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MARCO VALERIO LEVINO

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Nome: Marcus Valerius Laevinus
Nascita: 260 a.C. 
Morte: 200 a.C.
Professione: politico e generale

La moneta di cui sopra è un Denario raffigurante Numa Pompilio al dritto e una prua di nave al rovescio. E' un simbolo della marina militare romana. Venne coniata intorno al 48/49 a.c. dopo la fuga di Pompeo da Roma. La moneta esalta la marina militare romana protetta da Giove, marina che viene considerata attiva per i romani a partire dal IV sec. a.c., ma in realtà iniziò con la I Guerra Punica (264 a.c. - 241 a.c.) che fu innanzi tutto una guerra navale.

Tutto nacque dalla richiesta di soccorso dei Mamertini contro Siracusa, dapprima ignorate da Roma, ma non da Cartagine che invece inviò subito una squadra navale. Cartagine mirava a conquistare anche il settore orientale della Sicilia. Sapere che Cartagine era a poche miglia dalle coste del
Bruttium appena conquistato preoccupò non poco il Senato romano, che inviò aiuti a Messina, violando il trattato del 300 a.c. che vietava interventi di Roma in Sicilia. Cartagine dichiarò guerra alleandosi con Siracusa, contro Roma ed i Mamertini.

La maggior parte della I guerra punica, comprese le battaglie più decisive, fu combattuta in mare, dove i cartaginesi, al contrario di Roma erano esperti. All'inizio della guerra Roma non aveva nessuna esperienza di guerra navale. Le sue legioni vittoriose si battevano solo via terra. Roma dovette allestire una flotta basandosi sulle triremi e quinqueremi cartaginesi. Per compensare la mancanza di esperienza navale, Roma equipaggiò le navi con un congegno d'abbordaggio: il corvo, che agganciava la nave nemica e permetteva alla fanteria, trasportata, di combattere come sapeva fare egregiamente. In almeno tre occasioni (255 a.c.), (253 a.c.) e (249 a.c.), intere flotte furono distrutte dal maltempo. Forse il peso dei corvi sulle prore poteva entrarci.
IL CORVO
In queste battaglie della I Guerra Punica brillò un astro non sufficientemente apprezzato dalla storia:

MARCO VALERIO LEVINO, un capitano e un eroe.

Marco Valerio Levino, ovvero Marcus Valerius Laevinus; (... – 200 a.c.) è stato un politico e generale della Repubblica Romana durante la I guerra punica. Sappiamo poco delle sue origini, sappiamo però che era patrizio poichè:

"XXXI V. Guardando intorno i Padri, chi avessero a creare consoli, avanzava tutti gli altri 
Caio Claudio Nerone (cons. nel 207). Gli si cercava un collega, e Io stimavano bensì uomo egregio, ma pronto e fiero alquanto più che non esigevano le circostanze di quella guerra con Annibale per nemico, pensavano che si dovesse temperare quell'indole ardente coll'aggiungergli a collega un uomo moderato e prudente. Ci era Marco Livio molti anni innanzi poiché uscì dal consolato condannato dal popolo. 

La quale ignominia aveva egli di sì malanimo sopportata ch'era andato a dimorare in villa e per parecchi anni s'era astenuto dalla città e dal conversare con chi che sia. L'anno VIII a un dipresso dopo la sua condanna i consoli Marco Claudio Marcello e Marco Valerio Levino lo aveano ritratto alla città ma usava veste logora capelli e barba lunga attestando chiaramente nel volto e nel culto della persona la memoria dell'onta ricevuta. 

I censori Lucio Veturio e Publio Licinio l'obbligarono a radersi a depor lo squallore a venire in senato e a sostenere ogni altro pubblico incarico. Anche allora però o assentiva con una semplice parola o da luogo a luogo per dare il suo voto.
Allora udito a parlare dopo tanto trasse a sè gli sguardi di tutti e diè motivo ai discorsi avergli il popolo fatta ingiustizia ed esser venuto gran danno dal non aver usato la repubblica in sì grossa dell'opera e del consiglio di tal uomo potersi dare a Caio Nerone collega nè Quinto nè Marco Valerio Levino perchè non è creare due consoli patrizii."

