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TIBERINALIA (8 Dicembre)

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ISOLA TIBERINA

TIBER PATER

Tito Livio, nel Libro II, riporta la preghiera rivolta da Orazio Coclite prima che si getti nel fiume nella battaglia contro gli etruschi sul ponte Sublicio: "Tiberine pater te sante precor", O Tiberino, a te indirizzo le mie preghiere, padre santo. Nell’Eneide compare una formula simile: "Tuque, o Tybri, tuo genitor cum flumine sancto", "O padre Tevere, con il tuo santo corso". E' l’invocazione per Enea in guerra con Latino per la conquista del Lazio.

Dunque il Tevere è padre e il termine Pater è molto arcaico riservato agli Dii Indigetes, ovvero "divinità indigene", non importate da altri culti o religioni, delle quali, in quanto proprie, non è consentito divulgare il nome, tanto che la formula invocativa completa non viene scritta ma solo tramandata oralmente tra i sacerdoti. Il Pater era di solito un Dio Padre che si univa con una Dea Madre, che in questo caso sembra fosse Gea, almeno secondo alcune tradizioni.

Egli appare nell'iconografia come un uomo adulto, barbuto, robusto, incoronato dall’intreccio di foglie acquatiche mentre, mollemente adagiato, porta con sé una cornucopia e spesso un remo. A volte accanto a lui stanno la lupa e i gemelli o la prua di una nave. In suo onore il Dio Tevere aveva un antico santuario sull'isola Tiberina. Orazio, ricordando uno straripamento del fiume dopo la morte di Cesare, chiama Tiberino sposo di Ilia o Rea Silvia, che egli avrebbe accolto nelle sue acque, cacciata da Amulio.

TIBER PATER
Secondo i vari autori poi il Dio era fratello di Fonto, Dio delle sorgenti, e figlio di Giano e di Giuturna, signora delle acque, ma questo quando non fu più Pater. Nel libro VIII dell'Eneide il Dio Tiberino, in forma di vecchio avvolto da un velo verde grigio e coronato di canne, appare in sogno ad Enea e gli suggerisce di risalire la corrente del fiume fino al Palatino, ove sorge il Pallanteo di Evandro. Successivamente diventa un Dio a sè stante con la sua festa e i suoi riti, tanto è vero che aveva un flamine addetto esclusivamente al suo culto.

In tempi arcaici c'era la festa delle Portunalia, la festa del porto dedicata al Dio Portunus o Portunnus, che secondo alcuni era solo Dio delle porte esteso poi a Dio dei porti, un po' opinabile visto che gli Dei delle porte furono Ianua e successivamente Giano (da Ianuus). E' vero che ogni pagus aveva i suoi Dei ma Ianua (poi Giunone) e Giano (da cui Gianicolo) furono divinità importanti per i romani.

Per Portunus c'era la festa delle Portunalia, che vennero poi assimilate alle Tiberinalia (o Tibernalia), ma non perchè si trattasse della stessa divinità anche se lo suppone Theodor Momsen.

Semplicemente il Tevere era la base di tutti i traffici di Roma, quindi fiume navigatissimo e invocatissimo dai marinai e dai commercianti, ma pure dai soldati seppur avessero porti più attrezzati per loro, come quello di Miseno. Il Tevere ebbe tra i suoi appellativi quello di "colubrum", serpente, per la tortuosità delle sue anse viste dall’auguraculum, il punto di osservazione degli auguri sulla rocca capitolina.



LE FESTE

Al Dio Tevere vennero dedicate da sempre delle feste importanti romane:
- i Ludi Saeculares (Ludi Tarentini) ad Tiberim, presso il Tevere, ovvero sacrifici devoluti a Dite e Proserpina,
- i Ludi Piscatorii dove la prima pesca veniva sacrificata al dio Vulcano,
- La Tiberina Descensio, la Discesa al Tevere, che vedeva il popolo in festa sulle barche in onore alla Diva Fortuna.
- La festa degli "Argei" consisteva nel gettare fantocci di vimini nel fiume si dice forse per scongiurare le inondazioni provocate dal Dio Tiberino.
- infine c'erano le Tiberinalia che sembra si svolgessero anticamente in primavera, per l'inizio della navigazione, ma furono invece più seguite quelle di dicembre, esattamente dell'8 dicembre, nell'anniversario della fondazione del tempio dedicato al Dio sull’Isola Tiberina, feste che si vogliono istituite dallo stesso Romolo, il fondatore di Roma.




TIBERINALIA

Nel giorno della festa la gente doveva nutrirsi solo del cibo fornito dal padre fiume, per cui all'alba i pescatori erano usciti con le barche per pescare il pesce che sarebbe servito per il banchetto da consumare nella festa delle Taberinalia.

In questo giorno di festa, a cui sembra partecipassero pure le Vestali, si allestivano barche ornate di stoffe, nastri e fiori che scorrevano nel fiume rilasciando ghirlande sui cippi posti ai lati del Tevere. Si versavano in acqua anche offerte di vino recitando apposite formule.

Fatto il giro dei 12 cippi si cucinava il pesce e si allestivano banchetti i cui resti venivano gettati nel fiume come offerta alla divinità. La sera si accendevano torce sulle rive e i sacerdoti aspergevano le imbarcazioni e le reti per la purificazione, infine le torce venivano gettate nel Tevere.


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