alla zona giardino della casa, ma anche in prossimità del padiglione N. Colpiscono i mobili di lusso contro la decorazione murale incompiuta, e letti rustici in camere finemente decorate, insieme a un rimessaggio agricolo, nonostante la mancanza di strumenti. 

Ci deve essere stato un cambiamento di piano dopo la decorazione di questa zona, che è per lo più nel Quarto Stile. Pertanto, o tutta la decorazione del Quarto stile della casa era stata antecedente al 62 d.c. o questa casa aveva subito ulteriori disagi per la sua occupazione dopo quel terremoto. Il suggerimento che la casa era stata occupata da un liberto potrebbe giustificare questa occupazione industriale e commerciale insieme.



L'ERUZIONE

Plinio il Giovane, che aveva perso suo padre proprio nell'eruzione del Vesuvio, descrisse la scena del disastro in lettere scritte a Cornelio Tacito, suo amico. Scritto alcuni anni dopo l'evento, uno dei passaggi di una seconda lettera si legge così:
"Le ceneri stavano già cadendo, non ancora molto spesso. Mi guardai attorno: una densa nube nera stava spuntando dietro di noi, espandendosi sulla terra come un'alluvione. "Lasciamo la strada mentre possiamo ancora vedere", dissi, "altrimenti saremo buttati giù e calpestati oscuro dalla folla alle spalle. "
Ci eravamo appena seduti a riposare quando calava l'oscurità, non il buio di una notte senza luna o nuvoloso, ma come se la lampada fosse stata spenta in una stanza chiusa.

Potevi sentire le grida delle donne, il lamento dei bambini e il gridare degli uomini; alcuni chiamavano i loro genitori, altri i loro figli o le loro mogli, cercando di riconoscerli con le loro voci.

Le persone si lamentavano del proprio destino o di quello dei loro parenti, e c'erano alcuni che pregavano per la morte nel loro terrore di morire. Molti supplicarono l'aiuto degli dei, ma ancora più immaginavano che non ci fossero divinità e che l'universo fosse immerso nell'eternità per sempre."




GLI SCAVI

La facciata della domus di Giulio Polibio fu valorizzata da Vittorio Spinazzola (1863 – 1943), insieme agli altri edifici di Via dell'Abbondanza, fra il 1910 e il 1923. Lo Spinazzola teneva alla maggiore conservazione possibile delle facciate e dei piani superiori, cosa inedita fino ad allora.
A questo scopo procedeva dai piani superiori a quelli inferiori, attraverso scavi orizzontali, consolidando le strutture con impalcature o colate in cemento armato, man mano che procedeva verso il basso. La facciata presentava due ingressi, con porte alte e decorate da cornici in stile ionico.

Una terza porta venne aggiunta in secondo momento, che portava alla bottega. Il prospetto era invece decorato da blocchi bugnati in stucco, che ne provava l'identità preromana del III sec. a.c. Lo scavo estensivo e la sua documentazione furono diretti da Alfonso De Franciscis, Soprintendente delle Province di Napoli e Caserta, fra il 1968 e il 1977. 
Contemporaneamente si eseguirono il restauro della domus e una prima parziale ricostruzione. La documentazione della fase di scavo fu affidata alla dott.ssa Maria Oliva Auricchio, disegnatrice presso gli scavi di Pompei. 

La documentazione dello scavo si basava sui "diari di scavo", in cui venivano descritti quotidianamente gli scavi e i rinvenimenti. La dott.ssa Oliva Auricchio ne ricavò ben nove quaderni di scavo, con bellissimi acquerelli.


Qualcuno notò che le relazioni di Maria Oliva Auricchio indicavano che, anche negli scavi più recenti a Pompei, le preoccupazioni per il restauro del sito hanno spesso superato considerazioni archeologiche. Gran parte della struttura in gesso e muratura è stata restaurata senza un'attenta documentazione. 

Tuttavia, le relazioni di Oliva Auricchio danno notevole attenzione alla stratigrafia e al materiale frammentario, fornendo informazioni per questa casa che è mancante o estremamente scarsa nelle precedenti relazioni di altre case: ad esempio, la profondità dei reperti dal moderno livello del terreno. In molti casi, tuttavia, è ancora difficile accertare i punti di ricerca precisi a meno che non venga indicato anche il livello della pavimentazione della stanza.

Lo scavo fu dovuto ai fondi stanziati dall'associazione "Amici di Pompei", svuotando progressivamente gli ambienti e spostandosi poi in punti diversi, consolidando le strutture man mano che venivano liberate dai lapilli. Inoltre. Grazie alla tecnica introdotta da Giuseppe Fiorelli della colata in gesso entro gli spazi lasciati vuoti dalla decomposizione di resti organici, fu possibile recuperare i calchi grazie ai vuoti lasciati dal legno carbonizzato di porte, armadi e mensole.

(Maria Oliva Auricchio, La Casa di Giulio Polibio: diario di scavo 1966 -1978, Tokyo)



TESTO DI ANTONIO FERRARA

"Tra dicembre 2009 e febbraio 2010 nella Domus di Giulio Polibio, a Pompei, il commissariato straordinario per l'emergenza scavi guidato da Marcello Fiori finanziò lavori urgenti per la manutenzione, il recupero e la conservazione di affreschi e pavimenti: spesa totale 343 mila euro. Ma non è bastato per impedire che la forza dell'acqua provocasse il sollevamento del pavimento a mosaico del triclinio della casa.