Levino sembra fosse il nipote di Publio Valerio Levino, console nel 280 a.c. che venne sconfitto però nella battaglia di Eraclea dalle truppe epirote/tarentine comandate dal re Pirro d'Epiro. Un precedente familiare poco brillante, ma questo non offuscò la carriera  del geniale Marco Valerio, cui forse la storia non ha riservato il giusto posto che meriterebbe per la sua assoluta genialità come generale sia di terra che di mare, tenendo conto che all'epoca le battaglie navali erano ai primordi per i romani.
Comunque Levino venne eletto console nel 220 a.c. e ancora una volta nel 210 a.c.

Levino, fu di sicuro uno dei migliori generali e governatori romani di tutti i tempi, insignito del consolato nel 211-210 a.c. pur senza aver avanzato la propria candidatura. A causa di alcuni contrasti con il Senato, Levino non venne mai onorato di quel Trionfo, anzi di quei Trionfi, che avrebbe invece ampiamente meritato.

ANNIBALE CONTRO ROMA

GLI EVENTI

227 a.c. - Ignoriamo la data di nascita di Valerio Levino, ma sappiamo che, nominato  Pretore due volte, nel 227 a.c. governò la Sardegna. 

215 a.c. - Nel 215 a.c., l'anno successivo alla devastante sconfitta romana nella battaglia di Canne ad opera di Annibale, era già stato nominato "praetor peregrinorum", una magistratura dotata di imperium e iurisdictio, e che si occupava degli affari riguardanti gli stranieri presenti a Roma.

All'epoca i pretori ottenevano facilmente un esercito. Non c'è da stupirsi perchè per la Repubblica era un periodo di grande emergenza: Roma era in pericolo e tutti i magistrati civili ricevettero comandi militari. Infatti in breve Levino ricevette delle legioni appena tornate dalla Sicilia e una flotta di venticinque navi per controllare la Puglia e la costa tra Brindisi e Taranto.



L'INGANNO

- Mentre era accampato nei pressi di Lucera (in Puglia), gli uomini di avanguardia gli portarono degli ambasciatori di Filippo V di Macedonia (238 – 179 a.c.); l'ambasciata era indirizzata ad Annibale, ma il capo della delegazione macedone ingannò Levino sullo scopo della missione, sostenendo di volersi recare presso il senato romano per offrire alleanza a Roma.
L'ambasciatore convinse l'ingenuo Valerio, non solo a fornirgli delle guide e una scorta per recarsi a Roma, ma anche ad informarlo sui luoghi e sui passaggi occupati dai Romani e dai Cartaginesi.

FILIPPO V DI MACEDONIA
- Levino era un uomo tutto d'un pezzo, sceso in campo con il grado di propretore in seguito alla disfatta di Canne. Egli aveva dimostrato fermezza e coraggio nell'impedire agli Irpini di ribellarsi a Roma e passare nel campo cartaginese. Era un uomo autorevole, molto intelligente e lungimirante. I pericoli non lo spaventavano ma anzi gli acuivano l'ingegno. Ora lo attendeva una nuova sfida, ovvero bloccare l'invasione macedone. 

- Stranamente questo evento non squalificò il condottiero, nè gli venne tolto il comando perchè anzi, nell'autunno di quello stesso anno, combattè e riprese tre città degli Irpini, una delle quattro tribù che costituivano il popolo dei Sanniti, che si erano ribellate e passate dalla parte di Annibale dopo la sconfitta romana a Canne.

- In gran segreto gli ambasciatori di Filippo V intanto erano sbarcati in Italia e avevano  raggiunto Annibale nei pressi di Canne, firmando con lui un patto di alleanza. Ma furono catturati dai romani, che sguinzagliavano pattuglie ovunque, sulla via del ritorno. Il Senato si spaventò non poco alla notizia delle intenzioni belliche di Filippo V. 

- Dopo aver lasciato il necessario presidio a Taranto e a Reggio, Levino si acquartierò per l'inverno in Apulia (Puglia) con una legione. Il console Tiberio Sempronio Gracco (255 – 212 a.c.), avendo condotto le sue legioni da Cuma a Lucera, inviò Valerio Levino a Brundisium insieme al proprio esercito di Lucera, incaricandolo di difendere le coste dell'agro salentino e sorvegliare i movimenti di Filippo V di Macedonia ( 238 – 179 a.c.) che sembra si apprestasse alla guerra. Per Levino, come per Scipione e per Cesare, le stagioni non contavano. Se necessario si combatteva anche in inverno.

