La Piana di Velia, nei pressi di Ascea Marina, sulla costa meridionale del Cilento, si estende il promontorio dove fu eretta la gloriosa città di Velia, già Elea, famosa per la scuola filosofica di Parmenide e Zenone.
I resti di questa città, sebbene scavati solo in parte, sono sorprendenti. I fondatori di Velia venivano da Focea (Asia Minore), da dove erano fuggiti, nel 545 a.c., per l'attacco militare persiano, finchè nel 540 a.c.si rifugiarono a Reggio.
Un oracolo li spinse verso la fonte Hyele, dove fondarono la città di Elea. A difesa del territorio vennero create una serie di fortificazioni quali Punta della Carpinina (presso Licosa) a nord, Torricelli (presso Vallo Scalo) e Civitella (presso Moio) ad est e Castelluccio (presso Pisciotta) a sud.
Dell'antica città restano l'Area Portuale, Porta Marina, Porta Rosa, le Terme Ellenistiche e le Terme Romane, l'Agorà, l'Acropoli, il Quartiere Meridionale e il Quartiere Arcaico.
Tra i motivi che fanno di Velia un patrimonio dell'umanità va sicuramente menzionata la scuola eleatica. Infatti, pochi decenni dopo la fondazione, i suoi intellettuali più illustri, i filosofi Parmenide e Zenone, fondarono la scuola "eleatica" che ancora oggi influenza gran parte del pensiero del nostro tempo.
Una scuola filosofica che ha potuto vantare, fra i suoi esponenti, anche Melisso di Samo e Senofane di Colofone. Qui Zenone, che fu allievo di Parmenide, elaborò il metodo della dimostrazione indiretta di una tesi mediante la riduzione all’assurdo della tesi contraddittoria: per questo Aristotele gli riconobbe il titolo di “inventore della dialettica”. Possiamo affermare che il pensiero occidentale è nato qui.
Fu anche sede di una scuola di medicina e meta di infermi che accorrevano per le cure.
Elea dovette sostenere anche duri scontri con la vicina Poseidonia (Paestum) e con i Lucani. Come Paestum si schierò poi a favore dei Romani nelle guerre contro Annibale, e visti i meriti della flotta navale velina, i Romani riconobbero i privilegi e l'autonomia della città, quale quello di coniare moneta.
Lo sviluppo dei commerci della città è testimoniato dalle sue belle monete, che portano su una faccia la testa di Atena o quella della ninfa Velia, sull'altra, un leone, spesso in lotta con un cervo.
In età romana Elea, rinominata Velia, venne ricordata per la dolcezza del suo clima, l'ospitalità e l'alto tenore di vita degli abitanti, diventando meta di numerose personalità, tra le quali Cicerone, Paolo Emilio e Orazio. Bruto, dopo l'uccisione di Cesare, si rifugiò a Velia e Marcantonio, lo attese fuori senza entrare in città.
Inoltre, la posizione geografica, su un promontorio che in antico si protendeva sul mare ne favorì la trasformazione in un centro di villeggiatura.
Un duro colpo all'economia della città venne dall'insabbiamento dei suoi porti che rese difficile l'attività marinara.
In tal modo Velia sopravvisse ancora per poco diventando sede vescovile, ma venendo abbandonata a seguito delle invasioni saracene (sec.VIII-IX). Dell’antica Velia si perse ogni ricordo.
Le rovine dell'antica città greca furono poste in luce da scavi moderni, nel sito del borgo medievale di Castellammare di Veglia o della Bruca.
IL PORTO
Verso gli inizi del IV sec. a.c. quest’area, invasa dal mare, funzionava come porto della città poi, per una grossa alluvione e il ritirarsi della linea di costa, si insabbiò finchè strappata al mare con la costruzione di mura ed urbanizzata.
Subito dopo l’ingresso sulla destra si notano le mura della città, costruite sulla diga dell’antico porto. Al termine del muro vi è una torre circolare fiancheggiata da un varco a doppio imbuto, originariamente un faro.
Da questa costruzione le mura rientrano verso l’interno sino ad una poderosa torre quadrata da cui iniziano le mura più arcaiche del VI sec. a.c. Segue un’ampia apertura che doveva servire a una darsena, successivamente occlusa.
Dopo un altro breve tratto di mura si incontra Porta Marina Sud, del V sec. ac. suddivisa in una porta pedonale e per le merci.
La strada che esce da Porta Marina Sud conduce verso il porto romano, più avanzato rispetto a quello greco. L’ubicazione esatta della struttura portuale romana non è ancora conosciuta.