Sempre su via dell'Abbondanza nel novembre del 2010 si verificò per analoghi motivi il crollo della Schola armaturarum. Il soprintendente archeologo di Pompei, Massimo Osanna, e una squadra di restauratori della soprintendenza hanno effettuato in mattinata un nuovo sopralluogo nella casa che si apre lungo via dell'Abbondanza.

Il triclinio si trova in fondo al peristilio, nell'ultima sezione scavata dell'isolato: alle spalle la zona non scavata, con il materiale vulcanico e il terreno di copertura.Un prima ipotesi sulle cause dell'innalzamento del pavimento fa riferimento al fatto che dietro il triclinio l'acqua piovana ha continuato a spingere, fino a quando non ha trovato una strada al di sotto del pavimento, facendolo sollevare.


"La stanza - spiegano i tecnici della soprintendenza - è al margine di una porzione di area non scavata dell'area archeologica dove è insistente il problema del dissesto idrogeologico che vede i terreni soprastanti riempirsi di acqua e premere pericolosamente sulle strutture sottostanti. A ciò si aggiunge la presenza di cisterne sotterranee pertinenti a domus non ancora portate alla luce poste lungo i fronti di scavo, che determinano vuoti di terreno". 

Nel corso del sopralluogo archeologi, restauratori e vigili del fuoco hanno verificato l'assenza di ulteriori rischi per le strutture. Si è ipotizzato un intervento di restauro che prevede la rimozione del pavimento, la risoluzione dei problemi nel piano sottostante e la successiva ricollocazione. La Protezione civile di Fiori spese 163 mila euro per sistemare le coperture e sostituire le strutture degradate e le tegole rotte e altri 180 mila euro per restauro degli affreschi e dei pavimenti.

Con altri 955 mila euro, la Domus di Giulio Polibio ospitò un percorso di visita multimediale con ologramma, ricostruzioni virtuali e riposizionamento di copie degli arredi antichi. Sull'area colpita dal danno la soprintendenza ha il progetto di mitigazione del rischio idrogeologico previsto dal Grande Progetto Pompei e ha appaltato due opere: il progetto di intervento diretto sui fronti di scavo e l'intervento di recupero e restauro di tutta l'adiacente insula dei Casti Amanti. 
(testo antonio ferrara - foto stefano renna)

CALCHI DEGLI ARREDI RINVENUTI NELLA VILLA

LA VISITA GUIDATA

Così da oggi, nel 1910, i visitatori nella «domus» di Giulio Polibio vengono accolti ed eruditi dall'ologramma del padrone di casa, un ricco liberto, le cui sembianze sono state ricostruite sulla base di calchi e studi scientifici.

Il personaggio funge da guida narrativa per circa un'ora, con lo scopo di fornire agli spettatori non solo l'illustrazione dei resti della domus, ma pure le sequenze di vita quotidiana, i rumori e i silenzi, gli affetti e il lavoro nella dimora pochi istanti prima della tragedia dell'eruzione.

Particolarmente interessanti, negli ambienti più importanti della “domus”, la ricostruzione e ricollocazione di numerosi arredi e oggetti d'uso domestico (armadi, tavoli, triclini ecc.) rinvenuti tra le ceneri eruttive.





Pompei, la domus di Giulio Polibio in 3D grazie agli svedesi

Una ricostruzione dettaglia in 3D della domus di Giulio Polibio, a Pompei. Il Dipartimento di archeologia e storia antica dell’università di Lund, in Svezia, all’interno del Progetto svedese per Pompei, partito nel 2000 sotto la guida di Anne-Marie Leander Touati, ha ampliato le sue attività all’archeologia digitale avanzata. 

Un quartiere di Pompei è stato scansionato durante il lavoro sul campo nel 2011-2012 e i ricercatori svedesi sono anche riusciti a completare una ricostruzione dettagliata della casa del banchiere Cecilio Giocondo. "Combinando le nuove tecnologie con i metodi più tradizionali, possiamo descrivere Pompei con maggior dettaglio e precisione di quanto non fosse possibile in precedenza", dice Nicolò Dell'Unto, archeologo digitale presso l'Università di Lund.

La casa di rivive oggi grazie alla messa in video di un grande studio interdisciplinare coordinato dal Laboratorio di Ricerche Applicate della Soprintendenza Archeologica di Pompei sulla base dei diari di scavo della casa, stilati negli anni ’70, e di altri dati analitici e sperimentali.

L’opera, voluta e commissionata dall’Università di Tokyo nella persona del Prof. Masanori Aoyagi, coaudiuvato dalla dott.ssa Annamaria Ciarallo, responsabile del laboratorio, ha comportato una lunga ed elaborata operazione di restituzione virtuale che ha impegnato 12 fra ricercatori, modellatori e grafici tridimensionali dell’Altair 4, per un totale di oltre 10.000 ore lavoro.

Per l’elaborazione del video è stato effettuato il restauro digitale di decine di affreschi, la ricostruzione virtuale di tutta l’abitazione, l’animazione dell’eruzione e del suo impatto sulla casa.

La complessa opera ricostruttiva è stata visualizzata con un’elaborazione tridimensionale che accompagna lo spettatore alla scoperta degli ambienti della casa, ricostruita fin nei minimi particolari, compreso il puntuale posizionamento degli oggetti di uso quotidiano, così come sono stati ritrovati. Il filmato vuole restituire al visitatore una casa ancora ‘viva’, un attimo prima della catastrofe, illustrandone poi la distruzione ed il ritrovamento; raccontando, cioè, una storia che si può considerare esemplare per l’ intera città antica.




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