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MONS AVENTINUS

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PANORAMICA DELL'AVENTINO

L'Aventino è uno dei sette colli su cui venne fondata Roma, ed è il colle posto più a sud,  tra il Circo Massimo e le Terme di Caracalla. Originariamente il colle si chiamava "Mons Murcius", dai mirti che lo ricoprivano e solo successivamente assunse il nome attuale. La collina ha una forma più o meno trapezoidale, con pendici piuttosto ripide, che arriva a sfiorare il Tevere. Tra i sette colli era quello più isolato e di accesso più difficile. Dalla parte orientale, mediante una sella, è collegato a un altro piccolo colle, chiamato "Piccolo Aventino". La sua altezza massima è di 46,6 m s.l.m. (misurato davanti alla chiesa dei SS. Bonifacio e Alessio).

Secondo gli storici gli abitanti dell’Aventino erano plebei, e in gran parte artigiani e commercianti, per cui usarono come strumento di lotta politica uno sciopero chiamato “secessio plebis”, ovvero “secessione della plebe”. Così, per salvarsi dalla prepotenza dei patrizi, più volte organizzarono una rivolta non violenta ritirandosi sull’Aventino e rifiutandosi di partecipare alla vita politica ed economica della città fin quando le loro richieste non venivano accettate. Vi furono diverse “secessioni” nei primi secoli della Repubblica, tra il V e il III sec. a.c., quasi tutte vinte dai plebei. Nella prima “secessione” infatti i plebei ottennero la creazione dei Tribuni della plebe, carica politica riservata solo a loro.



ETIMOLOGIA

- Secondo alcuni autori il nome potrebbe derivare da un certo re di Albalonga (città del Latium vetus), tale Aventinus figlio di Ercole, che fu colpito dal fulmine ed ivi sepolto,
- oppure da "ab adventu hominum" che era la denominazione di un tempio dedicato a Diana (dove inutilmente cercarono rifugio Gaio Gracco e i suoi sostenitori) dove si recavano gli uomini con le barche,
- o da "ab advectu", ossia trasportato su acqua a causa delle paludi che lo circondavano,
- o ancora, secondo Nevio (275 - 201 a.c.), da "ab avibus" per gli uccelli che vi si dirigevano dal Tevere per fornire gli auguri a Remo,
- o per l'avena che vi si coltivava e di cui si faceva commercio nel mercato della valle sottostante,
- o secondo Varrone dal fiume sabino Avente che lo lambiva.

In seguito il colle diventò un quartiere soprattutto artigianale e mercantile, frequentato da stranieri ed esterno al pomerio, anche se le Mura Serviane lo recingevano già nel VI secolo: solo all'epoca di Claudio la collina venne inclusa nel pomerio.

La zona si divideva in un "Aventino" vero e proprio, tra il fiume Tevere e la valle in cui sorse il Circo Massimo, e "Aventino minore" (attuale "San Saba"). In età repubblicana entrambi i settori si chiamarono "Aventino", ma con la suddivisione augustea della città in 14 regioni furono suddivisi tra le regioni XIII (Aventinus) e XII (Piscina Publica).

MITREO PRESSO IL PALAZZO PANTANELLA
VICINO AL CIRCO MASSIMO
L'Aventino nella fondazione di Roma è legato alla leggenda di Ercole e Caco. che viveva nell'Aventino e terrorizzava i vicini con i furti, tra cui parte della mandria dei buoi che Ercole aveva a sua volta rapito al mostro Gerione, mentre Ercole li portava ad Argo.

Caco aveva portato le bestie nella sua grotta trascinandole per la coda, in modo che le orme rovesciate indicassero la direzione opposta, ma una delle bestie rispose al richiamo di Ercole, permettendogli di scoprire la grotta puntellata da Caco con un masso. Ercole, con una rupe aguzza, si aprì un varco nella spelonca. Il mostro vomitò fuoco; ma Ercole afferrò Caco strizzandolo da fargli uscire gli occhi dalle orbite, e lo uccise.

