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M. LIVIO SALINATORE - M. LIVIUS SALINATOR

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MARCO LIVIO SALINATORE

Nome: Marcus Livius Salinator
Nascita: 254 a.c.
Morte: 204 a.c.
Consolato: 219 a.c., 207 a.c.


Marco Livio Salinatore (254 – 204 a.c.), ovvero Marcus Livius Salinator

- fu console insieme con Lucio Emilio Paolo e poi con Gaio Claudio Nerone,
- fu vincitore durante la II guerra illirica (220 - 219 a.c.)
- partecipò alla sconfitta di Asdrubale al Metauro (207 a.c.);
- fu censore nel 204

Il cognomen (Salinator) derivò dall'istituzione di una tassa sul sale, da lui promossa durante la censura, e che divenne ereditario nella sua famiglia.



LA II GUERRA ILLIRICA (220 - 219 a.c.)

Annibale, nel 221 a.c. aveva assunto il pieno comando della Spagna cartaginese e stava occupando militarmente tutta l'area a sud del fiume Ebro..Allora il senato romano inviò l'anno successivo entrambi i consoli contro gli Illiri, abitanti della penisola balcanica (parti della Serbia, Bulgaria, Slovenia, Romania) nord-occidentale (Illiria e Pannonia) e della costa sud-orientale della penisola italiana (Messapia). che si erano ribellati a Roma nel 219 a.c..
FILIPPO IV
L'antefatto era che Demetrio di Faro (reggente dell'Illiria e tributario di Roma,  - ... - 214 a.c.) si era alleato con il re macedone Antigono Dosone (re dal 229 al 221 a.c.), supportandolo nella guerra contro Cleomene III, re di Sparta, onde ottenere il potente appoggio della Macedonia, pensando che Roma fosse troppo impegnata nella conquista della Gallia Cisalpina e contro Cartagine ed Annibale per occuparsi di altri fronti.

Demetrio compì atti di pirateria sulle coste del mare Adriatico, saccheggiando e distruggendo le città illiriche soggette ai Romani, e violando il trattato stipulato al termine della I guerra illirica (230 - 229 a.c.), avendo l'ardire di navigare con ben 50 lembi (imbarcazioni aperte e leggere) oltre Lissa (Alessio, in Albania).

Devastò molte delle isole Cicladi, e conquistò la città di Pylos (Navarino), catturando oltre 50 navi. Mandò poi una forte guarnigione a Dimale (presso Durazzo), eliminò tutti gli oppositori politici dalle città conquistate, affidando il governo ad amici suoi e mise 6.000 armati a presidiare l'isola di Faro (Lesina).

Demetrio però non immaginava che ai Romani facesse gola il ricco regno di Macedonia, per cui il senato decise di punire le violazioni al trattato precedente e reagirono tempestivamente, punendo Demetrio per la sua ingratitudine e temerarietà.

Quando gli ambasciatori romani avuta la sensazione che Annibale stesse cercando a tutti i costi la guerra, informarono il Senato romano che, di fronte alla minaccia di una nuova guerra, prese le misure necessarie per consolidare le proprie conquiste anzitutto ad oriente, proprio in Illiria.

Nel 219 a.c. il Senato romano, infatti, assegnò il comando della flotta romana al console Lucio Emilio Paolo, che in breve occupò le principali roccaforti nemiche, a partire da Albania, conquistata in soli sette giorni, che atterrì talmente il nemico da fargli dichiarare la resa.

Cadde, infine, la stessa Pharos (che il console rase al suolo per rappresaglia).  La sconfitta costrinse Demetrio a rifugiarsi presso Filippo V (238 – 179 a.c.), alla cui corte trascorse il resto della propria vita, diventandone uno dei consiglieri più ascoltati. I Romani inviarono una ambasciata presso la corte macedone, per chiederne la consegna, ma senza risultati.

Il console romano Lucio Emilio Paolo (console nel 219 a.c.), sottomise il resto dell'Illiria, riorganizzandola nuovamente, per poi fare ritorno in patria verso la fine dell'estate, dove gli fu concesso, insieme al console Marco Livio Salinatore, il meritato trionfo.