Appena fuori della porta è una torre con due tecniche costruttive diverse: i filari più bassi risalgono ad un’età più antica, mentre quelli superiori, con blocchi posti tutti di testa, sono successivi all’interramento della zona.
Il muro che segue la torre è sempre di età arcaica a doppia cortina, di cui la cortina esterna è costituita di blocchi di arenaria squadrati, mentre quella interna è costituita di pietre naturali calcaree. Tra le due cortine è uno spazio con pietrame e terreno.
Il muro continua poi in direzione sud incontrando un’altra torre più piccola.
La struttura urbanistica dell’antica Velia risulta articolata in tre nuclei: il quartiere meridionale, il quartiere settentrionale e l’acropoli.
IL QUARTIERE MERIDIONALE
Inoltrandosi dall’ingresso agli scavi verso il viottolo che scende verso il quartiere meridionale si incontrano due insulae del III sec. a.c.poi un tratto di mura arcaiche con due torri quadrate con una piccola porta che accede all’insula I.
Qui si trovano alcune abitazioni a cortile centrale con pozzo e, originariamente, con l’ara domestica. In una di esse si trova un pavimento a mosaico con rosetta centrale e contorno ad onda. I mattoni, in argilla locale, hanno due bolli, quello del fabbricante e quello dello stato.
L’insula II occupata da un vasto edificio costruito nel I sec. d.c. su abitazioni preesistenti. Si tratta di un criptoportico nel quale si sono rinvenuti numerosi ritratti di membri della famiglia di Augusto. Al di sopra del portico è una spianata con un altare.
Affianco è un colonnato su tre lati costruito su una piscina a sua volta costruita su un edificio preesistente in mattoni crudi del quale si ignora la funzione. Tutto il complesso potrebbe essere un caesareum (edificio di culto dell’imperatore) o un Collegio degli Augustali.
Tornati indietro sulla strada perpendicolare alla via di Porta Marina, si giunge ad un pozzo sacro, profondo circa 6 metri. In esso vennero trovate numerose offerte votive come balsamari, lucerne, vasi, statuette.
LE TERME ROMANE
Si imbocca la salita che conduce verso Porta Rosa, una strada greca che collega il quartiere meridionale con quello settentrionale. Essa è larga 5 metri ed è delimitata da una cordonatura di blocchi squadrati oltre i quali vi sono cunette per il deflusso delle acque piovane.
All’inizio si nota l’apertura di un canale che originariamente aveva una copertura a blocchi. A sinistra è un edificio termale romano risalente alla prima metà del II sec. d.c. Le mura esterne sono costruite con filari di pietra fra doppi corsi di mattoni.
All’interno sono visibili bei pavimenti mosaicati con scene marine. Superate le terme, la strada fiancheggia un grande ninfeo infossato con basi di colonne ioniche.
L’AGORA’
Si giunge così all’ingresso di un complesso da molti identificato come agorà o come ginnasio. Si tratta di un’area pavimentata e porticata con tre lati delimitati da mura di terrazzamento alle quali erano appoggiate botteghe.
Il monumento, del III sec. a.c., è preceduto sulla fronte da una fontana, mentre sul muro di fondo è un monumento romano in mattoni con nicchia.
Alle spalle è un canale di pietra con copertura a doppio spiovente disposto a gradini che funge da collettore delle acque: probabilmente esso venne costruito a seguito degli eventi alluvionali.
LE TERME ELLENISTICHE
Proseguendo a salire verso Porta Rosa, si incontra sulla destra una spianata nella quale è stato messo in luce un impianto termale ellenistico risalente al III sec. a.c., unico in Magna Grecia.
Il primo ambiente che si incontra era probabilmente l’apodyterium (spogliatoio) e presenta un pavimento in mattoni eleati su cui poggiano formelle esagonali di terracotta munite di fori rettangolari al centro.
Sulla sinistra è un ambiente quadrangolare all’esterno e circolare all’interno con vasche individuali in terracotta, appoggiate alle pareti, per il bagno in posizione seduta. Tale ambiente corrisponde al laconicum delle terme romane.
Segue un ambiente non identificato. Aldilà del primo ambiente è un vano di vaste dimensioni (calidarium) con pavimento in cocciopesto e mosaico, uno dei più antichi esempi in ambiente greco-occidentale. La parte centrale del pavimento, rettangolare, è contornata da un motivo ad onda interrotta agli angoli da motivi vegetali.
