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RUPE TARPEA

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LA RUPE TARPEA

La Rupe Tarpea costituiva il lato meridionale della rocca del Campidoglio dalla quale veniva gettato nel Foro sottostante chiunque fosse stato condannato a morte per tradimento alla patria. 

- Fu il caso di Spurio Cassio Vecellino, console tre volte nel 502, 493, e 486 a.c., che venne portato in giudizio dai due questori Cesone Fabio Vibulano e Lucio Valerio Potito, con l’accusa di aspirare a diventare Re di Roma.

Una volta processato e giudicato colpevole venne gettato dalla Rupe dagli stessi questori.

I membri della famiglia Manlia decretarono allora che in futuro nessuno portasse più il nome di Marco Manlio. Ma dopo un po' il popolo, ora che Manlio non era più un pericolo, cominciò a rimpiangerlo ricordandone soltanto le qualità.

Poco dopo scoppiò una feroce pestilenza che alla maggior parte della gente sembrò una conseguenza dell'esecuzione di Manlio: si pensava infatti che il Campidoglio fosse stato contaminato dal sangue del suo salvatore e che gli Dei non avessero gradito che fosse stato punito quasi di fronte ai loro stessi occhi l'uomo che aveva strappato i loro templi dalle mani del nemico.

- Marco Manlio Capitolino, 384 a.c.
- I ribelli di Tarentum, 212 a.c.
- Lucio Cornelio Crisogono, 80 a.c.
- Sesto Mario, 33 d.c.
- Simone Bar Giora, 70 d.c.

La rupe di Tarpea veniva usata per punire anche le persone che si rifiutavano di testimoniare, visto che erano le uniche fonti di prova avendo i contratti unicamente forma orale. 
Questa condanna a morte attraverso la rupe si mantenne fino a tutto il I sec. d.c..



TARPEIA

"I Romani si erano rifugiati al Campidoglio che i Sabini attaccavano. Il custode del Campidoglio era Spurio Tarpeio. Il re dei Sabini corruppe con oro la figlia di questo, di nome Tarpea, affinché li lasciasse entrare armati nella rocca. La vergine aveva chiesto come premio del tradimento ciò che i Sabini portavano nelle mani sinistre; il re promise e la fanciulla, la quale non temeva alcun tranello, aprì la porta ai nemici per introdurli nella roccaforte. Ma subito pagò le pene del tradimento: infatti i Sabini non solo portavano braccialetti ed anelli che Tarpea aveva denunciato ma anche gli scudi , con i quali abbatterono la ragazza e la uccisero". (Tito Livio)




LA I STORIA

"Tarpeia era una vergine vestale, figlia del guardiano della rocca del Campidoglio, Spurio Tarpeio. Dopo il ratto delle Sabine il popolo dei Sabini mosse in armi contro Roma e assediò la città.

IL SUPPLIZIO DI TARPEA
Gli attaccanti  compresero però che sarebbe stato impossibile prendere la città con la forza, così cercarono una diversa soluzione, e vennero in contatto con la vestale che ingolosita dalle armille (preziosi bracciali) che i Sabini portavano al braccio sinistro scelse di venire a patti con il loro Re, Tito Tazio."

Ora la storia fa un po' ridere, perchè la città è sotto assedio però la sacerdotessa di Vesta entra e esce dall'Urbe a fare due passi e due chiacchiere con gli assalitori.
Inoltre una vestale che porta un'armilla non si era mai vista, le vestali vestivano, si addobbavano e si pettinavano con un modo prescritto e preciso. E' come se una monaca si lasciasse tentare da un bracciale. E quando se lo mette, quando non la vede nessuno?

"Tarpeia, in cambio dei preziosi monili accettò di aprire di nascosto agli invasori le porte della città, di modo che i Sabini entrarono e conquistarono il Campidoglio, e si incontrarono nuovamente con la giovane che reclamava i bracciali. Ma i Sabini ingrati tolte le armille dai loro avambracci le gettarono sulla ragazza insieme anche ai loro scudi di bronzo schiacciandola sotto l’enorme peso."

Ma le porte della città non avevano sentinelle? Bastava solo una chiave per aprirle e per giunta tra i sabini non ce n'era uno che sapesse scassinare una porta? E' evidente che il mito non ha capo nè coda ma ha le sue ragioni.

SUPPLIZIO DI TARPEIA

LA II STORIA

Tutto come sopra solo che Tarpeia non morì sotto il peso degli scudi, ma venne catturata dai romani che si erano accorti del suo tradimento, e per punizione la gettarono giù dalla rupe del Campidoglio, che da quel giorno prese il suo nome. Stessa sorte toccò probabilmente anche al padre Spurio, accusato anch’esso di tradimento.

