IL FORTE ROMANO VISTO DAL SATELLITE |
Gholaia era un forte romano, parte del Limes Tripolitanus, corrispondente al moderno Bu Njem, posto sulla zona di frontiera romana, o limes. Fu l'imperatore Settimio Severo (193-211) a ordinare la costruzione di una linea di fortificazioni, che cambiò completamente questa parte della Libia, Tripolitana.
PLANIMETRIA DEL FORTE (INGRANDIBILE) |
Il Limes Tripolitanus era un buon sistema di vita per cui molte persone si stabilirono a Tripolitana come agricoltori, producendo tali ricchezze da permettere stupende città come Sabratha , Oea (moderna Tripoli) e Lepcis Magna. Molti coloni devono essere stati veterani dei tre forti.
I RESTI DEL FORTE COPERTI DALLE SABBIE DEL DESERTO |
DEA DELLA GUERRA - GHOLAIA |
La loro cultura, basata sulla irrorazione dei campi, e sulla vigilanza dalle incursioni nomadi sopravvisse all'impero romano. Si creò tra i coltivatori dei campi una grande solidarietà per cui qualsiasi terreno venisse attaccato si trasmetteva l'evento mediante messaggi di fuoco acceso sulle torri e tutti i vicini si radunavano per affrontare l'invasore.
I soldati che servivano a Gholaia furono reclutati da tutta l'Africa, come la maggior parte dei legionari del III Augusta. Tuttavia, nel 219, l'imperatore Eliogabalo sciolse la III legione gallica e molti soldati di questa unità furono aggiunti alla legione africana. Ciò significa che diversi soldati in Gholaia provenivano dalla Siria.
Alla fine del quinto, all'inizio del VI secolo, ci furono serie difficoltà, ma l'imperatore Giustiniano (r.527-565) potenziò le città lungo la costa, costruì nuove città e le fattorie fortificate furono di nuovo rafforzate.
I Principia (quartieri generali) erano gli stessi in tutto l'impero. Gholaia aveva anche una corte quadrata circondata da piccole stanze, una grande sala trasversale, la basilica, luogo di riunioni e di amministrazione della giustizia, una biblioteca (perchè i legionari sapevano tutti leggere e scrivere), le terme per l'igiene e per lo svago, con annessa palestra, un piccolo mercato, una prigione e un santuario (sacello) dove l'emblema dell'unità (la divinità, l'imperatore ecc.) era tenuto e venerato.
"I nomadi sono arrivati, portando quattro asini e due egiziani che portano lettere a te, Gtasazeihemus Opter, e uno schiavo fuggiasco".
GLI IMMIGRATI
Sabratha, Oea e Leptis Magna erano tre grandi città grandi produttrici di olive, poste nel nord-ovest della Libia moderna, cioè la Tripolitana, "terra delle tre città". Durante il conflitto tra Cesare e Pompeo, Leptis si schierò con quest'ultimo e questo le costò un tributo annuale in olio di oliva e la riduzione a "città stipendiaria". Secondo le fonti Leptis avrebbe pagato ogni anno a Roma ben tre milioni di libbre d'olio, ma la città era ricca di oliveti lungo la fascia costiera.
PORTA EST - TORRE SUD |
Quindi gli abitanti delle città avevano bisogno dei nomadi e questi avevano bisogno dei cittadini, ma man mano che le città crescevano, c'erano più contadini, che avevano bisogno di più terra, per cui diventava sempre più difficile per i Garamanti salire al nord con i loro animali, soprattutto i bovini, perchè c'era meno pascolo.
Così di frequente i nomadi attaccavano i coloni romani, interveniva l'esercito che puniva i Garamanti e tutto tornava come prima. D'altronde questi ultimi essendo un popolo tribale erano avvezzi alla guerriglia.
D'altronde se i Romani avessero alzato mura muri per tenere fuori i nomadi, ciò avrebbe anche impedito la migrazione stagionale. Pertanto, l'imperatore romano Settimio Severo (r.193-211), ottimo princeps che per giunta conosceva le genti in quanto originario di Leptis Magna, adottò una politica molto intelligente, costruendo tre forti nelle oasi principali, per cui l'accesso all'acqua poteva essere negato ai nomadi ribelli. Questi potevano raggiungere i territori romani anche portando con sé sacchi d'acqua sui dromedari, ma li avrebbero rallentati nelle scorrerie e vulnerabili ai contrattacchi.
LA SABBIA RICOPRE ANCORA BUONA PARTE DEL FORTE |
Queste 1100 persone richiedevano circa 900.000 Kg di grano o cereali all'anno, che l'oasi non era in grado di produrre. Allora i Romani piuttosto che dipendere dalle importazioni che per giunta potevano subire molti attacchi, decisero di sviluppare la zona predesertica tra Bu Njem e il prossimo forte, Gheriat el-Garbia, costruendo dighe, cisterne e fattorie fortificate, destinate ai veterani dell'esercito, lungo gli wadi.
Questi erano i canaloni entro cui sgorgavano le acque stagionali con torrenti impetuosi, che vennero però trasformati in fiumi perenni attraverso dighe e chiuse, un capolavoro di ingegneria come solo i romani potevano fare, e come a tutt'oggi quelle terre, che a suo tempo scacciarono i romani non hanno più saputo ripristinare.
LA DECADENZA
Nel VII secolo, la popolazione si convertì all'Islam ma con le varie tribù iniziarono le lotte di potere che pian piano devastarono tutto. Le dighe furono abbattute e le cisterne rovinate, fu la fine delle coltivazioni e tutto tornò desertico. La civiltà romana era ormai dimenticata. Le pietre non furono mai riutilizzate e furono coperte dalla sabbia del deserto. Gli insediamenti divennero invisibili e i loro ricordi vennero dimenticati fino a quando gli archeologi italiani iniziarono a investigarli negli anni '20 e '30, riscoprendo le vestigia della più grande antica civiltà della Terra.