Remo scelse l'Aventino per avvistare gli uccelli in volo nella disputa con il fratello Romolo per la scelta del luogo di fondazione. Il colle fu poi inserito nella città da Anco Marzio, che l'avrebbe popolato con le città conquistate (Ficana, Medullia, Tellenae e Politorium) e per questo venne circondata di mura. Il colle infatti non era difficile da espugnare, in quanto era basso e largo, aveva un perimetro di 18 stadi, ed era coperto da una fitta selva di diverse specie di alberi, tra i quali l'alloro.

Più tardi venne inserito nella prima cinta muraria (VI secolo) e successivamente nelle repubblicane mura serviane, pur restando fuori del pomerio fino all'età di Claudio (regno 41 - 54). Grazie alla sua posizione rispetto al porto fluviale (Emporium), l'Aventino divenne una colonia mercantile di stranieri.

RESTI ROMANI ALLE PENDICI DELL'AVENTINO

EPOCA REPUBBLICANA

Fu tradizionalmente sede dei plebei, contrapposta al Palatino sede del patriziato: nel 456 a.c. la legge Icilia ne dette infatti la proprietà del colle ai plebei, che cominciarono così a costruirvi le loro abitazioni abbandonandone le capanne. Furono edificati altri templi, come quello dedicato a "Giunone Regina" dedicato da Camillo dopo la distruzione di Veio nel 396 a.c., il "Tempio di Vertumnus", fondato da M. Fulvio Flacco e quelli di "Luna", "Iuppiter Liber" e "Libertas".

Il colle ebbe quindi il carattere di quartiere popolare e mercantile (anche per la sua posizione privilegiata presso l'antico porto fluviale dell'Emporium), ma anche di una certa cultura visto che in questa epoca vissero qui i poeti Ennio e Nevio. Sia il porto tiberino che i santuari circostanti di Fortuna et Mater Matuta e di Portunus, la divinità tutelare del porto, vennero edificati nel VI secolo a.c. da Servio Tullio, come testimoniano alcuni scavi avvenuti sotto i primi due santuari.

Intanto gli aventinesi avevano occupato il piccolo Foro Boario alla pianura a sud dell'Aventino, dove nel II secolo a.c. vennero costruiti il nuovo porto fluviale (Emporium), il più capiente Porticus Aemilia e i grandi magazzini e depositi degli Horrea Galbana, Lolliana, Aniciana, Seiana e Fabaria, oltre al Forum Pistorium, il mercato del pane ubicato nella XIII Regione augustea.

Nel 1931, durante i lavori di ristrutturazione del Museo ex edificio Pantanella, si rinvenne, ad una profondità di 14 metri, un edificio pubblico del II secolo d.c. con un mitreo del secolo successivo, costituito da quattro ambienti. Sotto un grande arcone in laterizio, si è rinvenuta una grossa anfora interrata.

Qui si trovava la via Marmorata, dove si rinvennero inoltre tracce del transito dei marmi. Alle spalle di questi edifici si strutturò il famoso Monte Testaccio, detto Monte Dei Cocci, una collina artificiale alta 30 metri, creata dall'accumulo dei cocci delle anfore colme di vini e di oli portate a Roma come tributi pagati da tutte le province dell'Impero, nel corso di tre secoli tra il I e il III d.c., soprattutto per i cocci di anfore d’olio provenienti dalla Spagna.

RESTI DEL PORTICUS AEMILIA (TESTACCIO)


EPOCA IMPERIALE

In età imperiale, invece, con lo spostamento del porto Tiberino e delle sue attività commerciali, i plebei si trasferirono presso l'Emporium, e dall'altra parte del fiume, in Trastevere. Qui la zona ebbe toni più aristocratici e crebbero dimore di lusso. Qui nacquero e in parte vissero i Vitelli, i Pollioni, Traiano, Decio e Adriano.

Questo nuovo carattere di quartiere aristocratico fu probabilmente la causa della sua totale distruzione durante il sacco di Roma di Alarico I nel 410. Tra le residenze aristocratiche, tra le quali le case private di Traiano e di Adriano prima che divenissero imperatori (privata Traiani e privata Hadriani) e di Lucio Licinio Sura, amico di Traiano. Vi vissero inoltre l'imperatore Vitellio e il praefectus urbis Lucio Fabio Cilone, al tempo di Settimio Severo.