- Intanto Filippo diresse la flotta verso Apollonia, in Illiria. Sbarcò e pose d'assedio la città dopo essersi preso anche la città di Orico. Ma la squadra navale romana era comandata da Marco Valerio Levino, subentrato da poco a Valerio Flacco e il vento girò immediatamente in favore dei romani. Come un fulmine Valerio piombò su Orico liberandola, poi concordando un piano con il suo secondo, Quinto Nevio Crista, ruppe l'assedio di Apollonia, sorprendendo i macedoni nel proprio campo. Fu un massacro, dal quale si salvò per miracolo il re Filippo, riparando in Macedonia. Era stata una vittoria piena e fulminante: Roma esultò.



I GUERRA MACEDONICA (214-210 a.c.)

215 a.c. - Nel 215, dopo varie operazioni fortunate in Apulia, dove sconfisse i ribelli contro Roma in battaglie fulminee, il senato, e pure il popolo romano, si erano convinti che Levino era l'uomo del giorno, quello che poteva risolvere la situazione pericolosa di Roma. Così egli ebbe l'incarico dal senato di combattere Filippo V di Macedonia, alleato di Annibale. Il generale romano doveva impedirgli assolutamente l'invio di truppe in Italia.

TRIREME ROMANA
- Naturalmente Marco Valerio non poteva guardare tutte le coste italiche, ma fece del suo meglio sguinzagliando le sue navi con capacità e destrezza. Avendo fama di valentissimo generale, a lui si rivolsero alcuni inviati di Oricum, in Epiro, avvisandolo che la loro città era stata conquistata da Filippo e che ora sarebbe toccato ad Apollonia. 
- Levino anzi tutto assolse brillantemente il suo incarico di salvaguardia delle coste, difendendo Taranto da Annibale, poi  attraversò immediatamente l'Adriatico, passando in Grecia, ove conseguì ottimi successi militari ma pure politici, per le sue ottime capacità diplomatiche e persuasive, concludendo un'alleanza con i Pergameni e altri nemici della Macedonia.
- Immediatamente Levino riconquistò Oricum e Apollonia, e Filippo,  non fu solo sconfitto ma costretto a riparare in Macedonia. Il generale romano concluse anche un accordo con la Lega etolica, una confederazione delle città della regione greca dell'Etolia, nata nel IV sec. a.c. per opporsi alla Macedonia, comandata da uno stratego, eletto da tutti i cittadini sopra i 30 anni.
- Visti i grandissimi successi la propretura di Levino (una carica di epoca repubblicana per cui un pretore che, esercitata per un anno questa carica, era destinato al comando di un esercito o di una provincia) fu prorogata per quattro volte, dal 214 al 211 a.c.

214 a.c. - Nel 214 dopo aver ripreso la città con una battaglia via mare, insolita per i romani, e poi via terra, si acquartierò ad Oricum, poi dal 213 al 211 controllò con la flotta romana di cinquanta navi, i movimenti di Filippo in Etolia ed Acaia. Fu un clamoroso successo navale contro Filippo, impedendo la fuga del re per mare.

211 a.c. - Agli inizi 211 a.c., a Marco Valerio fu destinata nuovamente la difesa dei litorali di Grecia con 50 navi ed una legione. Alla fine del 211 a.c. fu eletto console per la II volta, senza essersi candidato, mentre era ancora lontano da Roma.

Il popolo seguiva le sue notizie e sapeva dell'ottimo contributo fornito nella guerra macedonica. Infatti, nel corso di quell'anno di guerra riuscì a cacciare i Macedoni dall'isola di Zacinto, da Eniade e da Nasus in Acarnania. Fu un susseguirsi incessante di vittorie. Quindi svernò con le sue legioni a a Corcira (isola di Corfù) riorganizzando e addestrando le sue truppe.

210 a.c. - nella primavera dell'anno successivo, il propretore Marco Valerio Levino prese per mare Anticyra (nella Focide) che lasciò però agli Etoli vista l'alleanza, però secondo i patti il bottino di guerra andò ai Romani.
Durante questo assedio a Levino era stata consegnata la lettera in cui gli si annunciava di essere stato fatto console e che stava per arrivare il suo successore Publio Sulpicio.

- Divenuto console nel 210, tenne quattro anni come provincia la Sicilia, prendendo Agrigento ai Cartaginesi e compiendo audaci scorrerie nell'Africa. Sappiamo però che Levino, impedito da una lunga malattia, giunse a Roma molto più tardi del previsto.