Al centro vi sono due quadrati inseriti obliquamente l’uno nell’altro con una rosetta centrale a 6 petali. In un angolo c'è un basso banco e resti di tegole del muro destinato, così, a contenere meglio il calore.
Nell’angolo a destra v’era una grande vasca con spalliera munita di riscaldamento sotto il pavimento.
Proseguendo verso sinistra è il praefurnium sovrastato da una cisterna.
PORTA ROSA
Porta Rosa, databile alla metà del IV sec. a.c., è preceduta dai resti di una porta del sistema difensivo arcaico con ante di arenaria e tracce dei cardini e dei battenti. Porta Rosa consentiva il passaggio da una parte all'altra della gola, mettendo in comunicazione il quartiere meridionale con quello settentrionale (non ancora scavato) e di viadotto congiungente le due parti del colle.
Un muro di terrazzamento in opera isodoma contiene la sponda occidentale della gola. L’arco a tutto sesto è sostenuto da due piedritti in opera isodoma. Sul primo arco è un secondo archetto di epoca posteriore che doveva servire a creare un passaggio (a mo’ di ponte) tra le due parti del crinale separate dalla gola.
La datazione è quella data dallo scopritore Mario Napoli (che diede anche il nome della moglie, Rosa, alla porta), ossia la metà circa del IV sec. a.c.
La perfezione di Porta Rosa e l’armonia delle sue dimensioni è eccezionale: la luce dell’arco inscrive esattamente due circonferenze l’una sull’altra aventi per diametro la larghezza dell’arco (m. 2,68). Nel corso del III sec. a.c., la porta rimase sepolta da una frana e restò ostruita per sempre
LE CASE ARCAICHE
Retrocedendo di pochi metri, si inizia la salita verso l'Acropoli. Poco prima di arrivare alla sommità, si notano i resti dell'insediamento abitativo più antico della città (540-535 a.c.): si tratta di abitazioni ad un solo vano con cortile antistante: la muratura è a blocchi di arenaria di forma poligonale, una tecnica importata dall’Asia Minore da dove provenivano i coloni.
Le abitazioni sono disposte a terrazza ed attraversate da una larga strada di terra battuta che conduce verso il porto. Intorno al 480 a.c. queste abitazioni vennero cancellate per far posto ad un grosso muro di terrazzamento in opera quadrata.
Il tutto nel più vasto progetto di ospitare gli edifici religiosi e pubblici sull’Acropoli e destinare la parte bassa alle abitazioni.
L’ACROPOLI
Appena giunti sull'Acropoli si notano subito i resti del piccolo teatro risalente al IV secolo a.c., che si appoggia con il muro portante sulla terrazza del tempio ionico, ancor'oggi scena di spettacoli teatrali.
Un duro colpo all'economia della città venne dall'insabbiamento dei suoi porti che rese difficile l'attività marinara.
In tal modo Velia sopravvisse ancora per poco diventando sede vescovile, ma venendo abbandonata a seguito delle invasioni saracene (sec.VIII-IX). Dell’antica Velia si perse ogni ricordo.
Le rovine dell'antica città greca furono poste in luce da scavi moderni, nel sito del borgo medievale di Castellammare di Veglia o della Bruca.
IL PORTO
Verso gli inizi del IV sec. a.c. quest’area, invasa dal mare, funzionava come porto della città poi, per una grossa alluvione e il ritirarsi della linea di costa, si insabbiò finchè strappata al mare con la costruzione di mura ed urbanizzata.
Subito dopo l’ingresso sulla destra si notano le mura della città, costruite sulla diga dell’antico porto. Al termine del muro vi è una torre circolare fiancheggiata da un varco a doppio imbuto, originariamente un faro.
Da questa costruzione le mura rientrano verso l’interno sino ad una poderosa torre quadrata da cui iniziano le mura più arcaiche del VI sec. a.c. Segue un’ampia apertura che doveva servire a una darsena, successivamente occlusa.
Dopo un altro breve tratto di mura si incontra Porta Marina Sud, del V sec. ac. suddivisa in una porta pedonale e per le merci.
La strada che esce da Porta Marina Sud conduce verso il porto romano, più avanzato rispetto a quello greco. L’ubicazione esatta della struttura portuale romana non è ancora conosciuta.
Appena fuori della porta è una torre con due tecniche costruttive diverse: i filari più bassi risalgono ad un’età più antica, mentre quelli superiori, con blocchi posti tutti di testa, sono successivi all’interramento della zona.