Polibio attribuisce questi risultati a Emilio Paolo, ma da altre fonti sappiamo che la guerra fu condotta da entrambi i consoli che infatti ebbero infatti il trionfo assieme nel 219 a.c. Verso la fine del 219 a.c., fu inviato come ambasciatore dal Senato romano a Cartagine, dopo l'Assedio di Sagunto, per capire se fosse stato Annibale ad aggredire Sagunto oppure se avesse ricevuto l'ordine dal senato cartaginese.

ASDRUBALE
La delegazione era composta da
- Quinto Fabio Massimo Verrucoso,
- Marco Livio Salinatore,
- Lucio Emilio Paolo (console 219 a.c.),
- Gaio Licinio Varo
- Quinto Bebio Tamfilo.

Il fatto che fosse stato mandato come ambasciatore in una missione così pericolosa e delicata insieme, dimostrava che il senato aveva grande fiducia in lui.

Nonostante ciò al ritorno dalla missione a Cartagine, subì un processo insieme a Emilio Paolo perché accusati di aver diviso non correttamente il bottino di guerra. Paolo riuscì a sfuggire all'accusa anche se con difficoltà, in quanto rampollo di una famiglia molto potente, mentre Livio fu condannato da tutte le tribù meno una. Sembra che la sentenza fosse ingiusta e Livio si ritirò nei suoi possedimenti in campagna dove rimase per alcuni anni senza partecipare alla vita politica.

Siamo portati a pensare che Livio fosse innocente, altrimenti avrebbe prima o poi tentato di ricucire la cosa, ma Livio, la cui depressione è comprensibilissima per il torto subito, era uno che non dimenticava mai, che si portava i rancori all'infinito.



LIVIO SENATORE E CONSOLE

Dopo sette anni, nel 210 a.c., durante la II guerra punica, Roma non poteva più di fare a meno di un qualsiasi cittadino nella guerra per la sopravvivenza e Livio Salinatore fu richiamato dai consoli e fu invitato a riprendere il suo posto in Senato, da dove era stato ingiustamente espulso, dove però non parlò per altri due anni finché non fu spinto a prendere parola per difendere, nel 208 a.c., un suo parente, M. Livio Macato, accusato anch'egli ingiustamente. Tacere per due anni in una assemblea non sarebbe facile per nessuno, ma Livio era pervicace.

SITUAZIONE DEL MEDITERRANEO NEL 218 A.C. (MAPPA INGRANDIBILE)
L'anno successivo, il 207 a.c. fu eletto console per la seconda volta assieme a Gaio Claudio Nerone Il secondo consolato (207 a.c.) L'invasione dell'Italia settentrionale da parte di Asdrubale Barca aveva reso ancora più pressante la richiesta di generali esperti.

La costituzione romana imponeva che uno dei due consoli fosse plebeo e la morte di molti generali plebei aveva lasciato praticamente disponibile solo Livio.

Quindi la repubblica cercò di affidare a lui la propria salvezza. Livio rifiutò con decisione la propria candidatura: "Se lo ritennero un uomo buono, perché lo condannarono così come un uomo cattivo e dannoso? Se lo giudicarono colpevole, perché dopo un precedente consolato giudicato male, gli affidano un altro?"

I senatori gli rammentarono come Furio Camillo ritornato dall'esilio, avesse salvato la patria, insomma dovettero pregarlo a lungo, il che fa pensare però che lo ritenessero un bravissimo generale. Alla fine si arrese agli appelli del Senato e accettò l'elezione al consolato.



BATTAGLIA DEL METAURO

Salinatore procedette nella guerra con un forte risentimento nei confronti dei suoi compatrioti. Quando Fabio Massimo (il Temporeggiatore) lo invitò a non dare battaglia finché non fosse stato ben informato delle forze nemiche, Livio rispose, che avrebbe combattuto appena possibile, per poter guadagnare la gloria dalla vittoria oppure la soddisfazione di vedere la sconfitta dei suoi concittadini.

Tuttavia il suo comportamento fu ineccepibile. Per estrazione a sorte Livio doveva opporsi ad Asdrubale nel nord e Nerone doveva combattere contro Annibale nel sud. Asdrubale voleva riunirsi con Annibale, ma alcuni messaggeri inviati al fratello, per portare le indicazioni sui suoi movimenti e proporgli di riunirsi in Umbria, furono intercettati da Nerone.