- Alla sua permanenza a Corcira viene ascritta una serie di monete composta da un vittoriato (moneta d'argento repubblicana con Giove e Vittoria).e da un quinario (una piccola moneta romana d'argento che valeva metà denario).



LEVINO A ROMA

- A causa della malattia (non sappiamo quale), Levino non poté tornare a Roma fino all'inizio dell'estate. Sbarcato in Italia, passò da Capua, dove ricevette una gran folla di Campani che piangendo lo scongiurava di permettere loro di raggiungere Roma a pregare i senatori, affinché non li conducessero all'estrema rovina a causa del proconsole Quinto Fulvio Flacco (cons. 237 a.c.).

- Questi interpellato da Levino dichiarò di non avere nulla contro i Campani, ma che erano essi stessi ad odiare il popolo romano. Tito Livio: « Nessuna gente vi era sulla terra, infatti, nessun popolo più ostile al nome romano [come i Campani]. »
(Livio, XXVI, 27.12.)

- Quindi Flacco li teneva chiusi nelle mura della città impedendo loro i commerci con Roma e altre città, per evitare che potessero vagare nelle campagne a massacrare chiunque incontrassero, riferì inoltre che alcuni di loro si erano rifugiati da Annibale, mentre altri avevano incendiato il foro romano a Roma. 

- Il console Levino, infatti, avrebbe trovato il Foro mezzo bruciato da alcuni Campani, denunciati e poi messi a morte dopo regolare processo davanti al senato. Flacco affermò di non ritenere sicuro, permettere ai Campani di entrare nelle mura di Roma, ma Levino, dopo che i Campani giurarono a Flacco che sarebbero ritornati a Capua cinque giorni dopo aver ricevuto la risposta del senato, ordinò che lo seguissero fino a Roma. La sua autorevolezza e il mito che si era creato su di lui gli consentiva qualsiasi manovra, di guerra e di pace.

- Circondato dai campani ma pure dai Siciliani che, udito il buon esito delle rimostranze capuane, si erano similmente lamentati delle vessazioni del console Marco Claudio Marcello, Levino che pur essendo molto severo era generoso con i vinti, si dispiacque molto dell'ingiusto sterminio di due famosissime città, per cui guidò a Roma, come accusatori, quelli che erano stati vinti in battaglia dai due illustri generali Flacco e Marcello, facendosi ovviamente due nemici.

- Entrò quindi a Roma accompagnato non solo dai rappresentanti di Capua e Siracusa, ma anche con molti della Lega etolica. Espose davanti al senato la situazione in Macedonia, Grecia, Etolia, Acarnania e nella Locride (regione greca), e quali fossero state le sue imprese per terra e per mare. 

- Aggiunse che il re Filippo, quando portò guerra agli Etoli, venne da lui ricacciato indietro in Macedonia, rifugiandosi fin nelle regioni più interne del regno. Sarebbe stato così possibile richiamare da quell'area una legione, poiché bastava la flotta a tenere il re lontano dall'Italia.

- Il senato ne fu contentissimo e il popolo romano lo osannò, ma stranamente il generale non ricevette alcun trionfo, probabilmente per l'opposizione dei due generali Flacco e Marcello e delle rispettive gentes che occupavano i seggi senatori. Non risulta comunque che Levino ne abbia mai fatto richiesta.

I GUERRA PUNICA

GOVERNATORE DELLA SICILIA

- Avendo fatto rapporto al Senato romano dei suoi tre anni di guerra contro il regno di Macedonia, nel sorteggio delle province, ricevette l'Italia con l'incarico di condurre la guerra contro Annibale, ma stranamente fece scambio col collega Marcello, ottenendo alla fine la Sicilia.

- Era incredibile che rinunciasse a un incarico così importante e glorioso come quello di combattere Annibale, ma, come si è detto, Levino aveva un carattere molto generoso, e non era rimasto insensibile ai lamenti dei Siracusani sulla nomina di Marcello, che era animato da una certa crudeltà,  era stato nominato governatore dell'isola.


Marco Cornelio Cetego

- A Levino toccò poi il compito, affidatogli dal senato, di congedare l'esercito che era stato comandato da Marco Cornelio Cetego, personaggio di grande importanza, pretore per la Regio II Apulia et Calabria nel 211 a.c., censore nel 209 a.c., e che sarà fatto console nel 204 a.c.