Il muro che segue la torre è sempre di età arcaica a doppia cortina, di cui la cortina esterna è costituita di blocchi di arenaria squadrati, mentre quella interna è costituita di pietre naturali calcaree. Tra le due cortine è uno spazio con pietrame e terreno.
Il muro continua poi in direzione sud incontrando un’altra torre più piccola.
La struttura urbanistica dell’antica Velia risulta articolata in tre nuclei: il quartiere meridionale, il quartiere settentrionale e l’acropoli.
IL QUARTIERE MERIDIONALE
Inoltrandosi dall’ingresso agli scavi verso il viottolo che scende verso il quartiere meridionale si incontrano due insulae del III sec. a.c.poi un tratto di mura arcaiche con due torri quadrate con una piccola porta che accede all’insula I.
Qui si trovano alcune abitazioni a cortile centrale con pozzo e, originariamente, con l’ara domestica. In una di esse si trova un pavimento a mosaico con rosetta centrale e contorno ad onda. I mattoni, in argilla locale, hanno due bolli, quello del fabbricante e quello dello stato.
L’insula II occupata da un vasto edificio costruito nel I sec. d.c. su abitazioni preesistenti. Si tratta di un criptoportico nel quale si sono rinvenuti numerosi ritratti di membri della famiglia di Augusto. Al di sopra del portico è una spianata con un altare.
Affianco è un colonnato su tre lati costruito su una piscina a sua volta costruita su un edificio preesistente in mattoni crudi del quale si ignora la funzione. Tutto il complesso potrebbe essere un caesareum (edificio di culto dell’imperatore) o un Collegio degli Augustali.
Tornati indietro sulla strada perpendicolare alla via di Porta Marina, si giunge ad un pozzo sacro, profondo circa 6 metri. In esso vennero trovate numerose offerte votive come balsamari, lucerne, vasi, statuette.
LE TERME ROMANE
PISCINA DELLE TERME |
All’inizio si nota l’apertura di un canale che originariamente aveva una copertura a blocchi. A sinistra è un edificio termale romano risalente alla prima metà del II sec. d.c. Le mura esterne sono costruite con filari di pietra fra doppi corsi di mattoni.
All’interno sono visibili bei pavimenti mosaicati con scene marine. Superate le terme, la strada fiancheggia un grande ninfeo infossato con basi di colonne ioniche.
L’AGORA’
Si giunge così all’ingresso di un complesso da molti identificato come agorà o come ginnasio. Si tratta di un’area pavimentata e porticata con tre lati delimitati da mura di terrazzamento alle quali erano appoggiate botteghe.
Il monumento, del III sec. a.c., è preceduto sulla fronte da una fontana, mentre sul muro di fondo è un monumento romano in mattoni con nicchia.
Alle spalle è un canale di pietra con copertura a doppio spiovente disposto a gradini che funge da collettore delle acque: probabilmente esso venne costruito a seguito degli eventi alluvionali.
LE TERME ELLENISTICHE
Proseguendo a salire verso Porta Rosa, si incontra sulla destra una spianata nella quale è stato messo in luce un impianto termale ellenistico risalente al III sec. a.c., unico in Magna Grecia.
Il primo ambiente che si incontra era probabilmente l’apodyterium (spogliatoio) e presenta un pavimento in mattoni eleati su cui poggiano formelle esagonali di terracotta munite di fori rettangolari al centro.
Sulla sinistra è un ambiente quadrangolare all’esterno e circolare all’interno con vasche individuali in terracotta, appoggiate alle pareti, per il bagno in posizione seduta. Tale ambiente corrisponde al laconicum delle terme romane.
Segue un ambiente non identificato. Aldilà del primo ambiente è un vano di vaste dimensioni (calidarium) con pavimento in cocciopesto e mosaico, uno dei più antichi esempi in ambiente greco-occidentale. La parte centrale del pavimento, rettangolare, è contornata da un motivo ad onda interrotta agli angoli da motivi vegetali.
Al centro vi sono due quadrati inseriti obliquamente l’uno nell’altro con una rosetta centrale a 6 petali. In un angolo c'è un basso banco e resti di tegole del muro destinato, così, a contenere meglio il calore.
Nell’angolo a destra v’era una grande vasca con spalliera munita di riscaldamento sotto il pavimento.
Proseguendo verso sinistra è il praefurnium sovrastato da una cisterna.