Sono state scavate delle domus sotto Santa Sabina e Santa Prisca. Nel "Piccolo Aventino" si è rinvenuta la Domus Cilonis, casa di Lucio Fabio Cilone, praefectus urbi nel 203 e console nel 204, che l'aveva ricevuta in dono da Settimio Severo e che è stata individuata sotto la chiesa di Santa Balbina.

Nel 1958 venne rinvenuta la cosiddetta Domus Bellezza (in Largo Arrigo VII, non distante dal mitreo di S.Prisca) di epoca tardo repubblicana. La parte scavata della domus, detta talora anche "Picta" ed a 12 metri di profondità, è formata da due stanze (quella delle colonne ioniche e quella con gli affreschi in giallo) e da un criptoportico. Gli affreschi sono in genere del IV stile, i pavimenti ben conservati sono su fondo di "cocciopesto". 

Tra le case demolite per far posto alle terme di Caracalla ce n'era una scavata nel 1858 sotto la vigna Guidi, che presentava numerosi ambienti ricchi di mosaici, pitture e sculture: durante un saggio successivo (1970) sono stati ritrovati i resti ben conservati e ricostruibili di un soffitto dipinto e si è riusciti a datare il complesso al 130-138 a.c.

Come edifici pubblici vi erano le Termae Suranae, di epoca traianea, edificate da Lucio Licinio Surae, le Termae Decianae, edificate dall'imperatore Decio nel 249 e le Terme di Caracalla, dalla clientela più popolare, costruite tra il 212 e il 216, sulle sue pendici del monte verso la via Appia. Vi sorgeva inoltre la caserma (statio) della IV coorte dei vigili. La popolazione più povera si era nel frattempo spostata più a sud, nella pianura vicina all'Emporium e sull'altra riva del Tevere.



I TEMPLI

Come già detto l'Aventino fu sede del tempio della Luna una divinità straniera di importazione, ma accolse pure il tempio di Diana, un santuario federale eretto da Servio Tullio e il tempio di Minerva.

Vi vennero anche trasferiti, soprattutto dai ricchi commercianti navali, i culti delle città conquistate e distrutte con il rito dell'evocatio (ossia il trasferimento a Roma della divinità protettrice della città sconfitta), come il tempio di Giunone Regina (da Veio) e quello di Vertumno (da Volsinii, oggi Bolsena).

Altri santuari erano quelli di Iuppiter Liber e della Libertas mentre verso il Circo Massimo fu costruito nel 495 a.c. un tempio di Mercurio e nel 493 a.c., ad opera del dittatore nel 499 a.c. Aulo Postumio, e in seguito al responso dei Libri sibillini, venne edificato il santuario dedicato a Cerere, Libero e Libera (corrispondenti a Demetra, Dioniso e Kore). 
Verso la valle, non distante dalla Porta Trigemina, si trovava un altare dedicato al semi-Dio Evandro, capo degli Arcadi provenienti da Argo. E non mancò, di derivazione orientale, il tempio dedicato a Giove Dolicheno, del 138; un Iseum (santuario della dea egiziana Iside Athenodoria) che sorgeva dove ora vi è impiantata sopra la basilica di Santa Sabina.
Diversi  mitrei venero poi cancellati dalle chiese di Santa Prisca e di Santa Balbina (mitreo di Santa Prisca e mitreo di Santa Balbina). Sul Piccolo Aventino aveva sede il tempio della Bona Dea, detto anche della Bona Dea Subsaxana.



LE VIE DELL'AVENTINO

Il Vicus Piscinae Publicae (oggi viale Aventino) segnava il confine tra le due Regio augustee del colle. Il suo prolungamento oltre le mura serviane si chiamava Vicus Portae Raudusculanae (oggi viale della Piramide Cestia).