- Con il ritorno di Marcello a Roma, a Cornelio Cetego venne data disposizione di eseguire gli ordini che il senato romano aveva decretato in Sicilia e cioè:

- a Soside, che aveva fatto entrare i Romani in Siracusa di notte, e a Merico, che aveva consegnato Naso ed il suo presidio, vennero concessi il diritto di cittadinanza insieme a cinquecento iugeri di terra.

- A Soside venne donato il terreno nei pressi di Siracusa, che in passato era appartenuto ai re cittadini, oltre a una casa in città che egli scelse tra quelle confiscate per diritto di guerra.

- A Merico ed agli Spagnoli, che con lui erano passati dalla parte dei Romani, venne deliberato di donare loro una città con il suo territorio in Sicilia, fra quelle che avevano abbandonato l'alleanza con i Romani.

- A Belligene, che aveva spinto Merico alla defezione, vennero donati quattrocento iugeri.

- Dopo la partenza di Marcello dalla Sicilia, la flotta cartaginese sbarcò 8.000 fanti e 3.000 cavalieri numidi. Le città di Morgantina (Murgentia) e di Ergentium passarono dalla parte dei Cartaginesi, seguite poi da Ibla (Hybla) e Macella, oltre ad altre città minori.

- I Numidi si erano dati a saccheggiare ed incendiare i campi degli alleati del popolo romano, vagando per tutta la Sicilia. Contemporaneamente l'esercito romano, indignato sia perché non aveva potuto seguire Marcello a Roma, sia perché gli era stato proibito di svernare in città, trascurava il servizio militare al punto che, poco mancava che non si ribellasse, se solo avesse trovato un comandante all'altezza per prendere l'iniziativa.

- Cetego cercò di calmare l'animo dei soldati, a volte confortandoli, altre punendoli. Alla fine ridusse all'obbedienza tutte le città e per questo ottenne il comando in Sicilia dopo Marcello per il 210 a.c., come propretore. Tito Livio narra che Cetego protestò contro il suo avversario Marcello riempiendolo di false denunce e affermando che la guerra in Sicilia durava ancora, sempre per gettare discredito su Marcello. Questi però riuscì a discolparsi. 

- Un esercito così poco fedele e disciplinato non poteva sussistere per i romani, per cui Marco Valerio ottenne la provincia di Sicilia con il compito, assegnatogli dal senato, di congedare l'esercito di Cetego. Mandare a casa un esercito era un compito pericoloso perchè questi poteva ribellarsi, ma Levino naturalmente eseguì l'incarico senza disordini.


I fondi per la guerra

- La Repubblica aveva bisogno di fondi per rifornire la flotta, ma un editto in tal senso aveva preoccupato il popolo romano e gli alleati italici, già oppressi da una forte tassazione per finanziare la guerra in Italia.

- Levino, con il suo grande senso di giustizia, propose allora che tutti coloro che avevano ricoperto magistrature curuli e tutti i membri del Senato portassero volontariamente al tesoro tutto il loro oro, argento e bronzo, sia coniato che in lingotti, ad eccezione di quanto necessario per i sacrifici di famiglia, per gli anelli degli equites, per le bulle dei ragazzi o per alcuni ornamenti femminili. La proposta fu accolta per acclamazione popolare e messa in pratica, sedando il malcontento del popolo e permettendo a Levino di partire per la Sicilia.


L'elezione dei consoli

- Giunta ormai l'estate del 210 a.c., era ormai prossimo il periodo per tenere i comizi per l'elezione dei consoli. Al console Marco Claudio Marcello spettava il compito di indire le nuove elezione, in qualità di console anziano, ma egli con una lettera aveva risposto al Senato che lo richiamava, ritenendo che fosse dannoso alla repubblica allontanarsi da Annibale, ora che gli era appresso e lo incalzava costantemente, mentre il Cartaginese si ritraeva e rifiutava la battaglia.

- Il Senato, una volta ricevuta la missiva, si trovò di fronte a un dilemma, o richiamare dalla guerra un console impegnato in un'impresa tanto importante e difficile oppure  rinunciare ad avere dei nuovi consoli per l'anno 209 a.c., provvedimento che andava contro la democrazia e le pressioni degli aspiranti consoli. Alla fine la miglior soluzione parve quella di richiamare dalla Sicilia il console Valerio Levino, anche se si trovava fuori dell'Italia. 