PORTA ROSA
Porta Rosa, databile alla metà del IV sec. a.c., è preceduta dai resti di una porta del sistema difensivo arcaico con ante di arenaria e tracce dei cardini e dei battenti. Porta Rosa consentiva il passaggio da una parte all'altra della gola, mettendo in comunicazione il quartiere meridionale con quello settentrionale (non ancora scavato) e di viadotto congiungente le due parti del colle.
Un muro di terrazzamento in opera isodoma contiene la sponda occidentale della gola. L’arco a tutto sesto è sostenuto da due piedritti in opera isodoma. Sul primo arco è un secondo archetto di epoca posteriore che doveva servire a creare un passaggio (a mo’ di ponte) tra le due parti del crinale separate dalla gola.
La datazione è quella data dallo scopritore Mario Napoli (che diede anche il nome della moglie, Rosa, alla porta), ossia la metà circa del IV sec. a.c.
La perfezione di Porta Rosa e l’armonia delle sue dimensioni è eccezionale: la luce dell’arco inscrive esattamente due circonferenze l’una sull’altra aventi per diametro la larghezza dell’arco (m. 2,68). Nel corso del III sec. a.c., la porta rimase sepolta da una frana e restò ostruita per sempre
LE CASE ARCAICHE
Retrocedendo di pochi metri, si inizia la salita verso l'Acropoli. Poco prima di arrivare alla sommità, si notano i resti dell'insediamento abitativo più antico della città (540-535 a.c.): si tratta di abitazioni ad un solo vano con cortile antistante: la muratura è a blocchi di arenaria di forma poligonale, una tecnica importata dall’Asia Minore da dove provenivano i coloni.
Le abitazioni sono disposte a terrazza ed attraversate da una larga strada di terra battuta che conduce verso il porto. Intorno al 480 a.c. queste abitazioni vennero cancellate per far posto ad un grosso muro di terrazzamento in opera quadrata.
Il tutto nel più vasto progetto di ospitare gli edifici religiosi e pubblici sull’Acropoli e destinare la parte bassa alle abitazioni.
L’ACROPOLI
TORRE DEL CASTELLO NORMANNO EDIFICATA SOPRA I RESTI ROMANI |
Sulla terrazza superiore è il tempio ionico (m. 32,50 x 19,35), in parte distrutto dalla grande torre del castello normanno.
Il tempio fu a sua volta costruito su strutture preesistenti come dimostra il rinvenimento di mura in opera poligonale ad un livello inferiore. Poco oltre si nota un portico ellenistico che creava una quinta verso il paesaggio marino.
Il tempio fu a sua volta costruito su strutture preesistenti come dimostra il rinvenimento di mura in opera poligonale ad un livello inferiore. Poco oltre si nota un portico ellenistico che creava una quinta verso il paesaggio marino.
Poco oltre è un edificio a pianta rettangolare; era in effetti la stoà dell’Area Sacra.
Sulla terrazza superiore è il tempio ionico in parte distrutto dalla grande torre del castello normanno. Qui troviamo l’area ove si svolgeva la vita pubblica e religiosa della città, ossia l’Acropoli.
Dall'Acropoli si può seguire un tratto delle mura, giungendo ad una prima terrazza dov'era un'area sacra a Poseidon.
Proseguendo si giunge ad una seconda terrazza dov'era un'altra area sacra ove è conservato un altare monumentale (cosiddetto Santuario di Zeus).
Più avanti è il Castelluccio punto culminante del sistema difensivo di Velia.
Poco oltre è un edificio a pianta rettangolare, forse destinato a contenere le offerte votive.
ANTIQUARIUM
All’altra estremità del promontorio è un piccolo antiquarium con lapidario ospitato in una chiesetta. Vi sono una serie di stele di arenaria con iscrizioni greche dedicatorie a varie divinità (Poseidon, Hera, Zeus, ecc.), nonché iscrizioni latine su marmi.
Sotto la chiesetta è un tratto di strada lastricata che faceva parte della via di collegamento dal quartiere meridionale conduceva sull’acropoli. Dall'Acropoli si può seguire un tratto delle mura, giungendo ad una prima terrazza dov'era un'area sacra a Poseidon con un portico ad U.
Continuando si passa sopra Porta Rosa, dove è una torre quadrata che protegge il vallone. Proseguendo si giunge ad una seconda terrazza dov'era un'altra area sacra con un grande altare.
Poco oltre è un edificio a pianta rettangolare, forse destinato a contenere le offerte votive.