La rupe da quel giorno si chiamò così, ma prima un nome non lo aveva? La indicavano solo col dito? Anche questa storia sembra una favola.



LA III STORIA

Plutarco fornisce un'altra versione. Tarpeia era in realtà la figlia dello stesso Tito Tazio, il comandante dei Sabini, la quale fu costretta a vivere con Romolo ed ebbe questa sorte per volontà del padre. Ma Tito Tazio era un comandante e non il re dei sabini?




LA IV STORIA

Ce la racconta ancora Plutarco anche se la ritiene poco verosimile, il racconto proverrebbe da un certo Similo, secondo il quale Tarpeia avrebbe consegnato la rocca capitolina ai Celti Boi, non ai Sabini, poiché si era innamorata del loro re.


TARPEIA COPERTA DAGLI SCUDI (19 A.C.)

V STORIA

"Romani et Sabini bellum parabant ; Sabini castra in capitolii radici bus ponebant ; Romulus Capitolium tarpeio in custodiam tradebat . Tarpeio filia erat , tarpeia . Titum Tatium , Sabinorum regem , puella amabat , eiquie promittebat : “Viam ad oppi dum tibi aperiam , si me in matrimonium deces ”. Annuit tatius, sed , cum in capitolium venit , suis multibus dicit : “clipeis vestris Tarpeiam necabitis ”. Sic vita puellam privant."

"I romani e i sabini preparano la guerra; i sabini ponevano l'accampamento ai piedi del campidoglio, Romolo dava a Tarpeo la custodia del Campidoglio. A Tarpeo era una figlia, Tarpea. La fanciulla amava Tito Tazio, re dei sabini, e a quello prometteva: ti aprirò la strada della città se mi sposerai.
Tazio acconsentì ma quando venne in campidoglio disse ai suoi: ucciderete con i vostri scudi Tarpea. Così la fanciulla perse la vita." (Floro)

INTERNO DELLA RUPE EX TAVERNA (1950)

OGGI


Dal punto di vista geologico la rupe è fatta prevalentemente di tufo ed è stata scava nell'antichità per ricavare rifugi, depositi e abitazioni.

Nonostante i continui restauri e lavori di sistemazione rimane una delle zone della Capitale soggette a frane e a crolli. 
Di norma non è visitabile. 
Che dalla Rupe venissero gettati i bambini deformi è pure diceria, probabilmente ci si confonde con Sparta.


INTERNI DELLA RUPE, EX TAVERNA NEGLI ANNI 50

LA VERA STORIA

La Rupe Tarpea era anticamente detta Mons Tarpeum, dove il termine "mons" indicava semplicemente un'altura anche minima, tant'è vero che alcuni dei sette colli di Roma erano chiamati anch'essi Mons, come Mons Palatium, Mons Cispius, Mons Cermalus ecc., che erano minime alture.

Però era anche detta Saxum Tarpeius, letteralmente Rupe Tarpea, e la leggenda della sabina schiacciata dagli scudi nacque dalla divinità che aveva il suo santuario sull'altura, e cioè la Dea Tarpeia, raffigurata mentre emergeva da un cumulo di trofei dei nemici abbattuti.

Tarpeia è colei che estirpa, che taglia, tanto è vero che ne deriva il verbo tarpare, chiara allusione alla Dea Trina nella terza veste di colei che porta la morte tagliando il filo della vita. Le antiche Dee Madri avevano tre prerogative:
1) davano la vita
2) nutrivano
3) toglievano la vita

Si trattava ovviamente della Natura divinizzata. Nella veste di colei che toglie la vita era anzitutto Dea della guerra, che nell'età del Ferro, quando iniziarono le guerre, divenne il ruolo preponderante. La Dea mortifera pertanto difendeva la terra dei nativi e colpiva i nemici in battaglia, ma era anche colei che puniva coloro che avevano offeso la vita dei concittadini, con i delitti o il tradimento.

Pertanto fin dall'antichità la Dea aveva un lato mortifero in nome del quale si gettavano dalla rupe i rei di tradimento, sicuramente non i neonati deformi perchè la Dea era madre di tutti (e poi non ve ne è citazione).

Il detto: "Ab Capitolium ad Tarpea" era riservato a coloro che pur avendo avuto alte cariche (celebrate nel Campidoglio), finivano per morire sulla rupe, come dire "Dalle stelle alle stalle", ma riguardava appunto ed esclusivamente i maschi adulti e in carriera.

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