TOMBA DEL GIOVANE Q. SULPICIUS MAXIMUS |
Il monumento sepolcrale romano al fanciullo Quinto Sulpicio Massimo è oggi posizionato all’incrocio tra via Piave e la via dedicata allo stesso fanciullo della tomba, appunto via Sulpicio Massimo, all’interno delle mura Aureliane.
Durante il cannoneggiamento delle mura del 1870, venne gravemente danneggiata la porta Salaria, si che nel 1871 si decise di abbattere la porta rinvenendo, inglobato nelle fondamenta della torre cilindrica ad est della porta, il monumento funebre a Quinto Sulpicio Massimo ed anche un sepolcro a camera, ambedue del I sec. d.c. L'altro monumento, non identificato, anch’esso collocato all’incrocio tra via Piave e via Sulpicio Massimo, è una struttura di epoca Sillana composta da una cella rettangolare costruita in grossi blocchi di peperino, con cornici e lesene in calcare e sottobasi di ardesia.
Sulla destra, è collocato il secondo monumento composto da uno zoccolo di travertino e da un cippo marmoreo con frontoni ed acroteri. All’interno dell’edicola è rappresentato in altorilievo un fanciullo togato che tiene in mano un rotolo su cui è inciso un carme. I versi del poemetto sono incisi ai lati del rilievo, al disotto del quale sono tre iscrizioni, due in latino e una in greco.
L'originale cippo è in realtà ai Musei Capitolini, nel Palazzo dei Conservatori, e i massi della tomba a camera ed una copia del sepolcro di Sulpicio Massimo furono inseriti all’interno di un piccolo giardino a poche decine di metri dalla originale ubicazione, all’angolo tra via Piave e via Quinto Sulpicio Massimo.
CERTAMEN
Certamen è un vocabolo latino, derivante dal verbo "certare", cioè gareggiare, che indicava appunto una gara, una competizione. Il vocabolo latino è utilizzato per indicare una gara (solitamente poetica) in lingua latina. In italiano è diventato «certame».
Recensione del libro
QUINTUS SULPICIUS MAXIMUS.
QUINTUS SULPICIUS MAXIMUS.
Il sepolcro del poeta fanciullo presso la necropoli di Porta Salaria a Roma
Maria Elisa Garcia Barraco, Emiliano Ventura, Ilaria Soda
Arbor Sapientiae Editore - Roma, 2017
Maria Elisa Garcia Barraco, Emiliano Ventura, Ilaria Soda
Arbor Sapientiae Editore - Roma, 2017
Non sarà un’impresa da poco, tra i cinquantadue iscritti c’è anche il poeta Stazio, il vincitore di tre corone agli agoni di Albano. Le cavee del teatro sono piene, quasi diecimila romani sono gli spettatori davanti ai quali si esibiscono i poeti; ci sono i giudici, i senatori e i sacerdoti, c’è l’imperatore vestito alla maniera orientale; tra il pubblico ci sono anche Quinto Sulpicio Eugramo e Licina Ianuaria, la madre e il padre del più giovane poeta del terzo agone capitolino.
I giudici chiamano gli agonisti uno ad uno, arriva anche il turno di Quinto Sulpicio Massimo, nei brevi momenti che intercorrono tra la chiamata e la definizione del tema della gara, Quinto ripensa ai giorni di studio, alle lezioni di retorica e composizione, a Virgilio che arrossisce in pubblico e al poeta dei poeti, Omero.
Un po’ pallido, provato dalla lunga preparazione, respira e senza guardare la folla aspetta che gli venga dato il tema su cui improvvisare i versi: « Come Giove abbia ripreso Apollo per aver lasciato il carro del sole a Fetonte ».
Quinto improvvisa i suoi quaranta versi in greco, tutti rimango stupiti per le delicate immagini che il fanciullo riesce a condensare e a riportare nel suo componimento poetico. Tutti sono in ascolto, i senatori, i giudici, il sacerdote di Giove e i Flaviani, l’imperatore Domiziano, il pubblico lungo le cavee dell’Odeon e tra loro Eugramo e Licina, i suoi genitori.