ANTIQUARIUM
All’altra estremità del promontorio è un piccolo antiquarium con lapidario ospitato in una chiesetta. Vi sono una serie di stele di arenaria con iscrizioni greche dedicatorie a varie divinità (Poseidon, Hera, Zeus, ecc.), nonché iscrizioni latine su marmi.
RESTI DI VELIA |
Continuando si passa sopra Porta Rosa, dove è una torre quadrata che protegge il vallone. Proseguendo si giunge ad una seconda terrazza dov'era un'altra area sacra con un grande altare.
Da http://www.cilentocultura.it/cultura/ebner.htm
"Cominciai - dice Ebner - studiando la monetazione di Paestum e di Velia."
Con antiche monete tra le mani e la frequenza assidua a Velia durante gli scavi del periodo Maiuri e del periodo Napoli egli ha la possibilità di leggere la millenaria storia di quella città.
CAPPELLA PALATINA |
In questi studi egli non solo parla con la competenza dell'esperto, ma formula le sue prime ipotesi sulla vita, la cultura e l'attività di Velia.
Dallo studio delle monete riesce a rilevare i rapporti culturali e commerciali tra le città della Grecia, in particolar modo, Atene e Velia.
Viene subito annoverato tra i maggiori numismatici italiani.
E arrivano i primi riconoscimenti.
Parla con convinzione di un secondo porto a Velia posto a settentrione del promontorio che separava le due insenature. Un terzo porto lo colloca alla confluenza dei fiumi Alento e Palistro.
Dallo studio appassionato delle monete osserva che l'officina monetaria di Velia sembra ispirarsi a quella di Atene. Compaiono, infatti, gli stessi simboli: l'ulivo, la civetta, il leone, il cervo, l'elmo di Athena. Lo stesso culto di Athena a Velia gli appare evidente dalle monete.
Questo uccello, infatti, era il simbolo della Ionia. Così pure nel V secolo, per il ripetersi di lotte fratricide tra fazioni nelle diverse pòleis italiote, nei didrammi appare il leone rappresentato nell'attimo che precede il balzo fatale sulla preda. "Lo indica - dice Ebner - la bocca semiaperta, l'erta criniera, gli arti posteriori semiflessi e gli anteriori rigidamente tesi".
Verso la fine del V secolo per rendere grazie alla Dea Athena protettrice della città per il ritorno della democrazia, sui didrammi compare una corona di rami d'ulivo sulla testa della Dea e sul retro della moneta la testa di Apollo.
E quando riesce a dimostrare l'esistenza di una eterìa pitagorica a Velia (di cui aveva già parlato nel 1951), cioè un circolo di medici esistente a Velia ai tempi di Parmenide le tenebre si dileguano ulteriormente. Gli scavi continuano e la sua ipotesi è suffragata da nuove prove.
Studia con attenzione un'epigrafe rinvenuta nella necropoli romana di Salerno nella quale si parla di un medico, un certo Diogene, di origine greca. In un Codice del XII secolo, rinvenuto da Sergio Musitelli nel 1968, Ebner nota che si parla a lungo di Velia e degli Eleati.
Certo è che Telesio chiama la Scuola di Medicina di Salerno erede della Scuola di Pitagora".
Il riferimento è all'eterìa pitagorica di Velia. A questo punto, mi domando, che significato ha l'intitolazione di un via a Velia a poca distanza dalle sede della Scuola Medica Salernitana? Sarebbe interessante conoscere le motivazioni che spinsero gli amministratori del tempo a dedicare una via a Velia nella città di Salerno.
Pietro Ebner, dunque, non è solo lo storico del Cilento che abbiamo apprezzato dallo studio dei suoi tanti volumi, ma è anche un profondo conoscitore del mondo antico. Peccato che questi suoi studi, tutti originali, non siano sufficientemente conosciuti, perchè pubblicati su Riviste specializzate che si trovano nelle mani di pochi. Interessante sarebbe la pubblicazione, oggi, di tutti questi articoli in un volume unico."
Su designazione di Amedeo Maiuri viene nominato ispettore onorario degli scavi di Velia. E in occasione di visite agli scavi di personaggi illustri, come la visita del re-archeologo Gustavo di Svezia, viene designato dalla Soprintendenza a fare gli onori di casa.
Nessuno meglio di lui conosce quelle pietre che ha visto venire alla luce l'una dopo l'altra. Di Velia egli studia la topografia e le varie insulae dove individua templi ed edifici pubblici.
Parla con convinzione di un secondo porto a Velia posto a settentrione del promontorio che separava le due insenature. Un terzo porto lo colloca alla confluenza dei fiumi Alento e Palistro.