- Il Senato ordinò al pretore urbano Lucio Manlio di inviare una lettera a Valerio, unitamente a quella inviata da Marcello al Senato, per informarlo sulle ragioni che avevano portato a richiamarlo dalla provincia al posto del collega più anziano.

- Valerio Levino con dieci navi partì per Roma e vi arrivò felicemente, dopo aver affidato il governo della provincia ed il comando dell'esercito al pretore Lucio Cincio Alimento, oltre ad aver inviato il comandante della flotta, Marco Valerio Messalla con una parte delle navi in Africa a spiare i preparativi dei Cartaginesi ed a predare quelle terre.

- L'escursione africana dette buoni frutti perchè, qualche tempo più tardi, una volta rientrato dalla campagna militare africana, Valerio Messalla fece un'inchiesta fra i prigionieri africani, venendo a conoscere tutta una serie di dati che si affrettò a comunicare per iscritto al console Levino, affinché fosse informato sulla reale situazione in Africa.

MASSINISSA
- Aveva scoperto che a Cartagine si trovavano 5.000 Numidi con Massinissa, (229 – 148 a.c.) valente figlio di Galae. Vi erano poi altri soldati mercenari arruolati in tutta l'Africa per essere condotti in Spagna agli ordini di Asdrubale, il quale si sarebbe ricongiunto col fratello Annibale in Italia, con un grande esercito. 

- Levino allora, che si trovava a Roma, convocò il Senato e lo informò di aver espulso definitivamente i Cartaginesi dall'isola e di aver domato l'intera isola, dove per quasi sessant'anni si era combattuto per terra e per mare e dove gli stessi Romani avevano subìto anche grandi sconfitte.

- Tutti quei Siciliani che erano fuggiti per timore della guerra, erano ormai ritornati nelle città ad arare e a seminare i loro campi, mentre la terra era tornata di nuovo produttiva, tanto da costituire un sicuro contributo per il vettovagliamento in pace e in guerra per le armate romane.

- Le porte di Agrigento gli erano state aperte da Muttine, un capo numida scontento dei Cartaginesi. che Levino portò in senato, insieme a tutti coloro che si erano dimostrati favorevoli ai Romani. A questi furono tributati onori secondo le promesse del console. Muttine divenne cittadino romano sulla base di un preciso disegno di legge di uno dei tribuni della plebe, sottoposto all'approvazione del popolo ed all'autorizzazione del Senato.

- Dalla relazione emerse poi che Levino, di ben sessantasei città, sei le conquistò per assalto, venti caddero per tradimento e quaranta gli si arresero volontariamente. Trovati, infine, ad Agathyrna (Sicilia) una moltitudine composta da criminali, disertori e schiavi fuggiaschi, che costituiva una minaccia per la sicurezza pubblica, li inviò a Reggio, dove svolsero un ruolo utile alla Repubblica attuando incursioni nel Bruzio contro Annibale. Il che dimostrò ancora un volta il fine ingegno di Marco Valerio, che spesso riusciva a capovolgere situazioni negative in positivo. Poco incline ai provvedimenti drastici cercava di utilizzare la gente anziché punirla, per loro e per il bene di Roma

- Frattanto giunse a Levino una lettera del prefetto Messalla che lo informava di aver saputo della costruzione di una grande flotta da parte dei Cartaginesi per tentare di riprendersi la Sicilia. Messalla era convinto che questa flotta sarebbe salpata a breve. Levino radunò il Senato e lesse la lettera che sgomentò l'assemblea, tanto che i senatori deliberarono immediatamente che il console non dovesse attendere i comizi, ma che, non appena nominato un dittatore per la loro convocazione, ritornasse immediatamente nella sua provincia.

- Però Levino non fu d'accordo, pur facendo il nome del prefetto della flotta siciliana, Valerio Messalla, come dittatore, insistette nel fare la scelta con le varie procedure, una volta tornato in Sicilia. Temeva che qualsiasi ritardo si ritorcesse a favore degli invasori cartaginesi. Questo era però in contrasto con la consuetudine che voleva che la nomina fosse fatta entro in confini dell'Italia.

- Inoltre il tribuno della plebe Marco Lucrezio sollevò la questione in Senato, per cui si deliberò che il console, prima di partire da Roma, chiedesse al popolo quale dittatore volesse scegliere, in quanto quello che il popolo avesse indicato, e non altri, Levino sarebbe stato obbligato ad eleggere. Nel caso poi che il console non avesse accettato la proposta, sarebbe stato il pretore ad interpellare il popolo; se anche quest'ultimo non avesse consentito a farlo, allora i tribuni si sarebbero appellati direttamente al popolo.