Alla fine dell’improvvisazione la platea è concorde nel riconoscere merito ed onore al fanciullo, il pubblico approva vociando e agitando palme e rametti, i giudici hanno cenni di apprezzamento e anche l’imperatore esprime ammirazione; Massimo, che non è un gladiatore né un generale, ha stupito Roma con i suoi versi e la sua poesia.
Non sappiamo chi sia stato il vincitore della corona di poesia del terzo agone capitolino, Stazio non è tra questi, la leggenda vuole che per l’amarezza della sconfitta abbia lasciato Roma. Quinto Sulpicio Massimo si è coperto di onore, più del vincitore della corona che non ricorda nessuno, Roma intera sussurra il nome di un bambino che forse supererà Virgilio.
Pochi giorni dopo, per via del troppo studio, Massimo si ammala e muore, lasciando i genitori distrutti dal dolore. È la fine estate del 94 d.c. Ma chi ha avuto il coraggio di affrontare, così giovane, i maggiori poeti di Roma, non può che splendere di gloria. Viene eretto un piccolo monumento funebre che lo ritrae mentre recita i versi, è ancora visibile a Roma vicino Piazza Fiume.
RODOLFO LANCIANI
"Procedendo duecento passi più in là, sullo stesso lato della via Salaria, troviamo la base della tomba del ragazzo precoce Quinto Sulpicio Massimo, la tomba per sé essendo stata scoperta nel 1871, all'interno della torre a destra della Porta Salaria, mentre questa veniva ricostruita dopo il bombardamento del 20 settembre, 1870. La tomba aveva costituito il nucleo della torre, proprio come quella di Eurisace, il panettiere, trovato nel 1833, era stata inserita nella torre di sinistra della Porta Prenestina.
La tomba si compone di un piedistallo, costruito in blocchi di travertino, con un cippo di marmo su di essa, ornato con una statua della gioventù, e la storia della sua vita raccontata in versi greci e latini. La storia è semplice e triste.
Il 14 settembre del 95 d.c., l'anniversario della sua ascesa al trono, Domiziano aprì per la terza volta il quinquennale "Certamen", un concorso per il campionato del mondo nel ginnastica, sport equestri, musica e poesia, che aveva istituito all'inizio del suo regno. Erano presenti cinquantadue concorrenti in poesia greca. Il soggetto, estratto a sorte, è stato: "Le parole che Giove ha usato per rimproverare Apollo per aver con troppa fiducia prestato il suo carro di Fetonte."
Quinto Sulpicio Massimo improvvisò su questo tema piuttosto scarso, contro cinquantuno extemporales. Il significato dell'aggettivo è dubbia. Non siamo certi se il ragazzo ha parlato a braccio i suoi versi, le sue parole prima le scriveva; o se lui e i suoi colleghi sono stati autorizzati a prendersi un po' di tempo in considerazione dell'argomento e per scrivere la composizione, come è ormai prassi negli esami letterari.
Gli antichi scrittori parlano di "improvvisatori", che manifestano il loro dono meraviglioso in età precoce; ancora, sembra quasi impossibile che cinquantadue tali prodigi avrebbero potuto essere riuniti in una sola competizione. Sulpicio Massimo fu incoronato dall'imperatore con gli allori Capitolini e premiato per il campionato del mondo nel 282. I versi con la quale ha vinto il concorso sono davvero molto buoni, e mostrano una conoscenza approfondita della metrica greca. La vittoria, però, gli è costata cara; infatti, ha pagato con la vita. La seguente iscrizione fu incisa sulla sua tomba:
"Agli Dei Mani.
Per Quinto Sulpicio Massimo, figlio di Quinto, della tribù Claudia, nato in Roma e vissuto 11 anni 5 mesi e 12 giorni. Egli, alla terza celebrazione quinquennale dei giochi Capitolini, tra 52 poeti di Greco riscosse apertamente i favori che furono risvegliati dalla sua giovane età, il suo ingegno suscitò ammirazione e dipartì con onore.