Parla di antiche vie che portavano nel Vallo di Diano attraverso il passo "Alfa" e il passo "Beta" del Gelbison.
Individua la Via del Sale che da Velia, attraverso il territorio di Ceraso, San Biase, Valle di Montescuro (passo Beta), raggiungeva il Girone di Rofrano e di lì il Vallo di Diano.
Sono gli stessi Dei - dice - che hanno scelto Velia nel 540 a.c. Anche la Pizia era intervenuta per la colonizzazione di questa città dal clima meraviglioso, in tutto simile a quello della Grecia.
Il gruppo dei Focei si fonde, in maniera pacifica col gruppo italiota preesistente in quella meravigliosa rada. Velia diventa la continuazione di Focea. Vegliano su Velia gli stessi Dei della madrepatria che sono stati imbarcati sulle grosse Pentecòntori unitamente alle loro masserizie.
Dallo studio appassionato delle monete osserva che l'officina monetaria di Velia sembra ispirarsi a quella di Atene. Compaiono, infatti, gli stessi simboli: l'ulivo, la civetta, il leone, il cervo, l'elmo di Athena. Lo stesso culto di Athena a Velia gli appare evidente dalle monete.
Ne riceve conferma durante gli scavi del 1963/64 quando, con Amedeo Maiuri, individua l'Athenaion. E non esita ad affermare, in quella occasione, col prof. Iohannosky, che il culto di Athena a Velia era tra i più importanti.
Si domanda da cristiano, devoto alla Madonna, se il culto della Vergine a Velia, non sia una sovrapposizione al culto di questa divinità pagana molto radicato nella popolazione. Ebner lo lascia presupporre.
Si domanda da cristiano, devoto alla Madonna, se il culto della Vergine a Velia, non sia una sovrapposizione al culto di questa divinità pagana molto radicato nella popolazione. Ebner lo lascia presupporre.
E questo perchè a Velia il culto della Madonna è antichissimo. Si parla addirittura dei tempi di Traiano.
L'approfondimento dello studio delle monete e della storia della Magna Graecia lo portano a scoprire episodi salienti della vita di Velia e del mondo antico.
"Il volto fidiaco di Athena sul didramma ricorda certamente - afferma Ebner - il viaggio trionfale degli Eleàti ad Atene. Come il grifone è a ricordo dell'arrivo degli Ioni a Velia".
"Il volto fidiaco di Athena sul didramma ricorda certamente - afferma Ebner - il viaggio trionfale degli Eleàti ad Atene. Come il grifone è a ricordo dell'arrivo degli Ioni a Velia".
Questo uccello, infatti, era il simbolo della Ionia. Così pure nel V secolo, per il ripetersi di lotte fratricide tra fazioni nelle diverse pòleis italiote, nei didrammi appare il leone rappresentato nell'attimo che precede il balzo fatale sulla preda. "Lo indica - dice Ebner - la bocca semiaperta, l'erta criniera, gli arti posteriori semiflessi e gli anteriori rigidamente tesi".
Verso la fine del V secolo per rendere grazie alla Dea Athena protettrice della città per il ritorno della democrazia, sui didrammi compare una corona di rami d'ulivo sulla testa della Dea e sul retro della moneta la testa di Apollo.
Rileva il culto della Ninfa Velia, personificazione delle acque termali di Velia, anche dalle monete dove la Ninfa appare coronata di canne palustri.
Ma per Velia Ebner, nel 1965, fa uno scoop archeologico. Partendo da alcuni indizi, formula l'ipotesi dell'esistenza di una Scuola di Medicina nella città di Parmenide dalla quale poi sarebbe derivata la Scuola Medica Salernitana.
Tutto ciò iniziò durante la campagna di scavi del 1958/60. Egli notò, nella parte meridionale della città, e precisamente nei pressi di Porta Marina un enorme edificio o meglio un complesso di edifici con circa centosettanta vani.
Tra i ruderi di questo edificio tanto materiale prezioso: colonne, nicchie, volte, mosaici, statue acefale e monche. Una statua, in particolare attira la sua attenzione: rappresenta un personaggio avvolto in una toga, un anello al dito, un'iscrizione dedicatoria alla base: "uelìtes iatros ".
C'è poi nella iscrizione un'altra parola con un significato preciso. E' il termine phòlarcos da phòleos e arcòs . Traduce subito. Vuol dire caposcuola. Cerca poi di capire l'altra parola oùlis , che accosta agli aggettivi oùlios , ouliàdes , che si attribuivano ad Apollo quando si voleva parlare di lui come un dio guaritore.