La via che salì sulla collina ebbe il nome di Clivus Publicius (Clivo dei Publici), che saliva dal Foro Boario fino alla via di Santa Prisca e al Vicus Piscinae Publicae. Da esso si staccava il Vicus Armilustri (attuale via di Santa Sabina), che andava verso sud fino alla Porta Lavernalis nelle mura. Un'altra via usciva dalla Porta Trigemina lungo una strettoia tra Aventino e Tevere, per poi seguire il percorso dell'attuale via Marmorata e dare infine origine alla via Ostiense.




GLI SCAVI


VIGNA CIAMPONI 

Patti per una cava di pietra nella vigna di Jacopo Ciampoui, con riserva per gli oggetti di antichità.

« 1565. In mei coustituti d. Jacobus ciampouiis ex una, et Johannes q. Genesij de pesola comitatus placentie cavator pretariarum habitator in regione S. angeli ad Sanctam Hanastasiam in domo baptiste de fossambrono hospitis ex alia partibus, qui sponte contraxerunt societatem ad invicem super quadam cava pretarie cum infraptis Capitulis. Imprimis detto me. Jacobo promette mettere la vigna sua posta in luogo detto monte aventino per far cava di pietre et cominciare nel luogo designato per dicto Johanni et seguire con l'infpti Capituli sin tanto durara detta Cava.

Item che nel cavare dedetta cava de pretara trovandosi Trivertini, marmo, peperini et altre robbe, essetto figure et oro et argento, sia et dividere se "debbia in questo modo cioè, delle quattro parte una parte al d.° Giovanni, e l'altre tre quarte per esso me. Jacomo, et desse figure et oro et argento siano libere d'esso me. Jacovo. (Seguono i patti sulle spese).

Actum Home in domo mei notarij regionis pince presentibus Ibidem detto Hieronimo Macharano ac detto paulo angelo Junense de Spoleto "
[Not. Stefano Maccarani, prot. 973, e. 471].



VIGNA DI FABIO E FLAMINIO GALGANO


« Flaminio Galgano padrone di una vigna incontro santo Savo, dove si cavano li tufi per far le mura della città, essendo tutto quel monte nelle radici dell'Aventino, mi raccontò che, cavandosi nel tufo, si trovò uno stanzino molto adorno col pavimento fatto di agata e corniola, e li muri foderati di rame dorato con alcune medaglie commesse, con piatti e boccali di rame ... ma ogni cosa aveva patito fuoco. Il detto stanzino non aveva ne porto ne finestre " (Vacca, Mem. 101). 

Flaminio ha legato il suo nome anche agli scavi celeberrimi della Moneta, dei quali sarà parlato in appresso. Fabio Galgano, fratello del suddetto " nella medesima vigna vi trovò un vaso d'alabastro cotognino, che nella panza era largo quattro palmi e mezzo, e sei palmi alto col coperchio, così sottilmente lavorato che . . . mettendovi dentro un lume traspariva mirabilmente, ed era pieno di cenere. Dopo la morte di esso Fabio parmi l'avesse il granduca Cosimo on altre belle anticaglie dal suddetto adunate " (Vacca, Mem. 102).

Dalle cave di san Saba dei Galgano furono pure tratte le 4167 some di pietra messe in opera da Pio IV nella fabbrica della Madonna degli Angeli. Vedi tomo preced. p. 137.




VIGNA Dì GIUSEPPE GRILLO

« Nelle radici del monte Aventino verso santo Savo, nella vigna che oggi è del sig. Giuseppe Grillo, fu scoperto: 
- un Fauno di marmo a sedere, di grandezza naturale e di eccellente maestro, 
- con altri frammenti di statue,
- un caldaio di rame pieno di medaglie di metallo di grandezza quanto un quattrino, tutte ricoperte dalla terra che non ho mai potuto chiarirmi di chi siano: 
- certi manichi di socchietti di rame
- un paio di forbici di ferro lunghe da due palmi e mezzo di quella sorte che usano gli stagnari, e quelli che tagliano il rame . . . 
Questo trovò l'anno passato (1593), e cavando non è dubbio che si troveranno della altre cose ». 

(Vacca, Mem. 118.)