I suoi versi improvvisati sono incisi su questa tomba, a provare che i genitori nel lodare il suo talento non erano ispirati unicamente dal loro profondo affetto per lui. (ne suis adfectibus indulsisse videantur).
Per Quinto Sulpicio Massimo, figlio di Quinto, della tribù Claudia, nato in Roma e vissuto 11 anni 5 mesi e 12 giorni. Egli, alla terza celebrazione quinquennale dei giochi Capitolini, tra 52 poeti di Greco riscosse apertamente i favori che furono risvegliati dalla sua giovane età, il suo ingegno suscitò ammirazione e dipartì con onore.
I suoi versi improvvisati sono incisi su questa tomba, a provare che i genitori nel lodare il suo talento non erano ispirati unicamente dal loro profondo affetto per lui. (ne suis adfectibus indulsisse videantur).
Quinto Sulpicio Eugramo e Licinia Ianuaria, infelicissimi genitori, realizzarono per il tenerissimo figlio e per loro stessi e per i loro posteri”
Lasciate che il destino di questo ragazzo sia un avvertimento a quei genitori che, scoprendo in loro figli un'inclinazione precoce per qualche ramo del sapere umano, incoraggiano e forzano questa intelligenza fatale per la gratificazione del proprio orgoglio, invece di moderare in conformità con la potenza fisica e lo sviluppo dei giovani.
IL CERTAMEN
La gara indetta per tutto l'impero, istituita da Domiziano, ha avuto una carriera lunga e di successo, e siamo in grado di seguire la sua festa per molti secoli, fino all'età di Petrarca e Tasso.
IL MONUMENTO ORIGINALE ESPOSTO NELLA CENTRALE MONTEMARTINI |
Queste ultime parole dimostrano che i giurati speciali sono stati nominati dall'imperatore per ogni sezione delle gare. Nell'anno 319 Costantino il Grande e Licinio Cesare celebrarono con grande solennità i cinquantotto Certamen. Ausonio di Burdigala, il grande poeta del IV secolo, parla di un Attius Delfidius, un bambino prodigio (paene ab incunabulis poeta), che ottenne il premio sotto Valentiniano I. L'usanza medievale e rinascimentale di poeti "laureati" sul Campidoglio era certamente derivata dalla istituzione di Domiziano.
La gara del "improvvisatori" non si è mai estinta nel centro e sud Italia. Uno dei più celebri nel XVI secolo, di nome Silvio Antoniano, all'età di undici anni potrebbe cantare con l'accompagnamento di suo liuto su qualsiasi argomento proposto a lui, la poesia avendo grazia e piacevolezza come la musica.
Un giorno, mentre era seduto a un banchetto di Stato nel Palazzo di Venezia, Giovanni Angelo de' Medici, uno dei cardinali presenti, gli chiese se poteva improvvisare "sulle lodi dell'orologio", il cui suono, dal campanile del palazzo, aveva appena colpito le sue orecchie. Il canto melodioso di Silvio, su un tema così straordinario, venne accolto con applausi; e quando Giovanni Angelo de 'Medici fu eletto papa nel 1559, sotto il nome di Pio IV., sollevò il giovane poeta al rango di cardinale nel riconoscimento del suo straordinario talento.
Un giorno, mentre era seduto a un banchetto di Stato nel Palazzo di Venezia, Giovanni Angelo de' Medici, uno dei cardinali presenti, gli chiese se poteva improvvisare "sulle lodi dell'orologio", il cui suono, dal campanile del palazzo, aveva appena colpito le sue orecchie. Il canto melodioso di Silvio, su un tema così straordinario, venne accolto con applausi; e quando Giovanni Angelo de 'Medici fu eletto papa nel 1559, sotto il nome di Pio IV., sollevò il giovane poeta al rango di cardinale nel riconoscimento del suo straordinario talento.