- Levino, per nulla d'accordo nè con la decisione nè con la lungaggine della procedura, sosteneva che fosse di sua competenza la nomina del dittatore e che non spettasse né al pretore, né ai tribuni. Alla fine il popolo scelse come dittatore Quinto Fulvio (cons. 237 a.c.) che si trovava presso Capua.

- Levino allora, il giorno stesso in cui si tenne l'assemblea della plebe, partì di nascosto nottetempo per la Sicilia. I senatori delusi per il comportamento del console, decisero di inviare una lettera a Claudio Marcello affinché venisse in soccorso della repubblica per eleggere come dittatore chi era stato scelto dal popolo. Alla fine Marcello creò dittatore Quinto Fulvio, il quale a sua volta, per delibera della plebe, nominò come magister equitum il pontefice massimo Publio Licinio Crasso (... - 183 a.c.)

- Levino continuò a governare la Sicilia come proconsole per tutto il 209 a.c., insieme al propretore Lucio Cincio. ( 249 a.c. – ...). Il suo esercito era composto dai resti delle legioni di Gaio Terenzio Varrone e Gneo Fulvio Centumalo Massimo, le quali, per le sconfitte riportate rispettivamente a Canne (216) e nella battaglia di Herdonia (212), erano state condannate a restare all'estero fino alla fine della guerra.

- Intanto il Senato che venissero inviate trenta quinqueremi dell'esercito navale di Levino a Taranto dalla Sicilia al console Quinto Fabio Massimo (275 – 203 a.c.), dell'antica gens Fabia, colui che verrà detto il Cunctator, ovvero il Temporeggiatore. Con il resto della flotta ormai ridotta, Valerio Levino poteva o condurre una campagne in Africa per depredare quei territori, oppure inviarvi, a sua discrezione, i suoi luogotenenti, il propretore Lucio Cincio Alimento o Marco Valerio Messalla.

Infatti il console Fabio Massimo ordinò al figlio, Quinto Massimo (... – 206 a.c.), di recuperare i resti dell'esercito di Fulvio Centumalo (... - 210 a.c.), appena 4.334 soldati, e di condurli al proconsole Marco Valerio, ricevendo in cambio da questi due legioni e trenta quiqueremi.


Gneo Fulvio Centumalo Massimo

Eletto console nel 211 a.c., insieme all'altro console, Sulpicio Galba, venne richiamato a Roma per tenere i comizi centuriati ed eleggere i nuovi consoli per il 210 a.c.. Vennero eletti T. Manlio Torquato e T. Otacilio, che era assente; Manlio Torquato rifiutò la carica, adducendo motivi salute. Si dovette procedere allora ad una nuova votazione e vennero eletti Marco Claudio Marcello e Marco Valerio Levino.

L'anno successivo il comando gli fu prorogato sempre in Apulia, dove rimase a capo di 2 legioni e 2 alae di alleati, ma fu affrontato e sconfitto da Annibale nella II battaglia di Erdonia, dove lo stesso proconsole perì sul campo di battaglia assieme a dieci tribuni militari.


Lungimiranza di Levino

- Marco Valerio, con la sua lungimiranza aveva previsto la manovra e non si fece cogliere impreparato, perchè già da tempo aveva assunto presso di sè e addestrato una grande quantità di disertori Numidi, sia  fanti che cavalieri. Inoltre aveva reclutato delle forze indigene nell'isola, uomini che in passato avevano militato nell'esercito di Epicide o in quello dei Cartaginesi. tutti militari che aggiunse alle due vecchie legioni a pieni ranghi. Il suo esercito era comunque al completo.

- Levino riuscì a mantenere con l'aggiunta di queste milizie straniere le forze pari a due eserciti; comandò quindi a Lucio Cincio di difendere con uno di questi la parte dell'isola orientale, dove una volta sorgeva il regno di Gerone di Siracusa, mentre lui stesso avrebbe presidiato con l'altro esercito la parte dell'isola ad Occidente. Anche la flotta di settanta navi fu spartita in modo da difendere l'intero litorale dell'isola.