Questi allora inviò subito 7.000 uomini e poi raggiunse Livio nel suo accampamento a Sena (Senigallia). I due consoli decisero di ingaggiare subito battaglia; ma Asdrubale, avendo saputo dell'arrivo dell'altro console, evitò il combattimento e si ritirò verso Ariminum) Rimini. I Romani lo inseguirono e lo costrinsero alla battaglia sul Metauro.

Nella battaglia l'esercito cartaginese fu completamente sconfitto e Asdrubale stesso cadde in combattimento. Il trionfo I consoli celebrarono il trionfo alla fine dell'estate, Livio sul carro e Nerone che cavalcava al suo fianco.

Livio ebbe il posto più prestigioso perché la battaglia si era svolta nel territorio assegnatogli come provincia e aveva tratto gli auspici, anche se l'opinione pubblica riteneva che il merito della vittoria fosse più di Nerone. Inoltre il suo esercito era potuto rientrare a Roma, mentre l'esercito di Nerone era dovuto rimanere per disposizione del Senato a bada di Annibale in provincia.



IL DICTATOR

Nello stesso anno, il 207 a.c., Livio fu nominato "dictator comitiorum habendorum causa" (dittatore per radunare i comitia per le elezioni) e l'anno successivo come proconsole stette in Etruria con un esercito costituito da due legioni di "volones" e il suo imperium fu prolungato per altri due anni. I volones erano i volontari, arruolati dopo la battaglia di Canne, dato che per le morti numerose non c'erano più uomini liberi per completare le legioni.

Vennero infatti arruolati 8.000 schiavi giovani e di robusta costituzione che si offrirono volontari e che ricevettero un'armatura a spese dell'erario con la possibilità di affrancarsi. Essi parteciparono poi alla Battaglia di Cuma (215 a.c.), a fianco del console Tiberio Sempronio Gracco. Da allora il termine Volones il termine indicò gli schiavi che erano scelti o a cui era accordato di prendere le armi in difesa dei loro padroni, conquistandosi così l'affrancamento.

Verso la fine del 205 a.c. Livio avanzò dall'Etruria nella Gallia Cisalpina, per sostenere il pretore Spurio Lucrezio, che doveva fermare Magone (219 – 203 a.c.), il generale cartaginese figlio di Amilcare Barca che era sbarcato in Liguria. Entrambi riuscirono a arrestare Magone giusto in Liguria.



IL CENSORE

Nel 204 a.c. Livio fu eletto censore assieme al suo vecchio avversario ed ex-collega consolare Claudio Nerone, con cui i vecchi rancori scoppiarono senza ritegno durante la censura  provocando scandalo nello Stato. Alla fine della censura, quando i censori dovevano rendere i consueti giuramenti e depositare le annotazioni del loro ufficio nell'aerarium (attribuendogli una tassazione), ciascuno lasciò il nome del suo collega fra gli aerarii e Livio, inoltre, lasciò come aerarii i cittadini di tutte le tribù, perché lo avevano condannato e poi eletto al consolato e alla censura.


Salvò solo la tribù Maecia, l'unica che non lo aveva condannato. L'indignazione dei romani per questi comportamenti scorretti spinse Cn. Baebius, il tribuno della plebe, a portarli in tribunale.  Diciamo che ambedue i censori avevano anteposto i loro interessi e pure i loro rancori davanti agli interessi dello stato e ciò era imperdonabile. Tuttavia il processo fu lasciato cadere per volere del senato, che sosteneva il principio di inviolabilità dei censori.

Livio, durante la sua censura, impose una tassa sul sale, di conseguenza ebbe il cognomen non brillante di Salinator e così i suoi discendenti. Evidentemente la tassa non fu gradita e la sua figura ancora meno, nonostante le vittorie e il valore sul campo. Tanto può un cattivo carattere.

Secondo la tradizione, Marco Livio Salinatore, o più probabilmente suo figlio Gaio Livio Salinatore (console 188 a.c.), fondò la città di Forlì, col nome di Forum Livii, probabilmente nel 188 a.c.


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