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CLIVUS SUBURANUS

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PORTA ESQUILINA

Il clivus Suburanus era una strada irregolare della valle della Subura, il vasto e popoloso quartiere situato sulle pendici dei colli Quirinale e Viminale fino alle propaggini dell'Esquilino, che saliva tra il colle Oppio e il Cispio fino alla porta Esquilina che si apriva sulle Mura serviane. I resti della pavimentazione mostrano come seguisse il tracciato delle moderne via di Santa Lucia in Selci, via di San Martino e via di San Vito.

La Subura (o Suburra) divenne parte dell'antica area urbana di Roma, quando il re di origine etrusca Servio Tullio sceglie questa zona per la propria residenza. Il Clivus Suburanus costituiva inoltre, una diramazione dell'Argiletum (odierna via Madonna dei Monti), la lunga via che dopo aver percorso la Valle Suburana, presso la sommità del Cispius (che insieme al Fagutal e all'Oppius forma il colle Esquilino), si divideva poi nel Vicus Patricius, attuale via Urbana, e Clivus Suburanus, attuale via in Selci. Nel malfamato quartiere abitato da artisti e malfattori, risedettero comunque Giulio Cesare e Giovenale.

Il nome della Via "in selci" deriva dal latino "in silices" (nei selci, roccia a base di silice) per il lastricato romano ritrovato durante un restauro in questa zona intorno all'anno Mille, e cioè il "clivus Suburanus", che nella parte iniziale ricalcava esattamente via in Selci, proseguiva fino alla "porta Esquilina" e di lì, forse già con il nome di "via Labicana", fino a Porta Maggiore.

CONDOTTA FOGNARIA SOTTO CLIVUS SUBURANUS
Sul "clivus Suburanus" si apriva l'ingresso principale, preceduto da una gradinata, del "Portico di Livia", la moglie di Augusto, alla quale l'imperatore dedicò questo edificio fatto costruire tra il 15 ed il 7 a.c., ottenuto facendo demolire la splendida casa che Vedio Pollione aveva lasciato in eredità all'imperatore. 

Come risulta dai frammenti della pianta severiana, l'edificio, lungo circa m 120 e largo m 95, era situato, con i lati brevi, tra il "clivus Suburanus" (grosso modo dove oggi sorge la chiesa di S.Lucia) ed il parallelo "clivus Sabuci" (oggi corrispondente alla via delle Sette Sale).

Il Clivus Suburanus era una arteria viaria di grande importanza, che congiungendo la via Tiburtina e la Labicana al centro vitale dell’Urbe, rappresentato dal Foro, dal Palatino e dal Campidoglio, consentiva il  transito di uomini e merci notte e giorno.

Infatti se ne lamenta parecchio Giovenale per la pericolosità dei carri carichi di marmi, che transitavano tra la folla, provenienti da Luni o i travertini di Tivoli (tra i pochi che potevano viaggiare in città anche di giorno).

Si pensa che una arteria viaria così lunga ed importante, asse centrale di un quartiere ad alta intensità abitativa fosse servita da un impianto fognario di grande portata, sicuramente congiunto alla Cloaca Massima che rappresentava l’unica via di drenaggio verso il Tevere presente a fondovalle.

Il lavoro di studio sulla Cloaca Massima in corso dal 2005 intrapreso dagli archeologi della Sovrintendenza Capitolina in collaborazione con gli speleologi dell’Associazione Roma Sotterranea, sta proseguendo infatti con l’analisi dei condotti fognari afferenti al canale principale della Cloaca Massima.

PERCORSO DEL CLIVUS SUBURANUS


IL COMPITUM NEL CLIVUS SUBURANUS

Nel 1888, lungo la via di S. Martino ai Monti, ultimo tratto del Clivus Suburanus che risale verso la Porta Esquilina, dei lavori all'interno della cantina hanno riportato alla luce un altare in marmo posto su un alto podio preceduto da una piattaforma in blocchi di tufo munita di due scalette laterali. L'ara marmorea, sicuramente la base di una statua oggi perduta, era dedicata a Mercurio, ed eretta per volontà dell'imperatore Augusto. Sulla base si legge:

"IMP CAES DIVI F AUGUST PONTIF MAXIMUS COS XI TRIBVNICIA POTEST XIIII E STIPE QUAM POPULUS ROMANUS K IANUARIIS APSENTI EI CONTULIT IULLO ANTONIO AFRICANO FABIO COS MERCUSRIO SACRUM"

"L'imperatore Cesare Augusto, figlio del divo Giulio, Pontefice Massimo, Console per l'undicesima volta, investito del potere tribunizio per la quattordicesima volta dedicò questo monumento con il denaro che il popolo romano donò il primo gennaio, mentre lui era assente, durante il consolato di Iullo Antonio e Fabio Africano. Consacrato a Mercurio".

Le cariche pubbliche dell'imperatore Augusto ci permettono di datare la dedica dell'ara al 10 a.c., nel XVII anno del suo impero. La dedica dell'altare nei primi giorni di gennaio è legata ai compitalia, antichissima festività tradizionale romana ripristinata da Augusto: i compita erano i crocicchi, gli incroci stradali, consacrati spesso ai lares compitales, protettori di chi percorreva le strade.

VIA IN SELCI

SECONDO E PROGETTA

"Nel luglio del 1793, dietro il coro delle suore di S. Francesco di Paola, a Via di S. Lucia in Selci, fu trovato un ambiente di una casa privata romana e, in un angolo di questo, un magnifico servizio in argento, che una volta era appartenuto a Progetta, moglie di Turcio Asterio Secondo, il Praefectus Urbis nel 362 d.c.

La scoperta fu testimoniata e descritta da Ennio Quirinio Visconti e Filippo Aurelio Visconti. Gli oggetti erano d’argento puro, con una consistente placcatura d’oro, e pesavano 29 Kg. Oltre a piatti e sottocoppe, forchette e cucchiai, candelabri di vari tipi e forme, c’era uno scrigno nuziale con bassorilievi rappresentanti lo sposo e la sposa coronati con ghirlande di mirto.

La sposa era rappresentata con trecce che giravano molte volte intorno alla sua testa, secondo la moda in uso all’epoca dell’Imperatrice Elena; lo sposo era rappresentato con la barba modellata secondo lo stile adottato da Giuliano l’Apostata e da Eugenio. I rilievi del corpo dello scrigno rappresentano scene d’amore, Venere e Nereide, le Muse ed altri soggetti pagani; sotto di loro era inciso il saluto:

"Secondo e Progetta, possiate vivere in Cristo".
Lo scrigno era pieno di articoli da toilette e di gioielli. Successive scoperte portarono il peso complessivo a 44 Kg."

(Rodolfo Lanciani)




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