- Lo stesso Levino perlustrò la provincia con la cavalleria di Muttine, in modo da prendere nota delle terre coltivate e di quelle incolte, lodando o punendo i proprietari terrieri. E così grazie a questa particolare vigilanza, si ebbe una tale produzione di grano da inviare l'eccedenza a Roma e in parte a Catania, in modo da poter rifornire anche l'esercito che avrebbe dato l'assalto durante l'estate alla città di Taranto.

208 a.c. - Nel 208 a.c., mentre era ancora proconsole, Levino attraversò il canale di Sicilia con cento navi e sbarcò in Africa, saccheggiando i dintorni di Clupea (Tunisia), sbaragliando una flotta punica e ritornando col bottino a Lilibeo (Sicilia). 18 navi puniche vennero catturate dal proconsole Marco Valerio. Le incursioni navali in Africa del proconsole andarono dal 210 al 207 a.c., sempre coronate da vittorie navali.

207 a.c. - L'anno successivo ripeté l'azione con uguale successo, inviando i propri rifornitori intorno alle mura di Utica (Tunisia) e respingendo uno squadrone nemico inviato a tagliargli la via del ritorno. Vittoria navale di Utica conseguita dal proconsole Marco Valerio Levino (17 navi puniche catturate, 4 affondate). Ma non gli fu mai tributato un trionfo.



ULTERIORI MISSIONI (206-204 a.c.)

206 a.c. - Nel 206 a.c. tornò in Italia con i propri contingenti coincidendo con l'arrivo di Magone (219. – 203 a.c.) condottiero cartaginese, il più giovane dei tre figli di Amilcare Barca,.

ATTALO I
205 a.c. - l'anno successivo fu inviato a presidiare Arretium (Arezzo) in Etruria con due legioni cittadine. 

204 a.c. - Venne inviato a Delfi e poi alla corte di Pergamo da Attalo I, assieme ad altri quattro ambasciatori; il loro compito fu quello di portare in Italia la Magna Mater. La "Pietra sacra" di Pessinunte che rappresentava appunto la Grande Madre, Cibele (Kybèle), che dava importantissimi oracoli. 

La missione navale in Asia Minore per prelevare il simulacro della Madre degli Dei, dove Levino fu a capo della legazione inviata in Asia, è riportata anche da Girolamo, Chron., a. A. 1809 (PL XXVII, coll. 475-96), opera di cui si conserva un esemplare postillato da Petrarca. 
Questi cita sempre incidentalmente Levino (cfr. Afr.VI 739-41; Sen. XIV 1, p. 800), eccetto che in TF I 73-75, dove compare in un gruppo di Romani che si distinsero nelle conquiste d'Oriente: Lucio Mummio, Manio Acilio Glabrione e Tito Quinzio Flaminino.

La frigia Pessinunte faceva parte del regno di Galazia: lì si recò un'ambasceria romana nel 204 a.c. inviata dal Senato dopo il consulto dei Libri Sibillini. Il risultato fu il trasferimento del presumibile meteorite a Roma e l'avvio dell'importante culto (anche se la sua piena adozione avvenne sotto l'imperatore Claudio), che aprì Roma ai riti orientali.

204 a.c. - Ancora nel 204 a.c. sostenne in Senato il rimborso dei prestiti volontari al tesoro fatti durante il suo consolato, sei anni prima, come era giusto che fosse.

203 a.c. -  Nel 203, nel dibattito sui termini del trattato da concedere a Cartagine, Levino sostenne la proposta di respingere senza ascoltarli gli ambasciatori e di continuare la guerra, consiglio che fu accettato: questa posizione lo identifica come un appartenente alla fazione guidata dagli Scipioni.

201 a.c. - All'inizio della II guerra macedonica nel 201-200 a.c., Levino fu inviato ancora una volta in qualità di propretore, con una flotta e un esercito, in Grecia settentrionale. Il suo rapporto sulle preparazioni di Filippo diede un nuovo impulso agli sforzi della Repubblica.



LA MORTE

Morì nel 200 a.c.; i figli Publio e Marco ne onorarono la memoria con giochi funebri e combattimenti gladiatorii, celebrati per quattro giorni consecutivi nel foro. Dal 227, quando fu nominato propretore, al 200 a.c. la sua vita fu in guerra, per terra e per mare, senza mai essere sconfitto, senza un attimo di respiro. Ma Roma non dette mai il degno tributo a questo onesto e capacissimo eroe romano.


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