VIGNA MACCARANI


La sua giacitura e i confini possono riconoscersi nella pianta del Novi ; ma l'aspetto del luogo è oggi cambiato dopo l'apertura del viale del Testaceo e del viale di porta s. Paolo. Vi furono trovati i piedistalli dedicati da varie persone a C. Caerellius "Fufidius Annius Ravius Pollittianus CIL. 1360 (1305-1367) indici del sito della sua casa. 


VIGNA PERINI 

« Facciamo fede Noi depositari della Depositeria del Venerabile sacro monte della Pietà di Roma qualmente a di 16 di Marzo 1577 è stata venduta et deliberata publicamente al incanto la vigna del quondam messer Giulio peri no posta dentro di Roma presso la chiesa di Santo Savo confina da una banda con li beni del signore Curtio Cenei dall'altra delli heredi di messer Lutio boccabella dietro messer Fabio Galgano et avanti la via publica, senza casa ma solo un pò di Vasca et certe altre anticaglie et con altri più veri confini etc. a messer Alessio Cipriani per prezzo di scuti ducente et cinque di moneta con dechiaratione che di detta summa si habbino a pagare le risposte di detta vigna decorse.
Questo di 21 di Marzo 1577 in Roma »
[Not. Jacopo Gerardi, prot. 8573, e. 466]. 



GIARDINO DI S. SABINA


« Fu nel colle Aventino la gran casa de' Petronii . . . nell'hortulo dela chiesa di s. Sabina, à sinistra della parte di dietro di essa chiesa, ove sono trovate molte rovine d'ornamenti di marmo di colonne et imbasamenti et dell'architettura », e la base inscritta dedicata a M. Petronius M. f. Honoratus dai negotiatores olearii ex Baetica CIL. VI, 1625. Il Ligorìo aggiunge essere stato ritrovato nella stessa occasione un secondo piedistallo dedicato « Genio Horreorum Petronianorum » CIL. Vr\ 288, la quale cosa è di sua pretta invenzione; e prosegue: « Vicino alla casa Petronia era quella di Lolliani verso la chiesa di santo Alexio . . . quivi ancora cavandosi le rovine antiche, furono scoperte molto colonne di marmi peregrini et cose de Bagni et alcune inscrittioni » fra le quali il piedistallo dedicato a Q. Flavius Maesius Egnatius Lollianus, CIL. VI, 1723.

« Nel pontificato di Gregorio XIII nel medesimo monte Aventino, negli orti di s. Sabina, vi furono trovati una gran quantità di mulini, ovvero macinelli da macinare a mano, fatti di quella pietra rossa che si trova a Bracciano. Si crede che in quel luogo vi fosse qualche fortezza (il palazzo fortificato di Onorio III Savelli) . . .
vi erano anche molti muri di case plebee, e perchè detto Aventino è fortissimo dalla parte del Tevere sino a Testacelo, mi do a credere se ne servissero per fortezza ». 

(Vacca, Mem. 80).




VIGNA SANGES (Sanchez?) o ZANES


Nicolao Florent racconta essere state scoperte « in vinca Hannibalis Zanesii advocati . . . mense martio » le tre basi, CIL. VI, 396-398, dedicate a Giove « et Genio Venalici ». Il sito preciso di questa vigna è indicato da Ligorio Torin, XV, 68: « Cavandosi a questi giorni nel spatio dell'ultime parti del monte Aventino, fra la parte di dietro della chiesa di Santo Savo et le mura di Roma, nella vigna di Hanniballe Sanges sono scoperti muri rovinati et di case private et d'altre cose ».


VIGNA SANTACROCE


« Nella vigna di M. Valerio S. Croce sul monte Aventino presso a s. Prisca. Qui nel giardino si vede 
- un Consolo vestito con la pretesta, e con un bastócello in mano, nella guisa che i consoli andavano. - un altro Consolo picciolo nel medesimo liabito e gesto
- una Venere assai bella, ignuda dalla metà in giù. 
- un torso d'huomo posto sopra una colonna antica
- statua d'una donna vestita, e collocata in capo della strada » 
(Aldovrandi, ed. Mauro, p. 232.) 


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