Una scuola di medicina? Quel complesso era la sede?
La sua, al momento è un'intuizione. C'è bisogno di altri indizi.
Una scuola di medicina? Quel complesso era la sede?
La sua, al momento è un'intuizione. C'è bisogno di altri indizi.
E quando riesce a dimostrare l'esistenza di una eterìa pitagorica a Velia (di cui aveva già parlato nel 1951), cioè un circolo di medici esistente a Velia ai tempi di Parmenide le tenebre si dileguano ulteriormente. Gli scavi continuano e la sua ipotesi è suffragata da nuove prove.
Nella stessa zona, infatti, cioè la seconda insula, nel 1962, fu trovata una statua cultuale di Asclepio, frammenti di un altare sull'ampia scalinata di accesso al complesso e un pozzo che, per le sue caratteristiche, non era certamente una comune cisterna.
Viene pure alla luce una statua di Parmenide. Nella scritta dedicatoria di questa statua appare il termine physicòs . Per lui non ci sono più dubbi.
Quel complesso era la sede di una Scuola di Medicina. La notizia rimbalza in Italia dall'Inghilterra. Ebner, infatti, aveva scritto un articolo in Illustrated London News . E quando legge le sue comunicazioni al Congresso internazionale di Siena sulla Storia della Medicina, tenutosi dal 22 al 28 settembre 1968, la sua ipotesi è applaudita.
Quel complesso era la sede di una Scuola di Medicina. La notizia rimbalza in Italia dall'Inghilterra. Ebner, infatti, aveva scritto un articolo in Illustrated London News . E quando legge le sue comunicazioni al Congresso internazionale di Siena sulla Storia della Medicina, tenutosi dal 22 al 28 settembre 1968, la sua ipotesi è applaudita.
Ebner si mostra certo dell'esistenza della Scuola di Medicina a Velia con annesso Collegio già dal IV secolo a.c. Indaga nella letteratura latina e nota che personaggi famosi furono a Velia dove si praticava la idroterapia fredda.
Scopre che Cicerone nel De Officiis, nel De Divinatione, nelle Tusculanae Disputationes e nella VII lettera accenna alla medicina e ai medici di Velia.
Che poi i medici di Velia si siano trasferiti a Salerno è più che probabile. Egli si mostra convinto che la Schola Salerni potrebbe essere stata la continuazione-derivazione della Scuola di Velia, forse, distrutta da un improvviso e pauroso cataclisma abbattutosi sulla città.
Che poi i medici di Velia si siano trasferiti a Salerno è più che probabile. Egli si mostra convinto che la Schola Salerni potrebbe essere stata la continuazione-derivazione della Scuola di Velia, forse, distrutta da un improvviso e pauroso cataclisma abbattutosi sulla città.
TEMPIO DI ATHENA |
"Che i medici di Velia - dice Ebner - si siano trasferiti a Salerno e a Napoli non meraviglia. Esodi nel primo secolo d.C. furono favoriti da Stertinio Senofonte, il quale con il fratello Cleonimo aveva realizzato non pochi guadagni con speculazioni edilizie".
Inoltre, studioso attento di numismatica, vede nel pentagono stellato lo stemma dell'eterìa pitagorica di Velia. "E' da presumere - scrive nel 1951 - che il simbolo fosse stato voluto da Gisulfo su quel follaro, proprio per ricordare l'ultima Scuola di Medicina a Salerno, che nelle tenebre del Medioevo costituì il più luminoso centro di cultura europea.
Certo è che Telesio chiama la Scuola di Medicina di Salerno erede della Scuola di Pitagora".
Il riferimento è all'eterìa pitagorica di Velia. A questo punto, mi domando, che significato ha l'intitolazione di un via a Velia a poca distanza dalle sede della Scuola Medica Salernitana? Sarebbe interessante conoscere le motivazioni che spinsero gli amministratori del tempo a dedicare una via a Velia nella città di Salerno.
Pietro Ebner, dunque, non è solo lo storico del Cilento che abbiamo apprezzato dallo studio dei suoi tanti volumi, ma è anche un profondo conoscitore del mondo antico. Peccato che questi suoi studi, tutti originali, non siano sufficientemente conosciuti, perchè pubblicati su Riviste specializzate che si trovano nelle mani di pochi. Interessante sarebbe la pubblicazione, oggi, di tutti questi articoli in un volume unico."